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Marcellino Radogna: il fotografo che immortalò la Roma dei tempi d'oro

Gli scatti a Ljuba Rizzoli e alla contessa Alberica Filo della Torre, i baci tra Marta Marzotto e Renato Guttuso, Dacia Maraini e Alberto Moravia. I salotti romani e l'amicizia con il conte Volpi di Misurata e il principe Ruspoli: "A Roma si entra in ginocchio"

Marcellino Radogna: il fotografo che immortalò la Roma dei tempi d'oro

Nemmeno il tempo di entrare e la moglie - premurosa custode dell’immenso patrimonio culturale del marito - mi dice: "Non guardi la confusione, ma abbiamo in casa l’archivio di Marcellino". Quello di Marcellino non è un semplice archivio, ma come ha riconosciuto anche il Ministero dei Beni Culturali "è di notevole interesse storico". Il “colonnello” con le sue fotografie ha attraversato la prima, seconda e terza (?) Repubblica italiana ritraendo star del cinema, principi, contesse, finanzieri, scrittori e pittori. Più di cinque milioni di foto, tra cui tanti baci famosi, migliaia di ritagli di quotidiani, libri e autoritratti con gli immancabili baffi all’insù. Montanelli era "ostico", Soraya "una principessa timida e sempre triste" che fotografai a Montecarlo, Dacia Maraini "l’amore di Moravia". Rimpiange quei tempi? "Sì, ma solo perché ero giovane" e sulle note di Avevamo la stessa età canticchia "Questo nessuno lo sa/or non capisco perché/hai dieci anni meno di me…".

L’altezza, i baffi all’insù, i tanti quadri di casa Savoia, il padre carabiniere reale. Un “colonnello” che ha scelto di fare il fotografo.

"La vita è imprevedibile. Dopo una delusione scolastica andai nello studio di Renato Altobelli a Casamassima e appresi le prime nozioni di fotografia. Ho vissuto per parecchi anni in una caserma dei Carabinieri perché mio padre aveva l’alloggio in caserma".

Quando arrivò a Roma?

"Nel 1961. Allora c’era un gran fermento culturale, in ogni strato sociale ma un errore è stato togliere la lingua latina dalla scuola media".

Con quali giornali iniziò a collaborare?

"Ricordo Lo Specchio ma anche Momento-Sera dove incontrai Olghina di Robilant e Giacomo Alexis che firmava le pagine Cronache Bizantine. La sera a Roma c’erano due giornali: Paese Sera e Momento-Sera. E lì incontrai anche Marcello Geppetti, il fotografo della dolce vita. Ho collaborato al Tifone, giornale satirico-sportivo diretto da Giuseppe Colalucci. In tribuna allo stadio incontravo Fulvio Bernardini, Umberto Lenzini… ma il calcio non mi appassionava. Scattate le foto me ne andavo via".

Lei arrivò a Roma in un periodo oserei dire quasi “magico”.

"La città era vivace, frizzante... di giorno ma anche e soprattutto di sera. Per anni ho fatto una vita notturna. Uscivo dopocena e rientravo per le due, tre e mezzo. Prima facevo il teatro, gli ingressi nei vari foyer, quindi aspettavo la fine dello spettacolo per fotografare baci e abbracci nei camerini. Poi c’è stato il momento dei night: Number One, Jackie O’, Hippopotamus, La clef, ma un punto di incontro dei fotografi era la Taverna Flavia di Mimmo Cavicchia".

E la dolce vita?

"Un abile invenzione di Federico Fellini che resuscitò Roma, e tanti aneddoti li apprese dai fotografi, uno per tutti Tazio Secchiaroli. Anche se dobbiamo ricordare che tutto nacque ad una festa di Olghina di Robilant al ristorante Rugantino a Trastevere, con il famoso spogliarello di Aiche Nanà. A Fellini ho scattato tantissime foto, spesso in compagnia di Cesare Zavattini, Franco Brusati, Sergio Leone…".

Si spostava da Roma?

"Sì. Andavo a Viareggio, Forte dei Marmi, Cortina, Montecarlo, Venezia. Seguivo i premi letterari, dal premio Viareggio diretto da Leonida Repaci al Campiello, la festa del cinema. Veneziano era il mio amico conte Giovanni Volpi di Misurata che organizzava delle feste bellissime. Aveva la sua barca Misurata e più volte mi ha invitato a salire. Eravamo entrambi appassionati di storia. Nel suo palazzo sono stati ospitati reali, attori, politici di ogni parte del mondo: Winston Churchill, Grace Kelly, Luchino Visconti, Maria Callas, Salvator Dalì. Nel suo palazzo organizzò una grande festa per i diciotto anni di Elisabetta de Balkany figlia di Maria Gabriella di Savoia".

Chi erano i personaggi più in vista di Cortina?

"La principessa Elvina Pallavicini, la contessa Marta Marzotto, il conte Giovanni Nuvoletti con la moglie Clara Agnelli, la principessa Doris Mayer Pignatelli, Giulio Nascimbeni, Pietro Barilla, Antonio Spinosa, Giulio Andreotti e Giorgio Pisanò. Il primo dormiva alle Orsoline, il secondo in una roulotte. Amanti della località di montagna erano Indro Montanelli e Colette Rosselli. Il libraio storico Ilario Sovilla ideò un “processo” a Montanelli, il pubblico ministero era Gianni Rocca, giudice Corrado Augias e la difesa affidata a Enrico Mentana e a Miriam Mafai. Fu assolto ma con formula dubitativa".

Dell’industria italiana chi ha avuto modo di incontrare?

"Gianni Agnelli, Silvio Berlusconi, Raul Gardini che ogni anno mi invitava a Ravenna per il festival diretto dal suo amico Riccardo Muti. A Montecarlo riuscii a fotografare Ljuba Rizzoli, chiamata “madame casinò” perché negli anni ’60, in una sola sera, con il numero otto, riuscì a sbancare il casinò".

Di Lei si dice che sia un eccellente conoscitore del mondo della nobiltà romana (e italiana).

"A Lo Specchio c’era una pagina chiamata Cronache bizantine e il giornale era specializzato in foto sulla nobiltà. Da lì ho iniziato a conoscere e frequentare l’aristocrazia".

La foto alla contessa Alberica Filo della Torre Santa Susanna?

"Un gesto di pura cortesia nei riguardi del principe Carlo Giovanelli che mi invitò a fotografarla. Poi una coincidenza storica la contessa portava il predicato nobiliare come il mio paese di nascita, Torre di Santa Susanna. E le mie furono le uniche foto che la ritraevano".

Come era visto da vicino il celebre principe Giovanelli?

"Un personaggio simpatico, amante della mondanità e grande conoscitore della nobiltà romana. Conosceva tutto di tutti. Una sua massina era "l’uomo ricco non ha bisogno di essere bello". Sposò Elettra Marconi, figlia di Guglielmo".

Altri celebri scatti della nobiltà?

"Il bacio tra Marina Ripa di Meana, prima Lante della Rovere e Donatella Pecci Blunt (nasce Zegna Baruffa), che avevano condiviso lo stesso uomo, il conte Dino Pecci Blunt".

Esistono ancora i salotti a Roma?

"Gli anni passano e la gente cambia. Un tempo c’era il salotto di Maria Angiolillo, Marta Marzotto, Sandra Alecce Carraro, Donatella Pecci Blunt, la “contessa in rosso”, nota per le sue simpatie di sinistra. La fotografai mentre stringeva la mano a Enrico Berlinguer. Bellissime le feste nel suo palazzo ai piedi del Campidoglio. I Pecci Blunt vantavano anche un Papa, Leone XIII, l’autore dell’Enciclica Rerum Novarum. E poi non dimentichiamo il primo vero salotto di Roma, a casa Morazzani, in Via Tevere, frequentato da personalità come Francesca Bertini e Kabir Bedi. Renato Morazzani fu l’ideatore del premio “Lady Roma” che ebbe tra le vincitrici anche Anita Ekberg".

La disavventura con Andreotti?

"Nominato senatore a vita, ci fu una festa a Palazzo Farnese, sede dell’ambasciata di Francia. Lì, fotografai il giudice Corrado Carnevale. La DIA di Palermo la vide e venne nel mio studio, e prese tutte le foto del presidente Andreotti. Dovetti fare domanda di dissequestro per riaverle. Una disavventura giudiziaria durata quasi vent’anni. Sull’ex presidente del Consiglio ho un archivio enorme".

Molte delle sue foto ritraggono le celebrità in macchina.

"La macchina era l’alcova del tempo".

C’è una foto alla quale è particolarmente legato?

"Forse, la contessa… il bacio di Renato Guttuso con Marta Marzotto. Ma anche quello tra Dacia Maraini e Alberto Moravia. Guttuso era di Bagheria, una parola araba che vuol dire spiaggia. La Sicilia è piena di nomi arabi: Caltagirone, Calatafimi, Caltanissetta, Marsala, cioè Marsa e Allah, porto di Allah".

La storia è la sua grande passione?

"Sì. Leggo ogni cosa. Inizio al mattino presto. Ma sono un autodidatta e preferisco l’800 come periodo, forse perché è più vicino a me. Poi conservo ogni giornale, ritaglio articoli… lo facevo già da ragazzo con La Domenica del Corriere. La passione per la storia l’ho condivisa con personaggi straordinari come il conte Giovanni Volpi di Misurata, il conte Giovanni Nuvoletti, marito di Clara Agnelli e il principe Sforza Ruspoli".

Ha qualche aneddoto?

"Il conte Nuvoletti, con fare un po’ snob e ironico, quando ci incontravamo mi diceva: "Noi ci siamo visti ad Austerlitz…", e io un giorno replicai: "No caro conte, ci siamo visti a Balaklava", in Crimea. E lui rimase colpito. Non se lo aspettava".

Il principe Sforza Ruspoli? Lui apparteneva a quell’aristocrazia nera legatissima al papa.

"Gli piacevo perché ero sempre vestito con giacca e cravatta. Era un uomo tutto d’un pezzo, quando parlava della chiesa diceva: "A Roma si entra in ginocchio". E poi c’era la principessa. Un giorno mi lasciò un biglietto con scritto Meglio nobili che ignobili. Evviva. Elvina Pallavicini. I ricevimenti che teneva nel suo Palazzo di fronte al Quirinale erano esclusivi. Lei era molto amica di Papa Ratzinger. Era un po’ il vertice della nobiltà nera. L’ho fotografata con l’allora cardinale Ratzinger negli anni ’90, in occasione della visita del presidente della Repubblica Federale tedesca Richard von Weizsacker. Elegante e raffinata, era accompagnata dalla principessa Elica del Drago. Ricordo Indro Montanelli alzarsi per andare a salutarla e il baciamano del cardinale Ratzinger. Oggi la nobiltà sta scomparendo".

Uno dei politici più mondani?

"Il socialista Gianni De Michelis. Eccezionale ballerino. Frequentava i locali notturni di mezza Italia, da Capri a Venezia. Una volta mi disse che lo faceva per mantenere la linea. E una sera lo fotografai al Jackie O’ mentre ballava attorniato dalla scorta per evitare i fotografi".

Come è stata la sua vita?

"Molto navigata. Ho conosciuto mezzo mondo. Da Goffredo Parise a Sophia Loren, da Gianni Agnelli a Giovanni Spadolini. Capi di Stato esteri, principesse, conti, marchesi, registi, allenatori… sono stato a due passi da Henry Kissinger, ho stretto la mano a Gorbaciov, mi scambiò per un russo e mi chiamò "tovarisc" (compagno). Una volta Alberto Sordi mi disse: "Tu dovevi fare l’attore, non il fotografo"".

La donna più bella?

"Tutte erano belle".

È monarchico?

"Tutti erano monarchici. Poi ci fu il referendum. Mio padre era un carabiniere reale, il legame è rimasto".

Come si descrive Marcellino Radogna, mancato colonnello, attore e forse anche principe?

"Puer Apuliae come Federico II di Svevia, Re di Napoli e di Sicilia".

Sa cosa vuol dire in latino nobile?

"Non vile".

Se non avesse fatto il fotografo?

"Mi sarebbe piaciuto il direttore d’orchestra. Ma non saprei, la vita è imprevedibile.

E soprattutto, è importante "arrivare vivi alla morte" come diceva Flaiano".

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