L'Italia Giolittiana - riassunto - ITALIA GIOLITTIANA La Crisi di Fine Secolo L'Italia fu teatro di - Studocu
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L'Italia Giolittiana - riassunto

Negli ultimi anni dell’800, si fece strada tra le forze conservatrici...

Corso

Storia contemporanea (SCP0132)
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Anno accademico: 2020/2021
AutoriGiovanni SabbatucciVittorio Vidotto
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ITALIA GIOLITTIANA

La Crisi di Fine Secolo

L'Italia fu teatro di una crisi politico-istituzionale. La posta in gioco era l'evoluzione del regime liberale verso forme più avanzata democrazia; lo scontro si concluse con un'affermazione delle forze progressiste. Negli anni che seguirono le dimissioni di Crispi e il ritorno al potere di Rudinì, si delineò fra le forze conservatrici latendenza a ricomporre un fronte comune contro le vere o supposte minacce portate all'ordine costituito dai "nemici delle istituzioni". La tensione esplose nella primavera del 1898, quando un aumento del prezzo del pane fece scoppiare una serie di manifestazioni popolari. Anziché ridurre il dazio sul grano, Rudinì proclamò lo stato d’assedio e ordinò massicci interventi della polizia. Una volta riportato l’ordine, i gruppi moderati e conservatori, che detenevano la maggioranza alla Camera, cercarono di dare una base legislativa all’azione repressiva dei poteri pubblici. Caduto il progetto, Rudinì dovette dimettersi e il tentativo fu ripreso da suo successore Luigi Pelloux. Ma alla presentazione di provvedimenti che limitavano gravemente ildiritto di sciopero e le stesse libertà di stampa e di associazione, i gruppi di estrema sinistra risposero con la tecnica dell’ostruzionismo, che prolungava all’infinito le discussioni paralizzando così l’azione della maggioranza. Pelloux decise infine di sciogliere la Camera. Ma nelle elezioni lo schieramento governativo perse seggi, mentre li guadagnarono isocialisti. Il Presidente del Consiglio preferì a questo punto dimettersi. La successione fu affidata a Saracco da Umberto I che mostrava di prendere atto del fallimento di quella politica repressiva di cui era sostenitore; il re cadde vittima di un attentato.

La Svolta Liberale

Il governo Saracco inaugurò una fase di distensione nella vita politica italiana favorita dal buon andamento dell'economia. Il nuovo re, Vittorio Emanuele III, era propenso ad assecondare forze progressiste. Il governo Saracco fu costretto a dividersi per il comportamento incerto contenuto in occasione di uno sciopero indetto dai lavoratori genovesi, il re chiamò alla guida del governo il leader della sinistra liberale Zanardelli che affidò il ministero degli Interni a Giovanni Giolitti. Il ministero Zanardelli-Giolitti condusse in porto alcune importanti riforme -> furono estese le norme che limitavano il lavoro minorile e femminile nell'industria, fu migliorata la legislazione relativa all'assicurazione per gli infortuni e per la vecchiaia, fu costituito un Consiglio superiore del lavoro; importante fu anche la legge che autorizzava i comuni all'esercizio diretto di servizi pubblici come l'elettricità, il gas, i trasporti. Ma più importante delle riforme e fu l'atteggiamento in materia di conflitti di lavoro -> linea di rigorosa neutralità. Conseguenza fu lo sviluppo rapido delle organizzazioni sindacali, sì ricostituirno le Camere del lavoro ,delle organizzazioni di categoria e lo sviluppo delle organizzazioni dei lavoratori agricoli che si riunirono nella Federterra. Lo sviluppo delle organizzazioni sindacali fu accompagnato da una impennata degli scioperi -> Ne derivò una spinta al rialzo dei salari.

Decollo Industriale Progresso Civile

Negli ultimi anni del secolo XIX, l'Italia conobbe il suo primo decollo industriale, ciò fu dovuto anche ai progressi delle infrastrutture economiche e delle strutture produttive che avevano favorito i processi di commercializzazione dell'economia. La costituzione di due nuovi istituti di credito, la Banca commerciale e il Credito italiano, entrambi con il modello della " banca mista ". I settori che fecero i maggiori progressi furono la siderurgia, nel settore tessile l'industria cotoniera, nel settore agro-alimentare l'industria delledi sughero. Sviluppi si videro anche in settori come il chimico, il meccanico con l'affermazione dell'industria automobilistica (FIAT di Torino, fondata da Giovanni Agnelli nel 1899) e l'industria elettrica. I progressi realizzati dall'industria italiana furono più che ragguardevoli, il volume della produzione industriale risultò quasi raddoppiato. Ci furono effetti anche sul tenore di vita, il reddito pro capite aumenta oggi quasi il 30%; la "qualità della vita" degli italiani cominciava a mutare, i segni erano visibili soprattutto nelle città grazie anche allo sviluppo dei servizi pubblici. Questi progressi tuttavia non furono sufficienti a colmare il divario che separava l'Italia dagli Stati più ricchi e più industrializzati, l'analfabetismo è ancora molto elevato e l'emigrazione verso l'estero crebbe fino a raggiungere cifre impressionanti; l'emigrazione dalle regioni centro-settentrionali era temporanea e diretta verso i paesi europei, quella meridionale verso il Nord America aveva carattere permanente.

La Questione Meridionale

Gli effetti del progresso economico si fecero sentire soprattutto nelle regioni già più sviluppate, per esempio nel triangolo industriale (Milano, Torino e Genova). Il divario fra nord e sud si viene perciò accentuando. Anche i discreti progressi che l'agricoltura venne realizzando finirono col concentrarsi nel nord. Da questa situazione derivano da parte dei mali storici della società meridionale: l'analfabetismo diffuso, la disgregazione sociale, l'assenza di una classe dirigente moderna, la subordinazione della piccola e media borghesia agli interessi della grande proprietà terriera. Questi mali contrastavano il cammino verso forme di più avanzata organizzazione politica e sociale.

I Governi Giolitti che le Riforme

Chiamato alla guida del governo nel 1903 dopo Zanardelli, Giolitti cercò di portare avanti l'esperimento liberal-progressista e di allargarne le basi offrendo un posto al socialista Filippo Turati, ma il leader socialista rifiutò l'offerta e Giolitti finì col costituire un ministero spostato al centro; questo rappresentò un limite per il riformismogiolittiano condizionato dal peso delle forze moderate e sempre attento alla conservazione degli equilibri parlamentari. Furono condotte in porto le prime importanti "leggi speciali" per il Mezzogiorno: per la Basilicata e per Napoli volte a incoraggiare la modernizzazione dell'agricoltura. Un altro progetto fu la statizzazione delle ferrovie, ancora affidate a compagnie private, ma incontra opposizioni sia destra sia sinistra, di fronte queste difficoltà Giolitti si dimise lasciando la guida a Fortis, secondo una tattica che avrebbe messo in atto anche successivamente e che consisteva nell'abbandonare le redini del potere nei momenti difficili per poi riprenderle in condizioni più favorevoli. Fortis restò il tempo necessario per condurre in porto la legge sulla statizzazione delle ferrovie. Giolitti tornò alla guida del governo e realizza la conversione della rendita -> riduzione del tasso di interesse versato dallo Statoai possessori di titoli del debito pubblico. Nel 1907 si manifestarono i sintomi di una crisi internazionale che si

cattolico-moderati, legati al Banco di Roma, impiegato in un’opera di penetrazione economica in terra libica. Tutto ciò contribuì a spingere l’Italia sulla via dell’Intervento. La spinta decisiva venne dagli sviluppi della seconda “crisi marocchina”. Quando la Francia si apprestava a imporre il suo protettorato sul Marocco, il governo italiano inviò sulle coste libiche un contingente di uomini, scontrandosi però contro la reazione dell’Impero turco, che esercitava su quei territori una sovranità. I turchi, anziché accettare uno scontro, preferirono fomentare la guerriglia condotta dalle popolazioni arabe. Il teatrodello scontro si estese al Mar Egeo, all’isola di Rodi e al Dodecanneso. Nel 1912 i turchi acconsentirono a formare la pace di Losanna, rinunciando alla Libia. La pace non valse a far cessare la resistenza araba, gli italiani trassero pretesto per mantenere l’occupazione di Rodie del Dodecanneso. Dal punto di vista economico, poi, la conquista della Libia si rivelò un pessimo affare. I costi della guerra furono molto pesanti e le ricchezze naturali scarse o inesistenti. Non mancarono gli oppositori decisi: i socialisti e parte dei repubblicani e dei radicali; la maggioranza dell’opinione pubblica borghese si schierò a favore dell’impresa coloniale. La guerra di Libia, introducendo elementi di radicalizzazione nel labirinto politico, scosse gli equilibri su cui si reggeva il sistema giolittiano. La destra liberale, i clerico-conservatori e soprattutto i nazionalisti trassero un nuovo slancio, mentre il versante socialista si indebolì.

Riformisti e Rivoluzionari

La svolta liberale di inizio del 900 aveva avuto nei socialisti dei protagonisti attivi. Il grande sviluppo delle organizzazioni operaie e contadine nei primi anni del secolo sembrò dar ragione a chi pensava che la via delle riforme e della collaborazione con laborghesia progressista, pur nel rispetto della propria autonomia di classe, fosse per il movimento operaio l'unica capace di assicurare il consolidamento dei risultatiappena conseguiti. Le tesi di Turati cominciarono ad incontrare opposizioni crescenti. Agli occhi dei socialisti rivoluzionari, i conflitti fra lavoratori è forza pubblica mostravano la vera natura dello Stato, contro cui si doveva continuare ad opporre una linea di rigida intransigenza. Nel congresso di Bologna (1904) le correnti rivoluzionarie riuscirono a strappare ai riformisti la guida del partito. La protesta dei lavoratori per l'ennesimo "eccedio proletario" sfociava nel primo sciopero generale nazionale della storia d'Italia. Giolitti lasciò che la manifestazione si esaurisse da sola, lo sciopero costituì una rivelazione di alcuni limiti: la distribuzione territoriale squilibrata, la mancanza di coordinamento e l'assenza di un organo sindacale centrale. Dalle federazioni di categoria partiti iniziativa che portò, nel 1906, alla fondazione della Confederazione generale del lavoro (Cgl) controllata da riformisti. Minoritari nel sindacato, i rivoluzionari presero posizioni anche nel partito. La corrente sindacalista-rivoluzionaria fu allontanata dal Psi. I riformisti riassunsero il controllo del partito, ma conobbero nel contempo le prime serie divisioni interne questi anni si andò delineando una tendenza revisionista, che prospettava la trasformazione delle Psi in un "partito del lavoro" privo di connotazioni di logiche e disponibile peruna collaborazione di governo con le forze democratico-liberali. Il rivoluzionari riuscirono a imporre l'espulsione dal Psi per un dei riformisti di destra, che diedero vita al Partito socialista riformista italiano. La guida del Psi tornò nelle mani degli intransigenti, tra le quali viene emergendo la figura di Benito Mussolini -> chiamato alla direzione del quotidiano del partito "l'avanti!", egli portò nella propaganda socialista uno stile nuovo basato sull'appello diretto alle masse.

Democratici Cristiani e Clerico-Moderati

Il movimento cattolico italiano conobbe sviluppi, un fatto nuovo fu l’affermazione del movimento democratico-cristiano -> Leader era Romolo Murri. I democratici cristiani e svolsero un'intensa attività organizzativa, diedero vita alle prime unioni sindacali cattoliche "di classe" -> adesione dei soli lavoratori. L'azione dei democratici cristiani fu osteggiata dal nuovo Papa Pio X che temendo l'Opera dei congressi potesse finiresotto il loro controllo, non esitò a scioglierla, creando tre organizzazioni distinte, dipendenti dalla gerarchia ecclesiastica: l'Unione popolare, l'Unione economico-sociale e l'Unione elettorale, più tardi riunite da un organo detto Direzione generale dell'azione cattolica. Murri aveva rifiutato di sottostare alle direttive pontificie e fu sconfessato, questo non impedì al movimento sindacale cattolico di continuare a svilupparsi. In Italia esistevano le leghe bianche, le organizzazioni bianche riscossero un certo successo anche tra i lavoratori agricoli. Il movimento contadino cattolico si sviluppò anche in Sicilia guidato da un prete: Luigi Sturzo. Il Papa e i vescovi favorirono le tendenze clerico-moderate che si andavano manifestando nel movimento cattolico e che miravano a far fronte comune con i "partiti d'ordine" per bloccare l'avanzata delle sinistre. Il non expedit fu sospeso nel 1904. La linea clerico-moderata ebbe piena consacrazione con le elezioni del novembre 1913 quando Gentiloni, presidente dell'Unione elettorale cattolica, invitò ad appoggiare quei candidati liberali che si impegnassero a rispettare un programma che prevedeva la tutela dell'insegnamento privato, l'opposizione al divorzio, il riconoscimento delle organizzazioni sindacali cattoliche. Nella prospettiva dello sviluppo di un movimento cattolico autonomo il "patto Gentiloni" rappresentò una battuta d'arresto. D'altra parte, con le elezioni i cattolici italiani acquistavano una capacità di pressione sulla classe dirigente mai avuta.

La Crisi del Sistema Giolittiano

In fede reale e il ruolo conservavano un’ampia maggioranza più eterogenea che in passato: il che rendeva la mediazione giolittiana sempre più problematica. Nel 1914 Giolitti rassegna le dimissioni, successore fu Antonio Salandra della destra liberale. Un sintomo del nuovo clima fu la settimana rossa -> la morte di tre dimostranti durante una manifestazione antimilitarista ad Ancona provocò scioperi e agitazioni in tutto il paese, nelle Marche e in Romagna la protesta assunse un carattere insurrezionale, ma l'agitazione si esaurì in pochi giorni; il risultato fu quello di rafforzare le tendenze conservatrici e di accentuare le fratture all'interno del movimento operaio. Lo scoppio del conflitto mondiale intervenne a distogliere l'opinione pubblica dai problemi interni e a determinare nuovi schieramenti fra le forze politiche italiane. La grande guerra avrebbe reso irreversibile la crisi del giolittismo.

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un'affermazione delle forze progressiste. Negli anni che seguirono le dimissioni di Crispi e il
ritorno al potere di Rudinì, si delineò fra le forze conservatrici la tendenza a ricomporre un
fronte comune contro le vere o supposte minacce portate all'ordine costituito dai "nemici
delle istituzioni".
La tensione esplose nella primavera del 1898, quando un aumento del prezzo del pane fece
scoppiare una serie di manifestazioni popolari. Anziché ridurre il dazio sul grano, Rudinì
proclamò lo stato d’assedio e ordinò massicci interventi della polizia. Una volta riportato
l’ordine, i gruppi moderati e conservatori, che detenevano la maggioranza alla Camera,
cercarono di dare una base legislativa all’azione repressiva dei poteri pubblici. Caduto il
progetto, Rudinì dovette dimettersi e il tentativo fu ripreso da suo successore Luigi Pelloux.
Ma alla presentazione di provvedimenti che limitavano gravemente il diritto di sciopero e le
stesse libertà di stampa e di associazione, i gruppi di estrema sinistra risposero con la
tecnica dell’ostruzionismo, che prolungava all’infinito le discussioni paralizzando così
l’azione della maggioranza. Pelloux decise infine di sciogliere la Camera. Ma nelle elezioni lo
schieramento governativo perse seggi, mentre li guadagnarono i socialisti. Il Presidente del
Consiglio preferì a questo punto dimettersi. La successione fu affidata a Saracco da
Umberto I che mostrava di prendere atto del fallimento di quella politica repressiva di cui era
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buon andamento dell'economia. Il nuovo re, Vittorio Emanuele III, era propenso ad
assecondare forze progressiste. Il governo Saracco fu costretto a dividersi per il
comportamento incerto contenuto in occasione di uno sciopero indetto dai lavoratori
genovesi, il re chiamò alla guida del governo il leader della sinistra liberale Zanardelli che
affidò il ministero degli Interni a Giovanni Giolitti. Il ministero Zanardelli-Giolitti condusse in
porto alcune importanti riforme -> furono estese le norme che limitavano il lavoro minorile e
femminile nell'industria, fu migliorata la legislazione relativa all'assicurazione per gli infortuni
e per la vecchiaia, fu costituito un Consiglio superiore del lavoro; importante fu anche la
legge che autorizzava i comuni all'esercizio diretto di servizi pubblici come l'elettricità, il gas,
i trasporti. Ma più importante delle riforme e fu l'atteggiamento in materia di conflitti di lavoro
-> linea di rigorosa neutralità. Conseguenza fu lo sviluppo rapido delle organizzazioni
sindacali, ricostituirno le Camere del lavoro ,delle organizzazioni di categoria e lo sviluppo
delle organizzazioni dei lavoratori agricoli che si riunirono nella Federterra. Lo sviluppo delle
organizzazioni sindacali fu accompagnato da una impennata degli scioperi -> Ne derivò una
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