BOROEVIĆ, Svetozar, barone di Bojna in "Enciclopedia Italiana" - Treccani - Treccani

BOROEVIĆ, Svetozar, barone di Bojna

Enciclopedia Italiana (1930)

BOROEVIĆ, Svetozar, barone di Bojna

Adriano Alberti

Feldmaresciallo austriaco, nato a Umetic (Croazia) il 13 dicembre 1856, morto il 13 maggio 1920 a Klagenfurt. Comandante il VI corpo d'armata, si segnalò nella battaglia di Komarów (29 e 30 agosto 1914), ove fu sconfitta la V armata russa, e il 4 settembre fu nominato comandante della III armata. Alla testa di tale grande unità partecipò alla battaglia di Leopoli, la quale, malgrado i successi locali conseguiti dal B., terminò con la ritirata dell'esercito austroungarico (11 settembre), che abbandonò ai Russi circa centomila prigionieri e tutta la Galizia. L'armata del B. nell'autunno del 1914 fu destinata alla difesa dei Carpazî. Nella battaglia di Limanowa (dicembre 1914), nella quale i Russi dopo lunga lotta furono arrestati nella loro avanzata minacciosa verso la Slesia, il B. avrebbe dovuto, scendendo dai monti, attaccare sul fianco sinistro i Russi e produrre la decisione, ma dopo qualche successo, nuovi rinforzi giunti all'avversario costrinsero (Natale 1914) il B. a ritirarsí dopo aspri combattimenti presso Jasło, sino alla cresta dei Carpazî, che difese con grande tenacia. Di fronte agli attacchi ostinati dei Russi il B. seppe cedere poco terreno, senza compromettere la solidità della difesa.

Le forze del B. in unione alla II armata tentarono invano nel marzo di liberare il campo trincerato di Przemysł che il 22 marzo dovette arrendersi. Con le forze rese cosị disponibili i Russi rinnovarono persistenti e sanguinosi attacchi specialmente contro il centro e la destra delle truppe del B., talchḫ fu necessario inviare in rinforzo il corpo d'armata tedesco detto dei Beschidi, con l'aiuto del quale i Russi vennero respinti.

Dopo la battaglia di Gorlice (2 maggio 1915) i Russi furono costretti alla ritirata e l'armata del B. passn̄ all'offensiva contro l'avversario che ripiegava sull'intera fronte. Il 27 maggio 1915 al B. venne affidato il comando della nuova V armata destinata allo scacchiere italiano per la difesa della fronte dal Monte Nero al mare. Da allora il B. rimase nel teatro d'operazioni italiano. La V armata prese dal gennaio 1916 il nome di armata dell'Isonzo; il 23 agosto 1917 essa fu divisa in due armate, la I e II armata dell'Isonzo, le quali costituirono il gruppo d'armata Boroević.

Il B. diresse tutte le operazioni alla fronte giulia: egli ebbe quindi parte preminente nella tenace difesa che l'esercito imperiale oppose alle nostre offensive durante gli anni 1915-16-17: nonostante però il valore delle truppe e l'abilità dei capi e i continui rinforzi tratti dalla fronte russa, la nostra azione poderosa aveva portato l'esercito austriaco vicino allo sfacelo, tanto che l'Austria fu costretta a ricorrere alla Germania, la quale inviò alla fronte giulia un'armata per effettuare l'offensiva di Caporetto. In questa operazione si verificarono fra l'armata di destra del B. e le truppe vicine attriti e contrattempi che diedero motivo a gravi accuse da parte degli avversarî del B. Il generale di fanteria Alfredo Krauss, che fu capo di Stato maggiore delle forze austriache alla fronte italiana e che comandò durante l'offensiva di Caporetto il I corpo d'armata austriaco alla dipendenza della XIV armata tedesca (conca di Plezzo), nella sua opera Die Ursachen unserer Niederlage afferma che il B. rimase troppo lontano dalle truppe operanti e che egli con inopportuni ordini motivati da invidia "salvò la III armata italiana". Il generale austriaco soggiunge che la limitata capacità del B. era ben nota nell'esercito ed anche al comando supremo. Tali aspri giudizî sono un'eco evidente degli attriti esistenti nell'esercito austriaco fra comandanti di differenti nazionalità.

Raggiunto il Piave e partita la XIV armata germanica, la fronte dal mare al Grappa fu affidata al B. (nel febbraio promosso feldmaresciallo), mentre la fronte montana era affidata al Conrad. Nell'offensiva del giugno, secondo il primitivo disegno d'operazione, l'attacco decisivo avrebbe dovuto essere effettuato esclusivamente dal Conrad, mentre un compito soltanto dimostrativo era affidato al gruppo B. Questi avrebbe preferito non dare battaglia, per conservare le forze intatte in vista di una prossima pace; ma, come afferma il generale tedesco Cramon (allora addetto al Comando supremo austro-ungarico) nel suo libro Unser österreichisch-ungarischer Bundesgenosse, il B. non era un uomo da accontentarsi, una volta decisa l'offensiva, d'incarichi secondarî. In tal modo l'attacco, diluito pressoché sull'intera fronte, perdette di vigore e naufragò miseramente. Tuttavia, mentre l'offensiva del Conrad fu stroncata sin dal primo giorno, le truppe del B. riuscirono a passare il Piave e a mantenervisi, sia pure in ristretto spazio, per alcuni giorni; ma il 20 giugno, cioè cinque giorni dopo l'inizio dell'offensiva, il B. dichiarò esplicitamente al Comando supremo che, se si voleva evitare una catastrofe, occorreva ritirare le truppe sulla sinistra del Piave. Dopo una giornata di esitazioni dovute a motivi politici, l'imperatore si piegò alle ragioni militari del B.

L'attacco italiano dell'ottobre 1918 fu da principio diretto contro il gruppo dell'esercito Boroević, prima sul Grappa, dove le truppe imperiali opposero accanita ed efficace resistenza, poi sul Piave. Ma dopo che le forze nostre ebbero guadagnato a viva forza il passaggio del fiume, l'esercito, seguendo l'esempio del paese, incominciò a sconnettersi, e il maresciallo dovette assistere impotente alla ritirata e alla dissoluzione dell'esercito imperiale.

Il B., generale stimato in pace per la sua elevata capacità, si era dimostrato a Komarów comandante di corpo d'armata prudente e nello stesso tempo energico e tenace. Il suo ordine del giorno nell'assumere il comando dell'armata incomincia: "Soldati, io vengo a voi come vincitore..." In realtà il B. d'allora in poi non conobbe più la vittoria vera, perché le sue azioni fortunate furono riflesso di successi altrui. È però certo ch'egli mostrò, sia sui Carpazî sia sull'Isonzo, fermezza ed energia non comuni, non mai smentite durante oltre quattro anni di guerra.

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