Giacinto Facchetti e gli 80 anni: «Pensava sempre prima agli altri. Solo sull’Inter non scherzava mai»- Corriere.it

Giacinto Facchetti e gli 80 anni: �Pensava sempre prima agli altri. Solo sull’Inter non scherzava mai�

di Daniele Dallera

Il figlio Gianfelice racconta il pap�: �Con lui potevi discutere su tutto. Ha vissuto tutte le trasformazioni del calcio, il suo merito di dirigente: metterci sempre la faccia�

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Giacinto Facchetti � nato a Treviglio il 18 luglio 1942: con l’Inter ha giocato 634 partite vincendo anche due Coppe dei Campioni (Liverani)

Giacinto Facchetti, l’indimenticabile. Con l’Inter e con la maglia azzurra. Quando lasciava il territorio dove spadroneggiava, la difesa, casa sua, e scendeva palla al piede, testa alta, con autorevolezza, diventava bellezza, molte volte preoccupazione per gli avversari, spesso gol. Giocatore moderno, aveva anticipato i tempi, le mode, diventando un format da imitare. Franz Beckenbauer, un altro gigante del calcio mondiale, aveva confidato al Premio Fifa 2006 che Facchetti �era diventato una fonte di ispirazione per lui�.
L’Inter di Helenio Herrera � stata immensa anche grazie a lui, una squadra dalla formazione diventata poesia, ritornello, filastrocca, poi ha cercato di farla rinascere da dirigente, da campione a presidente, insieme a Massimo Moratti, riuscendoci, creando le premesse e le basi del triplete, fermato troppo presto, a 64 anni, il 4 settembre 2006, dalla solita bastarda malattia. I suoi 80 anni, domani, 18 luglio 2022, li racconta il figlio Gianfelice, attore, regista, giornalista, scrittore (lui filosofo si � trasformato in avvocato difensore del dirigente Giacinto Facchetti, colpito post mortem da attacchi e polemiche create ad arte, ma che non hanno certo ferito l’immagine dell’uomo di calcio e di sport: sentenze e giudizio popolare parlano per e di Giacinto Facchetti).

Che padre � stato?
�Per un giudizio completo bisogna fare un passo indietro e pensare all’educazione che lui, mio padre, ha ricevuto: � cresciuto in un contesto familiare dove il concetto di dialogo non c’era. Il nonno era di poche parole: “si fa cos�…”. Per carit�, pap� era diverso, si metteva in discussione, ma amava la concretezza. Per esempio, la mia scelta di studiare teatro, fare l’attore, il regista, qualche problema tra me e lui l’ha creato inizialmente. Riaffiorava la sua concretezza: “s�, va bene, molti ti riconoscono talento e capacit� ma poi…”, pensando magari all’azienda di famiglia, la societ� di assicurazioni. Invece col tempo � diventato un mio sostenitore, seguiva con grande attenzione il mio lavoro, veniva pi� volte a vedere lo stesso spettacolo. Gioele Dix mi rivel� la felicit� di pap� nel vedermi realizzato e attivo in questo mondo�.

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All’Inter aveva un legame forte con Tarcisio Burgnich, con il quale ha condiviso per anni la stanza (Rcs)

Che campione � stato?
�Ero piccolo quando ha smesso di giocare, poi era pudico. Si lasciava andare, con vittorie, aneddoti, imprese e racconti straordinari solo se era in compagnia di qualche compagno di squadra, era bello, divertente ascoltarlo�.

Compagni-amici con i quali stava meglio, si sentiva a suo agio?
�Tra i compagni dell’Inter, quelli pi� vicini direi Tarcisio Burgnich (compagno di stanza per anni), Boninsegna e Adelio Moro che nell’ultimo anno di carriera gli fece da “autista” e che pap� convinse a cambiar macchina perch� nella spider stava stretto, non era comodo�.

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Facchetti � stato capitano della Nazionale dal 1966 al 1977, ha disputato tre Mondiali. Qui � con Pel� (Rcs)

Chi erano i campioni di Giacinto Facchetti?
�Aveva una particolare stima di Lev Yashin, Pel� con il quale poi costru� un rapporto di amicizia, Eusebio, il suo Ronaldo, il fuoriclasse brasiliano�.

Cos’era l’Inter per lui?
�Da ragazzo la realizzazione di un sogno: aveva voluto fortemente l’Inter privilegiandola ad altre squadre. Poi � diventata un’altra famiglia, molto forte il rapporto con Massimo Moratti, anche se non sono mancate diversit� di opinioni, per� rispetto e amicizia permettevano sempre di trovare l’equilibrio per soluzioni e decisioni giuste. Sull’Inter diventava rigido e severo, guai a scherzare: noi figli, per esempio, non potevamo fare ironie, battute, diventare tifosi da bar. Si arrabbiava�.

Che calcio gli piaceva?
�Ha vissuto da protagonista quello vincente di Helenio Herrera. In sintesi gli piaceva creare le basi del gioco puntellando la difesa, voleva che si garantisse sicurezza per cercare meglio, con pi� tranquillit� la fase offensiva. Sempre in sintesi: il tiki taka non lo avrebbe fatto impazzire�.

Che dirigente � stato? Il figlio Gianfelice lo promuove?
�Ha vissuto tutte le trasformazioni del calcio, giocato e politico. Non aveva lauree, ma ha studiato lo sport a livello politico istituzionale, le lingue, inglese e francese diventando autonomo, rispettato e autorevole presso Fifa e Uefa. Ricordo un’intervista di Diego Della Valle, imprenditore famoso nel mondo, che auspicava un ruolo da presidente federale per pap�. Uno dei suoi grandi meriti di dirigente, credo, � stato quello di metterci sempre la faccia. Ripercorrendo certe sue azioni, penso si sia caricato in certi momenti delicati anche di responsabilit� non sue�.

Quanto le manca?
�Parlo volentieri di lui ai miei figlioli, Lupo e Teresa, sono curiosi, vogliono vedere i filmati del loro nonno. Pap� e io abbiamo riso, gioito, pianto insieme. Aveva una grande qualit�: pensava prima agli altri, a noi figli, a mamma, ai tifosi, all’Inter, poi per ultimo a se stesso�.

17 luglio 2022 (modifica il 17 luglio 2022 | 08:13)