QUESTA MATTINA PROTAGONISTA DELL’ANGOLO CULTURALE IN VILLA COMUNALE A BENEVENTO È STATA ARIANNA MORTELLITI, NOME D’ARTE PERCHÉ NIPOTE DEL GRANDE AUTORE SICILIANO, ANDREA CAMILLERI, CHE PRESENTA IL SUO PRIMO ROMANZO, PER I TIPI DI MONDADORI.

Un romanzo quello della giovane Arianna Mortelliti, che percorre una strada audace ma che perfettamente sa dove andare: con uno stile elegante, fluido e mai banale, ci accompagna dolcemente durante questa crescita personale del protagonista, permettendoci di entrare nella sua mente e provare le sue emozioni.

Arturo Baldi è l’eroe di questo viaggio, in particolare un viaggio interiore che lo porta a crescere e cambiare durante l’arco narrativo. I tutto attraverso il ricordo, il vissuto che diviene intreccio di conoscenza ed essenziale analisi linguistica per riconoscere la funzione che le persone svolgono nella vita del protagonista.

Il tutto ha inizio quando Arturo Baldi viene portato d’urgenza in ospedale, dove scivola in un coma profondo. A dispetto dei neurologi, che lo escludono categoricamente, la coscienza di Arturo è ancora vigile. In questo misterioso tempo sospeso Arturo riesce a sentire, uno per uno, tutti i componenti della famiglia che vengono a fargli visita in una incessante sequenza di confessioni, sfoghi, preghiere.  Diventa in questo modo importante riconoscere la funzione che le persone svolgono nella sua vita, aiutandolo a metterli nella giusta prospettiva.

Il raccontare rappresenta per Arturo il modo per capire le fasi che si trova a vivere della propria esistenza, e riconoscerle significa anche affrontare le tante verità che caratterizzano i momenti autentici dell’esistenza di ciascuno e che solo attraverso il confronto interiore c’è l’opportunità di raggiungere la parte più vera e profonda del proprio essere.

Lungo il viaggio di Arturo nei meandri della coscienza, domina il faccia a faccia con Dado, il fratello inquieto, il pittore talentuoso, il ribelle che manca da anni dentro il teatro famigliare. In questa sorta di popolata immobilità, Arturo risale dall’infanzia fino alla costruzione della grande famiglia che ora, intorno al suo letto, stilla parole e memoria.

L’autrice ci coinvolge emotivamente, e nello stesso tempo ci consente di scovare cosa si nasconde dietro ai conflitti, ai momenti di crisi, ai dubbi sulle scelte difficili. Così seguiamo l’amore che lega Arturo a Carolina da tutta una vita, le figlie Dori e Fiore, le nipoti Margherita e Nina, prossima alle nozze, e la pronipote Anna, che ha ereditato dal prozio mai conosciuto l’occhio e la mano da pittrice. Un romanzo che appare come un vero e proprio lavoro terapeutico, un po’ come andare dallo psicologo: la scrittura di Arianna Mortelliti non solo è catartica, ma ci aiuta a fare chiarezza e a farci sentire meno soli. Chi non ha provato almeno una volta nella vita una sensazione di insoddisfazione? Il viaggio senza tempo di Arturo, in “Quella volta che mia moglie ha cucinato i peperoni” assume l’aspetto rassicurante di una routine da lavoro quotidiano, e nello stesso tempo la sensazione che il nostro mondo, il nostro mondo ordinario, ci stia stretto, e che percorrere il racconto di Arturo ci trasferisca una certa sensazione di essere tutti destinati nella vita a qualcosa di importante.

È Maurizio de Giovanni a racchiudere il senso profondo di questa opera prima di Mortelliti: “avere la facoltà, sull’orlo della morte e dopo una lunga vita piena e affollata, di ascoltare per un po’ quello che i nostri affetti dicono di noi”.

 

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