È apparsa in moltissimi ritratti ufficiali ed è stata indossata dalla monarca britannica nelle occasioni più importanti, la Tiara Vladimir è senza dubbio uno dei gioielli preferiti di Elisabetta II. Meravigliosa, in diamanti, perle e ora smeraldi, la storia della coroncina corre indietro fino ai tempi del grande Impero di Russia, per attraversare rivoluzioni, fughe improvvisate ed aste reali giungendo a noi nel suo incredibile splendore.

La nascita alla corte dei Romanov

La Tiara Vladimir fu inizialmente pensata e creata per la Gran Duchessa Vladimir, moglie dello zio dello Zar di Russia, il Gran Duca Vladimir Alexandrovich. La Gran Duchessa, il cui nome da nubile era Marie di Mecklenburg-Schwerin, era una delle figure più rilevanti della corte dei Romanov, di origine tedesca, nelle sue vene aveva sangue imperiale, essendo la pronipote della Gran Duchessa Elena Pavlovna di Russia, in onore della quale adottò il nome Maria Pavlovna dopo il matrimonio a San Pietroburgo. Dato il ruolo di rilievo che i Vladimir avevano assunto a corte, fu proprio il gioielliere imperiale Bolin a creare per la duchessa una tiara decorata da perle e diamanti. Il pezzo era estremamente flessibile, il che permetteva alla donna di indossarlo in diverse maniere a suo piacimento: le perle potevano infatti essere rimosse esattamente come alcune parti decorate dai diamanti, senza pendenti la tiara diventava una piccola corona da poter indossare in contesti meno formali.

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Una fotografia della Regina Mary mentre indossa la tiara (1936)

Quando nel 1917 però scoppiò la Rivoluzione Russa, Miechen (come era soprannominata la duchessa a corte) decise di abbandonare Palazzo Vladimir e di fuggire con i figli in una residenza a Kislovodsk, vicino al Caucaso, mentre i gioielli (tiara inclusa) rimasero nascosti nella sua stanza a corte. Qualche mese dopo Maria Pavlovna ordì un piano con il figlio e l’amico Albert Stopford per recuperare i gioielli e metterli in salvo. Come riporta Tatler, Albert Stopford, antiquario e collezionista d’arte inglese, si introdusse infatti a palazzo sotto mentite spoglie, e fingendosi un lavoratore, recuperò quanto nascosto dalla Gran Duchessa per portarlo al sicuro in Inghilterra (si narra che si cucì alcuni dei gioielli nella giacca, come già avevano fatto i Romanov).

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Un ritratto ufficiale della Regina Elisabetta II mentre indossa la Tiara Vladimir (1958)

L'acquisto della Regina Mary

Nel 1920, in un inventario inglese dei gioielli appartenuti a Maria Pavlovna, si affermava che la corona fosse rimasta molto danneggiata dal viaggio tra i due stati. Fu probabilmente anche per questo motivo che quando la Gran Duchessa Elena Vladimirovna, unica figlia dell’ormai defunta Maria Pavlovna, legata in matrimonio ai reali di Grecia, la ereditò, decise di metterla quasi subito all’asta. Ad acquistarla fu la Regina Mary, nonna di Elisabetta II, che la fece mettere a nuovo dalla famiglia di gioiellieri Garrard, aggiungendo 15 smeraldi oltre ad un meccanismo che faceva sì che si potessero scambiare perle e pietre verdi molto facilmente. Gli smeraldi Cambridge appartenevano direttamente alla Regina ed erano gli stessi già utilizzati in precedenza per la Delhi Durbar Paroure; per questo molto spesso la paroure è oggi indossata insieme alla tiara.

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La versione della Vladimir Tiara con gli smeraldi della Regina Mary.

L'eredità destinata a Elisabetta II

Dopo la morte della Regina Mary, il gioiello preziosissimo passò nelle mani della nipote, salita al trono come Elisabetta II. Oggi la tiara, grazie ad alcune ulteriori modifiche chieste dalla monarca, può essere indossata in diverse modalità ed è per questo tra le preferite della Regina. La sovrana è stata infatti fotografata, come riporta Town & Country, con la tiara arrangiata in tutti i modi possibili in base alle occasioni: scelse ad esempio le perle per una visita al Vaticano o l’alternanza perle e smeraldi per un incontro con i ministri irlandesi, molto spesso ama indossarla invece con i soli smeraldi in abbinamento alla Paroure della Regina Mary oppure senza alcun pendente nelle occasioni informali.