Il pacifismo di Papa Francesco è un pericoloso assist alla propaganda putiniana - Linkiesta.it

Realtà falsificataIl pacifismo di Papa Francesco è un pericoloso assist alla propaganda putiniana

Nel viaggio apostolico in Ungheria, il Pontefice ha criticato l’«infantilismo bellicoso dell’Occidente», perorando la causa di chi vorrebbe interrompere la fornitura di armi a Kyjiv e negoziare con Mosca. In questo modo però fa il gioco del dittatore russo

AP/Lapresse

Nel recente viaggio in Ungheria, Papa Francesco ha avuto indubbiamente il coraggio di ricordare a Viktor Orban, faccia a faccia, che la sua politica di immigrazione non si concilia con la sua presunta difesa dei valori cristiani. Purtroppo però sembra che la contropartita di questa franchezza sia stata la sottolineata affermazione di una convergenza di vedute con il governo ungherese sull’Ucraina. Le parole del Papa su questo tema sono state di una sorprendente brutalità. Non solo ha parlato di una «guerra insensata», ma ha anche criticato l’«infantilismo bellicoso dell’Occidente», prima di perorare la causa della pace rinunciando alle armi e negoziando. In termini assoluti, chi non sognerebbe la pace? Ma la parola “pace” va usata cum grano salis, perché la propaganda di Vladimir Putin è la prima a usare questo linguaggio. E la mediazione recentemente proposta da Xi Jinping non ispira maggior fiducia.

In realtà, fin dall’inizio della tragedia ucraina, il Vaticano ha faticato a dare un nome corretto alle cose e a prendere una posizione chiara, per non parlare del modo disinvolto con cui parla di riconciliazione per gli ucraini che vivono tuttora sotto il terrore russo. Allo stesso modo, è sorprendente il ripetuto rifiuto del Papa di andare a Kyjiv, se non recandosi anche a Mosca. È come se avessimo a che fare con una guerra in cui due campi opposti si fronteggiano simmetricamente in un conflitto che dovrebbe concludersi con un compromesso attorno a un tavolo negoziale. A Francesco piace fare appello alle radici. Sarebbe una buona idea cercare lì. Non mancano gli indizi che ci aiutano a vedere le cose un po’ più chiaramente.

Fin dalle prime ore dell’invasione, mascherata da «operazione militare speciale», tutto al Cremlino è stato un costante ribaltamento della verità, un’appropriazione indebita delle parole, una falsificazione della realtà al servizio della barbarie e del terrore. E all’interno, in Russia, è tutto delirio propagandistico, asservimento delle menti, politica repressiva spietata. Tutte queste cose riportano tragicamente e direttamente a quel passato sovietico che non è stato sanato, al terrore staliniano che riemerge, oggi, come rinasce una malefica idra.

Si tratta del passato della «notte sovietica», a cui faceva riferimento Nadejda Mandelstam e che l’attuale regime sta riabilitando con disinvolto cinismo. Da tutto questo, manifestamente, il Papa non è allarmato. Allo stesso modo non ha minimamente messo in discussione l’incredibile piano di «denazificare» l’Ucraina: non lo ha riconosciuto come un’invenzione improbabile.

Con la dovuta riverenza, vorremmo suggerire a Papa Francesco di leggere Vasilij Grossman, come molti stanno esortando a fare oggi. Rileggere quell’opera, che ci apre gli occhi su una verità che era tabù nella Russia di Grossman, ma che non dovrebbe più esserlo oggigiorno: i regimi nazista e sovietico non sono altro che fratelli gemelli, al servizio degli stessi fini, e quindi capaci di sostituirsi l’uno all’altro. «Ammesso che voi vinciate», spiega un capo campo nazista a un vecchio bolscevico in Vita e destino, «noi continueremo a vivere nella vostra vittoria».

Ecco perché, che si tratti di Putin o di Hitler, la posizione del pacifismo è altrettanto fallace. Ecco perché l’attuale argomentazione del Papa evoca irresistibilmente il 1938 e le illusioni dei negoziatori di Monaco. Era necessario parlare con Hitler per riportarlo in linea con il diritto internazionale? Era necessario parlare con Putin, l’invasore del Donbas, dopo la Crimea, per trovare un modus vivendi? La verità è che non si negozia con il diavolo. Lo stesso vale per il cosiddetto dialogo con Kyrill, questo gerarca che dà al patriarcato di Mosca il volto dell’impostura, sostenendo spudoratamente la barbarie travestita da crociata per la causa del cristianesimo. Le virtù del dialogo sono falsamente invocate quando una delle parti conosce solo la menzogna. Dobbiamo ricordare che la resistenza del pastore Bonhoeffer al nazismo lo portò a unirsi alla cospirazione del luglio 1944, che doveva porre fine a Hitler?

È ovviamente tragico che ci si ritrovi coinvolti nella spirale infernale dell’escalation militare, costretti ad ammettere che l’Ucraina si salverà solo schiacciando un sistema criminale che si piega alla forza di qualcuno più potente di lei. Può un Papa sostenere questa strategia? Non rispondiamo per lui. In ogni caso, vi è sicuramente una battaglia che potrebbe intraprendere, ed è quella della verità contro la menzogna. Non osiamo scrivere con la maiuscola le parole verità e menzogna. Eppure la situazione sembrerebbe richiederlo, vista la dimensione quasi metafisica che le bugie di Putin danno alla messinscena che si agita al Cremlino.

Ma può essere sufficiente ascoltare, lontano da ogni pathos, Vladimir Kara-Murza, l’oppositore di Putin, condannato il 17 aprile da un tribunale di Mosca a venticinque anni di carcere in una colonia penitenziaria particolarmente dura. La sua reazione dopo il verdetto è stata quasi una professione di fede: «So che verrà un giorno in cui le tenebre che coprono il nostro Paese si dissolveranno. Quando il nero sarà chiamato nero e il bianco bianco (…). Quando la guerra sarà chiamata guerra, quando l’usurpatore sarà chiamato usurpatore e quando coloro che hanno istigato e scatenato questa guerra, e non coloro che hanno cercato di fermarla, saranno bollati come criminali».

Certo, una voce molto solitaria dalla parte russa. Ma è una voce che riecheggia l’eroica resistenza in atto, a prezzo di sangue, che l’intero popolo ucraino sta opponendo da mesi a un nemico che non solo pretende di annientarlo, ma cerca anche di ingannare la gente sostenendo di essere pacifista. Possa Papa Francesco servire la causa della pace cominciando col servire la causa della verità.

Anne-Marie Pelletier, Premio Ratzinger 2014, coordinatrice del libro di K. Sigov, “Le courage de l’Ukraine”, 2023.

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