TORINO-MODENA - Soccerdata - Libri e Storia del calcio

Antefatti

L’ultima difficile battaglia di Trieste ha fatto suonare un piccolo campanello d’allarme in casa Torino, ma ecco che il calendario corre in soccorso alla squadra di Erbstein: il prossimo avversario sarà, infatti, il Modena, compagine che con 22 punti chiude la classifica della Serie A 1948/49, assieme ad una nutrita pattuglia di squadre (Livorno, Atalanta, Pro Patria e Novara); un testa-coda in piena regola, che sembra fatto apposta per rilanciare la marcia verso l’ennesimo scudetto degli Invincibili.

Il Modena è uno degli esempi più lampanti di come si possa rovinare una delle più belle favole di provincia della storia del calcio italiano. La squadra di Alfredo Mazzoni ha conquistato un clamoroso terzo posto nella stagione 1946/47 ed una quinta piazza nella stagione successiva, grazie ad una tattica di gioco simile al Metodo, anche se parzialmente rivista, con il terzino sinistro Braglia che di fatto agiva da ultimo uomo dietro lo sbarramento difensivo. In estate la società, retta da uno strano triumvirato (al presidente storico Adolfo Orsi si sono aggiunti Pignedoli e Barbieri) ha infatti sbagliato tutto quello che si poteva sbagliare.

L’attacco, il punto debole della squadra canarina, è stato rinforzato dall’ala Canali del Seregno, che si rivela però, fin da subito, un flop clamoroso. Inoltre il portiere Corghi, uno dei punti di forza della squadra, viene maldestramente ceduto a novembre al Novara, una delle concorrenti per la salvezza.

Dalla sesta giornata il tecnico Mazzoni, con un atto di puro autolesionismo, decide di abbandonare lo schieramento metodista e di passare al Sistema, il risultato è che la squadra davanti continua a fare fatica a segnare e in difesa incassa sempre più reti. Da due settimane il tecnico gialloblù non è più solo al comando: al suo fianco c’è infatti l’esperto Bepi Girani (ex Venezia e Triestina) che lo affianca nel tentativo disperato di agguantare la salvezza.

In casa Torino, invece, l’atmosfera appare abbastanza distesa: i granata non hanno infatti disputato la classica partita infrasettimanale, dedicandosi quasi interamente ad esercizi ginnici e di tecnica individuale; evidentemente desta più preoccupazione il Bologna (che sarà impegnato contro l’Inter) che questo Modena.

Valentino Mazzola e compagni sono del tutto ignari che la prossima sarà l’ultima gara che disputeranno nel tempio che li ha resi Immortali: il Filadelfia.

Le due squadre

Domenica 17 aprile 1949 a Torino la giornata è calda e afosa tanto che il Torino si presenta all’appuntamento con la divisa estiva: maglia granata a maniche corte, scudetto cucito sul petto e grande colletto bianco.

Il Modena invece indossa la sua classica divisa color giallo in formato estivo con maniche corte, collo a V di color blu, calzoncini e calzettoni di questo stesso colore.

Alle 15.30 entrano sul terreno di gioco (in perfette condizioni, con il manto erboso pressoché intatto) le due squadre, agli ordini del signor Cesare Cappucci della sezione di Roma. Il Torino si schiera quasi con la sua formazione tipo con Bacigalupo a guardia dei pali, Ballarin e Maroso terzini di fascia, Rigamonti stopper centrale, Martelli (al posto di Grezar, tenuto a riposo) nel ruolo di mediano destro, Castigliano mediano sinistro, Loik e Mazzola coppia di interni, Menti, Gabetto ed Ossola il tridente.

Fino all’ultimo Erbstein è stato incerto se dare un turno di riposo a Gabetto per rimpiazzarlo con il francese Bongiorni, ma il tecnico sa bene di non poter assolutamente rinunciare ad un attaccante di manovra come il “Barone”, abile a svariare su tutto il fronte offensivo; Bongiorni, infatti, è il classico ariete veloce e grezzo, tutto dedito a sfondare su linee verticali, che non fa al caso del gioco corale granata, in casa.

Il Modena risponde con una formazione speculare, impostata sul più classico dei WM.

Il portiere è Andrea Corazza, un lungagnone sgraziato nello stile quanto efficace fra i pali, il terzino destro è Arturo Silvestri detto “Sandokan”, forse l’elemento più pregiato della squadra emiliana. Arrivato dal Pisa l’anno precedente per sostituire Remondini, si è adattato con successo al Sistema tanto che in futuro sarà terzino del Milan degli “Svedesi” e della Nazionale e poi, una volta smessi gli scarpini, allenatore di successo in Serie A.

Terzino sinistro gioca Renato Braglia, ovvero il Modena fatto in persona. Nativo di Bomporto, cugino dei fratelli Sentimenti, Braglia ha vestito per quasi vent’anni la casacca dei canarini prima come terzino metodista di grande classe (di fatto un libero ante litteram) e poi come terzino di fascia.

Stopper centrale viene impiegato il capitano Maino Neri, anche lui prodotto del settore giovanile modenese. Nella fortunata stagione 1946/47 il giocatore, nato a Carpi, fungeva da centromediano difensivo frangiflutti davanti alla difesa. Nella Nazionale Olimpica del 1948 un Vittorio Pozzo ormai in difficoltà ebbe la “brillante” idea di schierare Neri, inadatto a marcare i centravanti avversari a causa della sua mediocre statura, nel ruolo di stopper sistemista nel quarto di finale contro la Danimarca con esiti non proprio fortunati (4 a 2 per i pur forti avversari). Mazzoni durante questo campionato ha pensato bene di perseverare nell’errore, continuando a schierare il suo capitano come stopper in difesa… Sarà Alfredo Foni alla guida dell’Inter a ritrovare la giusta collocazione tattica a Neri schierandolo come mediano davanti alla difesa nel suo inedito Catenaccio.

La coppia di mediani a centrocampo è formata da due giocatori tutta sostanza: Malinverni e Menegotti.

Malinverni, tipico prodotto del vivaio vercellese, è un giocatore di mediocre cifra tecnica, ma di grande tempra agonistica. Menegotti è un centrocampista più che dignitoso, che negli anni successivi sarà bandiera dell’Udinese (sarà lui il capitano della formazione friulana che nel 1954/55 raggiungerà un clamoroso secondo posto). Come mezzala destra viene impiegato l’anziano Sergio Bertoni, il regista della squadra, campione olimpico nel 1936 e nella rosa dell’Italia campione del mondo nel 1938. È la classica mezzala metodista d’antan, dotata di grande tecnica e visione di gioco, ma passo abbastanza lento.

Interno sinistro gioca invece il giovane Cavazzuti, ventenne prodotto del vivaio canarino, che negli Anni Settanta sarà storico allenatore delle giovanili modenesi. All’ala destra viene impiegato Romani, pupillo di mister Mazzoni, ala veloce e dal dribbling ficcante; il centravanti è Pernigo, altro giocatore esperto, già col Venezia di Loik e Mazzola (edizione 1941/42), è l’unico calciatore insieme a Gigi Riva, Roberto Bettega, Alberto Orlando, Omar Sivori e Carlo Biagi ad aver segnato una quaterna con la maglia della Nazionale italiana (contro gli Stati Uniti agli ottavi di finale del torneo olimpico del 1948); se il Modena continua a sperare nella salvezza lo deve soprattutto ai suoi sette centri in campionato.

Chiude la formazione, all’ala sinistra, l’ultimo dei fratelli Sentimenti (che per ironia della sorte si chiamava Primo…), elemento duttile e polivalente capace di giocare in ogni ruolo o quasi.

L’allenatore, Alfredo Mazzoni, 42 anni è un modenese D.O.C. che da calciatore aveva collezionato 184 presenze ufficiali in maglia gialloblù. Negli Anni Cinquanta sarà storico vice di Fulvio Bernardini (suo amico e compagno di squadra ai tempi della Roma), mentre negli Anni Sessanta-Settanta tornerà nella sua Modena, alla guida delle formazioni giovanili.

Una strana carriera quella di Mazzoni come tecnico, partita con il “botto” del terzo posto nel 1946/47 e poi inabissatasi quasi improvvisamente nel dietro le quinte del panorama calcistico italiano. In effetti, scorrendo i nomi dell’undici iniziale, sembra quasi impossibile che questo Modena a fine campionato retrocederà dalla Serie A sparendo di fatto definitivamente dai radar del grande calcio italiano (se si eccettua per i due bienni 1962-64 e 2002-04). Dal punto di vista geografico il Modena, come molte squadre dell’epoca, è un mix di giocatori locali (i modenesi Braglia, Neri, Cavazzuti, Sentimenti V) e provenienti da altre regioni italiane (con l’eccezione dei romagnoli Corazza e Romani).

Cronaca della gara

Primo tempo

Al fischio d’avvio dell’arbitro Capucci i diecimila del Filadelfia (cifra abbastanza ridotta) si aspettano un Torino arrembante ed invece i granata, forse confusi dal clima pasquale, vengono sorpresi dal Modena che, imitando la Triestina della domenica precedente, parte subito in quarta, imprimendo ritmo ed aggressività al suo gioco.

Al 13’ un lancio di Bertoni trova mal piazzata la distratta retroguardia granata: la sfera perviene a Cavazzuti, il cui tiro sorprende Bacigalupo, che cerca di deviare la palla col piede, buttandosela invece alle proprie spalle in fonda al sacco. Nella stessa azione Maroso rimedia un brutto strappo muscolare venendo costretto ad abbandonare al 19’ il campo: non c’è proprio pace per il fortissimo difensore granata. Di conseguenza Egri-Erbstein è costretto ad abbassare Loik in mediana e a spostare Martelli a terzino sinistro, con Mazzola che deve agire da trequartista alle spalle delle tre punte.

Il Torino non c’è proprio con la testa: passano pochi minuti ed ancora Cavazzuti avrebbe l’opportunità di chiudere il match, ma il suo tiro viene respinto dal palo, con Bacigalupo battuto. In campo continua ad esserci solo il Modena: su un cross di Romani, Pernigo manca l’appuntamento con la palla, mentre Sentimenti V, sull’altro palo, perde l’attimo fuggente per scoccare il tiro vincente. Così passano i minuti e, seppur in dieci uomini, il Torino cresce e il Modena incomincia a non uscire più dalla sua metà campo. In parziale soccorso ai canarini arriva l’arbitro Cappucci, che fischia falli a senso unico in favore del Modena, che indispettiscono i tifosi di casa.

Al 36’ però l’arbitro romano premia i granata per un fallo veniale di Braglia (gamba tesa ad avversario distante!) che viene punito con una punizione a due. Ossola tocca per Mazzola, il cui tiro è forte, angolato e rasoterra, con Corazza che nemmeno abbozza l’intervento: 1-1. Su questo punteggio le due squadre rientrano negli spogliatoi.

Ossola Torino Modena

Secondo tempo

Nella ripresa il gioco continua ad essere spezzettato, con il signor Cappucci che, ora inizia a punire le plateali scorrettezze dei giocatori emiliani, che ce la stanno mettendo davvero tutta; durante un contrasto Menti rimedia una contusione e resta in campo solo perché già uscito Maroso, ma il Torino di fatto è in nove uomini contro undici modenesi.

Bisogna aspettare la mezz’ora per vedere la prima bella azione dei granata: cross di Menti, sponda di Gabetto, cannonata di Mazzola e miracolosa parata di Corazza. Prosegue il bombardamento del Torino: questa volta al tiro arriva Castigliano, che obbliga il portiere del Modena ad un’altra grande parata in tuffo.

Mancano dieci minuti alla fine: i giocatori del Modena ormai, appena hanno la palla tra i piedi, la spazzano alla bell’e meglio in tribuna, in attesa del triplice fischio dell’arbitro.

Al 39’ però il fortino modenese crolla: cross di Ossola, passaggio smarcante in rovesciata di Castigliano, palla che arriva allo “zoppo” Meo Menti. L’ala destra granata fa partire un tiraccio debole e basso sul quale il lungo Corazza riesce solo a sfiorare la sfera: 2 a 1. Al gol del Torino il Filadelfia esplode in un boato fragoroso, mentre sul campo gli stati d’animo sono contrastanti: i giocatori del Toro esultano come se avessero vinto il campionato mentre alcuni calciatori del Modena si buttano a terra stremati, qualcuno addirittura in lacrime.

Ma non è finita: al 42’ la squadra granata trova il tris con una classica azione da Grande Torino. Fuga di Gabetto sulla fascia, cross al centro per Ossola (divenuto nel frattempo centravanti), sponda per l’accorrente Ballarin (il terzino destro!) che batte Corazza con un preciso diagonale basso.

Scene di calcio totale sul finale degli Anni Quaranta! Con la prodezza del difensore di Chioggia si chiude così una domenica pasquale di festa per il Torino che con questa difficoltosa rimonta riesce a mantenere a +4 il distacco su un Inter che ha sbancato con autorità (1-3) il Comunale di Bologna. Sarà proprio il duello a distanza con i nerazzurri a segnare per sempre il destino di quella grande squadra e a regalare definitivamente alla leggenda il Grande Torino.

Francesco Scabar

Torino-Modena

Il tabellino della partita