Proprietà del Ferro e Fabbricazione dell’Acciaio - Fabbricazione - AQM

Proprietà del Ferro e Fabbricazione dell’Acciaio – Parte

2 – Fabbricazione dell’Acciaio – Ciclo Integrale

A cura di Cibaldi Dr. Cesare – Consulente Senior AQM srl

Fabbricazione della ghisa dall’alto forno

Tutti i minerali ferrosi, dopo arricchimento per separarli dalla ganga, sono trasformati in ematite (Fe2O3) prima di introdurli nell’altoforno per la fabbricazione della ghisa da affinazione, secondo le seguenti reazioni:

4Fe3O4 + O2 = 6Fe2O3

2Fe2O3.3H2O = 2Fe2O3 + 3H2O

4FeCO3 + O2 = 2Fe2O3 + 4CO2

4FeS2 +11O2 = 2Fe2O3 + 8SO2

La polvere e sabbia d’ematite è poi pellettizata (agglomerata e sinterizzata) per ottenere sferoidi di dimensioni 30÷70 mm capaci di resistere alla compressione anche ad alta temperatura e caricati nell’altoforno (fig. 6) con carbone coke, che serve per il riscaldamento e la riduzione del minerale a metallo.

Figura 6. schema di un impianto d’altoforno per la riduzione dell’ossido di ferro a ghia d’affinazione.

Le reazioni chimiche che avvengono nelle varie zone dell’altoforno sono schematizzate nella seguente fig. 7.

Figura 7. reazioni chimiche che avvengono nelle zone caratteristiche dell’altoforno.

Affinazione della ghisa d’altoforno

La trasformazione della ghisa d’altoforno o d’affinazione in acciaio si definisce affinazione, e consiste nel ridurre il contenuto di Si, C, S e P, nonché di ogni altro elemento presente indesiderato più ossidabile del ferro, tramite reazioni d’ossidazione, quali:

Si + O2 = SiO2;

2C + O2 = 2CO;

2Fe3P2 + 5O2 + 6CaO = 2Ca3(PO4)2 + 6Fe;

FeS + CaO = CaS + FeO

Il processo d’affinazione della ghisa avviane nel convertitore (fig. 8) dove, insufflando dal fondo poroso aria, aria arricchita con ossigeno, od ossigeno puro, sono ossidati tutti gli elementi indesiderati presenti nella ghisa da altoforno.

Figura 8. Schema del convertitore Thomas, utile per l’affinazione della ghisa d’altoforno in acciaio

Il convertitore moderno è rivestito internamente con refrattario basico calciomagnesiaco (convertitore Thomas), in modo che siano possibili le seguenti razioni chimiche di ossidazione esotermiche (+ Q):

2Fe + O2 = 2FeO + Q

Si + 2FeO = SiO2 + 2Fe + Q

Mn + FeO = MnO + Fe + Q

C + FeO = CO + Fe + Q (sviluppo di gas)

FeO + SiO2 = FeO.SiO2 + Q (scoria)

MnO + SiO2 = MnO.SiO2 + Q (scoria)

e possa essere eliminato il fosforo dalla ghisa trasferendolo nella a scoria basica, come fosfato tricalcico. Per questa ragione le ghise d’affinazione destinate al convertitore Thomas devono avere una composizione chimica compresa nei seguenti limiti C =3,3-3,6 %; Si = 0,2-0,3 %; Mn = 1,0-1,5%; P = 1,70-2,00%; S = 0,03-0,07 % e la scoria, ricca di fosforo, è usata come fertilizzante.

Fabbricazione dell’acciaio al forno elettrico

L’acciaio è spesso prodotto per rifusione del rottame al forno elettrico, per ottenere acciai di qualsiasi composizione e anche d’elevata purezza. I forni più usati sono quelli ad arco elettrico trifase.

Il ruolo del forno elettrico ad arco è sempre più quello di sola fusione della carica, essendo demandata la metallurgia d’elaborazione (ossidazione, defosforazione, desolforazione, deossidazione, alligazione, degassaggio) al forno siviera, che può esser traslato nell’impianto di degassaggio sottovuoto a fine elaborazione, come nello schema di figura 9.

Figura 9. Schema di fabbricazione dell’acciaio al forno elettrico partendo da rottame.

In figura 10 è illustrato un vecchio forno elettrico basculante per la fusione del rottame d’acciaio. Si distinguono:

  • a destra la porta di caricamento per le aggiunte di scoria o di correttivi;
  • al centro una porta ausiliaria;
  • a sinistra il canale di colata;
  • in alto la volta girevole che permette la carica del rottame, con la terna di elettrodi di grafite.

Figura 10. vecchio forno elettrico basculante per la fusione del rottame d’acciaio

Cenni di chimica-fisica: Definizioni

Prima di descrivere il processo di fabbricazione dell’acciaio al forno elettrico è necessario puntualizzare alcune definizioni ed i principi fondamentali della chimica fisica che governano il processo.

Termodinamica: scienza che studia i rapporti tra le varie forme d’energia (energia meccanica o lavoro, energia cinetica, energia termica legata alle reazioni chimiche della materia).

1° principio della termodinamica: esiste un rapporto fra il calore speso ed il lavoro ottenibile e viceversa.

DG = DH – TDS

Non è possibile trasferire calore da un corpo freddo ad uno caldo senza spendere energia.

Energia libera (DG): quantità d’energia legata ad una trasformazione, sfruttabile come lavoro.

Entalpia (DH): quantità totale d’energia legata ad una trasformazione (per esempio una reazione chimica).

Entropia (DS): variazione dello stato di disordine della materia.

Calore (Q): energia termica. Equivale all’energia cinetica (vibrazionale, rotazionale e traslazionale) delle particelle (atomi o molecole)

Q = c m T

Calore specifico (c): quantità di calore necessaria per elevare di un grado Kelvin (K) (o grado centigrado °C) la temperatura T di un’unità di massa m di una specifica sostanza.

Massa (m): quantità di materia.

Temperatura assoluta (T): grandezza fisica che misura lo stato d’energia cinetica delle particelle. Si misura in Kelvin (K).

Sistema: parte di spazio contenete materia ed energia. Può essere aperto, chiuso, omogeneo o eterogeneo.

Fase: parte chimicamente e fisicamente omogenea di un sistema.

Cenni di chimica-fisica: Principi fondamentali

  • Legge di ripartizione: In un sistema bifasico in equilibrio, a temperatura costante, un componente X si ripartisce nelle due fasi in concentrazione C1 e C2, il cui rapporto L resta costante al variare della quantità complessiva del componente X presente nel sistema, e se nelle due fasi il componente varia il proprio peso molecolare in rapporto 1/n, vale:

C1/C21/n = L = C’1/C’21/n

Per esempio: il monossido di manganese (MnO), il cui peso molecolare è 70,9374 g, può essere sciolto nel bagno d’acciaio liquido ed essere presente in una scoria basica come solido MnO, ma potrebbe essere presente come silicato Mn§§SiO8, il cui peso molecolare è 485,7092 in una scoria acida, ricca di silice. Nel primo caso il rapporto 1/n vale 1 essendo il peso molecolare identico; mentre nel secondo caso il rapporto molecolare è MnO/Mn6SiO4 = 0,146.

Ciò è molto utile in metallurgia per l’affinazione, tramite la ripartizione delle sostanze indesiderate tra metallo e scoria.

2   Regola delle fasi o teorema di Gibbs: Il grado di libertà o varianza di un sistema in equilibrio, cioè il n° di variabili indipendenti che possono essere cambiati arbitrariamente entro un ragionevole intervallo, senza che si modifichi l’equilibrio tra le fasi presenti è:

V = n – f + 2

dove V è la varianza, n il numero dei componenti indipendenti; f il numero delle fasi e 2 il grado di libertà del sistema, ovvero il numero delle variabili indipendenti (composizione chimica, temperatura e pressione) meno 1.

Se si lavora a pressione costante la varianza si riduce a V = n – f + 1

3   Principio di Le Chatelier: Se in un sistema in equilibrio si modifica un parametro fisico, il sistema si sposta nella direzione che tende ad annullare la variazione indotta del fattore.

Per esempio, nella reazione 2CO = C + CO2 + 162,9 kJ, un innalzamento della temperatura, a pressione costante, ostacola la dissociazione del CO spostando la reazione verso sinistra (reazione endotermica con assorbimento di calore che tende ad abbassare la temperatura).

Sequenza delle fasi del ciclo di fabbricazione dell’acciaio al forno elettrico

Le fasi del ciclo di fabbricazione dell’acciaio al forno elettrico e nel forno siviera partendo da rottame (fig. 11), sono:

  1. Preparazione della carica (rottame, calce, ghisa, minerale di ferro);
  2. Fusione;
  3. Ossidazione e decantazione per la defosforazione;
  4. Scorificazione per eliminare la scoria ricca di fosforo (fosfato tricalcico);
  5. Parziale deossidazione con ferrolega silico-manganese e scorificazione;
  6. Spillaggio dell’acciaio parzialmente deossidato e travaso nel forno siviera;
  7. Deossidazione o calmatura con Mn, Si e Al o sottovuoto con carbonio (polvere di grafite);
  8. Desolforazione con Ca o CaC2 e scorificazione;
  9. Degassaggio con argon o sotto vuoto;
  10. Decantazione per eliminare le inclusioni non metalliche;
  11. Scorificazione finale;
  12. Colata in lingottiera, colata continua o in forma

Figura 11. Schema delle fasi del ciclo di fabbricazione dell’acciaio al forno elettrico e al forno siviera partendo da rottame.

Fusione e ossidazione
Il forno elettrico ha lo scopo di fondere la carica, che è formata da rottame (carburato con carbone, grafite o ghisa) da calce viva (CaO), utile per formare una scoria basica, e da poco minerale od ossido di ferro, generalmente recupero della scaglia di laminazione a caldo (Wustite o FeO),
Nel bagno fuso è insufflato ossigeno, tramite lance d’acciaio dolce (figura 12), necessario per bruciare gli elementi indesiderati, i cui ossidi migrano nella scoria ed eliminati con la scorificazione.

Figura 12. Ossidazione del bagno d’acciaio fuso insufflando ossigeno

La prima reazione è: 2Fe + O2 = FeO, perché il ferro è presente in elevata concentrazione e s’ossida per primo per la legge d’azione di massa.

Poi l’FeO reagisce con tutti gli elementi più ossidabili del ferro secondo reazioni del tipo:

2FeO + Si = SiO2 + 2 Fe (desilicizzazione)

FeO + C = CO + Fe (decarburazione)

La stabilità di un ossido metallico si può misurare col calore di formazione a pressione costante e temperatura ambiente (Qp), dedotto dalla reazione d’ossidazione con coefficiente unitario per l’ossigeno (O2), per esempio:

2Ca + O2 = 2CaO  + 1270 kJ

4/3Al + O2 = 2/3 Al2O+ 1095 kJ

Si + O2 = SiO2   +  872 kJ

2Fe + O2 = 2FeO  +  549 kJ

La scala di Ulich (figura 13) divide gli ossidi in quattro classi:

  • IV molto refrattari e stabili (oltre la silice – SiO2);
  • III mediamente refrattari (tra FeO e SiO2);
  • II facilmente riducibili (tra Cu2O e FeO);
  • I dissociabili col calore (sotto il Cu2O).

Durante la fase d’ossidazione, tutti gli elementi più ossidabili del ferro, presenti nel bagno, bruciano formando i loro ossidi, che si ripartiscono fra scoria e bagno liquido, secondo la legge di ripartizione.

Tutti gli elementi meno ossidabili del ferro restano nel bagno, perché protetti dall’ossidazione del ferro.

Il calore di formazione degli ossidi varia con la temperatura e la concentrazione dell’elemento, per cui la posizione di due ossidi può invertirsi rispetto alla scala di Ulich, come nel caso degli ossidi di ferro, la cui stabilità si sussegue:

Fe→FeO→Fe3O4→Fe2O3.

Figura 13. Scala di Ulich o di stabilità degli ossidi a temperatura ambiente

Energia libera di formazione degli ossidi

Nello schema di fig. 14 è indicata l’energia libera di formazione standard (DG°) di vari ossidi, in funzione della temperatura.

Essa dà un’idea dell’ossidabilità dei vari elementi e della possibilità d’eliminarli dal bagno d’acciaio fuso tramite ossidazione.

Per stabilire se un elemento può essere ossidato prima del ferro, è necessario considerare anche la sua concentrazione nel bagno, cioè calcolare l’energia libera della reazione d’ossidazione dell’elemento (DG) e paragonarla a quello della reazione d’ossidazione del Fe.

Si noti come il carbonio, che reagisce con l’ossigeno per dare CO, abbia una curva con pendenza negativa, al contrario di tutti gli altri elementi considerati. Ciò rende possibile la riduzione degli ossidi o dei rispettivi minerali con carbone (pirometallurgia) al di sopra della temperatura che porta il DG del C a valori inferiori a quelli del DG dell’elemento che si desidera ottenere dal suo ossido.

Figura 14. Energia libera standard di formazione (DG0) in Kcal/mole degli ossidi di vari elementi in funzione della temperatura.

Decarburazione

La reazione di decarburazione è molto importante perché:

  • riduce il carbonio nel bagno fuso;
  • genera un forte rimescolamento del bagno per lo sviluppo dell’ossido di carbonio gassoso (CO);
  • elimina i gradienti di temperatura e di concentrazione nel bagno;
  • riduce drasticamente il contenuto di gas disciolti;
  • favorisce la decantazione delle inclusioni.

La sequenza dei processi chimico-fisici che avvengono durante la decarburazione è:

  1. passaggio dell’ossigeno dalla scoria al bagno (FeO) ® [FeO];
  2. reazione in fase omogenea tra carbonio e ossigeno disciolti [FeO] + [C] ® [Fe] + CO;
  3. sviluppo del gas prodotto dalla reazione b).

La velocità del processo dipende dalla fase più lenta, che secondo Schenck è la reazione b), mentre per Körber-Olsen è la nucleazione delle bolle d’ossido di carbonio.

Per la legge dell’azione di massa della reazione b) e della ripartizione dell’FeO tra scoria e bagno metallico, si può dimostrare che:

(FeO) x [C] = (V + K2 pCO) / K1·LFeO

dove: (FeO) è la concentrazione dell’ossido di ferro nella scoria; [C] la concentrazione di carbonio nell’acciaio; V la velocità di decarburazione misurata in diminuzione della % C/minuto; K2 la costante d’equilibrio della reazione [FeO] + [C] ¬ [Fe] + CO; pCO la pressione parziale del CO nell’atmosfera sopra il bagno; K1 la costante d’equilibrio della reazione [FeO] + [C] ® [Fe] + CO e LFeO la costante di ripartizione dell’FeO tra bagno e scoria, cioè: LFeO = [FeO] / (FeO).

Da quanto sopra si ricavano le curve della velocità di decarburazione, che in un forno a rivestimento basico sono del tipo illustrato nel grafico (figura 15).

Figura 15. Curve della velocità di decarburazione a 1527 e 1627 °C in funzione della concentrazione di FeO nella scoria.

Si nota che col 6 % di FeO nella scoria e alla temperatura di 1627 °C, se la decarburazione procede alla velocità di 0,006 % di C/min, il contenuto di carbonio minimo nel bagno sarà 0,3 %, mentre al termine della reazione di decarburazione, quando la velocità di decarburazione V tende a 0, il carbonio potrà essere 0,12 %.

Considerando le curve a temperatura di 1527°C e 1627°C si osserva che la decarburazione è nettamente favorita a più alta temperatura.

Se, come accade nella pratica, alla fine della decarburazione il bagno fosse ancora in effervescenza (condizioni di non equilibrio), basterà entrare nel diagramma con velocità di decarburazione V ¹ 0 (per esempio la linea tratteggiata a 1627 °C) con la concentrazione di FeO misurato nella scoria per ottenere l’attuale concentrazione di carbonio nel bagno.

Defosforazione

Sebbene il fosforo sia fra gli elementi protetti dal Fe durante l’ossidazione, perché meno affine per l’ossigeno (vedi tabella 3), durante la fase ossidativa, in ambiente fortemente basico può essere eliminato, tramite le reazioni:

Fe3P2 + 5FeO = P2O5 + 8Fe

P2O5 + 3FeO = Fe3(PO4)2

Fe3(PO4)2 + 3CaO = Ca3(PO4)2 + 3 FeO,

la cui somma dà:

Fe3P2 + 5FeO + 3CaO = Ca3(PO4)2 + 8Fe + 821 kJ

Da questa reazione complessiva si desumono le condizioni per la defosforazione dell’acciaio:

I) forte ossidazione del bagno, che consente di trasformare il fosforo in P2O5. Ciò avviene soprattutto nel primo periodo dell’ossidazione;

II) scorie ricche di CaO (scoria molto basica) tali da formare fosfato tricalcico, dopo aver saturato gli ossidi acidi dei metalli più ossidabili quali Si e Al;

III) bassa temperatura, per favorire la reazione esotermica d’ossidazione e formazione del fosfato tricalcico, prima della reazione di decarburazione (endotermica), favorita a temperatura più alta.

Tabella 3. DG° formazione ossidi

Dopo l’ossidazione del fosforo, prima di passare a fasi successive è necessario scorificare più volte per eliminare quanto più fosforo possibile.
Durante la fase d’ossidazione non è possibile eliminare lo zolfo, perché l’ambiente ossidante non consente di generare solfuri stabili, ripartibili nella scoria.

Desossidazione

L’ossigeno nell’acciaio è dannoso perché ne peggiora le proprietà meccaniche, soprattutto la tenacità. Dunque, dopo la fase ossidativa, è necessario disossidare il bagno, per eliminare quanto più ossido di ferro disciolto [FeO].
La deossidazione è tanto più rapida ed efficace, quanto meno è ossidato il bagno da disossidare.
La marcia ossidante può esser condotta secondo i tre metodi schematizzati in figura 16:

Figura 16. Metodi per la marcia ossidante del bagno d’acciaio liquido

La marcia ad ossidazione totale è la più facile, perché ossida a fondo il bagno, decarburandolo fino a C=0,05÷0,10%. Elimina totalmente il Si, quasi tutto il Mn (residuo £ 0,10 %), gran parte del fosforo, gli elementi più ossidabili del ferro ed i gas idrogeno ed azoto. Purtroppo conduce ad acciai discretamente ossidati, scadenti per alcuni impieghi.

La marcia ad ossidazione parziale è utile per la fabbricazione d’acciai di buona qualità, con tenori di C>0,25%, partendo da rottami selezionati con tenore di P<0,040%, che consente ancora una discreta defosforazione, operando a bassa temperatura. Tale marcia elimina buona parte degli elementi più ossidabili del Fe, ma preserva il cromo.

La marcia senza ossidazione è oggi condotta quasi esclusivamente nei forni ad induzione, per rifusione di rottami puri d’acciaio speciale, opportunamente selezionati, che non richiedono l’eliminazione di elementi indesiderati.

La deossidazione può esser condotta in tre modi:

  • deossidazione per precipitazione con manganese, silicio ed alluminio;
  • deossidazione per diffusione;
  • deossidazione sotto vuoto con carbonio.

La deossidazione per precipitazione s’ottiene aggiungendo al bagno elementi più affini all’ossigeno del ferro, secondo la reazione:

x [FeO] + 2 [M] = x [Fe] + (M2Ox),

dove x = valenza del metallo M nell’ossido.

È il metodo più facile d’esecuzione pratica, ma il peggiore per la purezza dell’acciaio, perché gli elementi disossidanti eliminano l’FeO sciolto nel bagno, ma producono ossidi insolubili endogeni (inclusioni non metalliche) difficilmente separabili dal metallo.

Secondo la legge dell’azione di massa la costante d’equilibrio della reazione generica sopra scritta è:

dove a è l’attività delle varie specie, che per il Fe sciolto nell’acciaio e per l’ossido insolubile è sostanzialmente unitaria, per cui vale K = 1/axFeo • a2M, ovvero K’ = axFeO • a2M.

Essendo per la reazione [Fe] + [O] = [FeO], K = aFeO / aO e aFeO = K aO, allora K’’ = axO • a2M ed in prima approssimazione: K’’’ = [% M]2 • [% O]x, definita costante di deossidazione dell’elemento.

La figura 17 definisce il potere deossidate di vari elementi a 1600 °C.

Figura 17. Potere deossidate di vari elementi nel bagno d’acciaio liquido a 1600 °C.

Deossidazione con manganese

Aggiungendo manganese nel bagno d’acciaio ossidato s’ottiene una fase non metallica contenente ossidi di manganese e ferro in varie proporzioni, secondo la reazione:

[Mn] + [FeO] = (MnO) + [Fe]

la cui costante d’equilibrio è: KMn = (MnO) / [FeO] • [Mm]

Il rapporto MnO/FeO nei prodotti di deossidazione è funzione lineare della % di Mn ad ogni temperatura e decresce a parità di % di manganese con l’aumentare della temperatura (figura 18).

Figura 18. Rapporto MnO/FeO nei prodotti di deossidazione in funzione della % di Mn e della temperatura del bagno d’acciaio liquido

Il potere disossidante del Mn dipende dalla reazione: [Mn] + [O] = (MnO), la cui costante d’equilibrio è:

K = (MnO) / [% Mn] • [% O] e vale: log K = 12760/T –5,68.

Il manganese è un debole disossidante; infatti quando il bagno è in equilibrio a 1600 °C, contiene lo 0,10% d’ossigeno se il manganese è 0,40%. Lo 0,10% d’ossigeno è un valore elevatissimo. Basta pensare che si considera ben desossidato un acciaio che contiene non più di 30 parti per milione (ppm) di O residuo (cioè 0,0030%).

La figura 19 illustra le condizioni d’equilibrio tra l’ossigeno residue e la percentuale di Mn nel bagno a diverse temperature.

Figura 19. Equilibrio tra l’ossigeno residuo e la percentuale di Mn nel bagno d’acciaio a diverse temperature.

La figura 20 è il diagramma di stato di totale miscibilità degli ossidi di ferro e manganese.

 

Figura 20. Diagramma di stato degli ossidi di ferro e manganese.

Desossidazione con silicio

Aggiungendo silicio metallico nel bagno d’acciaio ossidato s’ottiene un gran numero di inclusioni, che contengono proporzioni variabili di FeO e SiO2, secondo la reazione:

[Si] + 2 [FeO] = (SiO2) + 2 [Fe]

Al crescere del silicio residuo nell’acciaio, aumenta il contenuto di SiO2 nelle inclusioni, che diventano vetrose.

Il potere disossidante del Si dipende dalla reazione: [Si] + 2[O] = (SiO2), la cui costante d’equilibrio è:

KSi =a(SiO2) / [% Si] • [% O].

Se il prodotto di desossidazione è SiO2 pura, l’attività a(SiO2) = 1, per cui:

K’Si = [% Si] • [% O]2, che vale: log K’ = 31000/T –12.

Il silicio è un forte disossidante, molto più efficace del Mn. Infatti a 1600°C lo 0,2 % di Si nel bagno riduce l’ossigeno residuo a circa lo 0,01 % (100 ppm) come illustrato in figura 21.

Purtroppo genera SiO2 solida, finemente dispersa nella massa liquida e difficilmente eliminabile.

 

Figura 21. Ossigeno residuo nel bagno d’acciaio in finzione della concentrazione di silicio a varie temperature.

Desossidazione con silicio e manganese

La desossidazione col solo manganese è poco efficace, mentre quella col solo silicio non è realistica, perché tutti gli acciai contengono manganese. D’altra parte il Mn aumenta sensibilmente il potere disossidante del Si, come si nota nel grafico.
Il grado di desossidazione dipende dal rapporto [Si] / [Mn].
Le inclusioni che si formano sono silicati di Mn e Fe, di composizione che dipende dal rapporto [Si]/[Mn].
Per alti valori del rapporto [Si]/[Mn], le inclusioni sono sature di SiO2 e la percentuale d’ossigeno nel bagno dipenderà dalle condizioni d’equilibrio con la SiO2 pura, indipendente dalla concentrazione di Mn (figura 22).

Figura 22. Ossigeno residuo nel bagno d’acciaio in finzione della concentrazione di silicio e manganese a 1600 °C.

Per valori bassi, si formano silicati di Mn non saturi, che sono liquidi anche quando contengono poco FeO e molto Si, purché sia alta la concentrazione di Mn.

Per evitare la formazione di prodotti disossidanti solidi è importante seguire le seguenti regole:

  1. non aggiungere mai il Si prima del Mn per evitare la formazione di SiO2 solida;
  2. se il bagno contiene già il Mn si può aggiungere una moderata quantità di Si puro;
  3. un’eventuale altra aggiunta di Si deve avvenire dopo un certo tempo per lasciar decantare le inclusioni già formate con la precedente aggiunta di Si;
  4. bisogna usare ferroleghe Mn-Si con rapporto Mn/Si = 4÷7, per evitare concentrazioni locali di Si troppo elevate e tali da generare inclusioni solide.

Desossidazione con alluminio

L’alluminio è un fortissimo disossidante perché il suo ossido (allumina = Al2O3) è molto stabile. La reazione di desossidazione è:

2[Al] + 3[FeO] = (Al2O3).

La % d’ossigeno in equilibrio nell’acciaio che contiene anche piccole quantità d’alluminio (o Mg, Ca, Zr e Ce) è talmente bassa da essere difficilmente dosabile con l’analisi chimica (figura 23).

 Figura 23. Ossigeno residuo nel bagno d’acciaio in finzione della concentrazione di alluminio a 1600 °C.

Quando si usano ferroleghe FeAlSiMn, valgono le stesse considerazioni fatte per la deossidazione con Mn e Si per ottenere prodotti di deossidazione liquidi, facilmente decantabili.
Talvolta è utile usare leghe con elevato contenuto di carbonio per evitare concentrazioni d’alluminio tali da generare allumina solida, poco reattiva e difficilmente fluidificabile.
La deossidazione con Si e Al può dare silicati d’alluminio fluidi, ma il loro campo d’esistenza è molto ristretto e richiede un controllo analitico molto preciso e delicato, difficilmente realizzabile nella comune pratica siderurgica.

Desossidazione per diffusione

La disossidazione del bagno metallico per diffusione, avviene indirettamente, perché si deossida la scoria e si sfrutta la legge della ripartizione.
Infatti, la concentrazione di [FeO] nel bagno è in equilibrio con quella nella scoria (FeO), secondo la relazione:

[FeO] = LFeO • (FeO)

dove LFeO è la costante di ripartizione.
Se si riduce a concentrazioni bassissime l’(FeO) nella scoria, l’[FeO] del bagno migra nella scoria per ripristinare l’equilibrio.
La deossidazione del bagno per diffusione avviene sotto una scoria che si mantiene costantemente deossidata mediante aggiunta di carbone, o ferrolega Fe-Si o alluminio metallico. Ciò permette di deossidare a fondo il bagno, senza la formazione d’alcuna inclusione endogena, e d’ottenere acciai particolarmente puri, esenti da inclusioni non metalliche.

Nei forni ad arco si genera carburo di calcio (CaC2) che impartisce alla scoria il caratteristico colore grigio, ben distinguibile dalla scoria bianca, priva di CaC2 e quella bruna ricca di FeO.

Durante la deossidazione della scoria, oltre all’FeO sono ridotti anche altri ossidi, quali il MnO e Cr2O3, eventualmente presenti.

L’unico inconveniente di questo processo è la lentezza dei fenomeni di diffusione, che impongono tempi d’elaborazione assai lunghi, rispetto alla deossidazione per precipitazione.

Desossidazione con carbonio, sottovuoto

I principi discussi per la decarburazione sono validi in linea di massima per l’operazione inversa: eliminazione dell’ossigeno tramite il carbonio.

Infatti, aggiungendo carbonio al bagno che contiene [FeO], si sposta la seguente reazione verso destra:

[FeO] + [C] ® [Fe] + [CO]

Questo metodo, che ha il vantaggio di non generare inclusioni endogene, ricarbura il bagno e dunque non è sfruttabile nella pratica normale, salvo quando la ricarburazione sia desiderata dopo una decarburazione spinta per rigenerare la desiderata concentrazione di carbonio.

Se si tratta il bagno sottovuoto, la reazione di deossidazione con carbonio si sposta sensibilmente a destra, perché il vuoto favorisce l’eliminazione del CO gassoso.

Per esempio riducendo la pressione a 0,01 atmosfere è possibile ridurre fino a 1000 volte la quantità di [FeO] sciolto nel bagno.

La deossidazione sottovuoto consente di ridurre drasticamente la concentrazione dell’[FeO], che potrà essere poi eliminato totalmente con piccole aggiunte di energici disossidanti, quali il Si e l’Al, senza produrre un’elevata quantità di inclusioni endogene.

Desolforazione

Lo zolfo è sempre stato considerato un elemento nocivo per l’acciaio, infatti, salvo nel caso degli acciai a lavorabilità migliorata, dov’è aggiunto fino allo 0,36 %, conferisce all’acciaio:

  • fragilità a caldo, che si manifesta con lacerazioni anche macroscopiche alle usuali temperature di laminazione, stampaggio o fucinatura;
  • scadenti caratteristiche meccaniche, soprattutto la resilienza, che peggiorano all’aumentare del tenore di carbonio;
  • abbondanti inclusioni non metalliche, data la totale immiscibilità dello S nel Fe allo stato solido. Come per gli ossidi, la stabilità dei solfuri si valuta tramite la loro energia libera di formazione (DG), essendo più stabili i solfuri con la DG più bassa, che in pratica sono il solfuro di calcio (CaS) ed il solfuro di manganese (MnS).

In prima approssimazione, lo zolfo contenuto nella scoria è (SS) = (S)Ca + (S)Mn, mentre quello contenuto nel bagno metallico è sostanzialmente il solfuro di ferro [FeS], solubile nel Fe.

Alle due reazioni che consentono la formazione di solfuri insolubili:

FeS + CaO = FeO + CaS          e          FeS + Mn = Fe + MnS

corrispondono le costanti d’equilibrio:

 

Perciò, l’equazione dello zolfo totale presente nella scoria in equilibrio con quello del bagno è:

 

 

Dividendo entrambi i membri dell’equazione per la concentrazione dello zolfo sciolto nel bagno [S] s’ottiene il rapporto di ripartizione tra lo zolfo nella scoria e quello nel bagno, in condizioni d’equilibrio:

 

 

La desolforazione del bagno procede se il rapporto di ripartizione in equilibrio (hS)eq è maggiore di quello calcolato con l’analisi chimica della scoria e del bagno (hS)an; se è uguale sono raggiunte le condizioni d’equilibrio e la desolforazione si ferma; se è minore si avrà trasferimento di zolfo dalla scoria al bagno, cioè la solforazione.

L’acciaio sarà tanto più efficacemente desolforato quanto maggiore è il rapporto di ripartizione hS e cioè:

  1. elevata basicità della scoria, cioè elevato contenuto di CaO nella scoria;
  2. basso tenore di SiO2 nella scoria, perché riduce la disponibilità di CaO;
  3. basso tenore di FeO libero nella scoria;
  4. elevato tenore di manganese nel bagno.

La terza condizione è realizzabile solo durante la seconda fase (riducente) dell’elaborazione dell’acciaio e non durante la prima fase ossidante.

Secondo J. Chipman, la desolforazione in ambiente fortemente basico, tra 1540 e 1660 °C è indipendente dalla temperatura e dalla concentrazione dell’FeO, se superiore al 3 %, come dimostra il grafico di figura 24, che riporta i risultati di numerosissime esperienze.

Dunque dipende solo dal rapporto di ripartizione LFeS = (FeS) / [FeS].

Figura 24. Rapporto di ripartizione dello zolfo in funzione della frazione molare delle basi nella scoria.

Per tenori di FeO modesti nella scoria e valori intermedi (1÷2,3) dell’indice di basicità (b):

vale il grafico di figura 25, dove si osserva che al di sotto di un certo valore della concentrazione del FeO, al decrescere dell’ossido di ferro nella scoria, cresce fortemente il rapporto di desolforazione.

 

Figura 25. Rapporto di desolforazione in funzione della % molare di FeO nel bagno coperto da scoria basica.

Degassaggio

I gas disciolti nell’acciaio sono tutti dannosi; in particolare lo sono l’ossigeno, l’azoto e l’idrogeno. Dell’azione deleteria dell’ossigeno s’è già detto.
L’azoto, quando non aggiunto come elemento di lega o fatto diffondere durante la nitrurazione, favorisce fenomeni d’invecchiamento ed infragilisce l’acciaio;
L’idrogeno infragilisce sempre l’acciaio ed è spesso causa dei fiocchi, come nei casi rappresentati nelle figure 26 e 27.

Figura 26. Sezione macrografica di un fucinato d’acciaio affetto da fiocchi. Attacco acido nitrico 1:1. Ingrandimento 2 x circa.

Figura 27. Provetta del fucinato d’acciaio affetto da fiocchi rotta ala pressa. Si notino i numerosi fiocchi che appaiono come aree chiare sulla frattura grigia.

La concentrazione dei gas disciolti nell’acciaio può essere ridotta nella fase ossidante con lo sviluppo tumultuoso dell’ossido di carbonio. Infatti, i gas si ripartiscono tra l’acciaio liquido e l’ossido di carbonio gassoso che li estrae dal bagno.
Nella seconda fase riducente le condizioni per l’eliminazione dei gas sono sfavorevoli e bisogna evitare che la pressione parziale di ogni singolo gas (PCO, PH2, PN2) o la pressione totale P = PCO + PH2 + PN2 superi quella atmosferica, per non permettere all’acciaio di rimontare (effervescenza).
L’ossido di carbonio non è disciolto nell’acciaio come tale, ma deriva dalla reazione:

C + FeO = CO + Fe

la cui condizione d’equilibrio è data dalla relazione: PCO = K’CO • [FeO]•[C].

Durante la solidificazione il liquido residuo s’arricchisce progressivamente d’ossigeno e carbonio per cui aumenta la pressione parziale del CO, che può svilupparsi durante la solidificazione e soprattutto verso la fine, generando porosità nel lingotto. Dunque bisogna ridurre l’origine del CO per evitare che la PCO raggiunga valori sufficienti, tenendo conto di quella degli altri gas.

Le principali cause che introducono idrogeno nel bagno sono:

  • l’uso di materiali in carica che contengono idrogeno (rottami arrugginiti o contenenti vernici e sostanze organiche, calce idratata, minerali umidi);
  • l’assorbimento d’idrogeno dall’atmosfera umida sovrastante;
  • il rivestimento del forno umido (soprattutto per le prime colate);
  • le aggiunte di nichel catodico o di ferroleghe che contengono idrogeno disciolto;
  • le, siviere e lingottiere non completamente essiccate o verniciate con prodotti idrogenati.

La maggior parte dell’azoto proviene dall’atmosfera o dall’aria usata per la conversione o l’affinazione dell’acciaio o dalle ferroleghe che ne contengono una discreta quantità.

Per l’idrogeno e l’azoto molecolari la reazione di dissociazione è H2 = 2H  e  N2 = 2N, le cui condizioni d’equilibrio sono espresse dalle relazioni:

Le costanti KH2 e KN2 hanno valori assai diversi per il ferro liquido e per ciascuna delle tre fasi solide del ferro, d, g e a. Per questa ragione si hanno brusche variazioni della solubilità dei gas in corrispondenza della solidificazione e delle trasformazioni allotropiche, come indicato nel diagramma di fig. 28.

Figura 28. Solubilità dell’azoto e dell’idrogeno nel ferro puro in funzione della temperatura.

A causa della brusca variazione di solubilità durante la solidificazione è possibile che si verifichi effervescenza per sviluppo di idrogeno e azoto.

Per l’azoto tale pericolo è limitato agli acciai con basso contenuto di carbonio che solidificano nel campo d.

Nella seconda fase d’elaborazione dell’acciaio, per eliminare l’ossido di carbonio (CO) bisogna deossidare a fondo il bagno con i metodi già descritti, oppure estrarlo tramite gorgogliamento di argon dal fondo del forno siviera.

Tale metodo elimina buona parte anche degli altri gas, anche se meno efficace per l’idrogeno rispetto all’estrazione operata dal CO nella fase ossidante, forse anche per la reazione:

FeO + 2H = H2O + Fe

Il metodo migliore per eliminare tutti i gas resta comunque il degassaggio sotto vuoto.

L’azoto disciolto può essere ridotto anche per precipitazione, mediante aggiunte d’elementi denitruranti, che hanno una grande affinità per l’azoto e formano nitruri solidi alla temperatura del bagno. Le inclusioni che s’ottengono sono sempre durissime e deleterie, soprattutto per la resistenza alla fatica superficiale o di contatto.

Poiché gli elementi denitruranti (Ti, Al, Nb) sono anche forti deossidanti, devono essere aggiunti quando il bagno è già stato completamente deossidato.

Ad eccezione del solfuro di manganese e delle particelle metalliche di piombo, generete volontariamente per aumentare la lavorabilità degli acciai alle macchine utensili con asportazione di truciolo, le particelle non metalliche inglobate nell’acciaio (inclusioni) sono generalmente deleterie, perché riducono le caratteristiche meccaniche e sono spesso causa dell’innesco di cricche di fatica. La loro eliminazione dall’acciaio liquido costituisce un problema fra i più difficili da risolvere e di massima importanza.

Le origini delle inclusioni sono numerose. Fra le principali s’annoverano:

  • impurezze dei materiali di carica;
  • particelle di refrattario che si staccano per erosione, durante il caricamento del forno, la fusione o la fase d’ossidazione;
  • prodotti d’ossidazione di vari elementi. Ad eccezione del FeO che si scioglie nell’acciaio liquido, tutti gli altri ossidi sono insolubili e si trovano in sospensione allo stato solido (SiO2, Al2O3, TiO2, ecc.) o allo stato liquido (silicati, alluminati, ecc.);
  • prodotti della deossidazione o degassaggio per precipitazione;
  • particelle solide immesse nel bagno con le ferroleghe o altre aggiunte per l’alligazione;
  • particelle di scoria e/o dei rivestimenti refrattari asportate per abrasione e trascinate dal flusso dell’acciaio liquido della paniera, che tuttavia sono normalmente di cospicue dimensioni e facilmente decantabili;
  • particelle che si generano nelle ultime reazioni nel bagno o per contatto col le pareti del forno o con la scoria;
  • particelle che si formano durante la solidificazione per la diminuzione della solubilità o per la macrosegregazione (per esempio i solfuri).

Alcune inclusioni sono inerti, altre possono reagire per trasformarsi in composti liquidi alla temperatura del bagno. Tale circostanza è utile, perché favorisce la loro coalescenza e la decantazione.

La presenza d’elevate concentrazioni di FeO e di Mn nel bagno favorisce la trasformazione della SiO2 e dell’Al2O3.

La velocità v di decantazione delle inclusioni sferiche dal bagno d’acciaio liquido verso la scoria è governata dalla legge di Stokes:

dove: r è il raggio della particella in m; h è il coefficiente di viscosità del liquido in Ns/m; g è l’accelerazione di gravità in m/s2; dm la densità del metallo e ds la densità dell’inclusione in kg/m3.

Secondo le più recenti misurazioni, valgono i seguenti risultati:

 

 

 

Per aumentare la velocità di decantazione si può:

  • aumentare la temperatura del bagno, perché diminuisce h (metodo poco efficace perché le variazioni della viscosità sono modeste ed in ogni caso l’aumento della temperatura è sfavorevole per altre caratteristiche dell’acciaio;
  • far coalescere le particelle per aumentarne il raggio (molto efficace visto l’incremento quadratico);
  • trascinare le particelle verso la superficie e la scoria, tramite aderenza delle inclusioni alle bollicine di CO, che si libera durante la fase ossidante, oppure alle bolle d’argon insufflato nella fase riducente e di decantazione finale dell’elaborazione dell’acciaio;
  • modificare la composizione delle inclusioni per aumentarne la tensione superficiale e ridurre la loro bagnabilità col metallo liquido (fig. 29).

Figura 29. Temperatura di fusione delle scorie binarie contenenti allumina ed altri ossidi.

Macrosegregazione e precipitazione eterogenea delle inclusioni

La termodinamica insegna che due elementi A e B sciolti in un liquido possono dar origine ad un composto AB solido, che si separerà dal liquido, secondo l’equilibrio A + B Û AB, la cui costante ad una data temperatura è:

K(fT) = [A]·[B]/[AB]

dove [A] e [B] sono le rispettive concentrazioni degli elementi A e B nel liquido e [AB] è la concentrazione del composto solido puro [AB], che ovviamente è il 100 % di sé stesso. Dunque la sua attività è unitaria e la costante d’equilibrio della reazione si riduce a:

K(fT) = [A]·[B].

Questa costante si definisce prodotto di solubilità del composto AB, che dipende soltanto dalla temperatura.

Quando il prodotto delle concentrazioni degli elementi A e B raggiunge il valore del prodotto di solubilità, dal liquido incomincerà a separarsi il composto AB solido (precipitazione).

Tuttavia, il solido si può forare solo per nucleazione di un primo cristallo nel liquido e perciò è necessaria una sovrassaturazione prima che incominci la precipitazione di AB.

Non appena ciò avviene nel lingotto che sta solidificando si avrà una rapida precipitazione di AB fino alla concentrazione di A e B al valore del prodotto di solubilità (fig. 30).

Figura 30. Schema di precipitazione delle impurezze, tramite macrosegregazione e sovrassaturazione durante la solidificazione.

Il solido AB sarà presto inglobato dal fronte d’acciaio solido che progredisce in direzione opposta alla fuga del calore, cioè dalla superficie della lingottiera verso l’asse del lingotto e poi verso il baricentro termico del lingotto (ultima zona a solidificare), posizionato nella materozza.

Così il liquido non sarà più in contatto col solido AB già precipitato e la precipitazione s’arresterà, per riprendere non appena sarà raggiunta una nuova sovrassaturazione, che dipende dall’attività del liquido, ovvero dalle sue nuove condizioni termodinamiche (composizione chimica, temperatura e pressione all’interfaccia liquido-solido.

Questo meccanismo giustifica la presenza di inclusioni non metalliche lungo alcune superfici interne del lingotto, intervallate con scarsa regolarità a partire da una certa distanza dalla superficie verso il cuore e il baricentro termico del lingotto, che si trova nella materozza (fig. 31).

Figura 31. Impronta dello zolfo o di Baumann della sezione longitudinale di un lingotto d’acciaio da 60 ton. Evidente disposizione irregolare delle inclusioni di MnS (nere)

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