La Sibilla

 Il rapporto di Joyce [Lussu] con i compagni dei partiti, con le sezioni, con i circoli, con le camere del lavoro, non è rose e fiori. Certo non è limitato ai garofani rossi che Joyce trova ad accoglierla sui palchi accanto alle bandiere e ai microfoni pronti per lei.

Joyce lo racconta allegramente: arrivava magari dopo dieci ore di treno verso sud o verso nord, nelle piazze e nelle sale, e le trovava stipate di uomini. Volenterosi giovanotti che avevano montato il palco, ex partigiani che volevano abbracciarla, segretari locali imbarazzati davanti alla richiesta di Joyce: «Dove sono le donne?». Le donne sono a casa, balbettavano quelli, non vengono in sezione, non si intendono di politica, non vogliono stare tra gli uomini, devono preparare il pranzo domenicale, badare ai bambini piccoli, andare a messa. Ma sono tesserate, eh! E allora Joyce prendeva a urlare «Ah sì? Restano a casa perché sono donne oneste! E io che giro con voi per le piazze e le osterie, che cosa sono? Il vostro atteggiamento è una critica che non accetto, per me come donna. Vado a prendere il treno». Per placarla tirano fuori la solita scusa (già di Croce) per cui Joyce sarebbe un «caso eccezionale», pezza al buco che la fa infuriare ancora di più.

«Eccezionale un corno!», tuonava. «Siete voi che chiudete in casa le vostre donne, che impedite loro di fare quello che faccio io. Adesso glielo vado a chiedere, se non preferirebbero essere qui!» E minacciava di far saltare il comizio se non fossero arrivate due donne da mettere sul palco assieme a lei, una a destra una a sinistra, se necessario con bambini al seguito.

Joyce racconta che il giorno dopo aver fatto queste scenate, i partiti dovevano mandare dei dirigenti a rassicurare i capifamiglia che «mai e poi mai le sinistre avrebbero messo il dito tra moglie e marito». “

Silvia Ballestra, La Sibilla. Vita di Joyce Lussu, Laterza (collana I Robinson / Letture), 2022¹; pp. 169-170.


Commenti

Etichette

Mostra di più