Il ducato visconteo - sforzesco (1395 - 1535) – Istituzioni storiche – Lombardia Beni Culturali

Il ducato visconteo - sforzesco (1395 - 1535)

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L'affermazione della signoria a Milano

La signoria si afferm� a Milano a partire dalla met� del XIII secolo, mediante una evoluzione delle istituzioni comunali. Durante la prima fase dell'istituto signorile, i reggitori del comune furono personalit� al di fuori e al di sopra delle fazioni cittadine: con il titolo di "rettori" del comune di Milano operarono infatti per qualche tempo, a partire dal 1240, Gregorio di Montelongo, legato papale in Lombardia (1238-1251), il ministro generale dei francescani, Leone da Perego (poi arcivescovo di Milano, 1241- 1257); personalit� quindi super partes ma protagonisti a un livello politico pi� vasto. La necessit� di far fronte ai contrasti sorti tra gruppi sociali organizzati in associazioni contrapposte - la societ� della "Motta", composta in prevalenza da mercanti, nobilt� minore, proprietari fondiari che si opponeva alla nobilt� maggiore; la "Credenza di Sant'Ambrogio", costituita dagli esponenti dei settori produttivi e artigianali, contrapposti alla "Motta" e alla grande nobilt� - che a partire dalla met� del XII secolo caratterizzarono la vita milanese, spinse il comune podestarile verso una forma pi� accentrata di governo che fosse in grado di garantire ai ceti attivi della citt� la stabilit� necessaria per poter condurre una politica di espansione economica e territoriale. Dalla seconda met� del XIII secolo cominciarono ad alternarsi al potere gli esponenti delle famiglie dei della Torre (o Torriani) e dei Visconti. I primi erano sostenuti dalla fazione guelfa e popolare, con forte appoggio da parte del ceto degli artigiani. Nel 1259 Martino della Torre fu nominato capo della Credenza di Sant'Ambrogio e signore della citt�. I Visconti, invece, di fazione ghibellina nobiliare, sostenuti da una coalizione di diversi ceti con diversi interessi - mercanti e nobili - arrivarono a primeggiare pi� volte sui della Torre e ottennero la prima affermazione nel 1277, con l'arcivescovo Ottone, quindi nel 1311, con Matteo Visconti, mentre consolidarono definitivamente nel 1329 il loro potere con Azzone Visconti, dominus generalis dal 1330.

Il passaggio istituzionale dal comune alla signoria

Nonostante l'alternanza e la contrapposizione delle due fazioni dei Torriani e dei Visconti, l'orientamento signorile del governo della citt� di Milano non venne pi� posto in discussione. La signoria si era rivelata per Milano l'unico strumento attraverso cui proseguire la politica di espansione territoriale e di egemonia politico-economica che l'aveva distinta sin dall'et� comunale. Nel 1330 il consiglio generale del comune di Milano, per volont� di Azzone Visconti, gli riconosceva e conferiva il potere: in questa fase di affermazione dell'istituto signorile era necessario che il potere fosse legittimato dall'organo cittadino pi� rappresentativo. Gli statuti cittadini pubblicati nel 1330 attribuivano ai Visconti l'autorit� esecutiva, il diritto di stipulare trattati e di impegnare il comune e i suoi beni per i personali affari. Era il primo passo verso l'ereditariet� della signoria. Con il passaggio dal sistema comunale a quello signorile l'organizzazione del governo sub� alcune variazioni: alcuni uffici vennero ridimensionati, altri vennero istituiti ex novo: il podest� da capo del comune divenne strumento di governo alle dipendenze del signore, da lui direttamente nominato; un nuovo organismo, il tribunale di provvisione, venne creato per volont� dell'arcivescovo Ottone Visconti, allo scopo di unificare l'organizzazione amministrativa del comune. Invariate rimasero le competenze attribuite ai consoli di giustizia, mentre un lungo iter di progressiva espropriazione di competenze incominci� a interessare il consiglio generale del comune.

Il podest� di Milano in epoca signorile

Con la fine del XII secolo il podest� subentr� - dapprima saltuariamente poi definitivamente - ai consoli del comune, accentrando nelle proprie mani i poteri e tutte le funzioni precedentemente a loro delegati. Tuttavia, in seguito al consolidarsi della signoria, il podest� and� perdendo gran parte dei poteri politici ed esecutivi usurpati al governo consolare, vedendosi confermato il ruolo di capo del potere giudiziario, trasformandosi in ufficiale alle dipendenze del signore. Il signore, come gi� aveva fatto il comune, chiamava a ricoprire la carica di podest� esponenti delle famiglie pi� ricche e nobili delle citt� che intrattenevano in quel momento rapporti di amicizia o di alleanza con Milano. Con una lettera il signore comunicava al candidato prescelto la nomina, la durata della carica, i dettagli relativi alle condizioni della carica e alla corte che avrebbe dovuto coadiuvarlo. La cerimonia di insediamento del podest� era solenne: alla presenza del popolo, delle massime autorit� cittadine, del podest� uscente, del vicario di provvisione, di un notaio e di un cancelliere, radunati nella piazza dei Mercanti, il nuovo podest� dopo aver presentato al vicario di provvisione la sua lettera di nomina, ed essere stato salutato dai giurisperiti con pubblico discorso, ascoltava la lettura fatta dal notaio del giuramento previsto dagli statuti, e, solo dopo aver giurato fedelt� alla Chiesa, all'imperatore, al signore e al comune, e aver promesso osservanza e rispetto delle leggi e consuetudini cittadine, riceveva dal predecessore la verga del comando. Gli statuti sottolineavano inoltre l'obbligo del podest� di informare il signore della scadenza della carica almeno un mese prima, affinch� questi potesse provvedere per tempo o alla riconferma o alla nomina del successore, e stabilivano che il podest� non potesse lasciare l'ufficio senza speciale permesso del duca. I compiti del podest� durante il periodo signorile si ridussero quasi esclusivamente all'amministrazione della giustizia sia civile che penale. Sino alla met� del XIV secolo, tuttavia, al podest� continuavano a essere riconosciute, almeno formalmente, prerogative piuttosto ampie. Gli "Statuta iurisdictionum", oltre a compiti di rappresentanza, attribuivano al podest� mansioni da svolgere in collaborazione con il vicario di provvisione, come la sorveglianza sulla corretta manutenzione dei porti sui fiumi Ticino, Adda, Lambro e di quelli esistenti su altri corsi d'acqua minori; il compito di garantire la libera circolazione dei negozianti all'interno della citt� di Milano; di difendere i castelli, i borghi e le terre sottoposti alla giurisdizione del comune. Ampia era la giurisdizione del podest� per l'amministrazione della giustizia civile e penale: oltre alla citt� e ai Corpi Santi di Milano essa si estendeva, entro un raggio di circa 15 km, a numerose pievi del contado milanese. E ancora la sua giurisdizione si poteva estendere, per le cause civili superiori a lire 50 e facoltativamente anche per quelle inferiori (fino a 25 lire avrebbero dovuto giudicare i vicari, fino a 50 i consoli di giustizia) anche ai contadi della Martesana, Bazana, Seprio e Burgaria, che geograficamente non rientravano entro la cerchia dei 15 km. Dall'elenco delle sentenze comunali dei podest� milanesi, nelle quali � sempre specificato il luogo dove venne commesso il reato, emerge chiaramente che numerosi furono gli interventi dei podest� milanesi nei territori non compresi nella cerchia dei 15 km: molti dei reati commessi nel contadi della Martesana e della Bazana venivano infatti sottoposti al loro giudizio. Gli "Statuta iurisdictionum" prevedevano infine che al termine della carica il podest� dovesse rendere conto della propria amministrazione sottoponendo s� stesso e il proprio operato a "sindacato": sei erano i cittadini chiamati a esaminare la gestione del podest� uscente. Nominati dal signore durante gli ultimi giorni di incarico del podest�, i sei sindacatores - due giudici giurisperiti, due laici e due notai - erano tenuti a invitare, con pubblica grida, tutti i cittadini che avessero reclami sull'operato del podest� a notificarli entro un determinato tempo. Le querele dei privati cos� pervenute venivano sottoposte all'esame dei sindacatores, i quali erano tenuti a giudicarne la fondatezza e conseguentemente a dichiararne la ammissibilit�. Esaminate le querele e udite le ragioni del podest�, i sindacatores erano chiamati a giudicare sommariamente e a emettere la sentenza, contro la quale non era ammesso alcun appello.

La corte del podest�

Nella lettera di nomina del podest�, oltre alla durata della carica e alle condizioni offerte al neoeletto, venivano specificati anche numerosi dettagli circa la corte che avrebbe dovuto coadiuvare il podest� nello svolgimento delle sue funzioni. Nonostante la riduzione dei poteri delegati con il passaggio dal comune alla signoria, il podest� continu� a rivestire almeno formalmente la carica di sommo rappresentante del comune e quindi a disporre di una folta corte. Questa corte era composta di ufficiali, quali giudici, notai, militi - solitamente giurisperiti provenienti dalla stessa citt� del podest� - i quali lo coadiuvavano nel disbrigo degli affari; di sbirri, una sorta di polizia del podest�, incaricati di mantenere l'ordine pubblico; e della famiglia, cio� dell'insieme dei servi che attendevano ai lavori domestici e alla scuderia del podest�. Il numero dei componenti la corte, in origine completamente a carico del podest�, sub� nel corso del tempo ingenti modificazioni: se negli "Statuta iurisdictionum" si stabiliva che la corte dovesse essere composta da un vicario, sette giudici, quattro militi, sei notai, dodici donzelli, dodici scudieri, venti cavalli, oltre a un numero indeterminato di sbirri, connestabili, cuochi e ragazzi da stalla, con il consolidarsi della signoria lo splendore della corte and� sempre pi� scemando e il numero dei suoi componenti venne consistentemente ridotto. Dagli statuti del 1502 emerge infatti una corte fortemente ridimensionata formata da tre militi, due connestabili, sei donzelli, due scudieri, sei cavalli, due servi di stalla, un cuoco e una trentina di sbirri e una consistente riduzione del salario annuo del podest�. Giudici e notai furono tuttavia gli unici componenti della corte a non subire consistenti ridimensionamenti. I giudici, detti anche assessori, rimasero secondo le antiche consuetudini sette: uno con funzioni di vicario del podest�, si vedeva affidato il compito di sostituirlo qualora fosse stato occupato in ambasciate; due erano addetti alle cause criminali, tre alle civili - distinti secondo consuetudine da tre simboli, un leone, un cavallo e un gallo rappresentato sul loro seggio, e quindi detti iudex ad leonem, ad equum, ad gallum - e un ultimo giudice incaricato della riscossione dei denari dovuti al comune e perci� denominato iudex pecuniae. Ai notai, che secondo antica consuetudine dovevano essere sei, uno per ciascuna delle porte di Milano, anch'essi nominati direttamente dal podest�, era invece demandato il compito di redigere, sottoscrivere e registrare tutti gli atti prodotti dall'ufficio podestarile e rilasciarne copia.

Il tribunale di provvisione

Nel secolo XIV il tribunale di provvisione costituiva il fulcro direttivo dell'intera amministrazione, con ampie competenze in fatto di ordine pubblico, vettovagliamento, regolamentazione delle attivit� economiche, politica tributaria, assistenza pubblica. Creato dall'arcivescovo Ottone Visconti dopo la conquista di Milano nel 1277, allo scopo di unificare l'organizzazione del comune, il tribunale contava dodici deputati, nominati dal podest�, secondo quanto stabilito in una deliberazione del consiglio generale del 1279. Successivamente per�, nella fase transitoria di affermazione del potere signorile, un decreto statutario del 1313 affid� alla famiglia Visconti la facolt� di nominare i dodici: il tribunale di provvisione veniva cos� posto alle dipendenze del signore che si vedeva quindi confermata la possibilit� di influenzare l'amministrazione comunale. Una volta affermatosi il potere della famiglia Visconti, un decreto signorile del 1364 regolament� l'accesso alla magistratura e la durata della carica: potevano essere ammessi solo uomini buoni e idonei, i quali sarebbero rimasti in carica non pi� di due mesi; uno di essi, a sorte, avrebbe tuttavia continuato a ricoprire l'incarico per altri 15 giorni dopo la scadenza, al fine di informare accuratamente i neo eletti degli affari in corso. Tali disposizioni vennero ribadite dagli "Statuta iurisdictionum" del 1396: i dodici dovevano essere nominati dal duca, dovevano essere milanesi, duravano in carica due mesi, due di essi dovevano appartenere al collegio dei giurisperiti. Nessuna disposizione degli "Statuta iurisdictionum" prevedeva una figura che, posta a capo dei dodici, presenziasse le riunioni. Tuttavia dalle lettere ducali annotate nei registri civici emerge l'esistenza di un dottore in legge "forestiero" - a volte denominato priore - eletto dal duca e chiamato a presiedere i dodici. Con l'aprirsi del XV secolo tale priore - in seguito denominato vicario di provvisione - and� acquistando sempre maggiore autorit� al punto da quasi soverchiare quella dei dodici. Nella gi� ricordata deliberazione del consiglio generale del 1279 erano indicate le competenze riconosciute al tribunale di provvisione i cui membri godevano, al pari del consiglio generale, della piena facolt� di provvedere - previo assenso del signore - alla gestione di tutti gli affari del comune, sia dal punto di vista amministrativo che giudiziario. Al Tribunale era riconosciuta la facolt� di nominare alcuni funzionari comunali come i consoli di giustizia e gli officiali delle vettovaglie; a esso erano delegati i compiti di regolare tutte le entrate e le spese ordinarie e straordinarie del comune; il tribunale doveva esaminare i bilanci, soprintendere alle operazioni di riscossione delle imposte e dei tributi in genere; sorvegliare sull'uso delle acque; decidere, in ultima istanza, per le riparazioni di strade, ponti, canali; attendere a tutti gli incanti dei dazi; esaminare e approvare gli statuti delle corporazione; decidere per le oblazioni a chiese e monasteri; conferire la cittadinanza milanese; coordinare e controllare i lavori alla fabbrica della cattedrale; sorvegliare sulla qualit� dei manufatti e delle tinture prodotte in citt�; garantire un costante approvvigionamento annonario alla citt� vigilando soprattutto per i generi di prima necessit�, sulla qualit� e sul rispetto dei prezzi di vendita pattuiti con il sistema del calmiere; al tribunale di provvisione erano demandate infine competenze di natura giudiziaria: giudicava in materia di imposte, frodi e contravvenzioni in genere, nelle cause contro il comune e contro i debitori. Offici alle dipendenze del tribunale di provvisione: l'officio dei sindaci, quello delle strade e delle acque, quello dei dazi e delle vettovaglie.

Inizio della signoria viscontea

Morto Azzone Visconti, furono riconosciuti signori di Milano i due zii Giovanni e Luchino Visconti; nel 1349 l'arcivescovo Giovanni, essendo rimasto solo, pretese che il consiglio generale del comune lo riconoscesse signore per evitare l'obiezione di nullit� del decreto che lo aveva riconosciuto signore unitamente al fratello. Nello stesso anno fu proclamato il principio della ereditariet� dell'ufficio di "signore" - esclusi i figli illegittimi - che venne poi ribadito nel 1354 a favore dei tre nipoti dell'arcivescovo: Matteo, Galeazzo, Bernab�. Costoro per�, temendo che i figli illegittimi di Luchino potessero rivendicare dei diritti, pretesero di essere riconosciuti e legittimati dal consiglio generale. Il figlio di Galeazzo, Gian Galeazzo, successo al padre nel 1378, volle anch'egli dal consiglio quell'atto che era ancora necessario per dare legittimit� al suo governo e nuovamente lo richiese nel maggio del 1385 dopo aver sbalzato dal potere lo zio Bernab�. L'organo comunale pi� rappresentativo continuava cos� a intervenire nei passaggi da una signoria all'altra e a essere utilizzato dai signori come autorit� legittimatrice di potere. Gli effettivi poteri "legislativi" e le attribuzioni del consiglio riconosciute durante il periodo comunale andarono per� via via concentrandosi nelle mani del signore. Con l'affermazione di Gian Galeazzo, artefice di una politica di accentramento del potere, l'accaparramento delle funzioni gi� demandate al consiglio venne ulteriormente accentuata: il consiglio, persa la sua funzione di organo legittimante, venne infatti convocato per la sola ratificazione di delibere proposte dal signore. All'assestarsi della signoria viscontea nelle mani di Azzone, segu� una politica volta all'affermazione egemonica della citt� ambrosiana su quelle citt�, borghi e territori che sin dall'et� comunale si erano trovati a gravitare, pi� o meno coattamente, nell'orbita milanese. I Visconti vennero eletti "signori" anche di altre citt� lombarde. A coronamento di questa politica, i Visconti andarono quindi creando una sorta di "stato territoriale" in cui Milano assunse istituzionalmente il ruolo di capitale. La vita delle singole citt� continuava con apparente autonomia, ma nelle mani del comune signore si realizzava una unione personale della guida politica. Per questo le vicende politiche cittadine da allora in poi finirono per restare sullo sfondo, rispetto a quelle della signoria viscontea. Si veniva spegnendo inoltre la vivacit� degli scontri sociali che aveva caratterizzato tutta l'et� comunale: le istituzioni repubblicane erano svuotate o abolite e, al ricambio di ceti e di famiglie che aveva contrassegnato i secoli precedenti, si sostituiva il predominio di un ceto patrizio pi� compatto e chiuso.

Il dominio visconteo nel XIV secolo

Il vasto organismo politico-territoriale identificato come dominio visconteo trova dunque le proprie premesse gi� nella seconda met� del XIII secolo, quando le lotte tra le citt� dell'area padana avevano evidenziato l'impossibilit� di affermazione di un sistema di stati cittadini. Favorita dalla centrale posizione geografica, Milano and� manifestando la propria vocazione egemonica. Sede di una chiesa metropolitana che estendeva la sua autorit� religiosa alle diocesi e citt� vicine, potenza economica e militare, Milano, con l'affermarsi della signoria viscontea, vide accrescere enormemente la propria capacit� espansiva. Nel corso della seconda met� del XIV secolo, la signoria viscontea and� dilatando i propri confini: nel 1350 occup�, per circa cinque anni, Bologna, nel 1353 Genova, nel 1359 Pavia e nel 1371 Reggio Emilia. Ma l'assetto politico della signoria milanese era tutt'altro che saldo, presentandosi pi� come una federazione di citt�, unite dalla sudditanza all'unica dinastia che come corpo unitario di territori. La scarsa coesione politica che caratterizzava la signoria viscontea era dovuta alla riluttanza delle citt� assoggettate, fedeli alle loro tradizioni autonomistiche, ad abbracciare con favore l'idea di entrare a far parte di un organismo territoriale unificato dalla signoria e veniva accentuata dalla consuetudine viscontea di dividere i territori del dominio tra gli esponenti della famiglia. Nel 1339 ad esempio, alla morte di Luchino Visconti, il dominio venne diviso come si � visto in due parti tra i figli Luchino e Giovanni; quest'ultimo solo nel 1349, dopo la morte del fratello, lo riunific� nelle proprie mani per poi dividerlo nuovamente tra i nipoti Matteo, Galeazzo e Bernab�. Con l'avvento al potere del figlio di Galeazzo, Gian Galeazzo Visconti, inizi� la pi� importante fase della storia del dominio, fase che coincise con una nuova spinta espansionistica e soprattutto con l'accentramento del potere nelle mani di un unico esponente del casato.

Le citt� e i territori del dominio visconteo

La citt� di Bergamo

Nel 1265 Filippo della Torre, allora signore del popolo di Milano, divenne podest� di Bergamo; la citt�, da quel momento, entr� nell'orbita milanese. I della Torre restarono in Bergamo sino al 1277, quando i Visconti presero il sopravvento a Milano. Si apr� poi un nuovo periodo di indipendenza che dur� fino al 1301. Gli ultimi anni del XIII secolo furono caratterizzati dalla cruenta lotta fra le famiglie di parte guelfa (Bonghi e Rivola) e ghibellina (Suardi e Colleoni). Nel maggio 1301 Matteo Visconti fu acclamato capitano del popolo (per un solo anno) dopo esplicita richiesta dei Suardi e dei Colleoni. I contrasti fra guelfi e ghibellini furono sanati con una pace nel febbraio 1307. La discesa dell'imperatore Enrico VII riport� in auge in citt� il partito ghibellino. Il primo vicario regio in Bergamo, segno tangibile della fine dell'autogoverno comunale, infatti, fu un Visconti. La struttura organizzata dall'imperatore, per�, and� in pezzi alla sua morte, nel 1312. Il periodo che va dal 1313 al 1330 fu un alternarsi di podest� di nomina comunale e di nomina milanese. Nel novembre 1330 i guelfi di Brescia si rivolsero a Giovanni re di Polonia e di Boemia, figlio di Enrico VII, contro i della Scala e i ghibellini. Il re entr� in Brescia il 31 dicembre 1330. Il 5 febbraio successivo ci fu la dedizione di Bergamo e l'entrata del re in citt�. Giovanni di Boemia rimase signore di Bergamo fino al settembre dell'anno successivo, quando la citt� cadde definitivamente nell'orbita viscontea. Passata la breve dominazione del re Giovanni di Boemia, sotto i Visconti la struttura del comune assunse caratteristiche diverse dal passato: al vertice del comune era il podest�, il quale nominava i membri di due nuovi consigli cittadini (il consiglio maggiore, detto anche provisione grande, formato da centoquarantaquattro membri che, a gruppi di dodici, formavano il consiglio minore, detto anche provisione piccola, successivamente denominata bina); tali consigli in un primo momento affiancarono, in seguito sostituirono i preesistenti consigli generale e di credenza. Affiancavano il podest� altri magistrati di nomina signorile (vicario pretorio, assessore, giudice al maleficio, giudice alla ragione, capitano, referendario, notaio del giudice al maleficio e tre militi). Lo statuto di Bergamo del 1331 conferma da una parte la definitiva superiorit� di Bergamo rispetto ai comuni del suo territorio e segna dall'altra in modo inequivocabile la soggezione della citt� a un potere superiore ed esterno. Lo statuto del 1333 concedeva al comune il diritto di appellarsi a un collegio di sapienti nel caso avesse ritenuto ingiusto qualche provvedimento podestarile, ma gi� dalla successiva edizione tale concessione non compare pi�. Lo statuto del 1353, infatti, tratteggia una struttura assembleare complessa, con due consigli di nomina podestarile, espressione della sottomissione ai Visconti, e due consigli pi� propriamente cittadini, ai quali era demandata l'elezione delle cariche comunali. Nel corso del XIV secolo, tuttavia, il peso dei consigli di nomina podestarile si estese a tutto svantaggio dei consigli cittadini, che risultarono alla fine svuotati di ogni prerogativa. La dominazione dei Visconti dur� sino al giugno 1408, quando entr� in citt� Pandolfo Malatesta, in precedenza condottiero al servizio dei signori di Milano. La ripresa viscontea con Filippo Maria riport� Bergamo in mano milanese (luglio-agosto 1419). Nel 1426 scoppi� il conflitto fra Venezia e Milano. La prima pace di Ferrara (dicembre 1426) fiss� il passaggio di Bergamo (assieme a Brescia e Cremona) alla citt� lagunare. La guerra riprese nel marzo 1427. In quel mese la valle Calepio venne occupata dalle forze milanesi. In ottobre, con la vittoria veneziana di Maclodio, la guerra poteva dirsi ormai conclusa. Agli inizi di ottobre le valli Brembana Superiore, Seriana Inferiore e Superiore e alcuni comuni (Scanzo, Rosciate, Calepio) si diedero spontaneamente a Venezia, ottenendone in cambio generosi privilegi ed esenzioni fiscali. In dicembre le truppe veneziane occuparono anche la valle Gandino, Trescore e la val San Martino giungendo sino alle mura di Bergamo. Il 19 aprile 1428 si giunse a una nuova, definitiva pace di Ferrara, che lasci� ai milanesi la Gera d'Adda, Caravaggio e Treviglio. I primi delegati veneziani in citt� furono i provveditori Paolo Correr, Andrea Giuliano e Giovanni Contarini, entrati in citt� l'8 maggio 1428.

La citt� di Como

Il 25 luglio 1335 la citt� di Como pass� dalla signoria di Franchino Rusca a quella di Azzone Visconti che, con il suo insediamento ufficiale in Como, pose termine alla repubblica comasca, assoggettandola definitivamente al dominio di Milano. La dominazione viscontea si manifest� nelle riforme agli antiche statuti che, nella loro definitiva stesura furono pubblicati probabilmente tra il 1339 e il 1340. Essi subirono un'ulteriore sostanziale riforma nel 1458 a opera di Francesco Sforza. Durante la signoria milanese, Como disponeva di un consiglio generale, detto consiglio dei decurioni, che si riuniva solo per le questioni pi� importanti, mentre l'amministrazione quotidiana e ordinaria era affidata al consiglio minore dei dodici savi. Entrambi i consigli erano presieduti e convocati dal podest�. Il passaggio dall'autonomia comunale alla signoria caus� modificazioni delle sfere di competenza degli ufficiali comunali e la creazione di nuove istituzioni: a fianco del podest� compaiono, ad esempio, il referendario, il commissario, l'avvocato fiscale, il sindaco o procuratore fiscale, l'ufficiale delle bollette, l'accusatore del banco degli stipendiati, tutti funzionari di nomina ducale. Ufficiali di carattere militare erano i custodi delle fortezze e delle torri della citt�, che in epoca signorile diventarono castellani, e i connestabili, incaricati della sorveglianza delle porte della citt�. Di carattere amministrativo, fiscale e tecnico erano invece il canevaro o economo, il giudice dei dazi e l'ingegnere. Particolarmente attivo in epoca sforzesca risulta essere il capitano del divieto. L'organizzazione complessa del comune rese necessario il potenziamento di un ufficio di cancelleria al quale fu assegnato un capo, dei "rationatores", dei notai e degli scribi. L'avvento della supremazia milanese nella vita amministrativa di Como limit� l'autonomia delle magistrature comunali rimaste (consiglio dei decurioni, dodici sapienti, consoli di giustizia), le quali erano sottoposte all'approvazione del signore.

La Valtellina, il contado di Bormio, il contado di Chiavenna

Il consolidamento delle giurisdizioni, organizzazioni territoriali in cui i comuni avevano affermato in gradi differenti e seguendo vie diverse la propria autonomia, e che nascevano sulla base territoriale di pi� pievi, si era avuto in coincidenza con l'ingresso delle valli dell'Adda e della Mera nello stato visconteo. Subentrando nel 1335 il dominio dei Visconti con Azzone sul contado di Como, questi aveva imposto ai valligiani in proprio nome il mero e misto impero, collegando la giurisdizione penale alla civile, e accentrando in s� il potere legislativo e tributario che era di competenza dei comuni. Proprio per la difficolt� di governo delle valli alpine, e per l'importanza strategica che esse avevano, il signore di Milano aveva ritenuto necessario riordinarle amministrativamente, riformando tra l'altro gli estimi, ma riconoscendone gli ordinamenti locali. I Visconti venivano rappresentati da propri sindaci e podest�, aventi sede in Tresivio, affiancati da vicari (giudici) e da podest� posti a capo dei terzieri, che esercitavano le loro funzioni con mandato annuale ed erano scelti fuori giurisdizione. Dal 1381 era stato stabilito un governatore della Valtellina, che svolgeva le funzioni di giudice universale di valle, con alcuni luogotenenti. Con continuit� a partire dal 1395 Gian Galeazzo Visconti insedi� un capitano della Valtellina, sempre con residenza in Tresivio, dove si accentrava il potere ducale comprendente il supremo tribunale di valle. Nel periodo visconteo Ponte fu sede di un podest� con giurisdizione sulle terre circonvicine, mentre il terziere superiore della Valtellina era ripartito nei baliaggi di Sondalo, Tirano, Teglio, ciascuno con un proprio podest�. L'evoluzione della giurisdizione di Teglio fu in realt� del tutto particolare, in quanto fu sotto il dominio temporale degli arcivescovi di Milano, che nominavano (fino al XIV secolo, poi la competenza pass� ai duchi di Milano) dei podest�, cui spettavano i compiti onorifici di rappresentanza e l'esercizio della giustizia, nel rispetto degli statuti di Teglio. Nel terziere inferiore della Valtellina, che fu il primo a emergere con una propria sicura fisionomia, si evidenziarono presto contrasti tra le comunit� poste sulle due sponde dell'Adda: ma la costituzione di due distinte giurisdizioni (squadre di Morbegno e Traona), ciascuna con un proprio podest�, divenne stabile solo verso la fine del XV secolo.

Il territorio di Crema

Il territorio cremasco risulta amministrativamente diviso a partire dalla seconda met� del XIV secolo in quattro curie dipendenti ciascuna da una porta della citt�: rispettivamente a nord porta Pianengo; a sud porta Rivolta; a est porta Serio; a ovest porta Ombriano. Secondo quanto risulta da una convenzione stipulata il 9 aprile 1361 tra il podest� di Crema e i consoli dei comuni e delle porte per la manutenzione di vie, strade e ponti del territorio le ville del contado erano cos� suddivise tra le quattro porte: Porta Pianengo che copriva la zona a nord - nord ovest della citt� comprendeva Vairano, Pianengo, Sergnano, Trezolasco, Gabbiano, Vidolasco, Campisego, Capralba, Farinate, Casaletto Vaprio, Bordogna, Quintano, Torlino, Azzano, Pieranica; a Porta Rivolta, verso sud, appartenevano le ville di Castelnuovo, Madignano, Ripalta Vecchia, Ripalta Nuova, Ripalta Guerrina, Ripalta Arpina, Moscazzano, Rovereto, Zappello, Credera; a Porta Serio, verso est - nord est, Casale, Bottaiano, Ricengo, Offanengo, Ceredella, Vergonzana, Izano e Salvirola Cremasca; a porta Ombriano, verso ovest - nord ovest Palazzo Pignano, Monte, Vaiano, Bagnolo, Ombriano, Chieve e Capergnanica. La suddivisione tra le porte non era quantitativamente equa sia nel numero delle ville, sia per l'estensione del territorio assegnata a ciascuna porta; la partizione sembra piuttosto plasmata secondo la direzione delle strade maestre. La struttura insediativa del territorio cremasco era perci� caratterizzata dalla presenza di una quarantina di centri di popolamento nella quasi totalit� corrispondenti agli odierni comuni del circondario cremasco. Essi costituivano l'unit� amministrativa pi� capillare al quale il comune cittadino faceva riferimento per amministrare il contado: in particolare in periodo visconteo i comuni rurali, con le loro vicinie e consoli, erano investiti di compiti di manutenzione di vie, strade e ponti su vie pubbliche, anche se � possibile affermare che nel XIV secolo queste comunit� avessero perso molti dei loro poteri originari.

L'espansione del dominio con Gian Galeazzo Visconti

Dopo aver ereditato dal padre, nel 1378, una parte di dominio e aver in seguito spregiudicatamente eliminato lo zio Bernab�, Gian Galeazzo Visconti diede inizio a una lunga serie di guerre espansionistiche che gli consentirono nel 1378 di recuperare Asti, nel 1387 e 1388 di conquistare in Veneto Verona, Vicenza e Padova; e ancora, nel passaggio di secolo, arriv� a conquistare Perugia, Assisi, Siena, Pisa e a recuperare nuovamente Bologna. Nel 1395 Galeazzo riusc� a ottenere dall'imperatore il titolo ducale, dignit� che poneva su pi� salde basi giuridiche il suo potere e gli conferiva una particolare autorit� tra i potentati italiani. Era l'inizio del principato: l'imperatore riconosceva al signore un titolo di tipo feudale e ufficializzava l'autorit� del "duca", non pi� soggetta alla conferma popolare bens�, per volont� imperiale, di pieno diritto ed ereditaria. Con la morte improvvisa di Gian Galeazzo, avvenuta nel 1402, il dominio, secondo la consuetudine viscontea, venne nuovamente suddiviso tra i figli del duca: a Giovanni Maria, primogenito, toccarono il titolo ducale, Milano, su cui tale titolo era appoggiato, e le province centrali; a Filippo Maria, con il titolo di conte, Pavia, le citt� piemontesi e venete; a Gabriele Maria, Pisa e le citt� dell'Italia centrale. Ma a causa della debolezza della successione il dominio, nel corso dei primi decenni del XV secolo, si frantum� nelle sue diverse componenti cittadine; solo nel 1420, dopo circa un ventennio di guerre intestine, Filippo Maria, succeduto nel 1412 al fratello Giovanni Maria nel titolo ducale, riusc� a riunificare il dominio nelle sue dimensione lombarde.

Il governo del dominio visconteo tra XIV e XV secolo

Per controllare il proprio "stato", il princeps cre� quindi cariche e uffici che esercitavano il potere su tutta la regione del dominio e su tutte le citt�. Ogni citt� a sua volta conserv� o cre� propri uffici per l'amministrazione cittadina e del suo contado. Nei decenni tra la fine del XIV e l'inizio del XV secolo, andarono infatti definendosi le magistrature di governo centrale e periferico - la cancelleria, organo esecutivo della volont� ducale; i maestri delle entrate ordinarie e straordinarie, a cui venne affidata l'amministrazione finanziaria; i referendari, i tesorieri - attraverso cui il dominio si sarebbe retto per secoli. E al contempo vennero definiti competenze e poteri delle magistrature "municipali" - quali il tribunale di provvisione, gli offici delle vettovaglie, dei dazi, delle strade - le quali per il particolare ruolo ricoperto da Milano, riconosciuta come capitale del dominio visconteo, andarono estendendo la propria giurisdizione ben oltre le mura cittadine. Secondo quanto codificato negli statuta iurisdictionum del 1396, all'officio del tribunale di provvisione era riconosciuta la capacit� di prendere qualsiasi provvedimento riguardante il comune e la citt�, tanto nel settore amministrativo quanto in quello giudiziario. Strettamente dipendente dal duca, il tribunale divenne quindi lo strumento attraverso cui spogliare il consiglio di gran parte dell'autorit� che gli era stata attribuita in et� comunale: in tal modo la vita comunale non sarebbe pi� stata o quasi vincolata alla convocazione del consiglio. Ma lo sviluppo dell'officio di provvisione port� anche alla diminuzione di autorit� del podest�: da vero e unico capo del comune, rappresentante del potere esecutivo egli aveva in seguito condiviso la propria autorit� con il capitano del popolo, per divenire nell'et� della signoria semplice capo del potere giudiziario. Questa politica di affermazione del potere signorile e di definizione delle magistrature preposte al governo centrale e periferico venne interrotta nel 1447, con la morte del figlio di Gian Galeazzo, Filippo Maria, il quale, succeduto nel titolo ducale al fratello Giovanni Maria nel 1412, dopo quasi vent'anni di lotte intestine, era riuscito a ricostruire l'unit� del dominio nelle sue dimensioni lombarde. La sua morte senza eredi fece nuovamente precipitare l'assetto interno del dominio e fece riemergere il particolarismo delle citt�. La crisi dinastica fece s� infatti che molte citt� parte del dominio si rendessero autonome. A Milano si instaur� un regime di governo repubblicano.

La repubblica ambrosiana

Alla fine del XIV secolo, nonostante i ripetuti tentativi del duca Gian Galeazzo Visconti di limitare i poteri politici della nobilt� per favorire i suoi "partigiani", il ceto nobiliare ancora dominava il consiglio generale milanese, pur non essendo lo stato nobiliare requisito necessario e indispensabile per esservi ammessi come membri. Il contrasto tra l'antica nobilt� e la signoria viscontea non si esaur� con la morte di Gian Galeazzo bens� si pales� ancor pi� esplicitamente all'indomani della morte del duca Filippo Maria, avvenuta nel 1447. Nella notte tra il 13 e il 14 agosto, notte in cui appunto mor� il duca, i nobili milanesi Antonio Trivulzio, Teodoro Bossi, Giorgio di Lampugnano, Innocenzo Cotta operarono per il rivolgimento del potere in Milano: convocato presso la corte ducale il consiglio generale, dopo aver nominato XXIV capitani e difensori delle libert�, tutti di estrazione nobiliare, diedero vita alla repubblica ambrosiana. La nascita del nuovo governo venne salutata con favore da un'assemblea cui aveva partecipato non l'intero popolo milanese bens� alti funzionari di governo, ufficiali del comune, giureconsulti, membri dei collegi dei notai e dei fisici, abati delle pi� importanti corporazioni, banchieri, mercanti: erano esponenti di quei gruppi sociali che durante la signoria viscontea avevano tenuto vive in Milano le antiche tradizioni municipali e la speranza di poter ristabilire l'autonomia comunale e l'organizzazione dell'antico comune aristocratico.

Governo della repubblica ambrosiana

Il governo provvisorio dei XXIV capitani e difensori delle libert�, che rappresentava il ceto pi� alto della popolazione, nello stesso giorno in cui venne istituito conferm� il podest� in carica, simbolo del legame tra il vecchio e il nuovo governo, e provvide a eliminare gli ufficiali e funzionari legati al governo visconteo. Fu nominato infatti un nuovo vicario di provvisione, un nuovo luogotenente, nuovi membri del consiglio dei dodici, affiancati da quattro nuovi ufficiali definiti "aggiunti" Il consiglio di provvisione cos� formato, a sua volta dispose che gli anziani delle parrocchie che facevano capo a ciascuna delle sei porte della citt� procedessero alla elezione di cinquanta capifamiglia; questi sarebbero entrati a far parte del consiglio dei novecento, costituito di nuovo, come in epoca comunale, in assemblea legislativa. Il 17 agosto 1447 il consiglio dei novecento, sotto la presidenza del podest�, e i XXIV capitani e difensori delle libert�, confermati solennemente dal consiglio medesimo, iniziarono la loro attivit� giurando davanti al popolo milanese di amministrare, governare e proteggere la citt�. Nei giorni seguenti si dispose che i XXIV capitani e difensori dovessero essere affiancati da un'altra commissione di "gubernatores er consiliarii" composta da ventiquattro membri, quattro per ciascuna delle sei porte cittadine; si nominarono infine il capitano di giustizia, sei maestri delle entrate ordinarie e straordinarie e un funzionario addetto all'ufficio di arruolamento e coordinamento dei militi. Ma la fervida opera riorganizzatrice del governo ambrosiano e soprattutto l'ideale di difesa delle libert� di cui la repubblica ambrosiana si ergeva a difensore, contribuirono a provocare numerosi tumulti a Milano e nelle altre citt� che avevano composto il dominio visconteo.

Scomposizione territoriale del dominio visconteo

La notizia della morte del duca Filippo Maria e gli eventi che si erano verificati nella capitale del dominio visconteo riscossero larga eco nelle citt� che lo componevano: Vigevano si proclam� libera, Pavia si diede un governo provvisorio, Lodi si lev� in tumulto, Parma e Piacenza si proclamarono libero comune, e cos� anche Tortona, Alessandria e Como; soltanto Novara rimase fedele a Milano. Ovunque regnava il disordine nonostante i tentativi dei XXIV capitani e difensori delle libert� di cercare, attraverso una politica di compromesso, di recuperare le citt� perdute. In questa situazione, determinante fu l'intervento del condottiero Francesco Sforza, marito di Bianca Maria, figlia illegittima del defunto duca Filippo Maria. Garantitosi diplomaticamente l'appoggio o la neutralit� dei maggiori potentati italiani, lo Sforza - in origine alleato e condottiero al servizio della repubblica ambrosiana - intraprese una lenta e faticosa opera di riconquista che, nell'arco di tre anni, gli consent� di ricomporre il vecchio dominio visconteo.

Ascesa degli Sforza

Non volendo entrare in Milano con la forza delle armi, Francesco Sforza strinse la citt� d'assedio perseguendo l'intento di farla capitolare per esaurimento e fame. Infliggere una pesante sconfitta militare alla citt�, capitale del dominio visconteo, avrebbe comportato la perdita della dedizione popolare; la conquista violenta non gli avrebbe creato nessun diritto nella prospettiva di ottenere per s� l'investitura imperiale con il titolo di duca. Nel febbraio del 1450 la citt� di Milano esausta e affamata non era pi� in grado di resistere all'assedio: Francesco Sforza da tempo aveva infatti concentrato le proprie forze per impedire i rifornimenti di vettovaglie che provenivano dalla repubblica veneta. Cos�, il 25 febbraio, capitani e difensori delle libert� convocarono il consiglio dei novecento ridotto ai pochi fedeli che ancora sostenevano il governo della repubblica; il consiglio decret� la fine del triennio repubblicano. Il tumulto di piazza che ne segu� culmin� nella notte con l'uccisione di alcuni dei capitani della repubblica. L'assetto territoriale ricomposto da Francesco Sforza nel triennio 1447- 1450 venne confermato nel 1454 in occasione della pace di Lodi. A partire da quella data si apr� per il ducato milanese un periodo di generale ripresa economica e demografica e di consolidamento politico sotto la giuda della dinastia Sforza, nonostante la crisi interna provocata nel 1476 dall'assassinio di Galeazzo Maria e, nel 1479, dalle lotte intestine per l'affermazione di Ludovico il Moro. Una brusca svolta nella storia del ducato sforzesco si ebbe negli ultimi anni del XV secolo, quando le mire espansionistiche della monarchia francese trasformarono per circa vent'anni la Lombardia in campo di battaglia e oggetto di contesa franco-absburgica. L'iniziale preponderanza francese venne definitivamente interrotta nel 1525 in seguito alla sconfitta di Pavia che vide l'affermazione dell'imperatore Carlo V d'Absburgo. Dopo un breve periodo di governo diretto, Carlo V rimise sul trono ducale di Milano Francesco II Sforza, con l'intesa che alla sua morte, avvenuta poi nel 1535, il ducato, territorialmente ridimensionato in seguito ai lunghi conflitti che da vicino lo avevano investito, in quanto feudo imperiale sarebbe ritornato all'impero.

Il governo del ducato sforzesco

Il processo di accentramento del potere e di definizione delle competenze delle magistrature statali e periferiche, inaugurata alla fine del secolo XIV da Gian Galeazzo Visconti, continu� con la dinastia Sforza. Milano consolid� il suo ruolo di capitale del ducato, citt� sede dell'amministrazione centrale e municipale. Con funzioni ormai ridotte alla ratifica di provvidenze di carattere politico o amministrativo, continuava a permanere il consiglio generale del comune, organo espressione dal ceto patrizio milanese. La trattazione quotidiana e diretta degli affari politico-amministrativi della citt� continuava invece a essere concentrata nel tribunale di provvisione, composto dal vicario e dai dodici eletti direttamente dal duca, e coadiuvato da una serie di stretti collaboratori: giudici dei dazi, delle vettovaglie, delle strade. In quanto al podest�, un tempo capo del comune e ora funzionario alle dipendenze del duca e da lui direttamente nominato, gli rimase conferito il ruolo di capo del potere giudiziario civile e penale, con giurisdizione sulla citt�, sui corpi santi cittadini e sulle pievi circonvicine. Per la giustizia civile, il podest� era inoltre affiancato dai consoli di giustizia. La giustizia criminale, in origine attribuita al podest�, incominci� invece a essere devoluta al capitano di giustizia, magistrato che tuttavia assumer� importanza particolare, per la sfera della sua giurisdizione, in et� spagnola.

Gli organi di governo dopo le guerra tra Francia e Spagna

Una brusca svolta politica nella storia del ducato milanese si ebbe alla fine del XV secolo, con la spedizione in Italia del re di Francia Carlo VIII, e soprattutto con l'invasione del suo successore Luigi XII. Il ducato di Milano, per la sua strategica posizione geografica e per la ricchezza di risorse di cui disponeva, incominci� a rappresentare per le monarchie europee la chiave di volta per la realizzazione della loro politica egemonica sul continente europeo. Durante la preponderanza francese durata oltre vent'anni e interrotta solo dalla breve restaurazione di Massimiliano Sforza, nel 1512-15, e da un altrettanto breve momento di dominio svizzero, le istituzioni milanesi accusarono significativi mutamenti: l'antico consiglio generale di origine comunale, composto da 900 membri, venne ridotto a 60, dieci consiglieri per ogni porta della citt�; la nomina dei membri del tribunale di provvisione, e in particolare del vicario, venne nuovamente subordinata, ritrattando le concessioni elargite a favore della cittadinanza milanese dal precedente duca Massimiliano Sforza, al volere del re francese, duca di Milano. Nel 1499 infine il re di Francia Luigi XII, conquistato il ducato, istitu�, sul modello dei parlamenti francesi, il senato, supremo tribunale a cui venne attribuita giurisdizione inappellabile in tutte le cause civili, criminali, fiscali, ecclesiastiche. Mantenuto anche in seguito al ritorno degli Sforza al potere, tale organo, espressione del patriziato lombardo e ancor pi� milanese, continu� a operare sino al 1786, quando ne fu decretata l'abolizione dall'imperatore d'Austria Giuseppe II. In seguito alla cacciata dei francesi e la definitiva ascesa di Francesco II Sforza, investito del titolo di duca nel 1529 dall'imperatore Carlo V, le riforme introdotte nelle magistrature milanesi e i nuovi organi, tra cui il senato, furono mantenuti. Le magistrature centrali e municipali del ducato vennero esplicitamente codificate in seguito, nel 1541, dalle Novae Constitutiones Mediolanensis dominii, volute dallo Sforza ma terminate e pubblicate solo per volere di Carlo V.