Ricomincio da noi Recensione

Ricomincio da noi: recensione della dramedy con Imelda Staunton e Timothy Spall

28 febbraio 2018
3.5 di 5
14

Non solo un feel good movie, ma una celebrazione della vitalità, dell'amicizia e dell'anticonformismo.

Ricomincio da noi: recensione della dramedy con Imelda Staunton e Timothy Spall

Non è mai troppo tardi per imparare a vivere, a divertirsi e a ridacchiare felici come un bambino con un enorme lecca-lecca fra le mani appiccicose, e soprattutto non è mai troppo tardi per indossare un paio di scarpe da ballo ed esibirsi in un mash-up di danze in una palestra, in una strada di Londra e perfino in un teatro di una Roma un po’ da cartolina dove lanciare monetine nella Fontana di Trevi o abbuffarsi di pizza al taglio.
E’ questo il messaggio, forse non originalissimo ma sempre gradito in tempi di poco ottimismo e scarsa prosperità, che trasmette a un pubblico sostanzialmente di over-sixties Ricomincio da noi, il cui titolo inglese (Finding your Feet) significa "rimettersi in piedi" e forse andava lasciato così com'era.

A chi lo trova superficiale e troppo da feel-good movie e a chi da una storia inglese diversa da Notting Hill, o dai film in costume che sembrano dei Bignami dei serial della BBC, si aspettava dinamiche sociali alla Ken Loach e personaggi ingobbiti dalle fatiche del vivere quotidiano verrebbe da dire per prima cosa che le sfumature di malinconia possono essere infinite e che nella dramedy di Richard Loncraine la dura realtà bussa più di una volta ai portoncini delle case disordinate dei vari protagonisti, che pur salvandosi dalla disperazione per via del loro anticonformismo bohemien, non sono affatto esenti da disgrazie in famiglia (a cominciare dall’alzheimer) e dalla difficoltà di elaborare lutti di vario tipo.

Certo, a un primo sguardo Ricomincio da noi appare come l'ennesima storia di una donna tradita dal marito che alla veneranda età di sessant'anni trova l’amore, e sì, il regista non sempre rende giustizia ai suoi attori, incastrandoli in scenette nelle quali sembrano muoversi come cagnolini ammaestrati da un addestratore un po’ burlone. Però, nel nuovo affresco della terza età dell'autore di Alex & Emma - che ci aveva convinto meno di Ricomincio da noi - c'è una bellissima e tenera riflessione sull'amicizia profonda e goliardica, unica vera medicina di questa nostra esistenza che, purtroppo per alcuni, eterna non è. E c'è l’esaltazione di una vitalità squisitamente britannica e arguta che sottintende una giusta ma rispettosa critica della Londra degli snob, dei royal babies, dei "villoni" circondati dalle ortensie e pieni di mensole e vetrinette dove esporre coppe e altri trofei.

Proprio così: Ricomincio da noi, nonostante le sue ingenuità, se la prende con l’ipocrisia e la rigidità dell'upper class del Regno Unito e di chi si vanta di essere di casa al Claridge's, e lo fa anche attraverso un linguaggio libero e timidamente scorretto e attraverso la difesa del diritto ad avere una felice vita sessuale nonostante la forza di gravità, che "tira giù tutto" ma - si spera - non il morale. Vitalità dicevamo, o "il fanciullino" del Pascoli di cui abbiamo studiato a scuola e che quanti si prendono eccessivamente sul serio hanno perso per sempre: è giusto che a ribadirne l’importanza sia una lady paffutella inizialmente a rischio di implosione ed è geniale che la signora in questione sia una donna che per noi sarà sempre la Vera Drake (Imelda Staunton) del film di Mike Leigh, figura dolente, chiusa e imperscrutabile. Il che la dice lunga sui sublimi attori britannici, che in qualche modo non restano mai inchiodati a un personaggio o a un genere: attori come Timothy Spall, che in Turner disgustosamente grugniva e nella saga di Harry Potter era addirittura l'uomo che diventa topo Codaliscia, mentre qui, con un simil borsalino rosso e una sciarpa a quadri e una barca come casa, è a suo modo perfino charmant.

La più brava però, in questo affresco di un'umanità che si è liberata dalle inibizioni e dai discorsi sulle condizioni atmosferiche, in un tripudio di colori caldi e costumi in stile hippie, è Celia Imrie. Proprio lei rappresenta la parte più anarchica e l'anima più vera di un film rientra sì nella categoria grey pound ma poi la supera, invitando le persone giovani magari troppo concentrate sul lavoro a non essere "vecchie dentro", a non sciupare un amore, a rimanere fedeli ai propri desideri e a non lasciare che quel bagliore che tutti abbiamo negli occhi quando veniamo al mondo si spenga. Infine, Ricomincio da noi parla anche alle donne che vivono nell'ombra di uomini dalla personalità forte o dal fine intelletto, a quelle che riflettono la luce del loro compagno, spesso narciso e capriccioso. Svegliatevi, ragazze di ogni età, grida Loncraine sventolando la bandiera del "girl power", ma schierandosi nello stesso dalla parte degli uomini buoni e gentili: perché ce ne sono di uomini buoni e gentili, dice lui. Basta allontanarsi dal centro, dai luoghi del potere e dall'ambizione sfrenata... e se ne incontrano a decine.



  • Giornalista specializzata in interviste
  • Appassionata di cinema italiano e commedie sentimentali
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