Il Risorgimento nella pittura italiana (1820-49) – Diario dell'arte

Il Risorgimento nella pittura italiana (1820-49)

Nell’Ottocento, la pittura italiana comincia ad interessarsi del Risorgimento, quel particolare processo rivoluzionario che porta, nell’arco di circa cinquant’anni e dopo numerose battaglie, alla riunificazione della penisola italica in un Regno retto dai Savoia.

Una penisola divisa e debole

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A seguito della sconfitta di Napoleone Bonaparte, il congresso di Vienna (1814-15) ripristina il frazionamento politico della penisola e la sudditanza nei confronti dell’Austria.

In effetti, gli austriaci controllano la Lombardia, il Veneto e la Repubblica di Venezia. I Savoia rafforzano il loro dominio ad ovest, inglobando la Repubblica di Genova. Nel centro, ci sono sei piccoli stati tra cui quello pontificio con a capo il papa Pio VII. Al sud, il Regno delle due Sicilie è sotto i Borboni.

Di fatto, la restaurazione dei regimi assolutistici rafforza i privilegi del clero e della nobiltà deludendo le promesse delle libertà costituzionali e dell’indipendenza nazionale.

I moti carbonari: le battaglie perse

Tali obiettivi, però, continuano ad essere perseguiti clandestinamente dalle società segrete tra cui spicca la carboneria. Tuttavia, l’insuccesso dei moti del 1820-21 in Sicilia e in Piemonte e di quelli del 1830-32 nei Ducati di Modena e di Parma e nelle Legazioni pontificie determinano la crisi strategica ed organizzativa della carboneria. Giuseppe Mazzini decide di fondare la Giovine Italia (1831) con un chiaro programma pubblico per un’Italia unita, libera e repubblicana.

Le prime opere di Hayez

In questo clima, Francesco Hayez (1791-1882) elabora soggetti figurativi di forte contenuto morale e civile in grado di trasmettere i valori fondamentali per la costruzione della nuova Italia. Il pittore, però, non può essere esplicito per non incappare nella censura e preferisce alludere agli eventi contemporanei attraverso il filtro della storia.

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Hayez, I vespri siciliani, 1846

Ad esempio, per ribadire l’impossibilità della presenza di ogni invasore straniero nella penisola, Hayez propone una vicenda del 1282 quando, in Sicilia, scoppia una rivolta popolare contro gli angioini a seguito di un gesto d’offesa (la palpazione del seno) da parte di un soldato francese nei confronti di una donna palermitana.

Nel dipinto, il soldato Drouet è ucciso dal fratello della donna. L’opera ha successo perché, pittoricamente, unisce la cura nel disegno, il vigore delle figure derivato da Michelangelo e il colorito veneto. Prima ancora, sugli stessi intenti di incitamento agli ideali patriottici visti con occhio medievale, Hayez realizza Pietro Rossi chiuso dagli Scaligeri nel castello di Pontremoli (1818-20), La congiura dei Lampugnani (1826-29) e I profughi di Parga (1826-31).

Al contrario, anni dopo, Domenico Morelli fa riferimento allo stesso episodio ribaltando il punto di vista dell’azione. Lo scontro armato è lasciato sullo sfondo mentre, in primo piano, ci sono tre donne spaventate che fuggono dalle possibili ritorsioni dei francesi.

Morelli, Vespri siciliani, 1849-50, Museo di Capodimonte, Napoli

Se Hayez sceglie un tono drammatico e solenne, Morelli restituisce l’affanno delle innocenti.

La delusione per la conclusione dei moti è evidente anche nella poesia Marzo 1821 di Manzoni. Mazzini considera Hayez “il capo della scuola di pittura storica che il pensiero nazionale reclamava in Italia“.

Gli eventi del 1848

Tra il febbraio e il marzo del 1848, il re Carlo Alberto concede lo Statuto nel Regno di Sardegna. Nuove costituzioni entrano in vigore nello Stato pontificio e nel Granducato di Toscana per volontà, rispettivamente, di Pio IX e Leopoldo II.

La prima guerra d’indipendenza

Il 18 marzo iniziano le Cinque giornate di Milano: contro gli austriaci si scatena un’insurrezione popolare e vengono erette le prime barricate in città. Il 23 Carlo Alberto dichiara guerra all’Austria e si formano truppe di piemontesi e di volontari da ogni parte d’Italia. Le vittorie di Goito, Pastrengo e Valeggio sono segnali positivi ed incoraggianti nei confronti degli avversari guidati dal generale Radetzky.

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Carlo Canella, Combattimento a Porta Tosa. 22 marzo 1848.

Il pittore Canella raffigura l’ultima (e più violenta) giornata milanese dell’insurrezione presso Porta Tosa quando gli insorti, guidati da Luciano Manara, rompono l’accerchiamento dell’esercito austriaco sulla linea dei Bastioni e costringono gli austriaci alla ritirata. Sono numerosi, inoltre, i disegni e le litografie di piccola dimensione che circolano negli ambienti popolari e borghesi.

LA PRIMA GUERRA D’INDIPENDENZA (1848-1849): le principali battaglie nel lombardo-veneto

Le Repubbliche di Roma e Venezia

In quella primavera del 1848, Roma e Venezia diventano Repubbliche. Decaduto il papa, a Roma, si insedia un triumvirato composto da Giuseppe Mazzini, Carlo Armellini e Aurelio Saffi. A Venezia, dopo l’occupazione strategica dell’Arsenale e dei palazzi municipali, nasce un governo provvisorio con a capo Daniele Manin.

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Nani, Daniele Manin e Niccolò Tommaseo liberati dal carcere e portati in trionfo in piazza San Marco nel 1848, 1876

Le sconfitte degli italiani

A luglio, a Custoza, Carlo Alberto è sconfitto e abdica in favore del primogenito Vittorio Emanuele. La pace arriva nell’agosto del 1849, dopo una seconda cocente sconfitta a Novara.

Ad est, sull’Adriatico, la distruzione del forte di Marghera annuncia la resa veneziana dell’agosto 1849, dopo oltre due mesi di bombardamenti a cui si aggiunge il colera in città. I francesi, intanto, liberano Roma.

Le opere di Caffi, Quarena e Giacomelli, ad esempio, pur richiamando la lezione secolare del vedutismo lagunare, sostituiscono all’immagine tradizionale della città in festa o nella quotidianità, cara ai turisti stranieri, gli esiti dei bombardamenti austriaci con straordinari effetti luminosi ed atmosferici del fumo, delle acque e del cielo notturno.

CRONOLOGIA DEL RISORGIMENTO ITALIANO dal 1815 al 1870, clicca qui

La Meditazione di Hayez

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Hayez, La Meditazione (L’Italia nel 1848), 1850-51, Verona

La rappresentazione simbolica più efficace del drammatico biennio rivoluzionario è La Meditazione di Hayez. Una grande figura femminile seduta, con un seno scoperto fissa il suo sguardo sullo spettatore reggendo un grosso libro e una croce.

Il significato politico dell’opera si deduce dalle scritte in rosso (il colore del sangue dei martiri italiani) sul dorso del libro (Storia d’Italia) e sulla luttuosa croce (18. 19. 20. 21. 22 marzo / 1848) che riporta le date delle cinque giornate di Milano.

La donna, chiaramente, è l’Italia umiliata e sconfitta non più rappresentata come una matrona turrita, ma sola e fiera nella sua dolorosa bellezza.

L’immagine riprende lo stile superbo della Cleopatra di Cagnacci di metà Seicento e inaugura un filone di rappresentazioni simboliche di eroine malinconiche di una bellezza struggente, con negli occhi una luce indomabile di coraggio.

Donne, simboli di riscatto e coraggio

Insomma, la personificazione di una generazione di donne italiane in attesa di riscatto e rivincita diventa un tema ricorrente. Mi riferisco al Pensiero malinconico dello stesso Hayez (1842), alle opere di Andrea Appiani jr della Giovane italiana emigrata che tiene stretti sul cuore i colori nazionali (nota come La Cospiratrice, 1850-55) e di Venezia che spera (1861) e all’Italia in catene (1851-1855) di Francesco Canella.

Le opere citate anticipano l’atmosfera dei romanzi risorgimentali come le Confessioni di un italiano dello scrittore patriota Ippolito Nievo con il personaggio della Pisana, o Piccolo mondo antico di Fogazzaro con la figura della sciura Luisa.

Di tutt’altro tenore, è la Trasteverina colpita da una bomba (1850) di Gerolamo Induno che denuncia gli orrori della guerra attraverso una commovente rappresentazione di un martirio di una bambina innocente, sorpresa dalla morte tra le mura di casa. Un’immagine forte, simbolo atroce di Roma ferita al cuore, la cui posa ricorda la statua barocca di S. Cecilia del Maderno nell’omonima chiesa romana.

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Gerolamo Induno, Trasteverina colpita da una bomba (Roma 1849), 1850

Il primo reportage di guerra

Le vicende del tragico assedio della Repubblica romana da parte dell’esercito francese (1849) sono l’oggetto del primo reportage bellico della storia della fotografia. Il merito è di Stefano Lecchi che crea un metodo per colorare i dagherrotipi e un particolare dispositivo di messa a fuoco.

L’immagine si fa documento. Nelle fotografie egli registra, documenta, fissa quanto era sotto gli occhi di tutti: le opere di difesa, i segni lasciati dai combattimenti, l’imponenza della devastazione sui luoghi. All’epoca, la visione di questi luoghi rimanda alle singole battaglie, ai fatti e alla memoria degli uomini che vi hanno lottato e che spesso vi sono morti.

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Un nuovo eroe: Giuseppe Garibaldi

La difesa di Roma segna la comparsa sulla scena militare e civile risorgimentale di Giuseppe Garibaldi.

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Induno, Garibaldi al vascello, 1849

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