Nicola II, l'ultimo zar di Russia

Nicola II, l'ultimo zar di Russia

L'ultimo imperatore della dinastia Romanov non era nato per regnare. Il carattere timido e una fede incrollabile nel proprio diritto divino al trono lo resero sordo alle richieste di un Paese bisognoso di un cambiamento profondo e accelerarono la fine della Russia imperiale

Il primo novembre 1894 Nicola II succedette al padre come zar di Russia. Sarebbe stato l'ultimo dei Romanov, la dinastia che per tre secoli fu al comando di uno degli imperi più grandi del mondo. Impero che però alla fine del XIX secolo richiedeva riforme radicali, economiche e soprattutto politiche. Mentre la maggior parte dei Paesi europei aveva adottato una qualche forma di democrazia, infatti, la Russia rimaneva ancorata all'ancien règime, come dichiarato dallo stesso titolo del sovrano: "imperatore e autocrate di tutte le Russie".

Il fallimento di Nicola II come zar fu dovuto all'inflessibilità davanti ai cambiamenti, alla poca esperienza e al carattere insicuro

L'ultimo zar scelse d'ignorare i tempi in cui si era trovato a vivere e d'incarnare il modello di governante autocrate, un ruolo per cui oltretutto non era preparato. L'inflessibilità davanti ai cambiamenti si unì alla poca esperienza e al carattere insicuro: un cocktail che causò la rovina sua e di tutto l'impero.

Nicola II di Russia nel 1912

Nicola II di Russia nel 1912

Foto: Pubblico dominio

«Non ho mai voluto essere zar»

Nicola salì al trono prematuramente all'età di ventisei anni, dopo che una malattia aveva inaspettatamente ucciso il padre, Alessandro III. Data la giovane età, la sua formazione come governante era incompleta e, malgrado la vasta cultura, conosceva poco la realtà del suo Paese e non era molto abile nella diplomazia internazionale, come lui stesso riconobbe: «Non sono pronto a essere uno zar. Non ho mai voluto esserlo. Non so nulla su come si governa. Non ho la minima idea di come si parli ai ministri».

Nicola II riconobbe: «Non sono pronto a essere uno zar. Non ho mai voluto esserlo. Non so nulla su come si governa. Non ho la minima idea di come si parli ai ministri»

Questa insicurezza fu la sua rovina, perché lo rese incapace di opporsi pubblicamente ai suoi ministri, che riteneva avessero più esperienza. Fu così che spesso lasciò che si occupassero loro di questioni scottanti e si fece manovrare da regnanti stranieri, come il kaiser tedesco Guglielmo II. Questi lo convinse a prendere una decisione disastrosa: quella di entrare in guerra con il Giappone nell'intento di riaffermarsi come prima potenza asiatica. La guerra fu un fallimento per la Russia: il suo prestigio ne venne scosso e nel 1905 lo scontento della popolazione scatenò un'ondata di rivolte.

Numerose manifestazioni si ebbero durante i tumulti del 1905; questa, vista dal pittore Ilja Repin, è la manifestazione del 17 ottobre

Numerose manifestazioni si ebbero durante i tumulti del 1905; questa, vista dal pittore Ilja Repin, è la manifestazione del 17 ottobre

Foto: Pubblico dominio

Un uomo in particolare esercitò un'influenza fatale sulle questioni di governo: Grigorij Rasputin, un mistico di cui la zarina Aleksandra si fidava ciecamente. La donna lo considerava un inviato di Dio e non mancava di riportare i suoi consigli al marito, che la amava profondamente e seguiva tutte le sue indicazioni. La crescente influenza di Rasputin sulla coppia imperiale suscitò l'odio di nobili e ministri, che il 30 dicembre 1916 finirono per assassinarlo.

Rasputin era arrivato a corte nel 1905, lo stesso anno in cui la Russia fu attraversata da una serie di agitazioni rivoluzionarie per la mancanza di diritti politici e per le cattive condizioni di vita di contadini e operai, aggravate dalla sconfitta della guerra russo-giapponese. Lo zar, i cui tutori gli avevano inculcato una fede cieca nei suoi diritti di nascita, si vide costretto a concedere alcune riforme di carattere democratico, tra cui la più importante fu la creazione di un'assemblea legislativa, la Duma.

Tuttavia, davanti ai primi tentativi di esercitare un potere concreto, Nicola II reagì sciogliendo l'assemblea e perseguitando i parlamentari che erano stati più critici nei suoi confronti. Le due prime Dume, con una presenza importante di socialisti, ebbero vita assai breve, mentre nell'ultima, che dovette affrontare la Prima guerra mondiale, regnò il caos per via della decisione dello zar di mettersi personalmente al comando dell'esercito, lasciando il governo nelle mani della zarina Aleksandra, completamente influenzata da Rasputin.

L'unzione di Nicola II e di Aleksandra a zar e zarina di tutte le Russie in un acquarello (1896) di Valentin Serov

L'unzione di Nicola II e di Aleksandra a zar e zarina di tutte le Russie in un acquarello (1896) di Valentin Serov

Foto: Pubblico dominio

La fine della Russia zarista

Lo zar non vide nell'omicidio del "monaco folle" ‒ com'era chiamato Rasputin ‒ un segnale della sua fine imminente. Il grande scontento dei parlamentari nei confronti della zarina, unito alle sconfitte militari russe, sfociò infatti nella Rivoluzione di febbraio del 1917. Le proteste per le condizioni di vita della maggior parte della popolazione, aggravate dalla guerra, costrinsero la Duma a nominare un governo provvisorio guidato da Aleksandr Kerenskij, un rivoluzionario moderato che si sperava riuscisse a mantenere la situazione sotto controllo.

Nicola II, incrollabile nella sua convinzione del proprio diritto divino al trono, trascurò la gravità della crisi fino all'ultimo momento. All'inizio pensò di poter salvare la dinastia abdicando in favore del figlio Aleksej, ma lo scontento diffuso nei confronti della sua famiglia e la fragile salute dell'erede glielo impedirono. Il 2 marzo rinunciò ai propri diritti e a quelli dinastici, ponendo fine a tre secoli di potere dei Romanov.

«I soviet vogliono la mia testa, e poi verranno a cercare voi e la vostra famiglia»: fu questo l'avviso di Kerenskij alla famiglia Romanov, che non tardò a concretizzarsi

L'imperatore, deposto e imprigionato dai rivoluzionari, nutriva ancora la speranza di condurre una vita serena in esilio. Il re inglese Giorgio V, cugino dello zar, aveva offerto ospitalità alla famiglia nel proprio Paese. Kerenskij era in favore di questa opzione, ma il soviet di Pietrogrado si oppose e le pressioni politiche europee fecero sì che i governi alleati ignorassero uno dopo l'altro le loro richieste di asilo. Temendo per la sicurezza della famiglia imperiale, Kerenskij decise di trasferirla nella capitale della Siberia occidentale, a Tobol'sk. Prima della partenza li avvertì chiaramente: «I soviet vogliono la mia testa, e poi verranno a cercare voi e la vostra famiglia».

L'ex-zar con il figlio Aleksej durante la prigionia a Tobol'sk nel 1917

L'ex-zar con il figlio Aleksej durante la prigionia a Tobol'sk nel 1917

Foto: Pubblico dominio

Non perderti nessun articolo! Iscriviti alla newsletter settimanale di Storica!

L'assassinio dei Romanov

Anche se all'inizio la famiglia reale godette di una certa libertà a Tobol'sk, l'avvertenza di Kerenskij non tardò a concretizzarsi. Nell'ottobre di quello stesso anno i bolscevichi presero il potere e il governo provvisorio fuggì all'estero, privando i Romanov dei loro ultimi difensori. Lev Trockij voleva trasferirli a Mosca per sottoporli a un processo pubblico, ma altri settori più radicali non erano d'accordo.

Fu organizzato un nuovo spostamento, questa volta a Ekaterinburg, in attesa di poterli portare a Mosca in sicurezza. Ma lo scoppio della guerra civile russa fece temere la liberazione dello zar e con questa una controrivoluzione su vasta scala contro il governo bolscevico. Fu così che il 16 luglio 1918 le autorità comuniste presero una decisione definitiva: giustiziare immediatamente i Romanov.

I Romanov in una fotografia del 1913. Alle spalle di Nicola II e Alessandra si trovano le figlie Marija, Ol’ga e Tat’jana. La minore, Anastasija, è seduta sullo sgabello, mentre Aleksej è seduto a terra

Leggi anche

La tragica fine della famiglia Romanov

Quella notte stessa l'ufficiale Jakov Jurovskij svegliò lo zar Nicola, sua moglie Aleksandra, lo zarevic Aleksej e le sue quattro sorelle Ol'ga, Tat'jana, Marija e Anastasija. Li portò nello scantinato della casa dove erano tenuti prigionieri, li informò dell'ordine di esecuzione e subito intimò di aprire il fuoco. In pochi minuti l'intera famiglia fu assassinata con proiettili e colpi di baionetta e i loro corpi furono poi trasportati nel bosco e bruciati.

Nicola II con la sua famiglia nel 1913

Nicola II con la sua famiglia nel 1913

Foto: Pubblico dominio

Il fatto che i cadaveri siano stati fatti scomparire in segreto diede luogo, nei decenni successivi, a diverse teorie del complotto secondo cui qualcuno dei figli sarebbe sopravvissuto. Nel 1979 i loro corpi furono scoperti da Aleksander Advonin, un archeologo dilettante. Continuava però a mancarne uno: quello di una delle figlie, forse la più giovane, Anastasija. Per questo motivo negli anni si fecero avanti diverse donne che affermarono di essere l'ultima discendente dei Romanov. Solo nel 2007 i resti della granduchessa furono identificati, chiudendo finalmente la storia di una dinastia leggendaria.

Se vuoi ricevere la nostra newsletter settimanale, iscriviti subito!

Condividi

¿Deseas dejar de recibir las noticias más destacadas de Storica National Geographic?