Recesso dal contratto di compravendita immobiliare

Articolo, tratto da PLURIS, Wolters Kluwer, segnalazione del 17/03/2018
Art. 1539. Recesso dal contratto.
Quando il compratore esercita il diritto di recesso, il venditore è tenuto a restituire il prezzo e a rimborsare le spese del contratto. 

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La disciplina codicistica del contratto di compravendita è ampiamente trattata e commentata in Pluris, la soluzione Wolters Kluwer per i Professionisti per avere informazione e approfondimento giuridico. Giuristi ed esperti di alto profilo commentano la normativa di base e le norme speciali, articolo per articolo, alla luce della giurisprudenza più recente e significativa e della dottrina più accreditata, per aiutarti ad interpretare al meglio ogni singola norma.

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Sommario

1. Identificazione dell'immobile
2. Determinazione quantitativa dell'immobile: vendita a misura e vendita a corpo
3. Vendita generica di immobili
4. I rimedi: rettifica del prezzo e recesso. Pretese di terzi. Ripetizione d'indebito. Dolo del venditore
5. Ammissibilità delle azioni di risoluzione e risarcimento del danno
6. Preliminare di vendita
7. Appalto a corpo. Vendita di immobile in multiproprietà
8. Vendita di immobile indiviso

1. Identificazione dell'immobile

Dottrina

Nella vendita immobiliare particolare rilevanza assume l'identificazione del bene da alienare. L'identificazione dell'immobile compravenduto è rilevante ai fini della determinazione dell'oggetto del diritto alienato (Carpino, La vendita, in Tratt. Rescigno, 11, III, Torino, 1984, 344) ed è preliminare rispetto ad ogni indagine quantitativa volta ad individuare i criteri di fissazione del prezzo (Greco, Cottino, La vendita e la permuta, in Comm. Scialoja, Branca, sub artt. 1470-1547, Bologna-Roma, 1981, 498; Rubino, La compravendita, in Tratt. Cicu, Messineo, Milano, 1971, 107).

Giurisprudenza

L'identificazione avviene secondo la volontà manifestata dalle parti può avvenire attraverso l'indicazione, nel testo contrattuale, di almeno tre confini dell'immobile (C. 1809/1981), ovvero dei dati catastali, ovvero in altro modo concretamente idoneo ad individuare l'immobile, anche in mancanza degli estremi occorrenti per la trascrizione (C. 1513/1984). In caso di contrasto, l'indicazione dei confini, a meno che non sia generica ed imprecisa, prevale sull'indicazione dei dati catastali (C. 5635/2002; C. 7557/1986; C. 615/1982; v. però C. 4738/1991, che considera insufficiente l'indicazione dei confini se contrastata da altre e diverse circostanze). Pertanto, l'indicazione dei confini che concerne punti di riferimento esterni, consentendo la massima precisione, assume valore decisivo e prevalente rispetto alle altre risultanze probatorie e, in particolare, ai dati catastali, allorché si risolva nella descrizione dell'intero perimetro e, a maggior ragione, quando trovi conferma in altri dati obiettivi, come la specificazione della superficie e la dettagliata descrizione della composizione e della collocazione dell'unità immobiliare nell'ambito di un più vasto complesso, così eliminando ogni margine di dubbio circa la materiale consistenza dell'unità stessa. Il ricorso ai dati catastali - che non solo hanno natura tecnica, e sono preordinati essenzialmente all'assolvimento di funzioni tributarie, ma anche sfuggono spesso alla diretta percezione dei contraenti - assume così carattere meramente sussidiario, essendo ammesso unicamente nell'ipotesi di indicazioni inadeguate o imprecise in ordine ai confini (C. 21885/2004). I dati catastali, tuttavia, possono assumere valore determinante nel caso in cui le parti, per individuare l'immobile, abbiano fatto riferimento esclusivo ad essi, e manchi un qualsiasi contrasto tra gli stessi ed i confini del bene (C. 9215/2004; C. 7138/1990), ovvero questi ultimi risultino da indicazioni inadeguate ed imprecise (C. 7694/1993). Secondo altro orientamento quando le parti, per determinare i confini dell'immobile, abbiano fatto riferimento - ad ulteriore e conclusiva precisazione rispetto alle altre indicazioni, - al tipo di frazionamento allegato all'atto di vendita, detto frazionamento, quale elemento testuale della volontà negoziale, costituisce il dato primario per l'esatta identificazione del bene trasferito, in quanto la sua specificità non lascia margini di incertezza nella determinazione dei relativi confini (C. 3633/2004; C. 1446/1996; cfr. con riferimento ad una compravendita avente per oggetto un fondo rustico, T. Cagliari 25.1.1993). Nel caso in cui l'immobile sia individuato sulla base della planimetria allegata all'atto, è irrilevante, al fine di ritenere trasferita la proprietà anche di altre porzioni espressamente escluse dalla planimetria, sia invocare che l'immobile era stato venduto nello stato di fatto in cui si trovava, sia che trattavasi di vendita a corpo e non a misura (C. 13338/2003).

Anche se l'indicazione della misura dell'immobile non è espressamente richiesta per la sua identificazione, talvolta nella prassi si ricorre alla misura proprio per una migliore individuazione dell'immobile trasferito. Tale circostanza però non è sufficiente a qualificare la vendita come vendita "a misura", occorrendo, al di là di questa enunciazione descrittiva della misura, che le parti stabiliscano una relatio tra la misura stessa ed il prezzo stabilito (C. 4193/1995; C. 422/1984). È stato ritenuto che al compratore "a corpo" di un blocco di immobili non competa l'azione di rivendica della maggiore estensione indicata nel contratto, in quanto la misurazione era solo un ulteriore mezzo per l'individuazione dell'immobile (T. Napoli 10.5.1989).

Nel caso di vendita di immobile a corpo, anziché a misura, l'irrilevanza dell'estensione del fondo vale soltanto in relazione alla determinazione del prezzo, secondo il diverso regime di cui agli artt. 1537 e 1538, ma non all'identificazione del bene effettivamente venduto: questa va infatti compiuta in base alla complessiva ed oggettiva descrizione fattane dai contraenti, ivi compresa la misura del fondo, la quale costituisce un elemento idoneo a concorrere, unitamente agli elementi topografico-catastali ed ai confini menzionati dalle parti, nella individuazione dell'immobile. Se dunque la misura e le risultanze catastali non possono avere valore prevalente rispetto ai confini (con cui i contraenti abbiano inteso ulteriormente specificare il bene venduto), l'identificazione di questi deve costituire oggetto di un rigoroso accertamento, specie quando, sulla base dei confini indicati dalle parti, si riscontri una concreta divergenza dell'estensione del fondo rispetto alla misura ed ai dati catastali, ai quali le parti medesime hanno fatto riferimento. Ne consegue che in tal caso occorre verificare, sul piano storico, lo stato dei luoghi esistenti e conosciuti dai contraenti al momento della stipula dell'atto, giacché, mentre costituisce un valido criterio di indagine la presunzione di conformità di tale stato a quello anteriore, non altrettanto può dirsi della presunzione di una conformità del medesimo a quello successivo, dovendosi in quest'ultima ipotesi accertare quando si sia verificata la divergenza fra i confini risultanti dalle mappe catastali e quelli successivamente individuati (C. 22038/2004). Ove nel contratto risultino indicate insieme una certa particella catastale senza limitazione ed una superficie inferiore alla reale estensione di essa, il fatto che si tratti di vendita a corpo non può indurre il giudice del merito ad identificare sic et simpliciter il bene venduto con l'estensione corrispondente all'intera particella, dovendosi invece stabilire, con i consueti criteri ermeneutici, se questa sia stata richiamata soltanto come dato catastale, entro cui dover intendere ricompresa la minor superficie pattuita, o sia stata indicata come oggetto stesso della vendita, ossia per tutta la sua estensione (C. 3042/1987; C. 615/1981).

Dottrina

La dottrina ritiene che il conflitto tra più criteri di identificazione dell'immobile sia risolvibile con la ricostruzione dell'effettivo intento delle parti, da effettuarsi sulla base delle regole di interpretazione del contratto (Bianca, La vendita e la permuta, in Tratt. Vassalli, Torino, 1993, 265).

2. Determinazione quantitativa dell'immobile: vendita a misura e vendita a corpo

Dottrina

La distinzione tra vendita a misura e vendita a corpo attiene ai criteri di determinazione del prezzo e non coincide con quella tra vendita di genere e vendita di specie rilevante invece per la determinazione dell'oggetto del contratto (Greco, Cottino, 498; Rubino, 107). Mentre nella vendita a corpo il prezzo viene fissato prendendo in considerazione l'immobile come entità globale, nella vendita a misura il prezzo viene stabilito in proporzione all'estensione, ossia un tanto per ogni unità di misura (Bianca, 275; Carpino, 346; Greco, Cottino, 496; Rubino, 112).

Giurisprudenza

La giurisprudenza se da un lato individua il criterio discretivo tra vendita a misura e vendita a corpo nel fatto che la prima è caratterizzata dalla determinazione dei confini attraverso la misurazione, mentre la seconda è caratterizzata dalla determinazione e delimitazione dell'immobile indipendentemente dalla sua misura (C. 8793/2000; C. 3503/1997 secondo la quale il relativo apprezzamento, implicando valutazione della volontà contrattuale, è incensurabile in sede di legittimità se congruamente motivato - cfr. C. 7540/1992; C. 832/1976), dall'altro afferma che la distinzione tra vendita a corpo e vendita a misura rileva come criterio di determinazione del prezzo complessivo, e non è in funzione della individuazione dell'oggetto del contratto ( C. 12573/2000; C. 7720/2000; C. 11279/1995 secondo la quale nella vendita a misura il promittente compratore ha diritto di procedere alla misurazione dell'immobile prima della stipulazione del contratto definitivo ma, salvo patto contrario, non può pretendere che alle operazioni di misurazione partecipi attivamente e personalmente l'altra parte o un suo incaricato, così da ritardare la stipulazione del contratto definitivo; cfr., per la vendita a corpo, A. Roma 7.1.1992).

Si ha dunque vendita a misura quando l'enunciazione della misura dell'immobile compravenduto sia accompagnata nel contratto dall'indicazione del prezzo per unità di misura (C. 7711/1990). Si ha invece vendita a corpo quando il prezzo globale prescinde dalla misura dell'immobile, anche se quest'ultima è indicata nel contratto (C. 3985/1998; C. 7238/1995; C. 7144/1994; C. 7594/1991; C. 422/1984; C. 827/1983); sicché, l'estensione del fondo - salvo che la sua misura reale sia inferiore o superiore di un ventesimo a quella che risulta dal contratto - ancorché sia stata indicata dalle parti, assume rilevanza soltanto ai fini della identificazione del bene effettivamente venduto, che va compiuta attraverso l'applicazione dei canoni legali di interpretazione (C. 19600/2004; A. Catania 3.2.2006).

Dottrina

Tuttavia la vendita a misura può essere stipulata anche nel caso in cui le parti ignorino la esatta estensione del bene (Bianca, 275) ed anche senza l'indicazione del prezzo per unità di misura, quando dall'interpretazione del contratto risulta che le parti hanno stabilito il prezzo globale in diretto rapporto con la superficie dell'immobile (Greco, Cottino, 497).

Giurisprudenza

Le disposizioni degli artt. 1537 e 1538 regolano i rapporti tra alienante ed acquirente quando sorga contestazione sul prezzo del fondo in rapporto alla sua superficie e non anche quando occorra accertare nei confronti dei testi che vantino diritti reali sull'immobile compravenduto l'effettiva superficie del fondo, dovendosi in tal caso avere riguardo esclusivamente all'individuazione del bene fatta dalle parti con il contratto di vendita che costituisce il titolo di proprietà dell'acquirente posto in discussione dai terzi (cfr., C. 12573/2000; C. 8327/1997).

Sia nella vendita a misura che nella vendita a corpo viene presa in considerazione solo la misura reale del bene, cioè quella dell'estensione dei terreni e della superficie o cubatura dei fabbricati e non la misura della edificabilità, che è una qualità del suolo che esula dall'ambito del criterio quantitativo della misura cui si riferiscono le norme di cui agli artt. 1537 e 1538, senza possibilità di una loro applicazione estensiva ed analogica (C. 12791/1993).

L'art. 1538 è applicabile anche agli immobili urbani, rispetto ai quali non sussiste alcuna ragione alcuna che possa giustificare, né sotto l'aspetto letterale né sotto il profilo logico, l'inapplicabilità del temperamento equitativo introdotto dalla norma suddetta ( C. 1932/1982; C. 2068/1966).

Dottrina

In dottrina, vedi però Rubino, 109, il quale ritiene che, quando si tratti di edifici, la minor superficie costituisca sempre e solo mancanza di qualità.

3. Vendita generica di immobili

Giurisprudenza

Diversa dalla identificazione dell'immobile è la sua individuazione in conseguenza di una vendita generica. Tale la possibilità di una vendita generica di immobili è generalmente esclusa dalla giurisprudenza, la quale nega la fungibilità dei beni immobili asserendo che la vendita immobiliare possa essere solo specifica (C. 3562/1989; C. 5135/1977). Tuttavia, si ritiene ammissibile tale figura nel caso di alienazione di un lotto da scegliersi tra più lotti equivalenti componenti una più ampia unità immobiliare (C. 5437/1977).

Dottrina

V. in senso conforme, la dottrina (Bianca, 263) la quale fa anche il caso della vendita di una certa estensione di terreno da scegliersi nell'ambito di un fondo di maggiori dimensioni considerato come genus limitatum (Auricchio, La individuazione dei beni immobili, Napoli, 1960, 132; Carpino, 344, nt. 1; Contursi Lisi, La vendita, in Giur. sist. Bigiavi, Torino, 1982, 367; Luzzatto, La compravendita, ed. postuma a cura di Persico, Torino, 1961; Rubino, 108; Valentino, Note sulla vendita generica di immobili, in Rass. DC, 1980, 808).

Giurisprudenza

Si ritiene inoltre ammissibile l'ipotesi di vendita immobiliare alternativa (C. 5716/1987).

In giurisprudenza, se in un primo tempo si è ritenuta valida tale figura solo nel caso di alienazione di un lotto da scegliersi tra più lotti equivalenti preventivamente determinati in cui un fondo di maggiori dimensioni è stato suddiviso, o nel caso di predeterminazione contrattuale di criteri tecnici idonei ad individuare il lotto (C. 5113/1977), successivamente si è ritenuta valida una vendita generica anche nel caso in cui manchi la predeterminazione di lotti e l'immobile sia venduto con l'indicazione della misura da distaccarsi, a scelta del compratore, da un fondo più ampio (C. 1427/1982).

È stata tuttavia ritenuta invalida, per indeterminabilità dell'oggetto, la vendita in cui l'immobile trasferito sia costituito da un lotto di terreno da staccarsi da uno più grande senza specificazione dei confini e con indicazione solo approssimativa dell'estensione (C. 6570/1991).

4. I rimedi: rettifica del prezzo e recesso. Pretese di terzi. Ripetizione d'indebito. Dolo del venditore

Dottrina

Se nella vendita a corpo non è indicata la misura globale dell'immobile compravenduto, non si può procedere ad alcuna rettifica del prezzo, in quanto la mancata menzione significa che le parti non hanno attribuito valore vincolante alla misura dell'immobile per la determinazione del prezzo (Greco, Cottino, 498; Rubino, 115).

Giurisprudenza

La menzione nel contratto della misura del bene costituisce, nella previsione dell'art. 1538, un elemento cui la norma stessa - ricorrendo lo scarto superiore al ventesimo tra la misura reale e quella indicata - attribuisce rilevanza ai fini della possibilità di chiedere la rettifica del prezzo, salvo che le parti abbiano manifestato la volontà di derogare alla norma stessa, avente carattere dispositivo, e perciò che dall'interpretazione del contratto risulti che i contraenti abbiano considerato irrilevante l'effettiva estensione dell'immobile, quale che essa sia ( C. 7238/1995; C. 7144/1994). L'art. 1538, nel disporre che nelle vendite di immobili a corpo deve tenersi conto della superficie soltanto ai fini dell'eventuale diminuzione o integrazione del prezzo, non vincola il giudice a precisi canoni di interpretazione ed a prestabilite regole di giudizio quando si tratti di accertare, ad altri fini, l'effettiva estensione di fondi confinanti (C. 12573/2000).

Dottrina

La diminuzione od il supplemento del prezzo si stabiliscono con il criterio proporzionale, che presuppone l'omogeneità del bene; in caso contrario occorrerà in primo luogo verificare quanto la parte mancante o eccedente incida sul valore dell'immobile e poi rettificare il prezzo proporzionalmente (Bianca, 283; Duni, Problemi relativi alla vendita di immobili a corpo e non a misura, in GC, 1967, IV, 143).

Giurisprudenza

Il supplemento di prezzo eventualmente dovuto deve essere calcolato sulla base dell'incremento di valore globale che il bene alienato consegue a seguito dell'eccedenza trasferita e non soltanto con riferimento al valore ricavato dalla divisione del prezzo originario per il numero delle unità di superficie del bene stesso (C. 5549/1978).

Dottrina

Il recesso è un atto negoziale recettizio, va fatto per iscritto a pena di nullità in quanto incide sul trasferimento di un diritto immobiliare, ed è soggetto alle regole sulla capacità del recedente (Bianca, 284; Carpino, 349). A seguito del recesso incombe sul compratore l'obbligo di restituire l'immobile, con i frutti e gli interessi maturati dal giorno del recesso, e sul venditore quello di restituire il prezzo e rimborsare le spese; il contraente in buona fede è tenuto a restituire i frutti o a pagare gli interessi solo dal giorno del recesso (Bianca, 284).

Nel comportamento del compratore indicato nel codice come recesso vi è chi ravvisa più propriamente una revoca con efficacia retroattiva, considerandosi il contratto come mai concluso (Carpino, 349; Greco, Cottino, 500; Rubino, 113). Non è dovuto in tal caso il risarcimento (Rubino, 116).

Nel caso di più compratori in solido, il potere di recesso spetta a ciascuno di loro separatamente (Bianca, 284).

Giurisprudenza

La disciplina di cui agli artt. 1537 ss. si applica soltanto ai rapporti fra venditore e compratore e non si estende a quelli fra più acquirenti da uno stesso venditore, quando il terzo vanti diritti sull'immobile venduto e si tratti di accertare la superficie effettiva di questo: in tale ipotesi non ha importanza se la vendita sia stata fatta a corpo o a misura, perché si tratta di accertare se il venditore ha alienato, in tutto o in parte, un immobile non suo, ed il compratore venga a trovarsi con una quantità di terreno inferiore a quella a lui consegnata, per fatto imputabile al venditore, il quale è tenuto a garantire il compratore contro le pretese dei terzi sull'immobile alienato (C. 12573/2000; C. 8327/1997; C. 180/1986).

Dottrina

Nel caso in cui l'indicazione quantitativa dell'immobile sia esatta ma il venditore ne consegni una porzione minore, si avrà inesatto adempimento e il compratore potrà pretendere il rilascio dell'intero immobile trasferitogli (Bianca, 276; Rubino, 103).

Giurisprudenza

Il compratore di un bene immobile che ha pagato il prezzo in base alla superficie che è stata indicata nel contratto con l'espressa previsione di conguaglio nel caso in cui questa fosse risultata maggiore o minore ha diritto, se l'estensione è risultata minore, di ripetere quanto pagato oltre il dovuto secondo le norme della condictio indebiti (art. 2033) e non per effetto della riduzione del prezzo prevista dall'art. 1537, inapplicabile quando la diversa dimensione del bene sia stata oggetto di previsione contrattuale: infatti, la ridotta dimensione del bene fa venir meno la causa debendi del corrispettivo pagato per la parte mancante (C. 11519/1995).

Quando l'errore sull'esatta estinzione del fondo sia conseguenza del rapporto posto in essere dal venditore e sia la ragione che ha determinato il compratore ad acquistare l'immobile a corpo e non a misura, quest'ultimo può ben invocare l'annullamento del contratto ai sensi dell'art. 1427 (C. 2575/1983).

5. Ammissibilità delle azioni di risoluzione e risarcimento del danno

Giurisprudenza

Le azioni previste dagli artt. 1537 e 1538 non escludono l'esperibilità della generale azione di risoluzione contrattuale e di risarcimento per dolo o colpa del contraente inadempiente di cui all'art. 1218: le prime presuppongono il solo fatto obiettivo che sia stata consegnata una quantità maggiore o minore della cosa rispetto a quella pattuita, la seconda presuppone il dolo o la colpa della parte inadempiente all'obbligazione di consegnare la cosa immobile nella quantità pattuita (C. 25/1975).

Il danno risarcibile al compratore per la risoluzione di un contratto di vendita immobiliare dipendente dall'inadempimento del venditore deve essere conseguenza immediata e diretta e, pertanto, prescinde dall'uso che il compratore avrebbe fatto del bene venduto e si determina in base al valore oggettivo di questo, secondo le sue caratteristiche e qualità (C. 3608/2001).

L'art. 1538 si applica alle vendite a corpo validamente stipulate ed a quelle inficiate da mero errore, mentre non opera quando la conclusione del contratto sia stata determinata da dolo del venditore, ossia quando l'errore sulla esatta estensione del fondo sia conseguenza del raggiro posto in essere dal venditore e sia la ragione che ha determinato il compratore ad acquistare l'immobile a corpo e non a misura, nel qual caso quest'ultimo può ben invocare l'annullamento del contratto ex artt. 1427 ss. (C. 2575/1983).

Dottrina

Diversamente la dottrina, secondo cui, atteso che la disciplina generale del contratto appresta nell'ipotesi di dolo una più intensa tutela del contraente, senza perciò stesso escludere che questi possa giovarsi a sua scelta, di altri rimedi legali o convenzionali (Bianca, 279).

6. Preliminare di vendita

Giurisprudenza

Nella vendita a corpo è legittimo il rifiuto della stipulazione del contatto definitivo da parte del promittente compratore che pretenda la riduzione del prezzo opponendo, con fondamento o, comunque, senza colpa, che la misura reale del bene è inferiore ad un ventesimo rispetto a quella indicata nel contratto ( C. 8384/1994; T. Napoli 26.10.1999; cfr., sul diritto del promittente venditore alla pronunzia costitutiva ex art. 2932, salvo la necessità di ridurre conseguentemente la controprestazione originariamente pattuita e di risarcire gli eventuali danni, A. Napoli 3.2.2000).

In caso di contratto preliminare di vendita a corpo di un immobile, qualora la misura reale di questo risulti superiore di un ventesimo rispetto a quella in tale negozio indicata, il promittente acquirente che non abbia esercitato il diritto di recesso ex art. 1538, è inadempiente all'obbligazione assunta ove rifiuti il pagamento del supplemento di prezzo in sede di stipulazione definitiva, potendo il promittente venditore pretendere di stipulare il contratto definitivo ad un prezzo maggiorato, senza dover essere costretto a stipulare la vendita al prezzo originariamente pattuito per poi agire per ottenere il supplemento (C. 3721/1981).

Il giudice, in sede di esecuzione ex art. 2932, può determinare il supplemento di prezzo dovuto ai sensi degli artt. 1537 e 1538 (cfr., con riferimento ad un contratto di permuta, C. 1932/1982).

7. Appalto a corpo. Vendita di immobile in multiproprietà

Giurisprudenza

Nell'appalto a corpo le parti possono precisare in modo approssimativo l'entità della prestazione dell'appaltatore adottando genericamente il termine "circa" seguito da una certa quantità; in tal caso, qualora la prestazione dell'appaltatore risulti essere superiore si un ventesimo rispetto a quella indicata nell'accordo, in virtù del disposto dell'art. 1538 il committente dovrà corrispondere, per la parte eccedente l'alea normale, una integrazione del prezzo (T. Cagliari 22.3.1990).

Dottrina

La vendita di immobile in multiproprietà attribuisce al compratore il postere di godere e disporre del bene limitatamente ad una frazione temporale dell'anno. La dottrina ha accostato questa fattispecie atipica alle figure del condominio, della comunione e della proprietà temporanea [v. Alpa, Iasello (a cura di), La multiproprietà, Padova, 1993; Barbiera (a cura di), Multiproprietà. Confronto a più voci, Milano, 1986; Alpa (a cura di), La multiproprietà. Aspetti giuridici della proprietà turnaria e della proprietà turistico-alberghiera, Bologna, 1983; Confortini, Multiproprietà, in EG, XX, Roma, 1990; Id., La multiproprietà, Padova, 1983; Granelli, La "multiproprietà" o le "multiproprietà", in Q, 1985, 475; Id., in RDC, 1979, II, 686; Luminoso, La compravendita, 4a ed., Torino, 2004, 183; Morello, Multiproprietà, in Digesto civ., XI, Torino, 1994, 490; Id., Multiproprietà e autonomia privata, Milano, 1983; Petrone, Multiproprietà. Individuazione dell'oggetto e schemi reali tipici, Milano, 1985; Santoro Passarelli, Multiproprietà e comproprietà, in RTDPC, 1984, 19; Sangiorgi, Multiproprietà immobiliare, Napoli, 1983].

8. Vendita di immobile indiviso

Giurisprudenza

Nell'ipotesi di vendita di immobile indiviso predisposta perché ad essa partecipino tutti i comproprietari e che sia poi stipulata da alcuni soltanto di essi, il contratto deve ritenersi incompleto e soggetto ad inefficacia relativa che può essere fatta valere soltanto dal compratore, il quale in quanto esclusivo titolare dell'interesse all'acquisto del bene per l'intero può anche chiedere l'esecuzione del contratto in relazione alla quota del comproprietario intervenuto validamente nel negozio, senza che questi possa opporvisi, salvo che dall'interpretazione della convenzione risulti che la stessa sia stata sottoscritta dalle parti nel comune presupposto della adesione successiva degli altri contitolari del bene, cioè che il negozio sia stato predisposto come vendita unitaria, non occorrendo una specifica clausola in tal senso (C. 9749/1991).

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(Altalex, 17 marzo 2018)

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