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Borrell e Stoltenberg: sostenere difesa aerea dell’Ucraina, il bisogno è urgente

L’Alto rappresentante per la politica estera Ue: l’Europa si assuma sue responsabilità. Nell’agenda del Gruppo anche i tumulti dell’Africa subsahariana

dal nostro inviato a Capri Alberto Magnani

Aggiornato il 18/04/2024 alle 20:08

Borrell (Ue) a G7 Capri: "Siamo sull'orlo guerra in Medio Oriente"

3' di lettura

Capri, Napoli - La Ue deve «tirare fuori dai magazzini» i missili Patriots e inviarli all’Ucraina, «dove la guerra si sta intensificando, e sono sicuro che lo faremo rapidamente». L’Alto rappresentante per la politica estera della Ue, Josep Borrell, ha risposto così a chi gli chiedeva come - e quando - Bruxelles potrebbe intensificare il suo aiuto a Kiev. L’appello è stato ribadito poche ore dopo dal segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, con il richiamo a una «maggiore difesa aerea» di Kiev.

Borrell e Stoltenberg hanno partecipato alla riunione dei ministri degli Esteri del G7 del 17-19 aprile a Capri, scandita a un’agenda che include fra le sue priorità Medio Oriente, Ucraina e rapporti con l’Africa subsahariana. Il 17 aprile è stata la volta dei primi confronti sull’escalation fra Israel e Iran, con l’annuncio di un accordo sulle «misure ritorsive» che il Gruppo richiederà contro individui coinvolti nel rifornimento bellico all’Iran. Il 18 aprile l’attenzione si è spostata sul sostegno alla Difesa aerea dell’Ucraina e i rapporti politici con l’Unione africana, un dialogo sempre più stringente sul fronte del Sahel e le ricadute della sua instabilità sull’Europa.

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Borrell e Stoltenberg: fare di più per difesa Ucraina

Il primo nodo sul tavolo è il potenziamento del sostegno alla difesa aerea dell’Ucraina, un tasto battuto con insistenza anche dalla ministra degli Esteri tedesca Annalena Baerbock. Borrell, parlando ai cronisti ai margini dell’evento, ha chiarito che la Ue non può «contare solo sugli Usa, dobbiamo prenderci la nostra responsabilità. Abbiamo i Patriot, abbiamo i sistemi antimissile, dobbiamo tirarli fuori dai magazzini e inviarli in Ucraina».

L’Europa, ha sottolineato Borrell, deve «assumersi le sue responsabilità» e non può «contare» solo sugli Usa: un riferimento al pacchetto di aiuti da 60,8 miliardi di dollari che passerà al vaglio del Congresso nel fine settimana, salutato come un segnale incoraggiante anche dal segretario della Nato Jens Stoltenberg.

Lo stesso Stoltenberg, a sua volta presente a Capri, ha richiamato l’attenzione del forum informale sul «bisogno critico, urgente di maggiore difesa aerea dell’Ucraina», accogliendo con favore l’annuncio di una nuova batteria di Patriot della Germania e i finanziamenti previsti da Danimarca e Paesi Bassi. Stoltenberg ha rivelato che l’Alleanza sta «dialogando» sulla fornitura di missili con altri «Paesi specifici» e dichiarato che la Nato non ha «alcuna informazione» su un attacco «imminente».

L’affondo di Borrell e Stoltenberg sull’Ucraina si bilancia alla prudenza esibita sull’escalation mediorientale, in linea con la posizione assunta dal Gruppo e già evidenziata dal ministro degli Esteri e padrone di casa della ministeriale Antonio Tajani. Borrell ha ribadito l’urgenza di evitare un attacco via terra a Rafah, ora rievocato da Israele fra le misure ritorsive contro l’Iran. «Se ci fosse un attacco a Rafah, dove ci sono in strada 1,7 milioni di persone, ci sarebbe una vera catastrofe umanitaria - ha detto ai giornalisti . Quindi l’appello a Israele è stato molto chiaro da parte dello stesso presidente Biden e da parte di tutti i leader europei, a non attaccare Rafah».

I rapporti con l’Africa e l’instabilità del Sahel

L’altro punto caldo in agenda è l’Africa subsahariana, a partire dai tumulti che scuotono la regione del Sahel. A Capri sono approdati i delegati dell’Unione africana, rappresentata dal ministro degli Esteri della Mauritania Mohamed Salem Ould Merzoug (assente, a differenza di quanto trapelato alla vigilia, il presidente Mohamed Ould Ghazouani).

Sul tavolo ci saranno soprattutto gli scenari della regione saheliana e il futuro del Niger, l’ultimo Paese dell’area a cadere sotto un colpo di Stato militare nel luglio 2023. Il rovesciamento di potere a Niamey ha acuito la frattura già aperta dai putsch in Mali (2020, 2021) e Burkina Faso (entrambi nel 2022). Il presidente deposto, Mohamed Bazoum, era ritenuto un appiglio filo-occidentale nella regione. La sua deposizione ha avviato un distanziamento con l’Occidente culminato negli strappi con Francia e Stati Uniti, attenuati - per ora - dalla scelta dell’Italia di mantenere le sue truppe.

A quanto rivelato al Sole 24 Ore da una fonte della Farnesina, l’argomento è già stato affrontato nei bilaterali di Tajani con il ministro britannico Cameron e francese Séjourné, facendo emergere la stessa linea:  la necessità che l’Europa non «abbadoni» il Sahel, dice la fonte, per evitare un allargamento di Russia e Cina sulle ceneri delle vecchie relazioni comunitarie. Roma ha appena inaugurato una nuova ambasciata a Nouakchott, la capitale della Mauritania, creando un nuovo punto di riferimento nel Sahel occidentale. L’obiettivo è lo stesso dichiarato nel caso del Niger: rinforzare i legami, diplomatici e militari, in una regione che scivola sempre di più fuori dalla (ex) orbita degli alleati europei.

 

Riproduzione riservata ©
  • Alberto MagnaniRedattore

    Luogo: Milano

    Lingue parlate: inglese, tedesco

    Argomenti: Lavoro, Unione europea, Africa

    Premi: Premio "Alimentiamo il nostro futuro, nutriamo il mondo. Verso Expo 2015" di Agrofarma Federchimica e Fondazione Veronesi; Premio giornalistico State Street, categoria "Innovation"

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