Ecco quali sono i 41 errori dell’eretico Martin Lutero condannati dalla Chiesa - informazionecattolica.it

Ecco quali sono i 41 errori dell’eretico Martin Lutero condannati dalla Chiesa

SONO PASSATI 501 ANNI DALL’EMANAZIONE DELLA BOLLA “EXSURGE DOMINE” CON CUI LEONE X CONDANNÒ GLI ERRORI DELL’ERETICO TEDESCO MARTIN LUTERO

A cura di Angelica La Rosa

Exsurge Domine (in Italiano “Sorgi, o Signore”, dal latino exsurgo, che vuol dire “alzarsi”, “ribellarsi”, e Dominus, “Signore”) è una bolla papale emessa da papa Leone X il 15 giugno 1520 in risposta sia alle 95 tesi sulle indulgenze del 1517 che agli scritti successivi del teologo eretico tedesco Martin Lutero.

Papa Leone X con la bolla Exurge Domine del 15 giugno 1520 ha condannato 41 errori di Lutero. Questi errori sono menzionati uno dietro l’altro. Il curatore dell’edizione del Denzinger Schonmetzer scrive: “le proposizioni della bolla riportano quasi sempre con precisione le parole di Lutero”. E infatti ogni proposizione condannata ha un preciso rimando negli scritti di Lutero.

La Bolla si conclude così: “Tutti e ciascuno gli articoli o errori sopra elencati noi li condanniamo, spingiamo e rigettiamo totalmente, in conformità a quanto detto sopra rispettivamente come eretici, scandalosi, falsi, offensivi per le orecchi pie o in quanto capaci di sedurre le menti degli uomini semplici e in contraddizione con la fede cattolica”.

Non sono errori tutti del medesimo spessore. Alcuni toccano il dogma, altri la disciplina della Chiesa, altri l’interpretazione delle Scritture, altri atteggiamenti pratici. Per alcuni di questi errori il Concilio di Trento, che sarà celebrato diversi decenni, dopo concluderà che chi li sostiene deve essere considerato anatema, e cioè scomunicato.

In risposta Lutero il 10 dicembre dello stesso anno bruciò in pubblico la bolla Exurge Domine.
Come contro risposta il Papa il 3 gennaio 1521 lo scomunicò con la bolla Decet Romanum Pontificem.

Ecco una traduzione italiana della Bolla Exurge Domine pubblicata QUI.

 

LEONE VESCOVO DI ROMA, SERVO DEI SERVI DI DIO
A perpetua memoria

Sorgi, o Signore, e rendi giustizia alla tua causa! Ricordati degli improperi che ti si fanno tutto il giorno da parte degli stolti! Porgi il tuo orecchio alle nostre preghiere poiché sono insorte volpi cupide di devastare la vigna il cui torchio, tu da solo hai premuto; la cui cura, governo e amministrazione tu, dovendo ascendere al Padre, ad immagine della Chiesa trionfante, commettesti a Pietro, come Capo e tuo Vicario, e ai suoi successori. Si adopera a devastarla il cinghiale della foresta, ne fa suo pasto la belva selvaggia.
Sorgi, o Pietro, e per la cura pastorale a te divinamente commessa, sovvieni alla causa della Santa Romana Chiesa, Madre di tutte le Chiese e Maestra della Fede, che tu, per il comando del Signore, hai consacrata col tuo sangue. Contro di essa, come tu ti degnasti di prevedere, insorgono maestri mendaci, che introducono sette di perdizione, attirandosi una pronta rovina, la cui lingua è fuoco, un male inquieto, pieno di veleno mortale. Essi, hanno uno zelo aspro, la contesa nei loro cuori: si inorgogliscono e sono bugiardi contro la verità.
Sorgi anche tu, te ne preghiamo, o Paolo, che questa vigna illuminasti e illustrasti con la dottrina e con un martirio pari a quello di Pietro. Insorge infatti un novello Porfirio, il quale, come quello un tempo ingiustamente e con mordacità criticò i santi Apostoli, ora, rimproverandoli invece di implorarli, contro quanto tu hai insegnato, non si vergogna di oltraggiare, diffamare i santi Pontefici nostri predecessori, arrivando all’insulto, ove disperi delle sue ragioni, alla maniera degli eretici, la ultima difesa dei quali – come dice Girolamo – è l’iniziare a diffondere veleno con lingua di serpente quando vedono le loro ragioni sul punto di essere condannate, e prorompere in contumelie quando si vedono sconfitti. Infatti sebbene tu [o Paolo], abbia detto esser necessario che vi siano eresie, perché i fedeli siano messi alla prova, nondimeno è necessario che, con la tua intercessione e il tuo aiuto, esse siano distrutte sul nascere affinché non si sviluppino né prendano piede le volpi.
Sorga infine l’intera Chiesa dei Santi e il resto della Chiesa Universale. Messa da parte la sua vera interpretazione delle Sacre Scritture, certuni, la cui mente il padre della menzogna ha accecata, giusta l’antico uso degli eretici, credendosi sapienti, interpretano queste stesse Scritture altrimenti da come richiede lo Spirito Santo, a loro piacimento; e, teste l’Apostolo, per ambizione dell’acclamazione popolare, le distorcono ed adulterano. Sicché, secondo quanto dice Girolamo, non è più il Vangelo di Cristo, ma quello di un uomo, o quel che è peggio, del diavolo. Sorga, dico, questa santa Chiesa di Dio e assieme ai beatissimi Apostoli suddetti, interceda presso Dio onnipotente acciocché, purgati tutti gli errori delle sue pecorelle, ed eliminate tutte le eresie dalle terre dei fedeli, si degni di conservare alla sua santa Chiesa la pace e l’unità.
Da lungo tempo, cosa che possiamo a stento esprimere nell’eccesso della nostra afflizione, Noi abbiamo saputo da persone degne di fede e dalla voce pubblica che, per ispirazione del nemico del genere umano sono stati nuovamente suscitati e recentemente seminati fra alcune menti frivole nell’inclita nazione Germanica, degli errori: alcuni dei quali già condannati dai Concili e dalle Costituzioni dei nostri Predecessori, contenenti espressamente l’eresia dei Greci e dei Boemi; altri rispettivamente eretici, falsi, scandalosi, offensivi delle pie orecchie, capaci di sedurre le menti degli uomini semplici, originati da falsi credenti, i quali per superba curiosità, cupidi della gloria del mondo, contrariamente a quanto insegna l’Apostolo, vogliono sapere più di quanto sia necessario; la loquacità dei quali – come dice Girolamo – senza l’autorità delle Scritture non avrebbe credibilità se non si adoperassero a rafforzare la perversa dottrina anche con testimonianze divine, sebbene male interpretate; e davanti ai cui occhi non sta più il timor di Dio.
Tanto più ci doliamo che ciò sia accaduto in Germania, perché sia Noi sia i Nostri Predecessori sempre con sviscerato amore ci sono rapportati a questa Nazione. Infatti dopo la traslazione dell’impero dai Greci ai Germani da parte della Chiesa Romana, gli stessi Predecessori Nostri e Noi, sempre da essi abbiamo avuto avvocati e difensori della stessa Chiesa. Germani che, veramente fratelli germani della verità cattolica, consta furono sempre acerrimi impugnatori delle eresie. Testimoni di ciò sono le lodevoli costituzioni degli Imperatori Germanici pubblicate un tempo e confermate dai Nostri predecessori: costituzioni a favore della libertà della Chiesa; costituzioni per l’espulsione e l’estirpazione degli eretici in tutta la Germania, sotto minaccia delle pene più gravi, fino al sequestro di terre e domini; costituzioni contro i manutengoli degli eretici e contro coloro che non volessero espellerli. Se si osservassero ancora oggi, Noi e loro saremmo liberi da questo disturbo. Ne è ancora testimone la condanna e la punizione nel Concilio di Costanza della perfidia degli Hussiti, dei Wiclefiti e di Girolamo da Praga. Ne è testimone il sangue dei Germani effuso di volta in volta nelle guerre contro i Boemi. Ne è infine testimone la non meno dotta, quanto vera e santa, confutazione, riprovazione e condanna degli errori di cui sopra, o di molti di essi, fatta dalle università di Colonia e Lovanio, piissime e religiosissime cultrici del campo del Signore. Potremmo addurre anche molti altri fatti, che però abbiamo deciso di omettere, perché non sembri che stiamo facendo un’esposizione storica.
In nessuno modo, a motivo della cura del pastorale officio a Noi per grazia di Dio commessa, possiamo ulteriormente tollerare o trascurare il pestifero veleno dei predetti errori, senza che ne tragga nocumento la Religione Cristiana e ingiuria la fede ortodossa. Alcuni di questi errori, il cui tenore è il seguente, abbiamo deciso di includerli in questo documento:

  1. È sentenza eretica, ma largamente seguita, che i sacramenti della Nuova Alleanza danno la grazia giustificante a coloro che non vi pongono ostacolo.
  2. Negare che il peccato rimane nel bambino dopo il battesimo, significa disprezzare insieme Cristo e Paolo.
  3. Il fomite del peccato, anche se non c’è nessun peccato attuale, trattiene l’anima che esce dal corpo dall’ingresso nel cielo.
  4. La non perfetta carità di colui che sta per morire porta necessariamente con sé un grande timore, che di per sé è solo sufficiente a ottenere la pena del purgatorio, e impedisce l’ingresso nel regno.
  5. Che le parti della confessione siano tre: contrizione, confessione e soddisfazione non è fondato nella Sacra Scrittura, né negli antichi santi dottori cristiani.
  6. La contrizione che si ottiene con l’esame, la ricapitolazione e la detestazione dei peccati, e con la quale si ripensa alla propria vita nell’amarezza della propria anima (cfr.Is 38,15), soppesando la gravità, la moltitudine, la turpitudine dei peccati, la perdita della beatitudine eterna e il conseguimento dell’eterna dannazione, questa contrizione rende ipocrita, anzi addirittura peccatore.
  7. Verissima e più perfetta in tutto della dottrina fino a questo momento proposta sulla contrizione è la massima: “Non farlo più è la migliore penitenza; una nuova vita è l’ottima penitenza”.
  8. Non presumere in alcun modo di confessare i peccati veniali, ma neppure tutti i mortali, perché è impossibile che tu conosca tutti i peccati mortali.Per questo motivo nella chiesa primitiva si confessavano soltanto quelli mortali manifesti.
  9. Quando vogliamo confessare tutto in modo completo non facciamo altro che questo: non vogliamo lasciare nulla da perdonare alla misericordia di Dio.
  10. A nessuno sono rimessi i peccati, se non crede che gli sono rimessi dal sacerdote che assolve; anzi il peccato rimane, se non lo crede rimesso: non sono sufficienti infatti la remissione del peccato e il dono della grazia, ma bisogna anche credere che è stato rimesso.
  11. Non confidare in nessun modo di essere assolto a motivo della tua contrizione, ma per la parola di Cristo: “Tutto ciò che scioglierai” (cfr. Mt 16,19). In questo confida, io dico: se tu hai ottenuto l’assoluzione del sacerdote, e credi fermamente che tu sei stato assolto, sarai stato assolto davvero, qualsiasi cosa sia in quanto alla contrizione.
  12. Se, per assurdo, colui che si confessa non fosse contrito, oppure il sacerdote assolvesse non sul serio, ma per gioco, se tuttavia egli si crede assolto, è assolto con assoluta certezza.
  13. Nel sacramento della penitenza e nella remissione della colpa, il papa o il vescovo non fanno nulla di più di un semplice sacerdote: anzi, dove non c’è un sacerdote, può fare ugualmente un semplice cristiano, anche se fosse una donna o un bambino.
  14. Nessuno deve rispondere al sacerdote di essere contrito e il sacerdote non lo deve domandare.
  15. È grande l’errore di coloro che si accostano al sacramento dell’eucaristia fidandosi del fatto di essersi confessati, di non essere consapevoli di nessun peccato mortale, di aver premesso preghiere personali e preparatorie: tutti questi mangiano e bevono la propria condanna. Ma se credono e confidano che qui essi conseguiranno la grazia, questa fede sola li rende puri e degni.
  16. Risulta come deciso, che la chiesa abbia stabilito in un concilio universale che i laici debbono comunicarsi sotto le due specie: e i Boemi che si comunicano sotto le due specie, non sono eretici, ma scismatici.
  17. I tesori della chiesa, da cui il papa trae le indulgenze, non sono i meriti di Cristo e dei Santi.
  18. Le indulgenze sono dei pii inganni dei fedeli, e dispense dalle opere buone; e appartengono al numero delle cose che sono permesse, e non al numero di quelle che sono utili. (cfr.1Cor 6,12; 1Cor 10,23).
  19. Le indulgenze, per coloro che veramente le acquistano, non hanno valore per la remissione della pena dovuta alla giustizia divina per i peccati attuali.
  20. Si ingannano coloro che credono che le indulgenze sono salutari e utili per il bene dello spirito.
  21. Le indulgenze sono necessarie solo per le colpe pubbliche, e vengono propriamente concesse solo ai duri di cuore e agli insensibili.
  22. Per sei categorie di uomini le indulgenze non sono né necessarie né utili: e cioè per i morti o per quelli che stanno per morire, per i malati, per i legittimamente impediti, per coloro che non hanno commesso peccati, per coloro che hanno commesso peccati, ma non pubblici, per coloro che compiono cose migliori.
  23. Le scomuniche sono soltanto pene esteriori, e non privano l’uomo delle comuni preghiere spirituali della chiesa.
  24. Bisogna insegnare ai cristiani più ad amare la scomunica che a temerla.
  25. Il pontefice romano, successore di Pietro, non è il vicario di Cristo sopra tutte le chiese del mondo intero, dallo stesso Cristo costituito nel beato Pietro.
  26. La parola di Cristo a Pietro: “Tutto ciò che scioglierai sulla terra” ecc. (cfr.Mt 16,19) si estende soltanto alle cose legate dallo stesso Pietro.
  27. È certo che non è affatto in mano della chiesa o del papa lo stabilire gli articoli di fede, e anzi neppure le leggi morali o delle opere buone.
  28. Se il papa con una gran parte della chiesa pensasse in un modo o nell’altro, e inoltre non sbagliasse, non è ancora peccato o eresia pensare il contrario, soprattutto in cose non necessario per la salvezza, finché da un concilio universale una cosa non è stata respinta e l’altra approvata.
  29. Ci è stata aperta la via per svuotare l’autorità dei concili e per contraddire liberamente le cose da loro compiute, per giudicare i loro decreti e per confessare con confidenza qualsiasi cosa sembri vero, sia che sia stato approvato, sia che sia stato respinto da un qualsiasi concilio.
  30. Alcuni articoli di Jan Hus condannati nel concilio di Costanza sono cristianissimi, verissimi ed evangelici, e neppure la chiesa universale potrebbe condannarli.
  31. In ogni opera buona il giusto pecca.
  32. L’opera buona compiuta nel modo migliore, è peccato veniale.
  33. È contro la volontà dello Spirito che gli eretici siano bruciati.
  34. Combattere contro i Turchi è opporsi a Dio, che visita le nostre iniquità per mezzo loro.
  35. Nessuno è certo di non peccare sempre mortalmente, a motivo del segretissimo vizio della superbia.
  36. Dopo il peccato, il libero arbitrio è una realtà in modo solo apparente; e quando compie ciò che gli compete, pecca mortalmente.
  37. Il purgatorio non può essere provato mediante la sacra Scrittura che si trova nel canone.
  38. Le anime nel purgatorio non sono sicure della propria salvezza, almeno non tutte; e non è provato da nessun argomento razionale né dalle Scritture, che esse si trovano al di fuori della condizione di meritare o di accrescere la carità.
  39. Le anime del purgatorio peccano in modo continuo finché cercano il riposo e hanno orrore delle pene.
  40. Le anime liberate dal purgatorio per i suffragi di coloro che sono vivi godono minore beatitudine che se avessero soddisfatto da se stesse.
  41. I prelati ecclesiastici e i principi secolari non farebbero male, se eliminassero tutte le sacche di mendicità.

Nessuno che sia sano di mente ignora quanto questi errori siano pestiferi, perniciosi, scandalosi, capaci di sedurre le menti pie e semplici, contrari ad ogni carità, alla riverenza verso la Santa Romana Chiesa, Madre di tutti i fedeli e Maestra della fede, al nerbo dell’ecclesiastica disciplina, ossia contrari all’obbedienza, la quale è la fonte e l’origine di tutte le virtù, senza la quale ciascuno è condannato come infedele.
Noi dunque, volendo, come conviene, precludere la via a siffatta peste e morbo canceroso, affinché nel campo del Signore ulteriormente non si diffonda quale rovo nocivo, eseguita su tutti e singoli e predetti errori, in quanto gravissimi, un’indagine, un controllo e un attento esame, con matura deliberazione, pesata ed esaminata ogni cosa secondo le norme prescritte, assieme ai venerabili Nostri fratelli Cardinali di Santa Romana Chiesa, ai Priori e Ministri Generali degli Ordini Regolari, a molti altri peritissimi Professori e Maestri di sacra Teologia e di Diritto Civile e Canonico, abbiamo trovato che questi medesimi errori o articoli non siano cattolici, né che vadano creduti tali, ma che siano contrari alla dottrina della Chiesa Cattolica ed alla Tradizione, soprattutto alla vera e comune interpretazione delle divine Scritture, alla cui autorità Agostino credé talmente di dover prestar fede da affermare che non avrebbe creduto al Vangelo senza che fosse intervenuta l’autorità della Chiesa Cattolica. Infatti dai medesimi errori, o da qualcuno di essi, o da alcuni deriva chiaramente che la stessa Chiesa, che è retta dallo Spirito Santo, erri o e abbia sempre errato. La qual cosa è assolutamente contraria a quello che il Cristo promise ai suoi discepoli al momento della sua Ascensione, conferme si legge nel santo Vangelo di Matteo: “Io sono con voi fino alla consumazione dei secoli”. E allo stesso modo contraria alle conclusioni dei santi Padri, alle chiare ordinanze e ai canoni dei Sommi Pontefici, la non ottemperanza dei quali, come testimonia Cipriano, sempre fu il fomite e la causa di tutte le eresie e di tutti gli scismi.
Perciò, col parere e l’assenso dei medesimi venerabili Nostri fratelli, dopo matura deliberazione sopra ciascuno dei detti articoli, per l’autorità di Dio onnipotente e dei beati apostoli Pietro e Paolo e Nostra condanniamo e riproviamo e rigettiamo tutti e singoli i predetti articoli ed errori, rispettivamente eretici, scandalosi, falsi, offensivi delle pie orecchie, capaci di sedurre lo spirito dei semplici e contrari alla verità cattolica; e dichiariamo e definiamo che da tutti i Cristiani, di ambo i sessi, debbono essere ritenuti condannati, riprovati e rigettati.

[Il Papa stabilisce alcune pene spirituali e temporali – dalla scomunica maggiore, alla privazione di benefici e feudi, fino alla negazione della sepoltura ecclesiastica – chiunque, foss’anche Imperatore o Cardinale, affermi, difenda, predici, e favorisca i predetti errori]

Inoltre perché i suddetti errori e molti altri sono contenuti nei libelli e negli scritti di Martin Lutero: detti libelli e tutti gli scritti e prediche, in latino od in qualsiasi altra lingua,  del nominato Lutero, nei quali vi sono i suddetti ed altri errori, similmente li condanniamo, riproviamo e del tutto rigettiamo e vogliamo che siano tenuti, in tutto e per tutto condannati, riprovati e rigettati. Comandiamo pertanto in virtù della santa obbedienza, e sotto le pene suddette, a tutti e i singoli i Cristiani, di ambo i sessi, sopra nominati, di leggere, predicare, lodare, stampare, pubblicare o difendere codesti scritti, libelli, predicazioni, carte o i capitoli, gli errori e gli articoli suddetti che vi sono contenuti, personalmente o tramite altri, direttamente o indirettamente, tacitamente o espressamente, pubblicamente o di nascosto; ed anche di tenerli in casa propria o d’altri, in luoghi pubblici od in privati. Comandiamo inoltre che dopo la loro pubblicazione gli Ordinari, fattane subito una diligente ricerca, pubblicamente e solennemente, sotto tutte e singole le pene suddette, alla presenza del clero e del popolo, li brucino.

Per quanto invero riguarda Lutero – oh buon Dio! – cosa abbiamo tralasciato, cosa non facemmo, cosa abbiamo omesso della paterna carità per ritrarlo da siffatti errori? Dopo averlo citato, volendo procedere con lui nel modo più mite possibile, lo abbiamo invitato, tanto con le diverse trattative avute con il Nostro Legato, quanto a mezzo di Nostre lettere, a dissociarsi dai predetti errori, o che venisse presso di Noi (avendogli dato anche un salvacondotto e del denaro necessario per il viaggio) senza paura, né timore alcuno (cose che la perfetta carità di Dio deve tener lontane) e, sull’esempio del nostro Salvatore e dell’Apostolo Paolo, ci parlasse non di nascosto, ma apertamente ed in faccia. Che se ciò avesse fatto, sicuramente (come riteniamo), ritornato in sé, avrebbe riconosciuto i priori errori, né nella Curia Romana, la quale tanto malevolmente insulta, non avrebbe trovato tante cose errate, ed gli avremmo insegnato il più chiaramente possibile, che i santi Romani Pontefici Nostri predecessori, i quali così smodatamente oltraggia, nei loro Canoni e nelle loro Costituzioni, che egli s’impegna ad offendere, non hanno mai errato. Poiché come dice il Profeta, “non c’è balsamo in Galaad, né manca il medico”.
Ma, ad onta di tutto ciò, egli sdegnò la citazione e rifiutò di venire, e fino ad oggi contumace, stette più di un anno sotto le censure, e, aggiungendo male a male, avuta notizia della citazione, ha temerariamente appellato al futuro concilio, contro le disposizioni di Pio II e di Giulio II, Nostri predecessori, dalle quali si apprende che a questi appellanti vadano pene imposte agli eretici. Inutile inoltre questo appello, poiché egli professa pubblicamente di non credere al Concilio. Pertanto, prescindendo da un’ulteriore citazione, potremmo procedere, in quanto sospetto notorio riguardo alla fede, alla sua condanna come eretico e alla severa imposizione di tutte e singole le suddette pene e censure.
Nondimeno, col parere dei Nostri fratelli, imitando la clemenza di Dio onnipotente, il quale non vuole la morte del peccatore, ma che egli si converta e viva, dimenticando tutti gli oltraggi fatti a Noi ed alla Sede Apostolica, abbiamo risolto di usare tutta la bontà possibile e di fare quanto sta in Noi perché per la via della misericordia egli ritorni in sé e si allontani dai suoi errori e Noi lo riceviamo con benevolenza come il figliuol prodigo che fa ritorno in seno alla Chiesa.
Perciò, Noi scongiuriamo lo stesso Martino e tutti i suoi aderenti, protettori e fautori, per le viscere della misericordia del nostro Dio e per il sangue del nostro Signore Gesù Cristo, in cui e per cui è stata realizzata la redenzione del genere umano e l’edificazione della Santa Madre Chiesa, Noi li esortiamo e scongiuriamo con lutto il cuore a cessare di turbar la pace, l’unità e la verità della Chiesa , per la quale lo stesso Salvatore ha pregato con sì vive istanze il Padre suo, e di astenersi interamente dai detti errori così perniciosi, sicuri di trovare in noi, se obbediranno realmente e ci daranno prove legittime della loro obbedienza, i sentimenti della carità paterna e l’aperta fonte della mansuetudine e della clemenza.

Proibiamo tuttavia da ora, per l’intanto, a Martino di cessare dalla predicazione.
Diversamente se casomai l’amore per la giustizia e per la verità non lo ritraggono dal peccato, ve lo potrebbe costringere il terrore della disciplina delle pene: con la presente richiamiamo Martino e i suoi aderenti, complici, fautori e fiancheggiatori e li ammoniamo in virtù della santa obbedienza, e sotto la pena di incorrere in tutte e singole le pene suddette comandiamo loro – concedendo sessanta giorni (una primo di termine di venti giorni, un secondo termine di altri venti e un terzo termine perentorio dei restanti venti) dal momento della affissione della presente nei luoghi infrascritti – di desistere dai proprio errori, dalla loro predicazione e dalla pubblicazione e dalla difesa e di bruciare i libri e gli scritti contenenti tutti e singoli o anche solo alcuni degli anzidetti errori.
Martino inoltre ritiri del tutto i siffatti errori ed asserzioni e della ritrattazione ci faccia certi attraverso una pubblica dichiarazione giuridicamente valida da consegnare a Noi, nello spazio di altri sessanta giorni, per le mani di due prelati, o personalmente (ci farebbe più piacere se volesse venire da Noi) col già citato pienissimo salvacondotto, affinché non permanga alcuno scrupolo sulla verità della sua obbedienza.

Se il nominato Martino e i suoi complici, fautori e fiancheggiatori, facessero – non sia mai! – altre cose, né adempissero nel termine di cui sopra tutto e singolarmente quanto detto dianzi, seguendo la dottrina dell’Apostolo che insegnò di evitare l’uomo eretico dopo la prima e la seconda correzione, condanniamo Martino e i suoi complici, aderenti, fautori e fiancheggiatori come tralci secchi che non rimangono uniti a Cristo: che insegnano una dottrina contraria alla fede cattolica, sua nemica, nonché scandalosa e condannata, ad onta non piccola della divina maestà e della Chiesa universale; che dogmatizzano la rovina della fede cattolica e lo scandalo; che vilipendono le chiavi della Chiesa. E dichiariamo, per l’autorità della Chiesa, che essi sono stati e sono eretici notori e pertinaci e come tali li condanniamo e tali vogliamo e comandiamo li ritengano tutti i Cristiani di ambo i sessi. E tutti e singoli li sottoponiamo alle suddette pene ed alle altre inflitte dal diritto e li dichiariamo e definiamo caduti nelle medesime.

[Il Papa conferma la condanna e i rogo dei libri di Lutero]

Ammoniamo inoltre tutti e singoli i cristiani, sotto pena di scomunica latae sententiae, di evitare e di far evitare, allo scadere del termine dei sessanta giorni, i suddetti dichiarati eretici e condannati per non ottemperare ai nostri comandi; e di non avere con essi rapporti, contatti e comunione, né di dar loro ciò di cui necessitano.
A maggior confusione di Martino e dei suoi complici, fautori, aderenti e fiancheggiatori suddetti, che saranno dichiarati e condannati come eretici dopo la scadenza del termine, comandiamo, sotto tutte e singole le pene suddette, a tutti i e singoli i Cristiani di ambo i sessi […] qualsiasi sia la dignità ecclesiastica o secolare di siano insigniti, che personalmente o a mezzo d’altri catturino il suddetto Martino e i suddetti suoi complici, fautori, aderenti e fiancheggiatori e, una volta catturati, li mandino a Noi, come richiediamo: ne otterranno, da Noi e dalla Sede Apostolica, remunerazione  e degno premio. Espellano poi tutti e singoli i summenzionati – siano chierici, regolari o laici –  dalle Metropolitane, Cattedrali, Collegiate e dalle altre chiese, casa, monasteri, conventi, città, domini, università, comunità, castelli, terre e luoghi.
Sottoponiamo all’interdetto ecclesiastico, per tutto il tempo della loro permanenza e fino a tre giorni dopo la loro partenza, le città, i domini, le terre, i castelli, i villaggi, le comunità, i fortilizi, le piazzeforti e i luoghi tutti con le loro rispettive Metropolitane, Cattedrali, Collegiate ed altre chiese, monasteri, priorati, case conventi e luoghi pii e religiosi di ogni ordine ove Martino o qualcuno dei summenzionati penseranno di ritirarsi.

E perché quanto si è detto sia a tutti noto, ordiniamo a tutti i Patriarchi, Arcivescovi, Vescovi e altri Prelati di chiese patriarcali, metropolitane e collegiati, ai Capitoli e alle altre persone ecclesiastiche, secolari come regolari di ogni ordine, […] soprattutto della Germania, sotto pena di incorrere in pene e censure, di annunziare nelle loro chiese, di domenica o nei giorni  festivi quando maggiore è l’affluenza del popolo alle divine funzioni, che Martino e tutti e singoli gli altri nominati che non avranno ottemperato ai nostri moniti e comandi nello spazio di tempo fissato, sono eretici e dispongano e comandino che anche altri lo annunzino e che tutti li evitino. E comandiamo di evitarli anche a tutti i Cristiani, allo stesso modo e sotto pena delle suddette pene e censure. Facciano leggere, affiggere e pubblicare la presente lettera o una sua copia nelle loro chiese, monasteri, case, conventi ed altri luoghi. Scomunichiamo ed anatematizziamo tutti e singoli e ogni stato, grado, condizione e dignità eminente ed eccellente, che procureranno, personalmente o per altri, pubblicamente od occultamente, indirettamente o direttamente, tacitamente od espressamente, di non leggere, affiggere e pubblicare nelle loro chiese, monasteri, case, conventi ed altri luoghi pubblicare la presente lettera o una sua copia.

[Vengono date indicazioni su dove affiggere pubblicamente la bolla]

Nessuno dunque, e in nessun modo, si permetta con temerario ardimento di violare e trasgredire questo Nostro scritto di dannazione, riprovazione, decreto, dichiarazione, inibizione, volontà, comando, esortazione, preghiera, richiesta, ammonizione, assegnazione, concessione, condanna, sottomissione, scomunica e anatema. Se qualcuno avrà l’audacia di attentarvi, sappia che incorrerà nell’indignazione di Dio onnipotente e dei suoi beati Apostoli Pietro e Paolo.

Dato a Roma, presso san Pietro, il 15 giugno dell’anno dell’Incarnazione del Signore 1520, ottavo del Nostro Pontificato.

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