All’Ostello Bello di Milano la sala principale è piena. Alcune ragazze prendono appunti poggiate a un tavolino da caffè, altri bevono un calice di vino mentre ascoltano, altri ancora scattano qualche foto, probabilmente per condividerla sui social o inviarla a un amico che non è riuscito ad esserci. L’atmosfera è elettrica, da prima volta: anche tra chi è lì per ascoltare, la sensazione più diffusa è quella di essere coinvolto direttamente, di far parte di un momento collettivo di restituzione e riflessione. Di far parte di un ‘noi’. L’evento è organizzato da Lucy e Unite, e seduta una accanto all’altra di fronte al pubblico ci sono 9 scrittrici che a turno prendono la parola su un unico tema: la violenza di genere. Non in occasione di una ricorrenza, ma proprio per svicolare dal dover parlare di femminismi soltanto in relazione a determinati casi di cronaca o durante specifiche celebrazioni. Sono tutte autrici che hanno aderito alla campagna ‘Unite. Azione letteraria’, lanciata da Giulia Caminito e Annalisa Camilli dopo il femminicidio di Giulia Cecchettin.

‘Unite’ è una campagna nata con l’obiettivo “di far continuare la riflessione sulla violenza sulle donne, sul patriarcato e sul femminismo anche dopo che i media hanno focalizzato l’attenzione sul tema per poi forse soffocarlo con il passare del tempo”, spiega Irene Graziosi, responsabile editoriale di Lucy, presentando le altre autrici. Un appello a chi lavora con le parole: scrivere un articolo contro la violenza di genere e trovare uno spazio su cui farlo pubblicare, così da non interrompere quell’ondata di riflessioni e reazioni culminata nella manifestazione del 25 novembre. Dal 3 gennaio al 3 marzo sui giornali italiani sono apparse decine di articoli e racconti per definire la violenza e nominarla.

Ogni scrittrice ha usato la propria voce e la propria esperienza personale per analizzare e comprendere un fenomeno collettivo. “Io e Annalisa eravamo alla Libreria Tuba di Roma, una libreria femminista, dove avevamo organizzato la lettura di un libro meraviglioso che consiglio e che è un manifesto per noi, L’ invincibile estate di Liliana di Cristina Rivera Garza, tradotto nel 2023 da Sur. Garza è una scrittrice messicana, e in questo libro racconta il femminicidio della sorella Liliana, accaduto trent’anni fa a Città del Messico. Una vicenda oscenamente speculare a quella di Giulia Cecchettin”, ricorda Giulia Caminito, ricostruendo la nascita del progetto. “Avevamo la sensazione di non aver fatto abbastanza, noi che scriviamo libri, abbiamo spazi pubblici e possibilità di comunicazione. Ci siamo dette: ‘Non lasciamo Elena, la sorella di Giulia, da sola in questa lotta di comunicazione e di espressione‘. L’obiettivo era formulare pensieri, idee e linguaggi più complessi e più stratificati rispetto a cosa sia la violenza di genere. Non soltanto il femminicidio, ma tutti gli stadi della violenza di genere, che riguarda ovviamente sia gli uomini sia le donne”.

Sin da subito aderiscono alcune decine di scrittrici, poi si innesca il passaparola, e ogni autrice non si limita a scrivere il proprio testo, ma a sua volta invita altre colleghe a partecipare, a intervenire. Una staffetta spontanea porta rapidamente all’adesione di 120 scrittrici, e al raggiungimento di uno degli obiettivi dell’appello di Caminito e Camilli: “L’idea era quella di portare i giornali a parlare di violenza di genere per tanto tempo: non un singolo articolo su un singolo evento, ma mesi in cui ogni giorno uscisse su una testata o un su un blog un discorso rispetto a questo tema”. “Abbiamo iniziato con un trentina, una quarantina di autrici. Daria Bignardi è stata tra le prime a rispondere, e abbiamo chiesto a ognuna di loro di invitare altre scrittrici a partecipare. Da lì, una valanga”, racconta Caminito.

Analisi, riflessioni, racconti. Ogni autrice ha declinato in modi inediti e differenti la materia, ma con un fil rouge: quasi tutte le scrittrici e giornaliste hanno parlato di loro stesse, si sono esposte e hanno esposto il proprio vissuto. “Molte di loro hanno raccontato di violenze subite, anche io nel mio articolo ho raccontato qualcosa di mio, perché per la prima volta ci siamo sentite in una rete. Una rete di protezione in cui il nostro intervento non era una dichiarazione singola, ma significava far parte di un processo comune“, spiega ancora Caminito. Un’istanza autobiografica che è sempre politica, come dimostrano anche i testi in cui il confronto con il caso di Giulia Cecchettin è più esplicito e dichiarato.

“Il mio racconto, pubblicato su Lucy, parte da un’esperienza personale, ma soprattutto da alcuni messaggi che sono stati diffusi da un’amica di Giulia Cecchettin. Sono dei messaggi vocali che Giulia aveva mandato a questa sua amica, e che mi hanno molto colpita perché credo di averne ricevuto di identici da qualunque mia amica, e di averli io stessa mandati in passato”, spiega Irene Graziosi. “Alcuni hanno criticato il fatto che fossero stati diffusi. Col senno di poi, pur capendo la critica, penso abbiano avuto un effetto utile. Su di me l’hanno avuto: in questi messaggi Giulia si chiedeva come fare a gestire la manipolazione subita, di cui pure era cosciente, e allo stesso tempo il senso di colpa che provava nei confronti di Filippo Turetta. Io nel racconto “L’intellettuale e la ragazza” ho ragionato proprio sul senso di empatia e tenerezza che alle volte si prova nei confronti degli uomini che ci feriscono e manipolano”.

Tra le protagoniste dell’evento c’è anche Daria Bignardi: “Quando mi è arrivata la mail di Giulia Caminito e Annalisa Camilli, ho fatto due cose: la prima è stata rispondere subito ‘ci sono’. Era una mail spontanea, che corrispondeva a un bisogno e intercettava un bisogno: quello di essere, appunto, “unite”, e riuscire in qualche modo anche a reagire. La seconda cosa che ho fatto è stata leggere il libro di Garza, che vi consiglio. È un libro incredibilmente simile alla vicenda di Giulia Cecchettin: l’età, gli studi universitari, la ragazza che lascia, lui che diventa sempre più possessivo, il senso di colpa di lei. Avevamo bisogno di un ‘noi’ per parlarne: il mestiere di chi scrive è un mestiere molto solitario, è uno di quei lavori in cui pesano ancora di più i momenti in cui serve il ‘noi’, come questo. La cosa più importante, per me, è quel ‘noi’: essere qui, guardarci in faccia. È il passo della politica. Quel ‘noi’ è tutto”.

Le ragazze che prendono appunti si fermano. Chi beveva il vino, l’ha finito. Le foto scattate sono uscite sgranate, è una serata milanese piovosa e ormai buia. Eppure, anche alla fine dell’evento, l’aria è carica ed energica, e la prima volta è compiuta. Hanno parlato tutte: Daria Bignardi, Giulia Caminito, Francesca Coin, Irene Graziosi, Marta Perego, Ilaria Rossetti, Raffaella Silvestri, Irene Soave, Nicoletta Vallorani. Realizzando, con la propria presenza, la possibilità di riferirsi a un ‘noi’. Un ‘noi’ che tenta di comprendere e combattere la violenza di genere nominandola a partire dalla propria parzialità, dalla propria vicenda personale e dalla propria individualità. Ma unite in un processo collettivo.

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