Colleghi presi ad accettate, corpi smembrati, motoseghe roteanti incredibilmente precise, volanti della polizia che esplodono neanche fossimo in un film action anni’80 e gatti usati come bancomat. Tutto dannatamente folle, vero? Ma quello che vediamo è solo nella testa di Patrick Bateman o il banchiere di Wall Street è davvero un serial killer? E qual è il significato del film? Per avere la risposta a queste e ad altre domande non ti resta che proseguire e leggere la spiegazione di American Psycho: il finale, il significato e altri misteri.
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AMERICAN PSYCHO, SPIEGAZIONE: STORIA IN BREVE
Prima di iniziare con la spiegazione di American Psycho e prima di scoprire il finale e il significato, facciamo un breve riassunto della storia.
Patrick Bateman (Christian Bale), broker di Wall Street, è un uomo dai due volti. Di giorno è uno yuppie affascinante, bello, attento alla cura del corpo. Vive in un bellissimo appartamento; è fidanzato con una bellissima ragazza, Evelyn (Reese Witherspoon); e ha dei colleghi/amici con cui frequenta dei ristoranti e dei locali lussuosi. Di notte, è qualcos’altro. È uno psicopatico spinto da una incontrollabile follia omicida: uccide barboni, prostitute, conoscenti e chiunque non gli vada a genio. In particolar modo, sembra non tollerare persone inferiori o superiori a lui, e vede nelle loro brutali morti il giusto epilogo.
Dopo aver ucciso un suo collega, Paul Allen (Jared Leto), Bateman finisce nel mirino del detective Donald Kimball (Willem Dafoe). Tuttavia, avere un agente alle calcagna non sembra lenire il suo istinto predatorio e continua a uccidere, stavolta portando le vittime nell’appartamento del collega defunto, luogo dove nasconde anche i cadaveri. Ma la spirale di follia omicida in cui è caduto il broker assume dei connotati particolarmente surreali quando, dopo aver rotto con la fidanzata Evelyn, si reca a un bancomat.
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AMERICAN PSYCHO, SPIEGAZIONE: IL FINALE
Ed eccoci alla spiegazione del finale di American Psycho. Bateman raggiunge un bancomat. Nello schermo compare una scritta: lo sportello vuole essere nutrito con un gatto randagio. Il broker ne ha giusto uno tra le braccia. Tenta di inserirlo nella fessura, ma non ci riesce. Sconcertato, estrae dalla giacca una pistola e la punta alla testa del felino. Una signora lo vede e gli dice di fermarsi. Bateman le spara un colpo a bruciapelo nel petto e scappa. La polizia lo scopre e lo insegue.
Inizia un conflitto a fuoco. Un agente viene ucciso; due volanti esplodono sotto i colpi di pistola del killer. Bateman, incredulo, guarda l’arma e continua la delirante fuga. Raggiunge un palazzo convinto sia la Pierce & Pierce, l’azienda dove lavora, ma è un altro edificio. In preda alla follia, spara al sorvegliante, poi a un inserviente e se ne va. Finalmente arriva al suo palazzo ed entra nel suo ufficio. Dalle finestre luci di elicotteri sembrano indugiare nell’appartamento. Bateman si infila sotto la scrivania, prende il telefono e chiama l’avvocato. Non risponde. Decide allora di lasciargli un messaggio nella segreteria telefonica: confessa, piangendo, di aver ucciso tra le venti e le quaranta persone, Paul Allen è una di queste. Prima di riattaccare fissa un appuntamento per il giorno dopo, in un bar.
SOLO UN’ALLUCINAZIONE?
La mattina successiva tutto sembra essere tornato alla normalità. Nessuno insegue Bateman e della strage commessa qualche ora prima non c’è traccia. Persino i cadaveri lasciati a casa di Paul Allen sono scomparsi: ora le stanze sono vuote e riverniciate di bianco. Entrato nell’appartamento, il broker chiede di Allen a un’agente immobiliare presente sul posto. La donna dice che lì non ci ha mai abitato nessun Allen, e, forse seccata o forse impaurita, invita l’estraneo ad andarsene. Bateman, senza farsi pregare due volte, sgaiattola via. Arrivato al bar, si avvicina all’avvocato Harold (Stephen Bogaert) e confessa tutto nuovamente.
Ma il legale, che inizialmente scambia il cliente per un certo Davis, non lo prende sul serio. Gli dice che è impossibile che abbia ucciso Allen, perché ha cenato con lui, per ben due volte, giusto dieci giorni prima. Rassegnato, Bateman si allontana. Nel frattempo, la sua segretaria, Jean (Chloe Sevigny), trova l’agenda di Patrick. Ma all’interno non ci sono appunti di lavoro, bensì degli inquietanti scarabocchi che ritraggono donne nude mutilate, corpi smembrati e altre atrocità. A questo punto lo spettatore è assillato da un dubbio: gli atti orribili commessi per tutto il film erano solo nella mente di Bateman?
AMARICAN PSYCHO, SPIEGAZIONE: LE DUE TEORIE
Chiariamo subito una cosa, nel corso degli anni American Psycho è stato analizzato più volte, ma nessuno è mai riuscito a dare una spiegazione definitiva al suo ambiguo finale. Questo ha dato vita a due teorie, entrambe plausibili:
- gli omicidi commessi da Bateman sono solo nella sua testa
- gli omicidi commessi da Bateman sono reali, ma non tutti
A quale teoria dare più credito? Dipende dallo spettatore, dipende da te: a cosa vuoi credere? Di seguito, le due teorie spiegate.
ERA TUTTO NELLA TESTA DI BATEMAN
Chi sostiene questa teoria, dice che tutte le azioni compiute da Bateman erano solo degli scarabocchi fatti dallo stesso nella sua agenda. Scarabocchi che sono diventati delle visioni realistiche grazie alla fervida immaginazione del broker. Questo spiegherebbe il terzo atto folle, con bancomat che fanno richieste improponibili, auto della polizia che esplodono inspiegabilmente e persone uccise in maniera rocambolesca. Spiegherebbe perché il corpo di Allen non venga mai ritrovato e perché i cadaveri nel suo appartamento non siano stati denunciati. E, infine, spiegherebbe perché il detective Kimball non riesca a incastrare Bateman, nonostante quest’ultimo lasci tracce sparse ovunque. D’altronde, dice chi sostiene la teoria: nessun cadavere viene mai trovato, come è possibile? Difficile dargli torto. Eppure, questa teoria svilirebbe un po’ troppo il significato di American Psycho (che vedremo in una sezione più avanti).
BATEMAN HA UCCISO DAVVERO, MA NON TUTTI
Bateman ha davvero ucciso qualcuno? Alcune prove confermerebbero questa teoria (che io ritengo la più valida). La prima prova: al minuto tredici circa, Bateman, dopo aver prelevato dei soldi, passeggia in un marciapiede e si ferma a un semaforo pedonale. Al suo fianco c’è una donna. La saluta con un “salve”. Stacco. Nella scena successiva vediamo l’uomo sbraitare in una lavanderia cinese: è su tutte le furie perché i proprietari non gli hanno lavato delle lenzuola sporche di rosso. Il linguaggio cinematografico è chiaro: il montaggio ci suggerisce che il sangue nella biancheria appartiene alla donna incontrata al semaforo, la sera prima. Forse Bateman è già in preda alle allucinazioni e il lenzuolo non è sporco di sangue? Difficile pensarlo, siamo a inizio film e il suo status mentale sembra tutto sommato stabile.
La seconda prova: l’uccisione del barbone. Anche in questo caso siamo agli inizi (circa al minuto venti). Bateman non è ancora entrato, o è appena entrato, in quella spirale di follia che lo avvolgerà gradualmente nel corso del film. Quindi, perché questo omicidio non dovrebbe essere reale? Niente ci fa pensare che possa essere un’allucinazione.
È ipotizzabile, invece, che tutte le uccisioni successive alla scena del gatto siano solo nella testa di Bateman.
E PAUL ALLEN?
Probabilmente (ma questa è una mia teoria) anche Paul Allen è stato ucciso. Questo spiegherebbe perché Bateman è in possesso delle chiavi dell’appartamento del collega. L’appartamento è una visione? Non sembrerebbe. Perché il detective Kimball dice di aver ascoltato il messaggio di Allen lasciato nella segreteria telefonica (che noi sappiamo essere stato registrato da Bateman). Siamo difronte a una prova: Bateman è realmente stato a casa di Allen.
COME HANNO FATTO I CADAVERI A SCOMPARIRE DALL’APPARTAMENTO DI PAUL ALLEN?
I sostenitori della prima teoria pensano che i cadaveri nell’appartamento di Allen non ci siano mai stati (anche in questo caso non sono d’accordo). C’è una scena in particolare che sembrerebbe smentire questa ipotesi. Quando Bateman insegue Christie, la prostituta, vediamo dei cadaveri nell’armadio di Allen. La soggettiva in questione è importante, perché non vediamo i corpi attraverso gli occhi di Bateman, il cui punto di vista sappiamo essere inattendibile, ma bensì attraverso gli occhi della prostituta. Perché dovrebbe vedere dei cadaveri che non ci sono? Non ce n’è motivo. La prostituta non esiste? Perché, allora, la regista dovrebbe usare la soggettiva di un personaggio che non esiste? La scelta avrebbe poco senso.
Ma allora come è possibile che tutti i cadaveri siano scomparsi? Possibile che i proprietari del locale abbiano davvero insabbiato tutto? Sì, è possibile. Ricordiamoci che American Psycho è una dark comedy satirica che non punta di certo al realismo assoluto; dunque è plausibile che la scelta estrema (e inverosimile) presa dai proprietari sia effettivamente quella di nascondere tutto pur di non svalutare il valore dell’immobile. Questa scelta si integrerebbe perfettamente (più della teoria “i cadaveri non esistono”) con il significato del film.
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AMERICAN PSYCHO, SPIEGAZIONE: IL SIGNIFICATO
A prescindere da quale teoria sceglierai, il significato del film non cambierà. Anche se, va detto, appoggiando la seconda teoria il messaggio arriva più potente. Fatta questa precisazione, passiamo ai fatti: American Psycho parla di una società apatica e senza ideali. Patrick, yuppie di Wall Street, è il simbolo, nonché il prodotto, di questa società. Lui si sente vuoto dentro. E vuole colmare questo vuoto diventando parte di qualcosa, dice, vuole essere parte di quella società. Per raggiungere l’obiettivo, ha accettato di lavorare nell’azienda di famiglia e ha iniziato a nutrire una vera e propria ossessione verso le cose materiali. Acquista i completi di Valentino, gli occhiali Oliver Peoples, i CD pop del momento ecc. Ma questa ossessione l’ha fatto diventare ostaggio di una società alienata, dove tutti sono uguali, tutti sono intercambiabili. Per tutto il film, gli yuppie si confonderanno tra di loro, dando vita a degli involontari scambi di identità.
E poco importa se Bateman è un serial killer: le sue azioni, che siano brutali o meno, sono azioni insignificanti. Perché nella società in cui vive: a nessuno importa niente di nessuno. Ciò che conta davvero è l’immagine, l’apparire e il proprio profitto (perfetta dunque, a riprova di quanto detto, la scena del proprietario dell’appartamento di Allen, che pur di non svalutare l’immobile, preferisce nascondere gli omicidi). Alla fine, Bateman rimarrà prigioniero della sua maschera e sarà condannato a vivere nell’indifferenza. Il suo arco narrativo non avrà una trasformazione. Non gli sarà concessa nemmeno dopo che avrà confessato. Ammetterà nello splendido monologo finale «Non ho imparato niente di nuovo su me stesso. Nessuna nuova conoscenza si può estrarre dal mio racconto. Questa confessione non significa niente».
Bateman l’ha capito: il suo “viaggio” è stato inutile, così come è inutile la sua stessa esistenza. L’unico sentimento che riesce a provare in quel momento è lo stesso sentimento dalla quale ha sempre cercato di rifuggire: un’enorme sensazione di vuoto.
AMERICAN PSYCHO, SPIEGAZIONE: IL PENSIERO DEGLI AUTORI
La spiegazione di American Psycho è quasi conclusa. Quasi, appunto. Perché è importante conoscere anche il pensiero di chi il film l’ha realizzato, ovvero la regista Mary Harron e la co-sceneggiatrice Guinevere Turner. Entrambe non si sono mai dette soddisfatte del finale troppo ambiguo. Per cui, tempo fa hanno dato una loro opinione al riguardo. Partendo però da un presupposto: secondo loro, Patrick Bateman è senza dubbio un assassino. In un’intervista la regista disse:
Penso sia un fallimento da parte mia che le persone continuino a uscire dal film pensando che sia tutto un sogno, e io non l’ho mai inteso così. Tutto ciò che volevo era che fosse ambiguo come lo era il libro. Penso che sia un mio fallimento relativo alla scena finale, perché le ho dato un’enfasi sbagliata. Avrei dovuto lasciare l’epilogo più indeterminato. Sembra che sia successo tutto nella sua testa, e per quanto mi riguarda, non è così.
E la co-sceneggiatrice Guinevere Turner, in un’altra occasione, ha aggiunto:
Alla fine del film Patrick percepisce le cose in maniera diversa, ma questo non significa che non siano reali. Non abbiamo mai voluto che il finale del film fosse ambiguo, volevamo che lo spettatore uscisse dalla sala convinto della colpevolezza di Bateman.
E con queste due dichiarazioni, è davvero tutto. Ora ci possiamo salutare, anche perché: devo restituire delle video cassette.