Empatia o compassione? Prima di aprirci agli altri, dobbiamo conoscere noi stessi - Purpletude
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Empatia o compassione? Prima di aprirci agli altri, dobbiamo conoscere noi stessi

Empatia o compassione? Prima di aprirci agli altri, dobbiamo conoscere noi stessi

Guardare il mondo con empatia

Sento troppo spesso parlare di empatia. Credo che l’abuso nell’utilizzo comune rischi di snaturare una parola tanto importante per la società quanto delicata e soprattutto mal compresa.

Si tende a fare confusione tra empatia e compassione, considerando entrambe modi di “sentire” il dolore e le emozioni altrui. Niente di più sbagliato perché le due parole hanno un’origine diversa e riguardano due aspetti del “dispiacersi” molto differenti.

Provare sensazioni è diverso dall’osservare emozioni

La compassione è un sentimento che porta a una divisione netta tra chi la prova e la persona che ha un problema o che sta affrontando un momento difficile. Questa divisione conduce a porre su piani diversi due persone.
Ho compassione di te quindi sono più fortunato (o meglio) di te e ho il dovere morale di mostrarti la mia vicinanza sentimentale, ma non intendo coinvolgermi più di tanto. Sembra quasi che la compassione mi aiuti a creare un muro che possa allontanare il più possibile, esorcizzare quasi, le vicende spiacevoli delle altre persone.

E confondere questa “pratica” con l’empatia è rischioso e fuorviante.

L’empatia invece è una caratteristica comportamentale dell’intelligenza emotiva.
Provare empatia significa sposare le emozioni altrui, partecipare alle emozioni che non ci appartengono in quel momento, per entrare e comprendere da vicino ciò che sta provando l’altra persona.
È uno dei punti più alti della relazione umana
e della capacità dell’individuo di entrare in connessione con l’altro e far nascere un legame.

Mentre nella compassione tendiamo ad affermare il nostro individualismo nel dispiacere che proviamo nei confronti di un problema o di una persona, nell’empatia valorizziamo la condivisione delle emozioni che conduce il nostro essere a una perfetta simbiosi tra le persone, provando le stesse sensazioni.

Ma l’empatia è una competenza o un modo di essere?

Si parla di empatia come competenza trasversale. Ma è corretto? Non si tratta di un vero ascolto attivo dell’altra persona che dovrebbe essere dato per scontato sia a livello personale che professionale?

Entrare in empatia con gli altri significa possedere intelligenza emotiva e quindi saper gestire le emozioni attraverso una comprensione più approfondita di sé e dell’altro.
In ambito professionale, come in quello personale, significa avere abilità nelle relazioni sociali, saper comunicare con gli altri con il giusto tatto e rispetto. Permette inoltre di regolarsi, di tenere a bada le proprie emozioni negative in momenti in cui è fondamentale andare oltre noi stessi e aprirci agli altri.

Credo che sia fondamentale nell’intelligenza emotiva saper far fronte al rovescio della medaglia, ovvero a quando forse non è il caso di dare troppo spazio all’empatia.

Ci sono delle mansioni professionali, per esempio, su cui l’empatia costruisce il loro successo, ma ce ne sono altre per cui potrebbe rappresentare un limite o un freno per la buona riuscita di una prestazione o un servizio. Basti pensare al settore medico.
Per un dottore entrare troppo in empatia con i pazienti potrebbe compromettere l’esito di un’operazione; la freddezza e il distacco emotivo possono aiutare a prendere decisioni più coraggiose, ma talvolta necessarie e capaci di salvare vite umane.
Ma anche questa è intelligenza emotiva, ovvero l’essere consapevoli dei nostri obiettivi e lasciarci aiutare dalle nostre emozioni quando ce n’è veramente bisogno. Daniel Goleman definisce infatti l’intelligenza emotiva come:

l’abilità di gestire noi stessi, le nostre emozioni, di esserne consapevoli, ma è anche l’abilità di renderci conto di cosa ci rende produttivi, cosa ci distrae dal raggiungimento dei nostri obiettivi e cosa invece ci rende più efficaci.

Anche in questo caso mettere in moto l’empatia e applicarla presuppone e favorisce una grande conoscenza di sé.
Forse è questo il vero motivo per cui è così rilevante nella nostra vita personale e sociale.

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