Responsabilità civile

Permuta

AltalexPedia, voce agg. al 19/08/2016

La permuta è il contratto che ha per oggetto il reciproco trasferimento della proprietà di cose o altri diritti da un contraente all'altro (art. 1552 cod. civ.)


Permuta

di Paolo Franceschetti e di Massimo Marasca

Nozione e natura

Cenni storici

Differenze tra permuta e vendita

Permuta reale ed obbligatoria

La permuta con conguaglio

La permuta di cosa presente contro cosa futura

Disciplina

Le norme della vendita applicabili alla permuta

L'evizione totale

Le spese

Nozione e natura

L'art. 1552 definisce la permuta come "il contratto che ha per oggetto il reciproco trasferimento della proprietà di cose o altri diritti da un contraente all'altro".

L'espressione "altri diritti" - nonostante la sua ampia formulazione - va riferita ai beni e ai diritti in generale, sia reali che di credito.

Il che significa che non è del tutto esatta l'affermazione corrente secondo cui la causa della permuta sarebbe costituita dallo scambio di cosa contro cosa; in realtà sarebbe più corretto parlare di uno scambio tra diritti, e non solo perché oggetto del contratto non è mai la cosa in sé ma il diritto sulla cosa, quanto perché l'espressione "cosa" può far pensare al solo diritto di proprietà; invece è permuta non solo il trasferimento di un auto contro il trasferimento di un immobile, ma anche - ad esempio - il trasferimento di un usufrutto in cambio della cessione del diritto d'autore.

Dall'espressione "altri diritti" vanno escluse le prestazioni di fare. I contratti del tipo do ut facias sono infatti da inquadrare come contratti innominati.

La permuta è un contratto consensuale, con effetti reali, con attribuzioni corrispettive, oneroso, e commutativo.

Cenni storici

La permuta è il contratto tipico dalle origini più remote, perché costituiva l'unico contratto di scambio ai tempi in cui la moneta non esisteva.

Nel diritto romano più antico non vi erano sostanziali differenze fra vendita e permuta. Entrambi erano negozi reali che si realizzavano attraverso due traditiones di res mancipi, senza che avesse rilievo se lo scambio avvenisse tra cosa e cosa o tra cosa e prezzo.

La due figure assunsero una loro autonomia quando la vendita diventò contratto consensuale; da questo momento sorse il problema di stabilire se la permuta fosse contratto reale o consensuale. La disputa venne superata in periodo Giustinianeo, quando l'istituto fu definitivamente considerato come un contratto atipico di natura reale, che si perfezionava con la consegna e non con il consenso.

Differenze tra permuta e vendita

La vendita consiste nello scambio di una cosa contro un prezzo; la permuta nello scambio di due cosa (o, meglio, due diritti). In teoria la distinzione è quindi piuttosto facile.

Alcune fattispecie, però, possono creare problemi di inquadramento.

E' stato ritenuto che sia permuta e non vendita lo scambio di una cosa con delle monete antiche o anche con monete in circolazione, qualora le monete in questione siano state considerate dalle parti per il loro valore intrinseco.

Permuta è stato ritenuto anche lo scambio di monete di piccolo taglio con monete di taglio grosso.

Vendita e non permuta è stato ritenuto lo scambio di cosa contro titolo di credito (cambiali, assegni), perché i titoli di credito hanno una funzione che si ritiene sostitutiva della moneta.

Un'ipotesi particolare è quella rappresentata dalla doppia vendita, cioè dalla fattispecie in cui due soggetti si vendono (o sarebbe meglio dire si trasferiscono) reciprocamente due beni, prevedendo la compensazione dei relativi prezzi: occorrerà valutare se le parti abbiano specificato il prezzo a fini solo indicativi (nel qual caso abbiamo una permuta) o se veramente si tratti di vendite collegate. In altre parole, occorrerà valutare se le parti abbiano considerato l'operazione in modo unitario oppure no.

Nell’ipotesi in cui il contratto preveda lo scambio di una cosa contro una prestazione mista, che comprende in parte una cosa e in parte un prezzo, secondo una prima teoria si deve aver riguardo alla volontà prevalente delle parti (Cass. 9088/2007); per altri si deve invece valutare quale sia la prestazione di maggior valore.

Permuta reale ed obbligatoria

Anche per la permuta può distinguersi, come per la vendita, tra permuta ad effetto reale e permuta obbligatoria. La prima ricorre quando i diritti vengono reciprocamente trasferiti nel momento del consenso; la permuta obbligatoria ricorre invece quando il trasferimento di uno dei due diritti (o di entrambi) è subordinato ad un ulteriore evento (Cass. 25603/2011).

La permuta può quindi atteggiarsi come permuta di cosa altrui, permuta di cosa futura, permuta alternativa, di cose generiche; non c'è motivo - nonostante alcuni dubbi sollevati in senso contrario - di non ammettere la figura della permuta con riserva della proprietà.

Particolare è il caso in cui taluno trasferisce una cosa e l'altro abbia la scelta tra pagare un prezzo o trasferire un determinato bene: taluno ha definito tale contratto una vendita con clausola di datio in solutum preventiva; altri sostengono che il contratto non ha una qualificazione definita fino al momento in cui il debitore effettua la sua scelta, momento in cui il negozio si fissa definitivamente come vendita o come permuta.

La permuta con conguaglio

In alcuni casi le parti pattuiscono che una trasferisca un bene e l'altra dia in corrispettivo una somma di denaro più un bene di un certo tipo. Si pensi ai casi in cui si acquista un'auto nuova da un concessionario; il prezzo viene spesso pagato parte con una somma di denaro e parte trasferendo la propria vecchia auto al commerciante.

A) Il codice del 1865 diceva espressamente all'art. 1554 che in caso di permuta con conguaglio si applicava la disciplina del contratto che risultava prevalente (teoria cosiddetta oggettiva) nel senso che la prestazione veniva considerata di denaro o di cosa a seconda di quale delle due fosse di maggior valore.

Alcuni autori ritengono che il legislatore attuale non avrebbe riprodotto la norma in questione solamente per dimenticanza, ma che sia questa la teoria tutt'ora preferibile (ed è questa la tesi seguita dalla giurisprudenza prevalente. D'altronde non v'è motivo alcuno per abbandonare un criterio che è l'unico che - a detta dei suoi sostenitori - può offrire una certa sicurezza.

Ma in realtà tale criterio è assolutamente insicuro, tutte le volte che il conguaglio in denaro abbia lo stesso valore del bene permutato, o tutte le volte che non sia possibile valutare esattamente il bene permutato.

B) Altra teoria, la cosiddetta teoria soggettiva (Rubino, Mirabelli), sostiene che deve applicarsi la disciplina della vendita o della permuta, a seconda dell'importanza che le parti hanno dato alla cosa o al denaro; la tesi è avvalorata proprio dalla mancata riproduzione dell'articolo 1554, ma trova il suo punto debole prevalentemente nel fatto che la ricostruzione della volontà delle parti è spesso molto ardua, se non impossibile; il che impone di cercare un criterio più sicuro.

Non a caso taluno afferma che il criterio distintivo è quello della volontà delle parti, ma che un indizio dell'effettiva volontà sia il criterio quantitativo (cioè quello oggettivo).

C) Una terza teoria (Luminoso, Capozzi, Bianca, Barbero), infine, inquadra la fattispecie nell'ambito del contratto misto. E' stato osservato, infatti, che in certi casi non è possibile ricostruire la volontà delle parti, e d'altra parte può risultare impossibile applicare il criterio oggettivo tutte le volte che il conguaglio in denaro abbia valore identico a quello della cosa trasferita. D'altro canto non si capisce perché il problema debba essere posto nei termini di una rigida alternativa, dato che vendita e permuta non hanno affatto discipline incompatibili. Non resta, allora, che qualificare il contratto come misto.

Una volta accettata questa tesi, però, resta da risolvere il problema di quale sia la disciplina effettivamente applicabile al contratto misto. Com'è noto la dottrina è divisa in varie posizioni; se si accoglie la cosiddetta teoria della prevalenza, secondo cui al contratto misto sono applicabili le norme del contratto che risulta prevalente, siamo ad un punto morto e si cade in un circolo vizioso. Se, invece, si accoglie la cosiddetta tesi della combinazione (cioè la tesi secondo cui al contratto misto si applica la disciplina di tutti i contratti che sono individuabili nel caso concreto), allora è possibile raggiungere una conclusione soddisfacente, applicando "a ciascuna attribuzione la regola che la riguarda”.

La permuta di cosa presente contro cosa futura

La permuta di cosa presente contro cosa futura riceve frequente applicazione nella pratica; una delle fattispecie più ricorrenti è quella in cui il proprietario di un terreno cede un'area fabbricabile ad un costruttore, il quale, in corrispettivo del terreno, trasferisce uno o più appartamenti scelti tra quelli che verranno costruiti sul terreno (Cass. 24172/2013).

La fattispecie non deve essere confusa con il contratto col quale il proprietario del terreno trasferisce l'area fabbricabile e il costruttore si impegna in corrispettivo a costruire un appartamento che poi cederà al proprietario, secondo le modalità proprie del contratto di appalto; in tal caso, infatti, avremo un contratto innominato di scambio del tipo do ut facias.

La fattispecie della permuta di cosa presente contro cosa futura presenta però alcuni inconvenienti, in quanto il proprietario dell'area perde immediatamente il suo diritto senza ricevere alcun corrispettivo momentaneo (essendo costituito dagli appartamenti futuri).

Il primo problema sorge in caso di inadempimento; infatti la risoluzione non è opponibile agli aventi causa del costruttore (art. 1458), e quindi può capitare che il costruttore sia inadempiente, non avendo costruito gli appartamenti destinati al proprietario dell'area, ma abbia già costruito e venduto gli altri (realizzando già il suo guadagno).

Altro problema sorge in caso di fallimento del costruttore, in quanto il danno procurato all'alienante verrà ripagato in moneta fallimentare.

Nella pratica si utilizzano alcune soluzioni alternative che, pur realizzando lo stesso effetto pratico della permuta di cosa presente contro cosa futura, si presentano come giuridicamente più sicure.

1) In primo luogo può stipularsi una permuta di cosa futura, con riserva della proprietà, di modo che il trasferimento della proprietà dell'area si verifichi solo quando il costruttore avrà adempiuto. Nonostante alcuni autori abbiano sostenuto che tale istituto non sarebbe applicabile alla permuta, se si accoglie la tesi positiva tale contratto può tutelare in modo efficace il venditore dell'area, in quanto costui trattiene la proprietà del terreno fino a che gli appartamenti non siano ultimati.

2) Una seconda soluzione è la seguente; il venditore cede l'area, ma si riserva il diritto di proprietà proprio sulla porzione di terreno su cui il costruttore edifica gli immobili; contestualmente si stipula un contratto di appalto con cui il venditore si obbliga ad edificare gli appartamenti destinati al proprietario dell'area; si subordina il trasferimento della proprietà alla condizione risolutiva che il costruttore adempia la sua obbligazione (cioé edifichi gli appartamenti destinati al proprietario dell'area); cosicché, gli appartamenti costruiti appartengono al venditore dell'area fino al momento dell'adempimento.

3) Terza soluzione è la stipula di tre contratti collegati: il primo contratto riguarda la vendita di una quota dell'area edificabile, pari al valore degli immobili che dovranno essere attribuiti al proprietario dell'area; il secondo contratto è un appalto; il terzo contratto è una divisione di cosa futura degli appartamenti che verranno costruiti sul terreno (in quanto in virtù del principio dell'accessione una quota di essi apparterrà al costruttore, un'altra al proprietario dell'area).

Disciplina

Le norme della vendita applicabili alla permuta

Ai sensi dell'articolo 1555 "Le norme stabilite per la vendita si applicano alla permuta, in quanto siano con questa compatibili".

Secondo Mirabelli sono incompatibili tutte le norme che presuppongono il pagamento di un prezzo. Viceversa, secondo la dottrina prevalente, sono applicabili tutte le norme della vendita, sia pure con i dovuti adattamenti. Inapplicabili sono solo alcune di esse, come l'articolo 1474 (mancanza di determinazione espressa del prezzo), l'articolo 1498 (interessi compensativi), mentre saranno applicabili con i dovuti adattamenti le norme che riguardano la determinazione del prezzo affidata ad un terzo (art. 1473), la vendita di cosa parzialmente altrui, l'evizione parziale ecc.... In tali ipotesi, al rimedio della riduzione del prezzo si sostituisce un'indennità a favore del compratore.

Si discute se possa applicarsi la disciplina della vendita a corpo e quella della vendita a misura. Secondo la dottrina prevalente è preferibile la tesi positiva, anche se con qualche adattamento; ad esempio l'eventuale riduzione del prezzo, nei casi previsti dagli articoli 1537 e 1539, verrà sostituita con la riduzione del bene permutato ovvero, se ciò non sia possibile, con un conguaglio in denaro.

Altra disputa riguarda l'applicabilità della disciplina della vendita a rate; mentre Mirabelli sostiene, ma senza adeguata motivazione, la tesi negativa, altri autori sostengono la tesi positiva (Bianca).

L'evizione totale

Una norma particolare è dettata dall'art. 1553 per l'evizione totale; il permutante evitto può scegliere se chiedere la restituzione della cosa da lui trasferita o il valore della cosa evitta, salvo il diritto al risarcimento del danno. La differenza rispetto alla disciplina della vendita sta in ciò: che il compratore evitto, oltre al risarcimento, può solo chiedere la risoluzione del contratto; il permutante, invece, oltre al risarcimento, ha l'alternativa tra chiedere la risoluzione (con conseguente restituzione della cosa trasferita) o il valore della cosa evitta.

In caso di evizione parziale si ritengono applicabili le norme della vendita, con gli opportuni adattamenti, in particolare per quanto riguarda il rimedio della restituzione del prezzo (quindi, ad esempio, anziché chiedere la riduzione del prezzo il permutante evitto potrà chiedere un conguaglio in denaro.

Le spese

Ai sensi dell'articolo 1554, salvo patto contrario le spese della permuta e le altre accessorie sono a carico di entrambi i contraenti in parti uguali. In tal modo si eliminano alcuni dubbi che potrebbero sorgere nella pratica quando i beni scontino imposta diverse; si elimina inoltre in radice la possibilità di contestazioni quando solo uno dei due trasferimenti richieda la stipulazione dell'atto in forma pubblica.

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