Isabella d’Este appartiene di diritto all’albo più nobile delle signore del Rinascimento italiano. Figlia del Duca di Ferrara Ercole I d’Este e della Principessa Eleonora d’Aragona, la vita amorosa e coniugale di Isabella è già decisa allo scoccare dei sei anni, ben prima che possa aver maturato quel grado di educazione sentimentale necessario a scegliere da sé un compagno di vita. Tuttavia, siamo nel Quindicesimo secolo e l’amore ai tempi del Rinascimento segue logiche di stato piuttosto che di cuore. Dunque, all’età di sei anni viene promessa in sposa al Marchese di Mantova Francesco II Gonzaga e dieci anni più tardi viene celebrato il matrimonio che le conferisce il titolo di Marchesa di Mantova.

Eugenia Codronchi Argeli, scrittrice artisticamente nota con lo pseudonimo di "Sfinge" e voce ante litteram dell’emancipazione femminile, restituisce di lei un’immagine complessa su un fondo articolato e composito di doveri politici, relazioni familiari e amori sofferti. Nel volume Femminismo Storico pubblicato a Milano nel 1901, Sfinge ripercorre la vita e i processi formativi di sette donne di potere e, tra Cleopatra e Maria Antonietta, si inserisce la nostra Isabella. Nel capitolo a lei dedicato, la marchesa viene definita come "l'anima femminile più serenamente poetica, la mente più equilibrata, il più limpido e più puro sorriso" del Rinascimento. Un commento che poco si discosta da quello del biografo cinquecentesco Niccolò da Correggio, che la erige a "prima donna del mondo".

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Marka//Getty Images
Leonardo, Ritratto di Isabella d Este, 1500

Al di là di ogni possibile definizione, la fonte più attendibile sulla vita di Isabella rimane l’inventario delle sue lettere, di cui Sfinge si adopera a commentatrice esterna. La produzione epistolare della marchesa, davvero ricchissima, conta, tra il 1490 e il 1539, oltre quindicimila missive. In esse si precisa l’educazione in fatto di amore e sentimenti impartita a distanza dalla madre nei primi anni di matrimonio, frammenti di vita inedita e pensieri intimi, ma sempre con un tocco di divertissement, come precisa Sfinge: "[...] Le sue lettere, sempre vivaci ed argute, erano spesse condite di qualche piccante episodio, gustosissimo, che dovette destare nella scrivente, prima che nel lettore, una infantile ilarità".

Seguendo la cronologia dei carteggi famigliari, emerge come il percorso di formazione e di definizione dell’identità di Isabella inizi proprio con il matrimonio. Difatti, le lettere che la madre Eleonora le invia regolarmente a partire dal 1490, anno in cui la giovane sposa si trasferisce alla corte del marito, possono essere lette come un manualetto di istruzioni rivolto ad una futura donna di corte. All’epoca, la formazione per lettera era infatti considerata quella più adatta all’educazione femminile. D’altra parte, nelle risposte di Isabella – la quale, non dimentichiamolo, nel 1490 aveva appena sedici anni – si legge la tristezza di una figlia lontana da casa, la fatica ad adattarsi alla vita matrimoniale e alle nuove responsabilità. Tra fatti di stile e formalità, la distinzione tra la dimensione privata e pubblica dell'amore appare indefinita e quasi soccombe sotto al peso della necessità di un erede maschio, che per Isabella tarderà ad arrivare.

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Courtesy of Art Institute Chicago
Gabinetto d’Isabella d’Este, Mantova, 1842

Quanto alle lettere indirizzate dalla marchesa al marito, la parole di Isabella d’Este sono dolci, talvolta timide. Come da insegnamento materno, la donna sa bene che nelle corti non ci si sposa per amore, e il legame con il consorte deve prescindere da ogni sentimento. La relazione tra i due mantiene, nella forma della lettera, una certa formalità, ma anche un buon grado di affetto e stima reciproca. Quando i coniugi sono lontani, si scrivono ogni giorno: probabilmente Isabella ignorava, o preferiva sorvolare, i numerosi tradimenti di Francesco II. Non mancano tuttavia momenti di tensione e discussione che talvolta sembrano infuocare non solo le parole ma anche la carta da lettere. I motivi sono prevalentemente politici, come la prigionia di Francesco II durante la campagna contro la Repubblica di Venezia. In questo frangente Isabella si ritrova a reggere da sola lo stato di Mantova mentre si adopera per la liberazione del marito. Nonostante il successo diplomatico delle operazioni portino infine al riscatto di Francesco II, quest’ultimo, convinto che la moglie abbia temporeggiato per rimanere più a lungo a capo della città, deciderà in seguito di allontanarla dalla politica. Ancora una volta, questi alterchi coniugali ci sono noti dagli scambi epistolari.

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Courtesy of Musée du Louvre
Lorenzo Costa, Isabella d’Este nel regno di Armonia, 1505-06

Se l’amore di Isabella verso il marito appare tenue e spesso tormentato da questioni di governo e dolorose incomprensioni, quello per l’arte è quanto mai sincero. Mecenate, collezionista e patrona di uno dei più vivaci circoli artistici del suo tempo, Isabella d’Este tende le sue parole e le sue orecchie alle grandi voci del Rinascimento italiano. L’affetto verso Ludovico Ariosto, Leonardo, Tiziano, Raffaello e Pietro Perugino – ma l’elenco sarebbe ancora lungo – ci è noto, ancora una volta, dai carteggi, oltre che dalle numerose opere con cui Isabella fa delle sue stanze di Mantova un museo d’arte.

L’archivio statale di Mantova conserva oggi nella sua integrità la corrispondenza intercorsa tra Isabella d’Este e i membri della sua famiglia, della burocrazia politica e del panorama artistico rinascimentale. Un’opera complessa, nel quale la parola amore è declinata in tutte le sue forme, alcune estremamente distanti dal nostro tempo, altre terribilmente attuali.