Riconoscimento mansioni superiori: Cassazione
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Riconoscimento mansioni superiori: Cassazione

15 Agosto 2021 | Autore:
Riconoscimento mansioni superiori: Cassazione

L’azione per ottenere l’inquadramento in una qualifica superiore deve essere sorretto dalla prova delle mansioni concretamente svolte.

Domanda di riconoscimento di una qualifica superiore

Il giudicato formatosi sulla domanda di riconoscimento di una qualifica superiore ai sensi dell’art. 2103 c.c. ricomprende ogni possibile profilo inerente al fatto costitutivo dedotto, e quindi lo svolgimento di mansioni superiori per il periodo di tempo utile al riconoscimento della superiore qualifica; pertanto, deve ritenersi preclusa la successiva domanda di una qualifica superiore diversa da quella rivendicata in precedenza, seppur avanzata in base ad una diversa norma contrattuale, poiché il fatto costitutivo resta sempre lo stesso.

Cassazione civile sez. lav., 11/02/2021, n.3540

Mansioni concretamente svolte: prova

Il lavoratore che agisca per ottenere il riconoscimento di una qualifica superiore deve indicare i tratti distintivi di tale qualifica nonché provare di avere effettivamente svolto, in maniera stabile e continuativa, le mansioni che tale qualifica contraddistinguono.

Cassazione civile sez. lav., 23/11/2020, n.26593

Mancato riconoscimento delle mansioni superiori

Il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 24, in tutte le versioni succedutesi nel tempo, delega alla contrattazione collettiva la determinazione del trattamento retributivo del personale con qualifica dirigenziale, da correlarsi quanto al trattamento accessorio alle funzioni attribuite. Con riferimento alla dirigenza medica, in particolare, il provvedimento di graduazione delle funzioni ha natura di atto di macro organizzazione riconducibile al D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 2, comma 1, ed integra un elemento costitutivo della parte variabile della retribuzione di posizione.

Coerentemente, questa Corte è ferma nel negare ai dirigenti del pubblico impiego privatizzato l’applicazione dell’art. 2103 c.c. con riferimento al mancato riconoscimento delle mansioni superiori, affermandosi che l’inapplicabilità di tale disposizione, sancita in via generale dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 19 trova origine nel fatto che la qualifica dirigenziale non esprime una posizione lavorativa caratterizzata dallo svolgimento di determinate mansioni, bensì esclusivamente l’idoneità professionale a ricoprire un incarico dirigenziale; il principio viene ribadito per la dirigenza sanitaria, proprio valorizzandosi la circostanza che essa è inserita in un unico ruolo distinto per profili professionali e in un unico livello, dal D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 15-ter e dall’art. 28, comma 6, del c.c.n.l. 8 giugno 2000.

Cassazione civile sez. lav., 11/03/2020, n.6946

Riconoscimento dello svolgimento di mansioni superiori

Se è vero che, ai fini del riconoscimento dello svolgimento di mansioni superiori, non possono assumere rilevanza decisiva i semplici ordini di servizio o lo svolgimento di mansioni fondato su una mera scelta organizzativa dell’amministrazione che intenda utilizzare i dipendenti per compiti diversi da quelli propri della qualifica rivestita, ciò non esclude che detti ordini, specie laddove non si tratti, come nella specie, di libere determinazioni di funzionari amministrativi ma di formali provvedimenti adottati dal preposto alla sede consolare e corroborati da certificazioni attestanti lo svolgimento delle mansioni così come indicate negli ordini stessi, possano avere una rilevanza quantomeno presuntiva ai fini (non, certo, dell’attribuzione del superiore livello) delle corrispondenti differenze retributive.

Cassazione civile sez. lav., 08/01/2020, n.149

Contestazione della legittimità del riconoscimento di qualifica superiore

La controversia instaurata da un ente pubblico per ottenere la condanna di altro ente pubblico al rimborso degli emolumenti corrisposti ad un dipendente dell’attore, comandato di servizio presso il convenuto, va devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario, atteso che il rapporto intercorrente tra l’ente di appartenenza e l’ente di destinazione è un rapporto di debito-credito, a nulla rilevando la contestazione sollevata dal convenuto sulla legittimità del provvedimento, emesso dall’ente di appartenenza, di riconoscimento di una qualifica superiore al dipendente comandato (a fronte del quale l’ente distaccatario, in quanto terzo rispetto al rapporto organico che lega il lavoratore all’ente di provenienza, non vanta alcuna posizione giuridica soggettiva), dovendo il giudice, al fine di stabilire il “quantum” del credito, verificare l’ambito degli accordi posti a base del provvedimento di comando, il concreto atteggiarsi della prestazione lavorativa e, in particolare, l’effettivo svolgimento di mansioni superiori rispetto a quelle di inquadramento o per le quali era stato disposto il comando.

Cassazione civile sez. un., 05/12/2019, n.31757

Inquadramento del personale

In tema di inquadramento del personale, i lavoratori appartenenti all’area C del c.c.n.l. enti pubblici non economici del 1999 hanno competenza a svolgere tutte le fasi del processo, con conseguente assunzione di responsabilità, pur con ampiezza diversa in funzione del diverso livello di sviluppo ricoperto all’interno dell’area; il personale dell’area B, invece, esegue fasi di attività nell’ambito di direttive di massima e di procedure predeterminate, rispondendo solo dei risultati relativi alla singola fase. Pertanto, per il riconoscimento delle mansioni superiori riconducibili all’area C occorre verificare la competenza in capo al lavoratore a svolgere tutte le fasi del processo, senza che sia necessario anche l’effettivo svolgimento di tutte le fasi.

(Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva riconosciuto l’inquadramento nell’area C in capo ad una dipendente dell’INPS perché competente a seguire tutto il procedimento di iscrizione/inquadramento delle aziende, benché non apponesse la sottoscrizione in calce al provvedimento finale).

Cassazione civile sez. lav., 25/10/2019, n.27395

Diritto alla promozione automatica

Per la sussistenza della frequenza e sistematicità di reiterate assegnazioni di un lavoratore allo svolgimento di mansioni superiori, il cui cumulo sia utile all’acquisizione del diritto alla promozione automatica in forza dell’art. 2103 c.c., non è sufficiente la mera ripetizione delle assegnazioni, essendo invece necessaria – se non un vero e proprio intento fraudolento del datore di lavoro – una programmazione iniziale della molteplicità degli incarichi ed una predeterminazione utilitaristica di siffatto comportamento.

(Nella specie, la prova della preordinazione delle assegnazioni e dell’intento utilitaristico è stata desunta dall’esigenza strutturale del datore di lavoro di sopperire alla carenza in organico della qualifica superiore attraverso reiterate assegnazioni infratrimestrali del lavoratore a mansioni superiori).

Cassazione civile sez. VI, 25/10/2018, n.27129

Risarcimento del danno per perdita di chance

In tema di risarcimento del danno per perdita di “chance”, come conseguenza del mancato riconoscimento di una qualifica superiore, l’onere di provare il nesso di causalità tra l’inadempimento datoriale ed il danno può essere rispettato dal lavoratore anche solo mediante presunzioni.

(Nella specie, la dipendente lamentava che la mancata attribuzione della qualifica superiore le aveva precluso anche il riconoscimento della posizione organizzativa e la S.C. ha cassato la sentenza impugnata, la quale aveva rigettato la domanda senza considerare che gli altri candidati, avendo ottenuto le mansioni superiori, avevano conseguito anche la predetta posizione).

Cassazione civile sez. lav., 15/10/2018, n.25727

Pubblico impiego: svolgimento di mansioni superiori

Nell’impiego pubblico contrattualizzato il datore di lavoro, pur non potendo esercitare poteri autoritativi, è tenuto ad assicurare il rispetto della legge e, conseguentemente, non può dare esecuzione ad atti nulli né assumere in sede conciliativa obbligazioni che contrastino con la disciplina del rapporto dettata dal legislatore e dalla contrattazione collettiva (fattispecie relativa al riconoscimento di una qualifica superiore).

Cassazione civile sez. lav., 13/10/2017, n.24216

Giustificato rifiuto a svolgere le mansioni superiori

È illegittimo il licenziamento comminato dal datore di lavoro a seguito del rifiuto del lavoratore a svolgere la prestazione lavorativa; prefigura, inoltre, gli estremi dell’eccezione di inadempimento, nel caso in cui tale rifiuto sia determinato dal mancato riconoscimento del superiore livello, maturato dal lavoratore a fronte dello stabile svolgimento delle nuove mansioni da oltre tre anni.

Cassazione civile sez. lav., 07/10/2016, n.20222

Riconoscimento mansioni superiori: il giudicato

In tema di riconoscimento di mansioni superiori, il giudicato formatosi in relazione ad un determinato momento contrattuale non preclude la proposizione di una ulteriore domanda, relativa al medesimo rapporto, ma riferita ad un diverso e successivo momento contrattuale, di modo che la pronuncia relativa all’illegittima esclusione da un concorso ed al conseguente risarcimento del danno non impedisce la proposizione di una successiva domanda avente ad oggetto il riconoscimento della qualifica a cui si riferiva la procedura concorsuale dichiarata illegittima, ma basata sull’effettivo svolgimento delle relative mansioni.

Cassazione civile sez. lav., 28/10/2014, n.22838

Qualifica di dirigente-direttore di servizio

Il diritto al riconoscimento della qualifica superiore non può basarsi sull’erronea convinzione circa l’effettivo svolgimento di attività riservate al dirigente, ma deve essere sorretto da un riscontro rinvenibile nelle disposizioni normative del C.c.n.l. e del R.o.p. (respinta, nella specie, la domanda proposta dal lavoratore, avverso il Consorzio di bonifica presso il quale esercitava le proprie mansioni professionali, di riconoscimento della qualifica di dirigente-direttore di servizio).

Cassazione civile sez. lav., 23/09/2014, n.19986

Mansioni superiori: frequenza e sistematicità delle reiterate assegnazioni

Per la sussistenza della frequenza e sistematicità di reiterate assegnazioni di un lavoratore allo svolgimento di mansioni superiori, il cui cumulo sia utile all’acquisizione del diritto alla promozione automatica in forza dell’art. 2103 cod. civ., non è sufficiente la mera ripetizione delle assegnazioni, essendo invece necessario – se non un vero e proprio intento fraudolento del datore di lavoro – una programmazione iniziale della molteplicità degli incarichi ed una predeterminazione utilitaristica di siffatto comportamento.

(Nella specie, la S.C. ha escluso che l’adibizione di un dipendente postale a mansioni diverse, sebbene protratta e reiterata, ma con attribuzione di reggenza di un ufficio per nove giorni e dopo tre anni di alternanza in detta posizione di altri dipendenti aventi qualifica di quadro, potesse dare luogo alla promozione automatica).

Cassazione civile sez. lav., 11/08/2014, n.17870

Mansioni superiori: retribuzione

Nell’ambito del pubblico impiego contrattualizzato, il diritto al riconoscimento dello svolgimento, di fatto, delle mansioni superiori e al conseguente pagamento delle relative differenze retributive, in base alla disposizione dell’art. 52 comma 5 d.lg. 30 marzo 2001 n. 165, non è condizionato alla sussistenza dei presupposti di legittimità di assegnazione delle mansioni o alle previsioni dei contratti collettivi, né all’operatività del nuovo sistema di classificazione del personale introdotto dalla contrattazione collettiva, anche alla luce del fatto che una tale interpretazione di questa norma non deve ostare all’intento del legislatore di assicurare, comunque, al prestatore di lavoro una retribuzione proporzionata alla qualità dell’incarico svolto, in ossequio al principio di cui all’art. 36 cost.; questo diritto decade dal momento dell’avvenuta trasformazione della struttura lavorativa, indipendentemente dalla comunicazione al lavoratore stesso.

Cassazione civile sez. lav., 20/02/2013, n.4190

Svolgimento di mansioni superiori dirigenziali per tre anni

In tema di pubblico impiego privatizzato, l’indennità di buonuscita, pur realizzando una funzione previdenziale, ha natura retributiva e, alla luce del principio di proporzionalità sancito dall’art. 36 cost., deve essere commisurata all’ultima retribuzione, anche se percepita per lo svolgimento di mansioni superiori, purché queste ultime siano esercitate, sotto il profilo qualitativo e quantitativo, con pienezza di poteri e responsabilità.

Ne consegue che, nell’ipotesi di reggenza conferita per un posto vacante di dirigente con attribuzione del relativo trattamento economico ed effettivo svolgimento di tali mansioni per lungo tempo, nel computo dell’indennità di buonuscita del dipendente si deve tenere conto, come ultimo trattamento economico percepito, quello corrisposto per l’incarico svolto a titolo di reggenza (fattispecie in tema di svolgimento di mansioni superiori dirigenziali per tre anni).

Cassazione civile sez. lav., 13/06/2012, n.9646

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