SIGISMONDO I Jagellone, re di Polonia e granduca di Lituania
di Giovanni Maver
Enciclopedia Italiana (1936)
SIGISMONDO I Jagellone, re di Polonia e granduca di Lituania
Nacque nel 1467 e morì a Cracovia il 1° aprile 1548; figlio di Casimiro (v.) e di Elisabetta d'Asburgo. Non ebbe, nei primi quarant'anni di vita, alcuna posizione predominante in Polonia, e anche il progetto, dovuto soprattutto al fratello maggiore Ladislao, re di Boemia e Ungheria, di procurargli la Moldavia (convegno di Levoča del 1494), non ebbe successo. Ladislao, alla cui corte S. era vissuto alcuni anni, gli cedette nel 1501 i ducati di Glogau e Tropavia, e, in un secondo tempo, ȧnche la luogotenenza, con estesi poteri, su tutta la Slesia e la Lusazia inferiore. Fu qui che S., in breve volger di tempo, dimostrò qualità non comuni di governatore e amministratore: a Glogau creò intorno a sé una piccola, ma sontuosa corte principesca, circondandosi dì eminenti personalità politiche, quali K. Szydłowiecki e l'umanista P. Tomicki. Prima di morire, il re Alessandro, che non aveva figli, lo designò quale suo unico erede, ma ciò nonostante la sua elezione a re polacco incontrò ostacoli da parte dell'aristocrazia che abbandonò il suo atteggiamento d'opposizione solo quando i Lituani lo ebbero proclamato granduca lituano il 20 ottobre 1506. Allora, per ovviare a possibili tendenze separatiste della Lituania, alla dieta elettiva di Piotrków Sigismondo fu eletto re polacco il 9 dicembre 1506.
La situazione politica, militare e finanziaria dello stato polono-lituano, ereditata da S., appariva densa di minacce e mise subito a dura prova la sagacia e tenacia del penultimo Jagellonide. Ai danni della Polonia si stavano coalizzando i suoi nemici esterni: la Russia - la più pericolosa di tutti - l'Ordine Teutonico e l'Austria d'un lato; i Tatari e i Turchi dall'altro. Azioni immediate, politiche e militari, s'imponevano. Ma le une e le altre erano ostacolate dalle condizioni interne: difficile era conciliare gl'interessi dello stato - e a questi S., sin da principio, volle informare ogni sua attività - con quelli delle grandi masse nobiliari decisamente avviate alla conquista del potere. S. tentò di risolvere i singoli problemi a tappe: evitando ogni urto pericoloso con la Turchia, attaccò subito la Russia. Ma la prima guerra con Moscovia (1507-09) non portò a risultati definitivi, la seconda (1512-1522), a onta della vittoria presso Orsza nel 1514, non condusse alla ripresa della piazzaforte di Smolensk perduta nello stesso anno, e anche la terza campagna (1534-1537) lasciò la situazione politico-militare su questo settore pressoché immutata e si risolse con un armistizio di cinque anni (1537) prolungato sino alla fine del regno di S. Intanto S. aveva liquidato il litigio con l'Ordine Teutonico: prima togliendogli ogni speranza di aiuti da parte austriaca (in seguito agli accordi tra le case di Asburgo e dei Jagelloni al convegno di Vienna del 1515), poi attaccando risolutamente il grande maestro Alberto Hohenzollern (campagna del 1520) e infine accettando la secolarizzazione dell'ordine il cui duca ereditario divenne vassallo leale della corona polacca (1525). Di fronte ai Tatari, che molestavano con pericolose incursioni le zone orientali dello stato spingendosi talvolta fin verso Leopoli e Vilna, la politica di S. fu quella di una vigile e sempre più armata difesa (costruzioni di numerose piazzeforti nelle quali s'installarono piccole, ma agguerrite, milizie confinarie). Riflesso indiretto dell'accrescersi delle potenze russa e turca furono le due campagne contro la Moldavia - vassalla dei Turchi dal 1513 e spesso in buoni rapporti con la Moscovia - che si risolsero con due vittorie dell'etmanno Jan Tarnowski: presso Obertyn nel 1531 e la presa di Chocim nel 1538.
Tutta questa attività militare fu svolta da S. senza l'aiuto di un forte esercito stabile, la cui costituzione, per ragioni finanziarie, aveva ripetutamente incontrato l'opposizione della nobiltà. Così pure S. non riuscì a introdurre le necessarie riforme costituzionali (in Lituania però entrò in vigore, nel 1529, il cosiddetto primo statuto lituano); anzi, la nobiltà, esigendo la rigida "esecuzione" delle leggi esistenti, si rivolse contro gli abusi dei magnati e nello stesso tempo contro i tentativi di accentramento del potere regio (rokosz del 1537). Essa reagiva così anche contro la sempre crescente intromissione nella politica polacca della regina Bona Sforza (seconda moglie di S., sposata nel 1518; la prima moglie Barbara Zapolya era morta nel 1515) che, specialmente dopo la morte dei primi consiglieri di S. - J. Laski (primate di Polonia, morto nel 1531), K. Szydłowiecki (cancelliere, morto nel 1532), P. Tomicki (vescovo di Cracovia e vicecancelliere, morto nel 1535) - era riuscita, anche con l'aiuto di devoti cortigiani, a ottenere un forte ascendente sul re e un'effettiva ingerenza negli affari dello stato. Quali vantaggi e quali danni tale ingerenza abbia apportato alla Polonia è una questione tuttora discussa. Certo è che la regina diede un impulso decisivo al diffondersi del Rinascimento in Polonia, promosso anche dalla sempre maggiore frequenza, da parte della gioventù polacca, delle università italiane. Nello stesso tempo cominciò a diffondersi in Polonia anche la Riforma che vi si irradiava soprattutto dalla Prussia orientale e che trovò un primo punto d'appoggio nella borghesia in parte ancora tedesca. S., cattolico fervente, tentò dapprincipio di opporsi risolutamente al protestantesimo, ma poi, sempre più, abbandonò il suo atteggiamento radicale.
Il periodo di S., che per la sua eta e la sua saggezza fu detto il Vecchio, si distingue per l'aumentato prestigio della Polonia all'estero, per l'ampliamento dello stato (oltre all'incorporazione, come stato vassallo, della Prussia orientale, fu annessa alla Polonia, nel 1529, la Masovia), e specie per il suo rapido arricchimento. Mancò invece a S. l'energia per realizzare le necessarie riforme all'interno e per imporre la propria autorità ai rivali e nemici esterni.
Bibl.: A. Pawiṅski, Młode lata Zygmunta Starego (Anni giovanili di S. il Vecchio), Varsavia 1893; L. Finkel, Elekeyja Z. I., Cracovia 1910; K. Morawski, Czasy Zygmuntowskie, ivi 1922.
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