ANNALI
DELLA
FONDAZIONE VERGA
14
(nuova serie)
CATANIA 2021
ANNALI
DELLA FONDAZIONE VERGA
Centro nazionale di studi su Verga e il verismo
DIREZIONE DELLA RIVISTA
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Direttore responsabile: Nicolò Mineo
COMITATO SCIENTIFICO
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Antonio Di Silvestro – Università di Catania
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Mario Pagano – Università di Catania
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Alain Pagès – Università Sorbonne Nouvelle – Paris 3 – Centre Zola
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Antonio Pioletti – Università di Catania
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Rosaria Sardo – Università di Catania
Giuseppe Savoca – Università di Catania
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presso Fotograph – Palermo
INDICE
7 CARLA RICCARDI
Che cos’è l’arte? Da Frine a Il come, il quando ed il perchè
29 ILARIA MUOIO
L’urgenza della legittimazione. Poetiche e sviluppi della novella moderna in Italia
49 AMBRA CARTA
Il punto degli studi sull’opera critica di Luigi Capuana
(2015-2021)
65 GIORGIO LONGO
La Chasse au loup (1915). Un’inedita versione operistica del
bozzetto verghiano
91 ROSY CUPO
Dal tuo al mio, di Giovanni Verga. Una nuova prospettiva
critica
123 MARIA MELANIA VITALE
Giovanni Verga e Felice Cameroni: le carte ritrovate
203 ROSARIA SARDO
De Roberto tra questione della lingua e formazione dello
stile
239 PAOLO ORRÙ
I contadini in Sicilia (1876): lingua, discorso e questione
meridionale nell’inchiesta di Sidney Sonnino
263 MATTEO DI GESÙ
Luigi Natoli, I Beati Paoli, la mafia
285 ANTONIO DI SILVESTRO
La prima novellistica della Deledda tra Verga e il verismo:
appunti critici
297 DINO MANCA
Critica delle varianti e diacronie linguistiche in alcuni romanzi deleddiani, dai manoscritti alle edizioni Treves
343 GABRIELLA ALFIERI, SALVATORE ARCIDIACONO, MARCO
B IFFI , S TEPHANIE C ERRUTO, A NTONIO D I S ILVESTRO,
VALENTINA PUGLISI, ROSARIA SARDO
Il VIVer: vocabolario reticolare dell’italiano veristico
403 CHIARA CORPACE, CÉLINE GRENAUD-TOSTAIN, OLIVIER
LUMBROSO, JEAN-SÉBASTIEN MACKE, ALAIN PAGÈS
Éditer, lire et transmettre les Ébauches des Rougon-Macquart
d’Émile Zola: le projet ScéNa («Scénarios naturalistes»)
PAOLO ORRÙ
(Università di Cagliari)
I CONTADINI IN SICILIA (1876): LINGUA, DISCORSO E QUE‑
SIDNEY SONNINO
STIONE MERIDIONALE NELL’INCHIESTA DI
Le notissime inchieste di Leopoldo Franchetti e Sidney Sonnino sulla condizione
delle province meridionali, raccolte nei due volumi de La Sicilia nel 1876, hanno
avuto un ruolo fondamentale per la genesi ideale e discorsiva della questione me‑
ridionale e un’influenza enorme sul discorso pubblico e intellettuale dell’epoca. In
questo studio ci concentriamo sul secondo volume, scritto da Sidney Sonnino, de‑
dicato alla vita dei contadini e ai contratti agrari vigenti in Sicilia. L’obiettivo è
quello di osservare quale immagine del Sud e delle sue popolazioni traspaia dalla
scrittura di Sonnino: prenderemo in esame il lessico riferito alle classi sociali e al‑
cuni elementi linguistici e retorici, soffermandoci su esempi testuali che ci permet‑
tano di comprendere la visione dell’autore sulla popolazione meridionale.
The well‑known investigation by Leopoldo Franchetti and Sidney Sonnino on the
state of the southern provinces, edited in the two volumes of La Sicilia in 1876, pla‑
yed a fundamental role in the ideal and discursive genesis of the Southern question
and had an enormous influence on the public and intellectual discourse of the era. In
this study we focus on the second volume, written by Sidney Sonnino, dedicated to
the life of peasants and to the agricultural contracts in force in Sicily. The aim is to
observe which image of the South and its populations transpires from Sonnino’s
writing: we will examine the lexicon referring to social classes and some linguistic
and rhetorical elements, focusing on textual examples that allow us to understand
the author’s view on the southern population.
1. Introduzione
L’inchiesta di Leopoldo Frachetti e Sidney Sonnino in Sicilia,
raccolta nei due volumi de La Sicilia nel 1876, rappresenta, insie‑
me alle Lettere meridionali del loro maestro Pasquale Villari, uno
dei lavori più significativi, citati e studiati riguardo alla questio‑
ne meridionale. Nonostante la grande notorietà del testo, alcune
premesse introduttive sono doverose.
I due giovani studiosi e politici toscani, appartenenti alla De‑
«Annali della Fondazione Verga», n.s. XIV (2021), pp. 239-262.
239
PAOLO ORRÙ
stra storica e liberali, in virtù dell’indagine di cui qui ci occupia‑
mo, sono passati alla storia come i primi meridionalisti; tuttavia,
è sempre bene ricordare che essi non si sono mai definiti tali e
l’appellativo inizierà a circolare solo qualche anno più tardi. Nei
lavori di Franchetti e Sonnino non viene impiegata nemmeno
l’espressione “questione meridionale”: il loro intento, infatti, era
quello di analizzare la situazione del Mezzogiorno italiano in
quanto spia di una condizione nazionale (ed europea) che avreb‑
be potuto causare problemi ben più ampi e diffusi; la questione
era per l’appunto “sociale” e affliggeva le classi più umili anche
del Nord e del Centro.
Mossi dall’esempio offerto da Villari, Franchetti e Sonnino de‑
cidono di imbarcarsi nel progetto di un viaggio‑inchiesta in Sicilia;
in questa loro impresa sono accompagnati dall’amico e collega
Enea Cavalieri, che firmerà anche l’introduzione della seconda
edizione dell’opera. La spedizione di fatto completava una rico‑
gnizione delle “province napoletane”1 iniziata da Franchetti nel
1873 con due viaggi in Abruzzo e Molise e in Calabria e Basilicata2.
Importanti questioni di ordine pubblico3 nel 1875 spinsero il
governo verso l’idea di intervenire militarmente nell’isola, ma
l’avanzata dell’opposizione di sinistra nelle regioni meridionali
nelle elezioni del 1874 indusse l’allora presidente del Consiglio
Marco Minghetti a promuovere piuttosto un’indagine parlamen‑
tare4. La missione guidata da Giuseppe Borsani e Romualdo
Così era definita l’area dell’ex regno delle Due Sicilie.
L. FRANCHETTI, Condizioni economiche e amministrative delle province napoleta‑
ne: appunti di viaggio‑diario del viaggio, a cura di A. Jannazzo, Roma‑Bari, Laterza
1985. Il testo nella sua forma originale fu pubblicato nel ’75 e contiene un saggio
di Sonnino sulla mezzadria in Toscana. Bisogna poi aggiungere che quest’ultimo
condusse altre due inchieste, una epistolare a più ampio spettro sul resto d’Italia
e una sulla condizione dei contadini lombardi, ma non furono mai pubblicate e i
materiali sono andati perduti, cfr. P. CARLUCCI, Note sulla formazione intellettuale e
politica di Sidney Sonnino (1847‑1882), in Sidney Sonnino e il suo tempo, a cura di P.
Ballini, Firenze, Olschki 2000, pp. 5‑48; S. ROGARI, Sonnino e la questione agraria, Fi‑
renze, Olschki 2000, pp. 253‑277.
3
Solo all’inizio del 1875 nell’isola furono commessi 310 omicidi, il 20% di
quelli perpetrati in tutto il Regno, vd. Z. CIUFFOLETTI, La questione meridionale, la
questione sociale: le inchieste, in Sidney Sonnino…, cit., pp. 241‑252, a p. 245.
4
G. PROCACCI, Le elezioni del 1874 e l’opposizione meridionale, Milano, Feltrinelli
1956.
1
2
240
I CONTADINI IN SICILIA (1876): LINGUA, DISCORSO E QUESTIONE MERIDIONALE
NELL’INCHIESTA DI SIDNEY SONNINO
Bonfadini (che in qualità di relatore firmò il documento conclusi‑
vo del resoconto) tra il novembre 1875 e il febbraio 1876 fu però
deludente nelle sue conclusioni; esse «furono infatti abbastanza
condizionate da interessi politici e pertanto orientate a sminuire
o edulcorare i temi scabrosi e a far rifluire nel contesto di un ge‑
nerico disagio sociale una situazione drammatica di criminalità,
di degrado, di violenza morale ancor prima che fisica verso i ceti
subalterni, dai contadini ai lavoratori delle miniere»5. La giunta
negava nella sostanza l’esistenza di una ‘questione sociale’ in Si‑
cilia, poiché la condizione dei contadini siciliani non era dissimi‑
le da quella di altre province italiane. L’inchiesta privata di Fran‑
chetti e Sonnino si svolse quasi contemporaneamente a quella uf‑
ficiale6; le conclusioni a cui giunsero furono radicalmente diffe‑
renti, ed è Sonnino a rilevarle esplicitamente in una nota a pagina
3367: «La questione sociale esiste, viva e minacciosa, oltrechè (sic)
in Sicilia, nelle campagne di una buona metà d’Italia», ma nel‑
l’isola assume un altro rilievo a causa della presenza del fenome‑
no mafioso e dei problemi di ordine pubblico. Il confronto tra i
due testi fu ovviamente motivo di svariate polemiche. La Sicilia
nel 1876 fu solo l’inizio dell’impegno di Franchetti e Sonnino, che
proseguirà, oltre che nell’attività parlamentare e ministeriale, an‑
che sull’influente Rassegna settimanale, fondata due anni più tar‑
di, attraverso resoconti, articoli e racconti.
Il primo volume, Condizioni politiche e amministrative della Sici‑
lia, a opera di Franchetti, indaga gli aspetti sociali e criminali del‑
la situazione siciliana, focalizzandosi poi sul fenomeno mafioso.
La seconda parte, I contadini in Sicilia, scritta da Sonnino, è un’ac‑
curata trattazione dal punto di vista non solo sociale, ma anche e
5
C. CECCUTI, Ricasoli, Villari, Sonnino e la questione meridionale, in La prima
emergenza dell’Italia unita. Brigantaggio e questione meridionale nel dibattito interno e
internazionale nell’età della destra storica, a cura di G. Paolini, Firenze, Polistampa
2015, pp. 235‑244.
6
I due ebbero modo di leggere il risultato dell’inchiesta parlamentare poco
prima di terminare e pubblicare i propri volumi.
7
Facciamo riferimento alla seconda edizione dell’opera, pubblicata nel 1925
per l’editore Vallecchi, la cui unica aggiunta è rappresentata da una prefazione
dell’amico e collega dei due, Enea Cavalieri; L. FRANCHETTI ‑ S. SONNINO, La Sicilia
nel 1876, 2 voll., Firenze, Vallecchi 1925.
241
PAOLO ORRÙ
soprattutto economico‑politico del contesto in cui operava il set‑
tore agricolo del tempo: lo studioso toscano descrive con dovizia
di particolari i contratti esistenti e li raffronta con il modello della
mezzadria prevalente in Toscana. Entrambe le sezioni si conclu‑
dono con un capitolo di Rimedi e proposte; ciò rende ancora più
evidente e concreto l’obiettivo dell’inchiesta: non sola osserva‑
zione della realtà sociale, ma individuazione di soluzioni da
adottare in sede politica per migliorare la condizione dell’isola (e
del Sud in generale).
Il lavoro ha una matrice duale: oltre a essere un testo speciali‑
stico (è il primo tentativo di applicazione del metodo positivista
alle scienze sociali), rappresenta al tempo stesso un caso esem‑
plare di discorso politico, orientato ad avere un’influenza diretta
sullo stato delle cose. Il desiderio di indirizzare, almeno in parte,
le future politiche dei governi, e prevenire un possibile tracollo
elettorale per la Destra negli anni a venire, è espresso ripetuta‑
mente tra le pagine dell’inchiesta. Raccontare la verità riguardo
alla Sicilia per pensare politiche adatte ed efficaci a integrare le
popolazioni meridionali nel Regno d’Italia: questa è secondo i
due intellettuali l’unica via per garantire il consenso necessario
alla Destra per continuare a governare8.
L’inchiesta in Sicilia ha contribuito fortemente alla costruzio‑
ne ideale e discorsiva della questione meridionale negli anni suc‑
cessivi9; non vi è studio critico sul Mezzogiorno che non la men‑
zioni. Per questo motivo ci siamo proposti, all’interno di un più
ampio percorso di ricerca sulle rappresentazioni del Sud10, di
8
M. PIGNOTTI, Dall’inchiesta Franchetti‑Sonnino sulla Sicilia ai dibattiti parlamen‑
tari: il Mezzogiorno nel dibattito pubblico dell’Italia postunitaria, in Il dualismo Nord‑
Sud: vecchie e nuove questioni in Italia e nel Mediterraneo, a cura P. Orrù, Firenze,
Franco Cesati 2019, pp. 195‑204.
9
Facciamo qui riferimento a una terminologia di ascendenza foucaultiana; in‑
tendiamo quindi come discorso la stratificazione delle produzioni linguistiche e
semiotiche su un dato aspetto della realtà sociale ed extralinguistica. La lingua è
plasmata dai valori, dalla cultura e dalla società in cui viviamo, ma allo stesso
tempo ha un ruolo nel costruire tale realtà; i discorsi non vanno visti quindi sem‑
plicemente «come degli insiemi di segni (di elementi significanti che rimandino a
contenuti o a rappresentazioni), ma come delle pratiche che formano sistematica‑
mente gli oggetti di cui parlano», in M. FOUCAULT, L’archeologia del sapere, 5a ed.,
Milano, Bur 2009, p. 45.
10
Ci si consenta il rimando al nostro Una certa idea di Sud, in Percorsi/contatti/mi‑
242
I CONTADINI IN SICILIA (1876): LINGUA, DISCORSO E QUESTIONE MERIDIONALE
NELL’INCHIESTA DI SIDNEY SONNINO
analizzare da un punto di vista linguistico e discorsivo una parte
dell’opera. Ci concentreremo solo sul secondo volume, come
dettaglieremo meglio nelle prossime pagine.
2. Il discorso sul Mezzogiorno
Una vasta letteratura storiografica negli ultimi trent’anni ha
investigato sempre più a fondo le radici della questione meridio‑
nale, anche al fine di verificare la consistenza di molti degli as‑
sunti su di essa e di sfatare qualche luogo comune assai ben radi‑
cato. Il Sud Italia è stato a lungo interpretato negli studi storici e
sociali come un’entità compatta, dotata nelle sue varie regioni di
medesime caratteristiche culturali e antropologiche fondamenta‑
li e su tutto ha dominato lo stereotipo dell’arretratezza rispetto al
Nord. Nella sua forma più frequente, tale assunto è stato tradotto
nel cosiddetto modello dualista, che divideva il Paese in un due
parti: l’una pronta allo sviluppo industriale e civile, l’altra a vo‑
cazione agricola e premoderna. Nonostante un certo divario eco‑
nomico, infrastrutturale e istituzionale esistesse al momento
dell’Unità, come diverse indagini hanno sufficientemente dimo‑
strato, esso non era così ampio come si è a lungo ritenuto, ma so‑
prattutto era ben poca cosa rispetto alla differenza esistente tra
l’intero Paese e le altre potenze straniere11.
Sul fronte degli studi culturali12, importanti ricerche hanno
ben collocato la costruzione del dualismo Nord‑Sud in Italia en‑
grazioni/dualismi: Nord/Sud e Mediterraneo nella lingua, nella letteratura e nella cultura
italiana, a cura di P. Orrù, Firenze, Franco Cesati 2021, pp. 243‑274.
11
Non vi è lo spazio in questa sede per ripercorre la complessa ricostruzione
di tali fatti; rimandiamo pertanto a S. LUPO, La questione. Come liberare la storia del
Mezzogiorno dagli stereotipi, Roma, Donzelli 2015; E. FELICE, Perché il Sud è rimasto
indietro, Bologna, il Mulino 2016; G. PESCOSOLIDO, Nazione, sviluppo economico e
questione meridionale in Italia, Soveria Mannelli, Rubbettino 2017; V. DANIELE, Il
paese diviso. Nord e Sud nella storia d’Italia, Soveria Mannelli, Rubbettino 2019.
12
Si veda ad esempio N. MOE, Un paradiso abitato da diavoli, identità nazionale e
immagini del Mezzogiorno, Napoli, L’ancora del Mediterraneo 2004; L. CAZZATO,
Sguardo inglese e Mediterraneo italiano. Alle origini del meridionismo, Milano, Mime‑
sis 2017; AA.VV., Da ieri a oggi: tragitti del Sud nella cultura italiana contemporanea,
Firenze, Franco Cesati 2018; C. FOGU, The fishing net and the spider web: Mediterra‑
nean imaginaries and the making of Italians, Cham, Palgrave MacMillan 2020.
243
PAOLO ORRÙ
tro la più vasta cornice europea, che tra Sette e Ottocento vedeva
l’emergere di un discorso sul meridione continentale utile all’au‑
todefinizione delle nuove potenze nord‑occidentali: così, il Sud
nella sua interezza diviene progressivamente sinonimo di indo‑
lenza, barbarie, arretratezza13. Seguendo tali criteri, i viaggiatori
inglesi, francesi, tedeschi14 (e altri ancora) impegnati nelle loro
esplorazioni della penisola, alla ricerca di ristoro o per fini cultu‑
rali e scientifici, spostavano di volta in volta la linea di confine tra
civiltà e barbarie prima o dopo le Alpi, sotto Roma, sotto Napoli.
Nella letteratura di viaggio, il Sud Italia assumeva sempre più
una rappresentazione ambivalente: da una parte una terra social‑
mente povera e desolata, popolata da genti incivili e ignoranti;
dall’altra, i resti monumentali dell’antica gloria e lo splendore
pittoresco del paesaggio.
Gli stessi stereotipi e le stesse categorie interpretative sul
Mezzogiorno si ritrovano nei giudizi di molti noti storici e intel‑
lettuali italiani dell’Ottocento15: tanto il Meridione era favorito
dal clima dolce, dalla ricchezza della natura, quanto penalizzato
dall’indole dei suoi abitanti e dall’arretratezza della loro condi‑
zione. Gli osservatori piemontesi trovatisi di fronte a una realtà
fino a quel momento quasi del tutto ignota (e, quando nota, spes‑
so mediata dalle letture degli stranieri) reagiscono con sgomento
e terrore. Gli abitanti del Sud vengono di volta in volta equipara‑
ti agli orientali, agli arabi, agli africani, tutte civiltà reputate infe‑
riori rispetto a quella settentrionale, tutte evidentemente “altre”.
13
Sono tutti tratti mutuati dall’esistente costruzione alterizzante sull’oriente;
si veda a tal riguardo l’interessante ricostruzione dello Spirito delle leggi di Mon‑
tesquieu da parte di Roberto DAINOTTO, che mostra con mezzi convincenti come
nell’opera la teoria climatologica (secondo cui il clima dei luoghi era in rapporto
diretto con il carattere delle popolazioni) venga impiegata per tratteggiare i carat‑
teri peculiari (e negativi) dell’oriente e come di pagina in pagina essi vengano poi
spostati dall’asse trasversale a quello longitudinale nella costruzione di un’alteri‑
tà interna all’Europa stessa. R. DAINOTTO, Europe (in theory), Durham‑London,
Duke University Press 2007, pp. 52‑86.
14
Oltre ai riferimenti elencati sopra, si vedano anche le pagine dedicate a
questo tema da F. BRUNI, nel recente Idee d’Italia. Da Napoleone al Quarantotto, Bo‑
logna, il Mulino 2021.
15
Si veda l’accurata ricostruzione di C. PETRACCONE, Le due civiltà. Settentrio‑
nali e meridionali nella storia d’Italia dal 1860 al 1914, Roma‑Bari, Laterza 2000, so‑
prattutto alle pp. 3‑65.
244
I CONTADINI IN SICILIA (1876): LINGUA, DISCORSO E QUESTIONE MERIDIONALE
NELL’INCHIESTA DI SIDNEY SONNINO
«Agli italiani del nord spetta l’ardua missione di rigenerare civil‑
mente e politicamente gl’italiani del sud»16, scriveva Carlo Lanza
a Cavour nel dicembre 1860; con lo scoppio del brigantaggio po‑
stunitario e le inevitabili difficoltà amministrative, i meridionali
apparvero all’élite centro‑settentrionale sempre più come dei sel‑
vaggi ingovernabili se non con la forza: la risposta dei ministeri
della Destra storica sarà all’insegna del controllo militare e del
centralismo decisionale.
In quest’ottica, a proposito dell’inchiesta di cui qui ci occupia‑
mo, Nelson Moe ha prodotto un’analisi piuttosto articolata dei
principali tropi contenuti nel volume sulla Sicilia curato da Fran‑
chetti17; da essa emerge una dimensione fortemente narrativa e
uno scritto carico di retorica, in cui l’indagine sociologica si mi‑
schia alle impressioni personali di un vero e proprio diario di
viaggio. E le impressioni non sono certo positive, se non in alcune
descrizioni pittoresche dei paesaggi e di Palermo: le due dimen‑
sioni prevalenti nell’isola sono la violenza e l’interesse personale.
Nelle sue conclusioni Franchetti proporrà come rimedi la priva‑
zione totale della rappresentanza ai siciliani e l’importazione di
una classe dirigente settentrionale non affetta dai vizi delle popo‑
lazioni autoctone. In estrema sintesi: le due civiltà non possono
convivere nella nazione, senza che una prima o poi elimini l’altra.
Nella recente letteratura critica di ambito culturale18 l’inchie‑
sta viene spesso discussa come un’opera unitaria, da cui però ri‑
salta solo il primo volume, forse come sostiene anche Moe «per‑
ché ha un carattere più sociologico dell’analisi di Sonnino, che
verte più sugli aspetti tecnici e dell’economia agricola»19. È senza
dubbio vero, e lo vedremo nelle prossime pagine; ciò non toglie
PETRACCONE, Le due civiltà, cit., p. 65.
Rimandiamo al capitolo del volume in questione per un’analisi testuale
puntuale, MOE, Paradiso abitato da diavoli, cit., pp. 235‑246. Si veda anche J. DICKIE,
Darkest Italy: The Nation and Stereotypes of the Mezzogiorno, 1860‑1900, New York,
Palgrave MacMillan 1999, pp. 64‑82.
18
Sul fronte storiografico è, invece, vero il contrario, Sonnino ha riscosso
maggior fortuna, almeno fino agli anni Ottanta del Novecento, mentre decisa‑
mente inferiori sono stati i contributi sulla figura di Franchetti; a questo proposi‑
to si veda S. ROGARI, La fortuna di Leopoldo Franchetti nella storiografia italiana, in
«Nuova Antologia», CLIV (2019), 4, pp. 77‑89.
19
MOE, Paradiso abitato da diavoli, cit., p. 236.
16
17
245
PAOLO ORRÙ
che, vista l’importanza del personaggio e il costante interesse che
nella sua lunga carriera politica20 ha rivolto ai contadini del Me‑
ridione, sia indispensabile offrire una lettura più accurata del se‑
condo volume dell’opera per inquadrarla proprio nella sua inte‑
rezza all’interno del discorso sulla questione meridionale. Il no‑
stro intento, dunque, è quello di osservare quale immagine del
Sud e delle sue popolazioni traspaia dalla scrittura di Sonnino:
prenderemo in esame il lessico riferito alle classi sociali e alcuni
elementi linguistici e retorici presenti nel testo, soffermandoci su
esempi testuali che ci permettano di comprendere la visione
dell’autore sulla popolazione meridionale.
3. I contadini in Sicilia
L’indagine di Sonnino è divisa in tre parti, Condizioni attuali,
Caratteri economici dei contratti agricoli siciliani, Rimedi e proposte,
più un capitolo “supplementare” su Il lavoro dei fanciulli nelle zol‑
fare siciliane. La prima parte descrive varie regioni dell’isola: la
zona interna e meridionale; l’area da Mazzara a Catania, compre‑
sa la Conca d’Oro, Marsala e Messina; infine, la provincia di Sira‑
cusa. Di ogni area vengono osservate dettagliatamente le pecu‑
liarità del terreno e delle coltivazioni; i principali generi di con‑
tratto che regolano il rapporto tra le classi; le condizioni di vita
dei contadini (abitazioni, igiene, salute, alimentazione, sposta‑
menti, ruolo della donna). Nella seconda parte, sulla scorta degli
elementi delineati in precedenza, Sonnino affronta più specifica‑
mente l’impatto dei contratti vigenti alla luce delle teorie politi‑
co‑economiche, mostrando, dal suo punto di vista, i limiti che es‑
si impongono all’avanzamento sociale dei lavoratori. La terza se‑
zione, forse la più saliente, è quella tesa a indicare soluzioni e ri‑
medi: l’obiettivo dell’indagine, infatti, è di svolgere un ruolo atti‑
20
Per una sintetica illustrazione dell’attività politica e parlamentare di Sonni‑
no, si veda Sidney Sonnino, in Toscani: Presidenti del Consiglio, Presidenti della Re‑
pubblica, a cura di P. Ballini, Firenze, Polistampa 2013, pp. 31‑56; per una visione
più dettagliata dei singoli aspetti della vita e dell’attività dello statista toscano, si
veda sempre il volume Sidney Sonnino…, cit.
246
I CONTADINI IN SICILIA (1876): LINGUA, DISCORSO E QUESTIONE MERIDIONALE
NELL’INCHIESTA DI SIDNEY SONNINO
vo nel modificare la legislazione per migliorare sensibilmente il
tenore di vita dei ceti popolari. Tale scopo va inteso non solo in
senso umanitario21, ma anche e soprattutto in un’ottica fortemente
politica: il progresso delle masse era finalizzato alla creazione (o
al mantenimento) del consenso verso lo stato unitario22. L’origi‑
nalità di Sonnino al tempo fu di studiare fin da subito le questio‑
ni sociali ed economiche insieme e in relazione ai problemi di or‑
dine politico e istituzionale. In questo senso va visto anche l’im‑
pegno del futuro statista per il suffragio universale: Sonnino fu
forse il primo a proporre una simile riforma, che avrebbe avuto
l’obiettivo di allargare le basi del consenso verso lo Stato attra‑
verso la partecipazione attiva e responsabile delle masse alla vita
politica, ma allo stesso tempo indica nei possidenti e negli im‑
prenditori le classi sociali più idonee a guidare la nazione. È una
visione che viene fuori ripetutamente dall’inchiesta: dei proprie‑
tari sottolinea spesso il dovere morale e la responsabilità sociale
che dalla proprietà derivano23.
Venendo ora all’aspetto testuale e linguistico, la scrittura di
Sonnino, soprattutto nelle prime due parti, è nel complesso assai
misurata, sono pochi gli spazi concessi all’inventiva o alla retori‑
ca. In effetti, per il giovane studioso il rapporto con l’italiano è
stato assai tormentato negli anni della formazione e lo scrivere
ha rappresentato un’attività ostica, faticosa e fonte di insicurez‑
za24. Ciò che gli appare fondamentale ai fini della sua maturazio‑
21
È una parola usata più volte dallo stesso Sonnino ed è bene ricordare che
Leopoldo Franchetti sarà, insieme alla moglie Alice Hallgarten, un attivissimo fi‑
lantropo.
22
Anche se ciò va ancora inteso nella forma della delega a un rappresentante
di una classe superiore. Su questo si veda sempre Pignotti, Dall’inchiesta Franchet‑
ti‑Sonnino, cit.
23
Queste le parole di Sonnino dall’introduzione: «troviamo quasi dappertut‑
to una ignoranza assoluta e incosciente dei doveri che implica la proprietà del
suolo, la quale è un privilegio (privilegio utile, ma sempre privilegio) e diremo
quasi un ufficio sociale» (F RANCHETTI ‑S ONNINO , La Sicilia, cit., pp. 170‑171).
24
Giova qui soffermarci brevemente su alcune notizie biografiche. Sonnino
era figlio di un banchiere di origine ebraiche, Isacco Sonnino, assurto alla carica
di barone, la madre, Giorgina Terry, era di origine inglese e anglicana ed ebbe un
ruolo importante nell’educazione del figlio. Come testimoniato dai carteggi, in
famiglia si parlava soprattutto inglese, si veda P. CARLUCCI, Note sulla formazione
intellettuale e politica di Sidney Sonnino (1847‑1882), in Sidney Sonnino..., cit., pp. 5‑
247
PAOLO ORRÙ
ne nello studio e nella scrittura è l’ideale della chiarezza sopra
ogni altra cosa; scriveva Sonnino: «Qualunque sia l’importanza
da darsi alla forma, cercherò sempre di lasciarla in secondo luo‑
go di fronte alla sostanza»25. Ci troviamo, insomma, davanti a un
giovane e brillante studioso, interessato a fornire un’esposizione
che sia sì accurata nello stile, ma non a discapito della concretez‑
za, motivo per cui le preoccupazioni per il suo italiano andranno
a scemare velocemente.
In generale, nelle sezioni dedicate alla disamina assai minu‑
ziosa dei contratti agricoli, della flora e dei tipi di colture non vi
è spazio per giudizi o punti di vista, la descrizione è quasi sem‑
pre molto tecnica. Vale la pena soffermarsi sull’abbondante ter‑
minologia dialettale impiegata26. Si trovano nel testo termini spe‑
cifici di area meridionale e siciliana relativi alle persone coinvol‑
te: il gabellotto, figura centrale di imprenditore che affitta i terreni
da un proprietario per poi dividerli in parti più piccole e subaffit‑
48, alle pp. 6 e 7. Nell’approfondita ricostruzione di Rossana Melis sulla corri‑
spondenza tra il giovane Sonnino ed Emilia Peruzzi emerge come egli fosse assai
tormentato da quella che sentiva un’incapacità a esprimere le sue idee e il suo
sentire attraverso l’italiano (da lui ritenuto comunque come lingua madre), tanto
da chiedere a più riprese alla Peruzzi consigli bibliografici, grammaticali, lessicali
e a insistere perché gli raccomandasse un insegnante privato di italiano e latino
(che poi troverà nel breve soggiorno romano nel latinista Onorato Occioni). An‑
che le prime esperienze lavorative hanno un carattere internazionale: intrapren‑
de una breve, ma intensa, carriera diplomatica che lo porta a Madrid, Vienna,
Berlino, prima di tornare definitivamente in Italia, a Firenze. Sarà poi deputato
per lunghi anni, più volte ministro e due volte, seppur brevemente, presidente
del Consiglio. Per ulteriori notazioni linguistiche, rimandiamo all’articolo di R.
MELIS, «Una babelica natura»: Sidney Sonnino, Emilia Peruzzi e il problema della lingua
a Firenze dopo l’Unità, in «Lingua nostra», LXIV (2003), 1‑2, pp. 1‑28; per una rico‑
struzione storiografica delle corrispondenze di Sonnino si veda Lettere di Sidney
Sonnino ad Emilia Peruzzi 1872‑1878, a cura di P. Carlucci, con in appendice alcune
lettere di Emilia Peruzzi ed un articolo di Sidney Sonnino, Pisa, Scuola Normale
Superiore 1998.
25
Sonnino citato in MELIS, «Una babelica natura», cit., p. 17. Influisce su queste
considerazioni il clima culturale dell’epoca, siamo negli anni salienti del dibattito
sulla questione della lingua.
26
Sono numerosi, come lecito attendersi, anche i vocaboli toscani su cui qui è
inutile dilungarsi. Accanto al gergo dell’economia politica, a quest’altezza tem‑
porale in parte già consolidato, troviamo altri tecnicismi specifici, come abigeato
(‘furto di bestiame’), epizoozie (‘epidemie animali’); novalizzare (probabilmente un
deagettivale da novale, «preparato alla coltivazione dopo un periodo di riposo,
dissodato (un terreno)», GDLI s.v. novale.
248
I CONTADINI IN SICILIA (1876): LINGUA, DISCORSO E QUESTIONE MERIDIONALE
NELL’INCHIESTA DI SIDNEY SONNINO
tarli; il campiere27, non altro che una guardia armata a controllo di
campi e bestiame; il prezzamaro, il pastore che fa parte di un’asso‑
ciazione; il bordonaro, che sta per ‘mulattiere’; il curatolo, un lavo‑
ratore salariato che può avere diverse “specializzazioni” (c. degli
aratri, delle vacche, delle pecore ecc.); il metatiere, il colono che
coltiva una terra con un contratto di metateria; il terratichiere, chi
lavora con un contratto detto a terratico; il borgese, un contadino
che possedeva qualche ettaro di terra.
Altre voci riguardano l’organizzazione e la divisione dei ter‑
reni o delle greggi: metaterìa, un contratto colonico simile alla
mezzadria, ma meno vantaggioso, e paraspolo, un suo geosinoni‑
mo, impiegato in gran parte della Sicilia; il più diffuso terratico,
un contratto di affitto per cui il proprietario cede ad un contadi‑
no il diritto di preparare o seminare un pezzo di terreno a fru‑
mento dietro un compenso; il contratto a inquilinaggio28 usato, a
seconda delle zone, come sinonimo di metaterìa o di terratico; a
borgenzatico, un contratto di subaffitto in cui un contadino viene
impiegato nella coltivazione per un paio d’anni senza la possibi‑
lità di tornarvi in futuro; a estaglio, contratto per cui una persona
si assume il compito di eseguire un lavoro materiale entro un de‑
terminato termine e per una data somma, senza diritto a preten‑
dere altro. Rientrano in quest’ambito anche i numerosi oneri do‑
vuti dal contadino al padrone, come il diritto di sfrido («calo quan‑
titativo subito da una merce, da un materiale, da un prodotto
nelle fasi di lavorazione, di magazzinaggio o di trasporto», Gdli),
o il diritto di cuccìa, un dolce tipico siciliano, che indica il dovere
del contadino di elargire dei doni al campiere. E ancora si trova‑
no strumenti, pratiche ed elementi della vita contadina: senia
(‘bindolo’); trappèto (‘frantoio’); cafiso, unità di misura dell’olio di
27
«Sono due i tipi di campieri in Sicilia; il primo è quello dell’uomo violento,
risoluto, dall’aspetto minaccioso e poco rassicurante, il quale probabilmente non
è in perfetta regola nei suoi conti colla giustizia: il secondo più docile e laborioso,
dall’aspetto più contadinesco, e che ha mansioni più strettamente agricole»
(FRANCHETTI ‑ SONNINO, La Sicilia, cit., p. 187).
28
È un’altra forma che pare peculiare della Sicilia, si trova anche negli scritti
di L. STURZO, Note sommarie sui contratti agrari e le cooperative agricole di lavoro in Si‑
cilia, in Scritti inediti, I, 1890‑1924, a cura di F. Piva, Roma, Cinque Lune‑Ist. Luigi
Sturzo 1974, pp. 205‑216.
249
PAOLO ORRÙ
origine araba29; zappugliatura (‘sarchiatura’); trazzera (‘via che at‑
traversa i campi’); spezzone (‘piccolo appezzamento di terra’)30.
In tutti questi casi, il termine o l’espressione viene glossata («si
dice in Sicilia», «si chiama in Siciliano») o ne viene fornito imme‑
diatamente l’equivalente italiano. Interessante, poi, come la ricer‑
ca di precisione terminologica spinga Sonnino a spiegare in alcu‑
ne note al lettore, idealmente non siciliano, anche le differenze
terminologiche interne all’isola: ad esempio, «Abbiamo voluto
avvertire questi doppi sensi per evitare che prenda leggermente
equivoco chi abbia udito adoperare una di queste parole in una
sola delle provincie siciliane» (n. 220, p. 182). La glossa, che potrà
sembrare forse banale, rivela invece l’attenzione di Sonnino al
dettaglio, anche linguistico, volta a carpire le differenze tra le va‑
rie zone, e dimostra il grado di profondità della ricerca stessa.
La scrittura dell’inchiesta è generalmente molto chiara, la sin‑
tassi è lineare, lo stile mira a esporre i fatti più che a colpire il let‑
tore con impressioni personali o artifici retorici31. Tuttavia, Son‑
nino si concede qualche sparuto sprazzo di enfasi narrativa o po‑
lemica. Interessante a tal proposito è l’improvviso cambio di pro‑
spettiva proprio all’inizio dell’inchiesta: l’incipit del secondo pa‑
ragrafo contiene una lunga descrizione dell’arrivo nella prima
zona dell’isola.
Si può camminare a cavallo per cinque o sei ore da una città ad
un’altra e non mai vedere un albero, non un arbusto. Si sale e si
scende, ora passando per i campi, ora arrampicandosi per sentie‑
ri scoscesi e rovinati dalle acque; si passano i torrenti, si valicano
Ma Sonnino riporta il vocabolo con la sonorizzazione dell’occlusiva velare.
Presente anche nel GDLI con un esempio tratto dai Diari di Luigi Einaudi
riferito proprio al Mezzogiorno: «Non vi è nessun inconveniente a che i contadi‑
ni, i quali posseggono già la loro casa nel concentrico, vadano a coltivare due o tre
spezzoni di terra l’uno di un paio di ettari» (L. EINAUDI, Diario 1945‑1947, a cura
di P. Soddu, Roma‑Bari, Laterza 1993, p. 93).
31
A influenzare le scelte stilistiche di Sonnino, oltre alla formazione culturale
e al carattere personale, è anche l’adesione al pensiero positivista, di cui l’inchie‑
sta è uno dei primi casi di applicazione alle scienze sociali in Italia; l’intento, in‑
fatti, è di indagare i fatti sociali ed economici in modo scientifico e analitico, pre‑
sentando i risultati «schiettamente» e con l’obiettivo di «esporre la verità» dei fat‑
ti e non di «adulare» (sono tutte espressioni impiegate dagli autori nella prefazio‑
ne ai due volumi) la classe dirigente nazionale e siciliana.
29
30
250
I CONTADINI IN SICILIA (1876): LINGUA, DISCORSO E QUESTIONE MERIDIONALE
NELL’INCHIESTA DI SIDNEY SONNINO
le creste dei poggi; valle succede a valle; ma la scena è sempre la
stessa: dappertutto la solitudine, e una desolazione che vi stringe
il cuore32.
La descrizione prosegue ancora per alcune righe con lo stesso
tenore e soprattutto con la medesima forma impersonale ripetuta
in una lunga catena: si può camminare; si sale, si scende, si passano.
In effetti, la coordinazione per asindeto e la ripetitività delle
strutture contribuiscono alla sensazione di monotonia e desolazio‑
ne che trova il suo apice nella locuzione che chiude il periodo. A
risaltare è però il repentino passaggio alla quinta persona, che,
insieme alle vicende rappresentate, contribuisce a dare una di‑
mensione decisamente più narrativa all’intero passaggio.
Ad un tratto apparisce sull’orizzonte una comitiva di gente a ca‑
vallo, che scende nella vallata in direzione opposta alla vostra, e
vedete il luccicare delle armi. Eccovi tutti in guardia. Esaminato
il grilletto della vostra carabina, procedete innanzi con qualche
precauzione. Non sarà nulla: – forse due o tre proprietari, o un
gabellotto, che viaggiano coi loro campieri, tutti armati fino ai
denti, da una fattoria o da una città ad un’altra. Sarà gran ventura
se, per rompere la monotonia del viaggio, v’incrociate nel corso
della giornata con qualche pattuglia di carabinieri o di bersaglie‑
ri, o con due o tre militi a cavallo dall’aspetto pochissimo rassicu‑
rante33.
L’uso improvviso del presente narrativo (anche in combina‑
zione col futuro) attualizza il racconto dell’esperienza dei viag‑
giatori e catapulta il lettore nella vicenda, portandolo a immede‑
simarsi con i testimoni oculari; l’impressione è ulteriormente
amplificata dall’allocuzione rivolta a chi legge. I dettagli presenti
in queste prime battute dell’opera, dalla solitudine e dalla desola‑
zione al luccicare delle armi e all’aspetto pochissimo rassicurante dei
militi, immergono in un quadro alquanto angosciante, ma ben
familiare ai lettori dell’epoca: il brigantaggio nel Mezzogiorno si
era esaurito definitivamente da qualche anno, ma il suo effetto fu
dirompente sull’opinione pubblica del resto d’Italia; l’imponente
32
33
FRANCHETTI ‑ SONNINO, La Sicilia, cit., p. 175.
Ibidem.
251
PAOLO ORRÙ
mobilitazione dello Stato e i racconti delle efferatezze dei brigan‑
ti connotarono la prima grande emergenza del neonato Regno34.
Si tratta di uno dei rari casi in cui Sonnino richiama la questione
della sicurezza pubblica, esposta del resto estensivamente da
Franchetti nel primo volume; il riferimento appare, comunque,
andare incontro alle aspettative del lettore.
L’interesse, semmai, è tutto rivolto al tema della proprietà dei
terreni35 e agli iniqui contratti che gravano sui contadini, mante‑
nuti in uno stato di pura sussistenza. Già nell’introduzione al vo‑
lume Sonnino chiarisce che lo studio diretto della realtà sociale
dei cittadini è indispensabile per capire come le leggi e le istitu‑
zioni dello Stato influiscano positivamente o negativamente sul‑
la loro vita.
E tra tutte queste istituzioni è certo la proprietà privata territoria‑
le la più importante, ed è quella difatti contro cui più vivi sono
stati ognora gli assalti di coloro, che partendosi da massime a
priori vorrebbero tutta rovinare la società moderna e riedificarla
a loro modo, soltanto perchè l’edifizio attuale non è perfetto; co‑
34
Parafrasiamo volutamente il titolo del già citato volume collettaneo La pri‑
ma emergenza dell’Italia unita; rimandi obbligati vanno poi al classico di F. MOLFE‑
SE, Storia del brigantaggio dopo l’Unità, Milano, Feltrinelli 1966, e al più recente C.
PINTO, La guerra per il Mezzogiorno. Italiani, borbonici e briganti 1860‑1870, Roma‑
Bari, Laterza 2019.
35
Anche i riscontri quantitativi sul lessico, qualora ce ne fosse bisogno, ne so‑
no una conferma: i sostantivi più frequenti sono proprietario/i (510) e contadino/i
(569). Della proprietà a Sonnino interessa soprattutto la sua distribuzione: era
convinto, infatti, che per modernizzare le aree rurali fosse necessario ricorrere al
modello del contratto a mezzadria sull’esempio toscano. La proprietà doveva es‑
sere ridotta e affidata in concessione ai coloni che avrebbero compartecipato al‑
l’utile prodotto. Gli interessi delle due classi si sarebbero composti a mutuo bene‑
ficio di entrambe, favorendo allo stesso tempo gli investimenti per rendere le im‑
prese agricole più produttive. In questo modo, la mezzadria avrebbe anche por‑
tato una conciliazione di tipo politico e sociale tra la classe contadina e quella dei
proprietari: la prima avrebbe così anche riconosciuto nella seconda il ruolo di
mediazione e guida politica, garantendo stabilità alla neonata compagine nazio‑
nale e rigettando il pericolo del comunismo e le sollevazioni popolari. Per Sonni‑
no, infatti, le questioni economiche e sociali andavano a braccetto con quelle po‑
litiche e istituzionali. È anche in questa chiave che va visto il prolungato tentativo
in parlamento di riformare i patti agrari nel Mezzogiorno secondo il modello to‑
scano. Su questo si veda S. ROGARI, Il modello toscano: moderatismo e mezzadria, in
«Nuova Antologia», CLIII (2018), 3, pp. 233‑240.
252
I CONTADINI IN SICILIA (1876): LINGUA, DISCORSO E QUESTIONE MERIDIONALE
NELL’INCHIESTA DI SIDNEY SONNINO
me se mai si potesse creare edifizio perfetto con materiali che non
lo sono affatto, e ordinare una società perfetta di uomini che sono
tuttora ignoranti, egoisti, superstiziosi, frivoli e avidi di ogni più
basso godimento36.
Nonostante, infatti, egli intenda riflettere sulla proprietà pri‑
vata, essa non viene messa in discussione37. L’autore fa qui uso di
una delle poche metafore presenti nel testo (l’altra è quella della
malattia, su cui torneremo più avanti): l’edifizio, che nei suoi sensi
figurati aveva già dal Savonarola l’accezione di ‘corpo
sociale/collettività’38. Il traslato è tanto efficace quanto caustico: i
cittadini sono i materiali imperfetti di cui è costruita la struttura
della nazione, che sarà pure imperfetta ma non può essere “rie‑
dificata” secondo i precetti del socialismo. La serie di aggettivi
ben poco lusinghieri (ignoranti, egoisti, superstiziosi e avidi) non ha
a questo punto ancora un destinatario preciso, sembra perciò ri‑
volgersi alla generalità della popolazione; come si vedrà nello
spazio di poche pagine, tuttavia, sono tratti che distinguono la
classe più agiata dei proprietari, spesso connotata negativamen‑
te e quasi sempre nella sua interezza con aggettivi come infingar‑
da, boriosa, corrotta o sostantivi come accidia, indifferenza, ignoran‑
za, avidità. Dei grandi proprietari Sonnino disprezza l’atteggia‑
mento passivo nei confronti della terra, il loro unico interesse per
la rendita e la noncuranza delle condizioni dei contadini.
La vita dei lavoratori è descritta invece con qualificazioni co‑
me miseri, miserabili, oppressi, abbrutiti, infelici; un’aggettivazione
che oggi può apparire in parte sprezzante, ma che in realtà vuole
essere solidale; ciò è confermato da altri giudizi positivi espressi
più avanti (come «classe più laboriosa, e, moralmente almeno,
più sana della nazione»; «una classe importante della popolazio‑
ne») e ovviamente dall’intero impianto e dagli obiettivi del testo.
FRANCHETTI ‑ SONNINO, La Sicilia, cit., p. 170.
Le prime righe dell’introduzione esplicitano il vero “spauracchio” di Son‑
nino e dei liberali: il comunismo e il socialismo.
38
Così nel GDLI s.v. edificio «Chi desidera la felicità di Firenze solo per ben
temporale, non sarà buona pietra in questo edificio, ma saranno quelli che le de‑
siderano per bene spirituale».
36
37
253
PAOLO ORRÙ
Il rapporto tra le due classi è di particolare preminenza per la
trattazione, e classe è giustappunto tra le parole più ricorrenti, ac‑
compagnata da una vasta serie di specificazioni: agiata, di proprie‑
tari, agricola, rurale o ancora più nel dettaglio di gabellotti, brac‑
cianti. Del resto il vocabolo, mutuato dalle scienze naturali, è pre‑
sente già dal Settecento nel linguaggio economico, ed è, come
evidenziato da Erasmo Leso, quello che fin dal triennio giacobi‑
no «meglio permette di cogliere l’importanza e la diffusione che
l’idea della differenziazione sociale ha nella coscienza politica
dei contemporanei»39. Tale differenziazione è ben rappresentata
poi dall’opposizione tra la coppia aggettivale civile/incivile (o bar‑
baro), che durante l’illuminismo assume una valenza anche poli‑
tica e non solo culturale40. L’aggettivo è sicuramente polisemico:
vi è il dovere civile, cioè politico; la condizione civile, ovvero agiata;
la persona civile, ossia nobile o benestante. Tutte queste accezioni
vanno a sovrapporsi per connotare la classe dei ricchi proprieta‑
ri, unici a rappresentare la civiltà. Si tratta di una categoria non
problematica per gli uomini del tempo41, tanto da essere facil‑
mente presupposta attraverso opposizioni implicite; diamo solo
un esempio: «La maggior parte di questi censi è posseduta da
gente civile, proprietari o professionisti» ma vi sono terre «pos‑
sedute da contadini e braccianti»42.
Nell’estratto seguente si può osservare quale punto di contat‑
to morale possa essere rintracciato tra le due classi:
Le nostre classi agiate sono corrotte: – parliamo di tre quarti
d’Italia e non della sola Sicilia. La corruzione si ritrova pure in
basso negli strati inferiori della società, ma là si tratta di materia
39
E. LESO, Lingua e rivoluzione: ricerche sul vocabolario politico italiano del triennio
rivoluzionario 1796‑1799, Venezia, Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti 1991,
p. 265.
40
Cfr. ivi, p. 115, che nel riflettere sull’opposizione lessicale e ideale tra la
coppia civiltà/barbarie, segnala l’accezione di civile come «‘proprio del buon citta‑
dino, cosciente dei propri doveri verso la patria e verso la società in cui vive’».
41
Del resto, progresso e incivilmento sono altri nodi fondamentali del periodo
risorgimentale. Si veda F. SOFIA, Progresso/Incivilmento, in AA.VV., Atlante culturale
del Risorgimento. Lessico del linguaggio politico dal Settecento all’Unità, Roma‑Bari,
Laterza 2011, pp. 19‑32.
42
FRANCHETTI ‑ SONNINO, La Sicilia, cit., p. 191.
254
I CONTADINI IN SICILIA (1876): LINGUA, DISCORSO E QUESTIONE MERIDIONALE
NELL’INCHIESTA DI SIDNEY SONNINO
grezza; è la barbarie dei popoli primitivi. In alto invece troviamo
la corruzione della decadenza e della decrepitezza, di una civiltà
vecchia ed infeconda come quella del Basso Impero; ed ora il po‑
polano che si elevi isolatamente ad un gradino più alto della sca‑
la sociale, entra pur troppo in un ambiente più corrotto di quello
che ha lasciato43.
La corruzione dei ricchi è diversa e gerarchicamente superiore
rispetto a quella del popolo. Se i contadini sono corrotti poiché
primitivi, i proprietari lo sono per via della loro decadenza: civil‑
tà, barbarie e decadenza44 sono tutti lemmi chiave nel discorso ri‑
sorgimentale e qui li troviamo espressi nello spazio di poche ri‑
ghe. Il parallelismo argomentativo tra le classi vorrebbe qui far
pendere l’ago della bilancia in favore dei contadini, che non han‑
no colpe della loro abiezione. L’effetto, però, è anche un altro: ciò
che accomuna le due classi, infatti, è l’essere entrambe siciliane (e
meridionali); il quadro è, quindi, quello di una popolazione cor‑
rotta nella sua interezza.
All’interno dell’inchiesta viene illustrato varie volte lo stato
in cui vivono i lavoratori agricoli, le loro abitazioni e lo stile di vi‑
ta: «lavorano tutto il giorno sotto la sferza di un sole cocente, e la
notte dormono all’aperto, senza riparo di sorta, in mezzo ai mia‑
smi micidiali» (p. 189). Ed è indubbio che la descrizione delle
condizioni abitative dei contadini possa sconvolgere i lettori,
che, per ammissione dell’autore45, poco conoscono della vita dei
villani in generale e ancor di più di quelli siciliani.
FRANCHETTI ‑ SONNINO, La Sicilia, cit., p. 329.
L’idea stessa di Risorgimento è fortemente collegata all’immagine decaden‑
te dell’Italia, mutuata in larga parte proprio dalle osservazioni forestiere sullo sta‑
to del Bel Paese: «sulla fine del Seicento, rapidamente, gli stranieri, e prima di tutti,
per la letteratura, i francesi, e, per la scienza, i circoli che mettevano capo alla libe‑
ra Olanda, si avvidero, e dissero la parola, che l’Italia era decaduta, che la sua poe‑
sia era brillante e falsa, che la sua scienza era frivola e parolaia. E quasi contempo‑
raneamente, sia pure tra voci di repulsa e di collera, che attestavano la giustizia
dell’accusa, gl’italiani stessi cominciarono a sentirsi decaduti, e i più sinceri e co‑
scienziosi si fecero animo a confessarlo. Allora al fatto si accompagnò la coscienza
del fatto, al processo che giungeva a compimento la chiara visione della linea fon‑
damentale di quel processo […]. E allora appunto l’Italia cominciò a risorgere», B.
CROCE, Storia della letteratura italiana, 2 voll., Bari, Laterza 1956, p. 32.
45
«Noi crediamo invece che siano pochissimi quelli che veramente abbiano
43
44
255
PAOLO ORRÙ
Dove potranno albergare la modestia, la decenza, la delicatezza
del sentire, la pulizia, l’igiene, là dove padre, madre, fratelli, so‑
relle, cognate, fanciulli, dormono tutti insieme, e quasi sempre in
compagnia di qualche animale, del maiale, della capra, dell’asino
o del mulo, in mezzo al sudiciume e al lezzo, tali da rendere im‑
possibile ad una persona civile il solo entrare in uno di quei tu‑
guri?46
Nell’estratto sopra è possibile osservare ancora un paralleli‑
smo espresso nell’interrogativa retorica tra serie di vocaboli in
contrasto tra loro: modestia, decenza, delicatezza e pulizia da un lato,
sudiciume, lezzo, tuguri (e sottointesa vi è anche la promiscuità),
dall’altro.
La miseria dei contadini viene, però, messa in risalto anche
per la sua pericolosità per il benessere della nazione: «il contadi‑
no sta male, molto male, e si trova in condizione tale da far teme‑
re per l’avvenire serii pericoli per la civiltà nostra»47. La “condi‑
zione” è qui associata a verbi o sostantivi connotati negativa‑
mente come temere o pericoli, mentre il possessivo accordato alla
civiltà può essere letto in modo sia inclusivo che esclusivo.
La «minaccia continua»48 rappresentata dalla questione socia‑
le è anche al centro di una tra le poche metafore impiegate, e cer‑
tamente la più frequente: quella della malattia e del male49. Il pas‑
so di seguito è contenuto in un paragrafo non a caso intitolato
Sintomi minacciosi, che prelude alle conseguenze nefaste dell’ina‑
zione da parte del governo.
nozioni precise intorno alle condizioni in cui si trovano le classi agricole delle va‑
rie nostre provincie, e tanto meno della Sicilia» (p. 265). FRANCHETTI ‑ SONNINO, La
Sicilia, cit., p. 265.
46
Ivi, p. 297.
47
Ivi, p. 170.
48
Ivi, p. 267.
49
Particolarmente efficace in questo ambito può essere l’applicazione delle
teorie sulle metafore cognitive elaborate da G. LAKOFF e M. JOHNSON (Metaphors
we live by, Chicago, The University of Chicago Press 1980) e ormai corroborate da
una notevole messe di studi. Le metafore sarebbero uno strumento cognitivo fon‑
damentale per l’elaborazione delle informazioni esperienziali, così da dare una
forma linguistica a ciò che viene percepito coi sensi. Un certo campo dell’attività
e dell’esperienza (target domain) viene sistematicamente interpretato mediante il
ricorso a un altro più basilare e familiare (source domain): in questo senso la nazio‑
256
I CONTADINI IN SICILIA (1876): LINGUA, DISCORSO E QUESTIONE MERIDIONALE
NELL’INCHIESTA DI SIDNEY SONNINO
Eppure nel 1860, in mezzo a tutto l’entusiasmo della riscossa na‑
zionale, accaddero qua e là in Sicilia fatti che avrebbero dovuto
insegnarci dove era più profonda la piaga, e dove quindi conve‑
niva far convergere l’azione dei rimedi. Le cruente sollevazioni
di Pace, di Collesano, di Bronte e di molti altri luoghi, dove al gri‑
do di Abbasso i sorci, le turbe di contadini davano addosso ai
proprietari e a chiunque apparteneva alla classe agiata, avevano
un carattere sociale abbastanza spiccato, per essere indizio di un
male profondo, e che meritava d’essere preso in maggior conto.
Si fece bene in allora di reprimere violentemente quei moti vio‑
lenti, ma, ristabilito l’ordine, conveniva pensare a curare il male
nel suo germe, e ciò non fu fatto punto50.
Tornando alla fase rivoluzionaria del 1860, Sonnino evidenzia
come la piaga (il disagio dei contadini) fosse profonda già allora,
mentre il rimedio repressivo, per quanto adeguato a stroncare i
moti di protesta contro i proprietari, non fu sufficiente e lo Stato
avrebbe dovuto risolvere la questione nel suo punto fondamenta‑
le (nel suo germe), ovverosia nella distribuzione della proprietà
agricola. La metafora in questo caso consente una raffigurazione
efficace della situazione e consente di presagire con più forza le
possibili conseguenze minacciose per la classe agiata e per il Paese.
Come si vede anche dagli esempi successivi, la metafora è
molto ben strutturata: troviamo vocaboli come sintomi, per indi‑
care le manifestazioni del disagio (soprattutto violente); diagnosi
per l’analisi del contesto; cura per le leggi da varare; il Paese o la
regione è personificato nella figura dell’infermo da guarire.
I sintomi del morbo non mancano. Nel 1865 vi furono disordini a
Canicattini: e nel marzo di quest’anno (1876), a Grammichele,
uno stuolo di contadini dètte l’assalto al Casino dei «galantuomi‑
ni», e uccise e ferì parecchi tra questi51.
ne viene vista come un corpo; le sue parti costitutive possono essere arti, organi,
cellule; le strutture difensive sono rappresentate dagli anticorpi; la ricchezza è il
sangue; mentre gli elementi negativi per il suo benessere sono espressi in termini
di malattie, parassiti, infezioni. Sulla metafora corporale in ambito politico si ve‑
da anche A. MUSOLFF, Metaphor Nation and the Holocaust: The Concept of the Body
Politic, London‑New York, Routledge 2010.
50
FRANCHETTI ‑ SONNINO, La Sicilia, cit., p. 328.
51
Ivi, p. 398.
257
PAOLO ORRÙ
E siccome senza la diagnosi esatta della malattia, ogni discussio‑
ne intorno alla cura è scientificamente impossibile, e qualunque
tentativo di rimedi sarebbe puramente empirico, e tale da minac‑
ciar di peggiorare lo stato dell’infermo anziché guarirlo52.
La metafora può essere declinata non solo in negativo, ma an‑
che per ipotizzare un futuro roseo, come nell’estratto seguente:
Quando si fossero curate le piaghe che travagliano la società sici‑
liana nell’interno dell’Isola, non vi sarebbe più ragione a dubita‑
re di un completo risanamento del corpo sociale in tutte le sue
parti; e l’immaginazione non arriva a figurarsi quali potrebbero
essere in tal caso i limiti della prosperità avvenire del giardino
d’Italia53.
Va sottolineato che piaga è un vocabolo usato ripetutamente
da Sonnino. Esso compare nella prefazione della prima edizione
dell’opera per indicarne gli scopi: «La discussione non sarà mai
utile, se prima non ci liberiamo da quella stolta vergogna che
spesso, a noi Italiani, ci fa celare le nostre piaghe per parere da
più o altrimenti di quel che siamo»54. Lo troviamo nuovamente,
anche se in forma sinonimica, in epigrafe al volume sui Contadini
con un verso estratto dalle Epistole di Orazio: «Stultorum incura‑
ta pudor malus ulcera celat»55.
Ben più forte si dimostra la metafora per Franchetti; riportia‑
mo qui un esempio solamente perché la continuità della metafo‑
ra tra i due autori può certamente avere un effetto sul lettore.
Abbiamo ricevuto quelle nostre sorelle minori che, senza pensa‑
re all’avvenire, si buttavano fiduciosamente nelle nostre braccia.
Erano macilenti, affamate, coperte di piaghe, e noi avremmo dovuto
curarle amorevolmente, nutrirle, cercare con ogni mezzo anche col
fuoco, dov’era necessario, di ridonar loro la salute56.
Ivi, p. 265.
Ivi, p. 298.
54
Ivi, p. IV.
55
Q.O. FLACCO, Opere, a cura di T. Colamarino ‑ Domenico Bo, Torino, Utet
2015, p. 381 (Epistola XVI).
56
FRANCHETTI ‑ SONNINO, La Sicilia, cit., p. 142.
52
53
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I CONTADINI IN SICILIA (1876): LINGUA, DISCORSO E QUESTIONE MERIDIONALE
NELL’INCHIESTA DI SIDNEY SONNINO
Franchetti sembra esprimere una certa vicinanza emotiva defi‑
nendo le genti del Sud come sorelle, sì, ma minori, stabilendo quin‑
di allo stesso tempo il primato morale e civile del (centro‑)Nord.
Anche nella sua descrizione torna l’immaginario della piaga («co‑
perte di piaghe»), in questo caso al culmine di un climax ascen‑
dente che connota il popolo meridionale sempre più povero (ma‑
cilenti, affamate); la posizione subalterna è poi ribadita dal pieti‑
smo dell’ottica settentrionalista, che deve «curarle amorevolmen‑
te, nutrirle», ma con mezzi anche violenti: «anche col fuoco».
È interessante notare che nella metafora medica vi è chiara‑
mente anche una posizione gerarchizzante: è solo un osservatore
esterno che può diagnosticare i mali dell’isola (e del Mezzogior‑
no intero) poiché da dentro nessuno sembra capace di farlo e ri‑
solvere i problemi. È l’élite a trazione settentrionale l’unica legit‑
timata a intervenire in virtù di un primato culturale e intellettua‑
le sul Mezzogiorno57.
4. Riflessioni conclusive
Gli studi precedenti, soprattutto di ambito culturale, su La Si‑
cilia nel 1876 si sono focalizzati quasi interamente sul primo vo‑
lume ad opera di Leopoldo Franchetti, dedicato alla situazione
amministrativa e al fenomeno mafioso. Oltre al tema più accatti‑
vante e polarizzante dal punto di vista morale, Franchetti abbon‑
da decisamente in retorica rispetto al compagno, turbando il let‑
tore con le sue descrizioni e offrendo posizioni più radicali sul‑
l’alterità siciliana. Sembra, dunque, piuttosto semplice capire co‑
57
Come ben ha notato Nelson Moe in un suo intervento di diversi anni fa su
questo tema, lo Stato si trova allo stesso tempo nella posizione sia di malato che
di medico: «Il corpo politico trattato è, in altre parole, quello dello stesso dottore
settentrionale, e la costernazione, se non isteria, che molti dei corrispondenti
esprimono nei riguardi dell’infermo Sud, senza dubbio deriva proprio dalla co‑
scienza di questo fatto. La consapevolezza che l’unità appena acquisita dall’Italia
dipenda dall’integrità del Sud («se l’Italia si salva o si perde, si salva o si perde
con Napoli e in Napoli») implica la paura che i mali del Sud possano dilagare al
Nord», in N. MOE, “Altro che Italia!” Il Sud dei piemontesi (1860‑61), in «Meridiana»,
15 (1992), pp. 53‑89.
259
PAOLO ORRÙ
me mai lo studio sui contadini sia stato finora sostanzialmente
trascurato da questo versante delle ricerche, nonostante Sonnino
arrivi a rivestire ben maggiore importanza nel panorama politico
rispetto al collega. Il tentativo di modificare i contratti agricoli
per porre fine alla marginalità delle classi contadine del Mezzo‑
giorno sarà una costante dell’esperienza politica di Sonnino, an‑
che se si tratterà di una riforma perennemente incompiuta e di
un risultato mai realmente raggiunto.
Franchetti e Sonnino in questa fase della loro conoscenza e
amicizia erano sicuramente concordi nelle interpretazioni generali
di quanto osservato nel loro viaggio, non c’è motivo per pensare
altrimenti. Le differenze sono, quindi, soprattutto nello stile e
nell’enfasi: se per il primo la Sicilia andava condotta all’ordine ci‑
vile attraverso l’esclusione dalla rappresentanza e dalla direzione
della regione; per il secondo invece «[l]a Sicilia lasciata a sè trove‑
rebbe il rimedio» e una «trasformazione sociale accadrebbe neces‑
sariamente»58. Si tratta, però, secondo Salvatore Lupo, solo di una
battuta: «Sappiamo che, parlando con il suo compagno di viaggio,
Sonnino esprime in sostanza un pensiero analogo al suo»59.
Rispetto a Franchetti, insomma, Sonnino si distingue per una
misura abbandonata solo raramente e per il rigore metodologico
con cui affronta l’analisi e la descrizione del suo oggetto di stu‑
dio. Sonnino differenzia abilmente tra le varie zone studiate, non
generalizza mai troppo attribuendo a tutta la Sicilia le medesime
caratteristiche ed è sempre pronto a evidenziare gli esempi posi‑
tivi riscontrati durante il viaggio. Vi sono inoltre alcuni raffronti,
anche se brevi e sommari, con i lavoratori di altre regioni d’Italia
(soprattutto la Lombardia e la Toscana, oggetto di studi prece‑
denti), soggetti a disagi analoghi se non peggiori rispetto ai sici‑
liani. Ciò potrebbe anche essere visto come un sottile strumento
argomentativo di attenuazione: Sonnino si mostra ben consape‑
vole che le sue argomentazioni e analisi potranno ferire e turbare
la classe dei proprietari e l’opinione pubblica siciliana; collocare
il quadro dell’isola in qualche modo in continuità con il resto del
58
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FRANCHETTI ‑ SONNINO, La Sicilia, cit., p. 328.
LUPO, La questione, cit., pp. 32‑33.
I CONTADINI IN SICILIA (1876): LINGUA, DISCORSO E QUESTIONE MERIDIONALE
NELL’INCHIESTA DI SIDNEY SONNINO
Paese potrebbe essere utile a smorzare le inevitabili accuse e po‑
lemiche di pregiudizio antimeridionale.
L’equilibrio di Sonnino si registra anche nell’uso della meta‑
fora della malattia. Si tratta di un tropo già analizzato in passato
riguardo alla narrazione della questione meridionale, che nella
sua versione più estrema associa la situazione dell’ex regno bor‑
bonico a un arto incancrenito. Ciò non significa che vi fosse una
reale possibilità di disgregazione dell’Unità appena raggiunta:
nessun osservatore del tempo prese realmente in considerazione
una simile ipotesi. Sicuramente non lo fecero Sonnino e Fran‑
chetti, il cui intento era semmai quello di rafforzare la coesione
nazionale e preservare l’integrità del regno. Cionondimeno, l’im‑
piego della metafora della malattia da parte di entrambi è coe‑
rente con il discorso orientato dal pregiudizio verso il Sud.
In conclusione, ci sembra di poter affermare che I contadini in
Sicilia presenti solo in una piccola parte gli elementi discorsivi e
ideali più spiccatamente stereotipici e canonici nella rappresen‑
tazione dei meridionali da parte dei settentrionali. La questione
sociale era veramente questione italiana, come ricorda Sonnino
varie volte, il contadino lombardo non stava meglio di quello si‑
ciliano, la sua condizione era dovuta non a un’inferiorità conge‑
nita o antropologica, ma alla mancanza di responsabilità delle
classi agiate e da un intervento dello stato che non fu capace di
sovvertire le scriteriate politiche borboniche.
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