Chi era Savitri Devi, la musa del neonazismo

Savitri Devi, la musa del neonazismo

Il nazismo stricto sensu nasce e muore con Adolf Hitler e il Terzo Reich, ma il suo messaggio funereo di cui è stato portatore è sopravvissuto ad entrambi. Perché quel messaggio orrorifico si è rivelato resistente alla Storia, all’Uomo, ed è stato trasmesso di generazione in generazione, fino ad oggi, da pensatori, politici e scrittori.

E nel novero di nostalgici di quello che Alfred Rosenberg aveva ribattezzato il Mito del ventesimo secolo, che è lungo, sfaccettato ed include personaggi come Miguel Serrano, George Lincoln Rockwell e David Irving, va inserita una delle figure più controverse ed eclettiche del secondo Novecento: Savitri Devi.

Savitri Devi Mukherji, al secolo Maximiani Julia Portas, è stata una delle figure più intriganti – per quanto controverse – della seconda parte del Novecento. Attivista politica, spia, scrittrice, socialite, occultista, animalista e neonazista; la Devi è stata tutto nel corso dei suoi settantasette anni di vita.

Nata in quel di Lione il 30 settembre 1905, la Devi crebbe in un ambiente multiculturale e multietnico – la madre era inglese, il padre era un francese di origini greche ed italiane –, ricevendo un’educazione improntata allo sviluppo della curiosità, allo studio delle scienze, al rispetto per gli animali e al culto dei padri.

Non ancora adolescente, la Devi già aveva formulato una propria weltanschauung, arricchendo o togliendo elementi dai valori e dagli insegnamenti ricevuti, che avrebbe mantenuto ed esteso nel corso della vita. Studentessa modello, avrebbe lasciato la città natale soltanto dopo aver conseguito due lauree specialistiche ed un dottorato, combinando studi filosofici e scientifici.

L’addio a Lione sarebbe stato seguito da un viaggio alla scoperta delle proprie origini, cioè la Grecia. Qui, nella culla della civiltà europea, la Devi sarebbe stata introdotta agli studi di Heinrich Schliemann sulle svastiche anatoliche, convincendosi del fatto che gli antichi greci appartenessero alla leggendaria razza ariana. E anche lei, di conseguenza, in quanto di origine greca, avrebbe cominciato a credere di essere una degli ultimi ariani.

La passione per il mito della razza ariana si sarebbe trasformata in una vera e propria ossessione per la Devi. E quell’ossessione l’avrebbe condotta dapprima a rinunciare alla cittadinanza francese – preferendole quella greca, nazione di ariani –, dipoi ad effettuare un pellegrinaggio pasquale in Terra Santa alla ricerca del “Gesù ariano” ed infine a viaggiare in India – una delle culle degli ariani.

Il viaggio nel subcontinente indiano avvenne nel 1932 e si sarebbe concluso con la presunta scoperta della verità. Verità che tutto sarebbe nato qui, tra le terre iraniche, il Tibet e la valle dell’Indo, e che l’induismo sarebbe stato la Via degli ariani. Verità che l’avrebbe persuasa ad abbandonare il proprio nome europeo e a rinascere in Savitri Devi, che in sanscrito significa dea del Sole. E verità che l’avrebbe condotta tra le braccia del Terzo Reich grazie al libro A Warning to the Hindus e alla palese e palesata volontà di dedicarsi alla causa dell’indipendenza indiana.

In India, per conto della Germania nazista, la Devi sarebbe stata tante cose: attivista politica per conto dell’Esercito Nazionale Indiano di Subhas Chandra Bose, reclutatrice di soldati per l’Indische Legion e scaltra predatrice di uomini, o meglio di diplomatici britannici, dai quali carpire informazioni utili al fine del sabotaggio dell’impero britannico nell’indosfera.

L’amore per l’India e il nazismo sarebbe stato suggellato definitivamente nel 1940, anno del matrimonio con il bramino filonazista Asit Krishna Mukherij. I coniugi Mukherij, a partire da quel momento, avrebbero congiunto gli sforzi, permettendo all’Asse – in particolare ai giapponesi – di portare a compimento una serie di operazioni di successo nell’indosfera. Il nazismo, come è noto, avrebbe perduto la guerra, ma i Mukherij si sarebbero occupati di preservarne il messaggio per i posteri.

La Devi avrebbe fatto ritorno in Europa nel secondo dopoguerra, vantando cittadinanza britannica – acquisita con il matrimonio con il bramino – e cominciando a viaggiare da parte a parte del continente, in particolare tra le terre germaniche e la Scandinavia, per ragioni di studio.

Arrestata nel 1949 a Düsseldorf, con l’accusa di propaganda nazista, la Devi avrebbe scontato otto mesi presso il carcere di Werl. L’esperienza, lungi dal spaventarla, l’avrebbe convinta ulteriormente della giustezza delle proprie idee. Dietro le sbarre, difatti, avrebbe conosciuto tanti militari nazisti – cioè persone che avevano effettivamente combattuto la Seconda guerra mondiale e vissuto sulla propria pelle il dodicennio hitleriano –, dai quali ebbe modo di conoscere più approfonditamente quell’ideologia che l’aveva affascinata sin dalla gioventù.

Dopo alcuni anni di relativa tranquillità, verso la metà degli anni Cinquanta avrebbe rispolverato il proprio attivismo con più solerzia di prima. Nel 1953 un eremitico pellegrinaggio lungo i luoghi simbolo dell’era nazista e della civiltà germanica – esperienza trasposta in libro cinque anni più tardi, Pilgrimage. Nel 1956 la scrittura della sua magnum opus, The Ligthning and the Sun, nota per i contenuti bizzarri relativi alla spiegazione del nazismo – una sorta di katéchon contro il Kali Yuga – e alla natura di Hitler – ritenuto un avatar del dio Vishnu. Nel 1956 un soggiorno egiziano per salutare l’amico Johann von Leers, reinventatosi ideologo antioccidentalista. E nel 1961 un viaggio madrileno per parlare con l’intoccabile Otto Skorzeny – tra i presunti registi della semileggendaria Organizzazione Odessa.

Personaggio eclettico, con la fama di mistica e fattucchiera, la Devi, nonostante le idee sostenute e propagandate, negli anni Sessanta si sarebbe trasformata in una socialite, cioè in una frequentatrice dei buoni salotti. Salotti che l’avrebbero portata, tra le varie mete, nella famiglia Dior – diventò amica intima di Françoise, nipote del capostipite Christian.

Insegnante e scrittrice, la Devi avrebbe trascorso gli anni Sessanta e Settanta a lavorare ad un obiettivo: l’unificazione dei partiti e dei movimenti nazionalsocialisti sotto un’unica bandiera. È anche a lei che si deve, difatti, la costituzione dell’Unione mondiale dei nazionalsocialisti. Non meno importante, la Devi avrebbe giocato un ruolo determinante anche nella nascita del dibattito negazionista sull’Olocausto.

Firma richiesta dai principali partiti nazi-nostalgici dell’epoca – dall’Union Movement di Oswald Mosley al British National Party di Andrew Fountaine, passando per il Partito nazista americano di Rockwell –, la Devi avrebbe ottenuto, per loro tramite, la diffusione globale dei propri lavori sul Mito del ventesimo secolo, diventando la madrina indiscussa del neonazismo.

Nel 1982, a causa del deteriorarsi delle proprie condizioni di vita, avrebbe deciso di trasferirsi dall’India all’Europa. Dopo dei brevi trascorsi tra Germania e Francia, sarebbe morta a causa di un arresto cardiaco il 22 ottobre dello stesso anno in casa di un amico, a Sible Hedingham (Essex), mentre era in attesa di partire alla volta degli Stati Uniti per parlare ad un convegno organizzato dal Partito nazista americano.

Le sue ceneri, a simboleggiare l’importanza rivestita per l’internazionale neonazista, sono state trasportate dall’Essex ad Arlington, in Virginia, e giustapposte affianco a quelle di Rockwell. Morta e sepolta, come il nazismo prima di lei, le sue idee, per quanto tetre, continuano a vivere e a stregare tutti coloro che sperano in un Quarto Reich.