Conte di Cavour cibo e diplomazia

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Conte di Cavour cibo e diplomazia


Tra coloro che vengono considerati “Padri della Patria”, sicuramente si deve ricordare il conte Camillo Benso di Cavour. Nato in Piemonte, intraprese con scarsi risultati la carriera militare, facendosi poi congedare per la grave forma di miopia che lo affliggeva. Oltre alle passioni per politica, donne e gioco, aveva anche quella per la buona tavola. C'è una lettera scritta dal padre di Camillo alla moglie, che ne fa questo ritratto:
"Nostro figlio è un ben curioso tipo. Anzitutto ha così onorato la mensa: grossa scodella di zuppa, due belle cotolette, un piatto di lesso, un beccaccino, riso, patate, fagiolini, uva e caffè. Non c'è stato modo di fargli mangiar altro! Dopodichè mi ha recitato parecchi canti di Dante, le canzoni del Petrarca... e tutto questo passeggiando a grandi passi in vestaglia con le mani affondate nelle tasche".
Prima di dimorare al Castello di Grinzane, fra il 1832 e il 1849, Camillo non sapeva "distinguere un cavolo da una rapa". In pochi anni si appassionò all'agricoltura, tanto da scrivere, con orgoglio, in una lettera ad un amico: "Dovete sapere che sono diventato agricoltore...".
Nei suoi possedimenti cercò sia di migliorare la coltura della barbabietola da zucchero che di produrre un eccellente Barolo. Moltissime furono le innovazioni che apportò all'agricoltura piemontese contrastando il pensiero degli scettici. Promosse la rotazione delle colture, l'uso dei concimi come il guano, l'allevamento di nuove razze di bestiame, la fondazione di una società d'irrigazione, la sperimentazione di macchine agricole di provenienza inglese (aratri, erpici, trebbiatrici, tagliapaglia).
Determinante fu il suo contributo a risicoltura e viticultura, della quale modificò i sistemi di produzione ed invecchiamento. Il Conte diceva che non era sufficiente fare ottimi prodotti, ma bisognava far loro anche pubblicità. Era uso ripetere: "Plures amicos mensa quam mens concipit" (cattura più amici la mensa che la mente), ed era talmente convinto delle virtù diplomatiche di un buon pranzo e di una buona bottiglia che, quando un suo diplomatico partiva per una capitale straniera, si accertava che nel bagaglio ci fosse anche qualche bottiglia di Barolo. La sera del 29 aprile 1859, respinto l'ultimatum dell'Austria che intimava al Piemonte di smobilitare, vergato l'orgoglioso proclama di guerra e date le ultime istruzioni al generale Govone, il conte di Cavour sembra disse:
"Alea iacta est (oggi abbiamo fatto la storia) e adesso andiamo a mangiare".
Oggi, il nome del grande statista piemontese viene usato anche nella cucina internazionale per designare due tipi di guarnizione, ispirati dalla cucina del Piemonte. La prima accompagna scaloppine di vitello e consiste in fettine di polenta di farina gialla fritte o infornate, su cui vengono messe le fette di carne. La seconda accompagna grossi tagli di carne arrostita, e consiste in crocchette di semolino fritte.

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