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Il sacco di Roma in breve

Tramite: O2O 26/04/2018
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Introduzione

Le azioni che portarono alla distruzione della culla della cultura latina furono molteplici: tra questi quello che ricordiamo è il Sacco di Roma, un'azione di saccheggio e barbarie ad opera dei Lanzichenecchi discesi in Italia, guidati da Carlo V, nella sua lotta per il predominio della Penisola contro il re di Francia, Francesco I. Il Sacco fu perpetuato nel XVI secolo, precisamente nel 1527, esso oltre a gravi perdite tra la popolazione civile, condusse anche alla totale distruzione di grandi opere d'arte; inoltre, poiché protestanti, molte chiese furono prese d'assalto dai Lanzichenecchi, che volevano una Roma esclusivamente cattolica, in quanto sede Papale. La devastazione e l'occupazione della città di Roma sembrarono confermare simbolicamente il declino dell'Italia in balia degli eserciti stranieri e l'umiliazione della chiesa cattolica impegnata a contrastare il movimento della riforma luterana sviluppatosi in Germania. In questa guida parleremo in breve di questo atroce avvenimento.

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La calata dei Lanzichenecchi

Per un complicato intreccio dinastico, Carlo V d'Asburgo vide riuniti nelle sue mani i regni spagnoli, i possedimenti austriaci e l'area tedesca, che egli governò come imperatore di quel che era stato il Sacro romano impero. Il re di Francia Francesco I, in lotta con Carlo V, accortosi della presenza ingombrante del suo avversario, strinse un patto (la Lega di Cognac) con Firenze, Venezia e il Ducato di Milano: vi partecipò anche il papa Clemente VII dé Medici, stranamente avverso al fervente cattolico Carlo. Infuriatosi di ciò, nel 1527 Carlo V scese a Roma a capo di ben 12000 mercenari, i Lanzichenecchi, ed assediò la città. Le truppe della Lega di Cognac dimostrarono scarsa coesione e mediocre efficienza militare nel contrastare i nemici. Inoltre, è bene tenere presente che in quegli anni i Tedeschi, di fede luterana, consideravano Roma la "città di Satana" e il covo di tutti i vizi; saccheggiarla, ai loro occhi, non appariva un sacrilegio ma un atto della giustizia divina.

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L'assalto e il Trattato di Barcellona

I Lanzichenecchi, noti per la loro ferocia ed accanimento verso i nemici di turno, portarono il caos nella città per diversi mesi, un evento mai accaduto sin dai tempi di Nerone. Attorno a loro si creò, fin dalle prime imprese, un alone di terrore, giustificato, del resto, dalla loro spietata e barbara violenza. I cittadini romani furono massacrati: principi, cardinali, mercanti furono torturati dai Lanzichenecchi; i preti furono messi alla gogna; le monache furono violentate, così come le donne nelle loro case; le chiese vennero devastate e molte opere d'arte distrutte. Il pontefice si chiuse nella fortezza di Castel Sant'Angelo, assistendo immobile al saccheggio. Nel 1528 il papa si incontrò con Carlo V, abbastanza propenso ad accettare un accordo (sia perché era cattolico, sia perché sopraggiungevano delle epidemie di pestilenzea); nel 1529 si giunse al Trattato di Barcellona, con il quale Carlo restituì a Clemente le sue terre e ripristinò il governo dei Medici a Firenze. In più, con la successiva Pace di Cambrai, Carlo V riottenne il Ducato di Milano, rinunciando però alla Borgogna. Il sacco di Roma del 1527 ebbe, nell'immaginario dell'epoca, il valore di un vero e proprio schock, fu vissuto come una sorta di "stupro cittadino": esso segnava la fine di un'epoca, quella del Rinascimento.

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Le conseguenze del sacco di Roma

In conclusione, nel 1530, Carlo V fu incoronato dal papa imperatore e re d'Italia. La cittadinanza di Roma fu ridotta quasi alla metà dalle circa 20000 morti causate dalle violenze o dalle malattie. In questo periodo riprese l'espansione degli ottomani, così come vi fu la nascita degli uzbechi (sciiti). Sotto Solimano il Magnifico, gli ottomani riuscirono ad espandersi fino a Vienna: Francesco I ne approfittò per stringere un accordo con loro, mentre Carlo era impegnato a respingere i turchi, a Tunisi, nel 1535. Avendo quest'ultimo intuito ciò che accadeva, pensò di abdicare e dividere l'impero, ma dovette poi occuparsi personalmente del Ducato di Milano a seguito della morte di Francesco Sforza.

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