Giovanni Baglione

Ritratto di Giovanni Baglione in un'incisione di Ottavio Leoni.

Pittore mediocre nel vivace contesto romano fra la seconda metà del Cinquecento e l'inizio del Seicento, Giovanni Baglione è divenuto maggiormente celebre come biografo e più precisamente per quella straordinaria biografia, ricca di preziose notizie, riguardo la carriera artistica di Caravaggio, risultando una delle poche fonti veramente attendibili e autorevoli.
Il ritratto che ne emerge, essendo suo acerrimo nemico, è quello di un artista ribelle e maledetto, dalla vita sregolata conclusasi «malamente, come appunto male havea vivuto», tuttavia si mostrò anche un suo onesto ammiratore, descrivendo con passione soprattutto i dipinti giovanili del rivale, quelli di tema pagano che avevano per protagonisti languidi e bellissimi fanciulli ritratti a mezzobusto, sino a concludere amaramente la narrazione affermando che alla morte del Merisi i suoi soggetti, anche di modeste dimensioni, erano cercati e pagati molto di più delle grandi raffigurazioni degli altri pittori sulla piazza, lui compreso, per la fama di ribelle che si era guadagnato.
Il titolo completo dell'opera del Baglione, edita nell'anno 1642 è Le vite de' pittori, scultori et architetti dal Pontificato di Gregorio XIII del 1572 in fino a' tempi di Papa Urbano VIII nel 1642. Proponendosi come una continuazione delle straordinarie Vite di Giorgio Vasari, la raccolta è divisa in cinque giornate corrispondenti ad altrettanti pontefici. Il Merisi compare nella quarta giornata, sotto il pontificato di papa Paolo V Borghese.

Ritratto di Paolo V - Caravaggio - 1605 - Roma, Palazzo Borghese

A livello pittorico il Baglione fu un esponente del tardo manierismo romano, caratterizzato da uno stile classicista, volto ad imitare la pittura di Raffaello Sanzio e Michelangelo Buonarroti, che ebbe un notevole successo grazie ad artisti quali Annibale Carracci o Guido Reni, ma che rischiava di sfociare nella leziosità di un manierismo privo di novità, capace solamente di imitare i grandi modelli del passato e di quei due geni assoluti che nei loro capolavori in Vaticano avevano segnato per sempre il secolo e la storia dell'arte. Baglione criticò quel naturalismo che connotava le tele caravaggesche, incentrato su un realismo di matrice lombarda che attingeva direttamente dal quotidiano e dai soggetti più umili per dipingere scene richieste dalla committenza religiosa. Una pala come la Deposizione, realizzata nel 1608, mostra però allo stesso tempo la sua volontà di confrontarsi con le innovazioni apportate alla pittura dal Merisi, dando vita ad una composizione che richiama con evidenza la Deposizione dipinta da Caravaggio appena qualche anno prima ed oggi visibile alla Pinacoteca Vaticana.

Curioso è l'aneddoto legato ad un'ambitissima commissione per la chiesa del Gesù a Roma, nella quale il Baglione dipinse una Resurrezione, andata perduta, che probabilmente il Caravaggio avrebbe voluto ottenere a scapito del rivale, considerandosi ormai, a seguito delle imprese in San Luigi dei Francesi e Santa Maria del Popolo, un pittore di grandi pale d'altare. L'anno è il 1603, quando Baglione decide inoltre di sporgere querela proprio contro il Merisi e altri tre suoi amici con l'accusa di aver diffuso dei componimenti scurrili e offensivi nei suoi riguardi per screditarlo come artista. Secondo il Baglione, i versi sarebbero legati soprattutto all'invidia di Caravaggio per la committenza non ottenuta. L'opera si può vedere oggi in un bozzetto custodito al Museo del Louvre.

Presso la Galleria Nazionale d'Arte Antica di palazzo Barberini si può infine trovare il dipinto Amor sacro e Amor profano, del 1602, che tratta il tema dell'Omnia vincit amor al quale si cimentò lo stesso Merisi più o meno nel medesimo periodo. La scelta stilistica di Baglione è ovviamente all'insegna di un classicismo contenuto e totalmente opposto rispetto al fanciullo di strada e pieno di vita che guarda divertito lo spettatore nell'opera del lombardo. Sembra quasi che il pittore manierista abbia voluto alludere in questa scena al classicismo che si scaglia e vince il naturalismo, in particolare quella scuola attenta al reale e all'imitazione dei modelli ritratti dal vivo, come era solito fare il Merisi, piuttosto che copiare le grandi pitture classiche e lavorare di fantasia. Per tale ragione alcuni studiosi hanno ipotizzato che nel demone dipinto a sinistra si possa scorgere il volto di Caravaggio, ma per quanto si tratti di un'ipotesi suggestiva non è mai stato trovato alcun riscontro effettivo a quella che sarebbe un'ulteriore prova della rivalità che nutriva il Baglione nei confronti del Merisi, del quale però, compose la biografia grazie a cui il suo nome viene ancora ricordiamo.


Vita di Michelagnolo da Caravaggio, pittore

Nacque in Caravaggio di Lombardia Michelagnolo, e fu figliuolo d'un Maestro, che murava edificii, assai da bene, di casa Amerigi. Diedesi ad imparare la dipintura, e non havendo in Caravaggio, chi a suo modo gl'insegnasse, andò egli a Milano, et alcun tempo dimorovvi. Dapoi se ne venne a Roma con animo di apprender con diligenza questo virtuoso essercitio. E da principio si accomodò con un pittore Siciliano, che di opere grossolane tenea bottega.
Poi andò a stare in casa del Cavalier d'Arpino per alcuni mesi. Indi provò a stare da se stesso, e fece alcuni quadretti da lui nello specchio ritratti. Et il primo fu un Bacco con alcuni grappoli d'uve diverse, con gran diligenza fatte, ma di maniera un poco secca. Fece anche un fanciullo, che da una lucerta, la quale usciva da fiori, e da frutti, era morso; e parea quella testa veramente stridere, et il tutto con diligenza era lavorato. Pur non trovava a farne esito, e darli via, et a mal termine si ridusse senza danari, e pessimamente vestito sì che alcuni galant'huomini della professione, per carità, l'andavano sollevando, infin che Maestro Valentino a s. Luigi de' Francesi rivenditore di quadri glie ne fece dar via alcuni; e con questa occasione fu conosciuto dal Cardinale del Monte, il quale per dilettarsi assai della pittura, se lo prese in casa, et havendo parte, e provisione pigliò animo, e credito, e dipinse per il Cardinale una musica di alcuni giovani ritratti dal naturale, assai bene; certo anche un giovane, che sonava il Lauto, che vivio, e vero il tutto parea con una caraffa piena d'acqua, che dentro il reflesso d'una finestra eccellentemente si scorgeva con altri ripercotimenti di quella camera dentro l'acqua, e sopra quei fiori eravi una viva rugiada con ogni esquisita diligenza finta. E questo [disse] che fu il più bel pezzo, che facesse mai.
Effigiò una Zinghera, che dava la ventura ad un giovane con bel colorito. Fece un Amore divino, che sommetteva il profano. E parimente una testa di Medusa con capelli di vipere, assai spaventosa sopra una rotella rapportata, che dal Cardinale fu mandata in dono a Ferdinando gran Duca di Toscana.
Per opera del suo Cardinale hebbe in s. Luigi de' Francesi la cappella de' Contarelli, ove sopra l'altare fece il s. Mattheo con un Angelo. A man diritta, quando l'Apostolo è chiamato dal Redentore, et a man manca, quando sù l'altare è ferito dal carnefice con altre figure. La volta però della cappella è assai ben dipinta dal Cavalier Gioseppe Cesari d'Arpino.
Quest'opera, per havere alcune pitture del naturale, e per essere in compagnia d'altre fatte dal Cavalier Gioseppe, che con la sua virtù si haveva presso i professori qualche invidia acquistata, fece gioco alla fama del Caravaggio, et era da' maligni sommamente lodata.
Pur venendovi a vederla Federico Zucchero, mentre io era presente, disse, «Che rumore è questo?» e guardando il tutto diligentemente, soggiunse, «Io non ci vedo altro, che il pensiero di Giorgione nella tavola del Santo, quando Christo il chiamò all'Apostolato»; e sogghignando, e maravigliandosi di tanto rumore, voltò le spalle, et andossene con Dio.
Per il Marchese Vincenzo Giustiniani fece un Cupido a sedere dal naturale ritratto, ben colorito sì che egli dell'opere del Caravaggio fuor de' termini invaghissi; et il quadro d'un certo s. Mattheo, che prima havea fatto per quell'altare di s. Luigi, e non era a veruno piacciuto, egli per esser opera di Michelagnolo, se 'l prese; et in questa opinione entrò il Marchese per li gran schiamazzi, che del Caravaggio, da per tutto, faceva Prosperino delle grottesche, turcimanno di Michelagnolo, e mal affetto co 'l Cavaliere Gioseppe. Anzi fe cadere al romore anche il Signor Ciriaco Matthei, a cui il Caravaggio havea dipinto un s. Gio. Battista, e quando N. Signore andò in Emaus, et all'hora che s. Thomasso toccò co 'l dito il costato del Salvadore; et intaccò quel Signore di molte centinaia di scudi.
Nella prima cappella della chiesa di s. Agostino alla man manca fece una Madonna di Loreto ritratta dal naturale con due pellegrini, uno co' piedi fangosi, e l'altra con una cuffia sdrucita, e sudicia; e per queste leggierezze in riguardo delle parti, che una gran pittura haver dee, da popolani ne fu fatto estremo schiamazzo.
Nella Madonna del Popolo a man diritta dell'altar maggiore dentro la cappella de' Signori Cerasi su i lati del muro sono di sua mano la Crocifissione di s. Pietro; e di rincontro ha la Conversione di s. Paolo. Questi quadri prima furono lavorati da lui in un'altra maniera, ma perché non piacquero al Padrone, se li prese il Cardinale Sannesio; e lo stesso Caravaggio vi fece questi, che hora si vedono, a olio dipinti, poiché egli non operava in altra maniera; e - per dir così - la Fortuna con la Fama il portava.
Nella Chiesa nuova alla man diritta v'è del suo nella seconda cappella il Christo morto, che lo vogliono sepellire con alcune figure, a olio lavorato; e questa dicono, che sia la migliore opera di lui.
Fece anch'egli in s. Pietro Vaticano una s. Anna con la Madonna, che ha il Putto fra le sue gambe, che con il piede schiaccia la testa ad un serpe, opera da lui condotta per li Palafrenieri di palazzo; ma fu levata d'ordine de' Signori Cardinali della fabrica, e poi da' Palafrenieri donata al Cardinale Scipione Borghese.
Per la Madonna della Scala in Trastevere dipinse il transito di N. Donna, ma perché havea fatto con poco decoro la Madonna gonfia, e con le gambe scoperte, fu levata via; e la comperò il Duca di Mantova, e la mise in Mantova nella sua nobilissima Galleria.
Colorì una Giuditta, che taglia la testa ad Oloferne per li Signori Costi, e diversi quadri per altri, che per non stare in luoghi publici, io trapasso, e qualche cosa de' suoi costumi dispiego.
Michelagnolo Amerigi fu huomo Satirico, et altiero; ed usciva talhora a dir male di tutti li pittori passati, e presenti per insigni, che si fussero; poiché a lui parea d'haver solo con le sue opere avanzati tutti gli altri della sua professione. Anzi presso alcuni si stima, haver esso rovinata la pittura, poiché molti giovani ad essempio di lui si danno ad imitare una testa del naturale, e non studiando ne' fondamenti del disegno, e della profondità dell'arte, solamente del colorito appagansi; onde non sanno mettere due figure insieme, né tessere historia veruna, per non comprendere la bontà di sì nobil arte.
Fu Michelagnolo, per soverchio ardimento di spiriti, un poco discolo, e tal hora cercava occasione di fiaccarsi il collo, o di mettere a sbaraglio l'altrui vita. Pratticavano spesso in sua compagnia huomini anch'essi per natura brigosi: et ultimamente affrontatosi con Ranuccio Tomassoni giovane di molto garbo, per certa differenza di giuoco di palla a corda, sfidaronsi, e venuti all'armi, caduto a terra Ranuccio, Michelagnolo gli tirò d'una punta, e nel pesce della coscia feritolo il diede a morte.
Fuggirono tutti da Roma, e Michelagnolo andossene a Pellestrina, ove dipinse una s. Maria Maddalena. E d'indi giunse a Napoli, e quivi operò molte cose.
Poscia andossene a Malta, et introdotto a far riverenza al gran Maestro, fecegli il ritratto; onde quel Principe in segno di merito, dall'habito di s. Giovanni il regalò, e creollo Cavaliere di gratia. E quivi havendo non so che disparere con un Cavaliere di Giustitia, Michelagnolo gli fece non so che affronto, e però ne fu posto prigione, ma di notte tempo scalò le carceri, e se fuggì et arrivato all'isola di Sicilia operò alcune cose in Palermo; ma per esser perseguitato dal suo nemico, convennegli tornare alla Città di Napoli; e quivi ultimamente essendo da colui giunto, fu nel viso così fattamente ferito, che per li colpi quasi più non si riconosceva, e disperatosi della vendetta, con tutto ch'egli vi si provasse, misesi in una felluca con alcune poche robe, per venirsene a Roma, tornando sotto la parola del Cardinal Gonzaga, che co 'l Pontefice Paolo V la sua remissione trattava.
Arrivato ch'egli fu nella spiaggia, fu in cambio fatto prigione, e posto dentro le carceri, ove per due giorni ritenuto, e poi rilassato, più la felluca non ritrovava sì che postosi in furia, come disperato andava per quella spiaggia sotto la sferza del Sol Leone a veder, se poteva in mare ravvisare il vascello, che le sue robe portava.
Ultimamente arrivato in un luogo della spiaggia misesi in letto con febre maligna; e senza aiuto humano tra pochi giorni morì malamente, come appunto male havea vivuto.
Se Michelagnolo Amerigi non fusse morto sì presto, haveria fatto gran profitto nell'arte per la buona maniera, che presa havea nel colorire del naturale; benché egli nel rappresentar le cose non havesse molto giudicio di scegliere il buono, e lasciare il cattivo. Nondimeno acquistò gran credito, e più si pagavano le sue teste, che l'altrui historie, tanto importa l'aura popolare, che non giudica con gli occhi, ma guarda con l'orecchie. E nell'Accademia il suo ritratto è posto.

Bibliografia

  • Vite di Caravaggio. Testimonianze e documenti - Stefano Zuffi (a cura di) - Abscondita
  • Arte in primo piano. Manierismo, Barocco, Rococò - Giuseppe Nifosì - Editori Laterza