Vittorio Emanuele Orlando, nato a Palermo il 19 maggio 1860, è stato, per circa un settantennio, uno dei più eminenti studiosi di diritto pubblico tra l’ultima parte del diciannovesimo e la prima metà del ventesimo secolo.
Il suo ingegno, multiforme e poliedrico, fu messo al servizio dell’Accademia, della Politica e dell’Avvocatura, ponendo la scienza giuridica al servizio del prossimo e della Nazione.
Insigne giurista, fu non a caso definito il fondatore della scuola italiana di diritto pubblico.
Fu professore di Diritto costituzionale e di Diritto amministrativo (e per un breve periodo insegnò anche Istituzioni di diritto romano) nelle Università di Messina, Modena, Palermo e Roma. Fondò a Palermo l’Archivio di diritto pubblico che prese nel 1909 il titolo di Rivista di diritto pubblico e della pubblica amministrazione in Italia. Con i suoi scritti – oltre un centinaio di lavori, tra monografie e articoli in rivista, oltre alla promozione del Primo trattato completo di diritto amministrativo italiano, un’opera monumentale i cui volumi furono pubblicati in oltre un trentennio (1900-1932) – ha offerto un contributo innovativo ed essenziale alla scienza giuridica del diritto pubblico italiano.
Il Trattato rappresenta una summa dei princìpi dell’organizzazione e dell’attività amministrativa ed elabora la teoria giuridica del diritto pubblico, mentre con i Principi di diritto costituzionale ed i Principi di diritto amministrativo Egli gettò le basi della moderna giuspubblicistica italiana, riconoscendo autonoma dignità scientifica a quelle discipline rispetto al diritto privato. Avvocato di profonda erudizione, fu anche politico di primario livello, statista e uomo delle Istituzioni.
L’apporto dato da Orlando alla vita politica del Paese ha rivestito importanza storica in numerose occasioni: nel 1903 propose, in qualità di Ministro della Pubblica Istruzione nel II Governo Giolitti (ricoprirà lo stesso ruolo anche nel I Governo Tittoni), l’istituzione della Commissione per l’Edizione nazionale dei manoscritti e dei disegni di Leonardo da Vinci, poi istituita con decreto reale del 12 marzo 1905. Tra il 1907 e il 1917 ricoprì l’incarico di Ministro di Grazia e Giustizia nel III Governo Giolitti e nel II Governo Salandra, e poi di Ministro dell’Interno nel I Governo Boselli. Negli anni 1917-1919 fu nominato Presidente del Consiglio nel delicatissimo momento attraversato dal nostro Paese durante la I guerra mondiale, vivendo la tragedia di Caporetto e la resurrezione del Piave e di Vittorio Veneto. Nel 1919 rappresentò l’Italia nella Conferenza di pace di Parigi, tanto che ebbe l’appellativo di “Presidente della Vittoria”, anche se ciò gli procurò non poche amarezze per non aver potuto far conseguire all’Italia, pur vittoriosa, quanto in precedenza concordato con le altre nazioni.
Dal 1919 al 1920 Orlando fu presidente della Camera dei deputati. Il 10 agosto 1925 dette le dimissioni da deputato e si ritirò dalla vita politica per le sopraffazioni e le violenze subite nelle elezioni amministrative palermitane, dove si era presentato a capo di una lista antifascista.
Si rifiutò di iscriversi al partito nazionale fascista e pertanto dovette abbandonare l’insegnamento nell’Università nel 1931; sicché si dedicò solo alla professione forense.
Tornato all’attività politica dopo la liberazione di Roma, fu eletto all’Assemblea costituente tra i candidati indipendenti proposti dalla Unione democratica nazionale, e presiedette quale decano le prime due sedute dell’Assemblea del 25 e 26 giugno 1946. Non fu, però, designato a far parte della Commissione dei 75 delegata a redigere la bozza della nuova Costituzione. Nominato senatore di diritto in base alla terza disposizione transitoria della Costituzione quale ex Presidente del Consiglio, partecipò ai lavori del Senato sui maggiori temi di politica estera e interna.
Morì a Roma il 1° dicembre 1952.
Prof. Giovanni Leone
(Ordinario di diritto processuale amministrativo, Università degli Studi di Napoli Federico II)