Caso Pifferi, in tribunale la mamma che lasciò morire di stenti la figlia: "Mai dato gocce a Diana"
Nuova udienza in Assise a Milano

Caso Pifferi, in tribunale la mamma che lasciò morire di stenti la figlia: "Mai dato gocce a Diana"

"La accudivo come una mamma accudisce un figlio", ha detto la donna in aula. La bimba di soli 18 mesi fu abbandonata nella casa di Milano il 14 luglio 2022 e trovata morta il 20 luglio

Caso Pifferi, in tribunale la mamma che lasciò morire di stenti la figlia: "Mai dato gocce a Diana"
lapresse
Milano - Processo davanti alla Corte d'Assise a carico di Alessia Pifferi

Nuova tappa nel processo a carico di Alessia Pifferi, imputata per aver abbandonato e lasciato morire di stenti la figlia Diana di soli 18 mesi.

La 37enne, accusata di omicidio volontario pluriaggravato, è stata ascoltata stamattina dai giudici nella nuova udienza in Corte di Assise, a Milano, presieduta dal giudice Ilio Mannucci Pacini.

Un fiume in piena che ripercorre le tappe di quel drammatico giorno e di quelli che hanno preceduto la morte della figlia. Rispondendo alle domande del pm Francesco De Tommasi, la 37enne ha spiegato di averla già lasciata sola altre volte, prima di quella fatale.

"L'ho lasciata da sola pochissime volte - ha dichiarato in aula - andavo dal mio fidanzato il fine settimana. Le prime volte la portavo, mentre altre volte la lasciavo a questa amica che non si trova. L'indomani tornavo a casa, di solito". 

"Pensavo che il latte le bastasse - ha proseguito - la lasciavo sola nel lettino, in un lettino da campeggio, ha spiegato, con riferimento a quando usciva di casa per andare dal compagno. Secondo la donna, la bambina "non era in grado di uscire da sola dal lettino ". A chi le chiedeva dove fosse la piccola quando si allontanava per passare serate o weekend con alcuni uomini "dicevo che Diana era al mare con mia sorella oppure con una mia amica".

"Quando tornavo era tranquilla, la cambiavo, le davo la pappa, era tranquilla. La accudivo come una mamma accudisce un figlio: le davo da mangiare, se stava male contattavo l'ospedale, la crescevo, le davo da mangiare e bere per sopravvivere'', ha detto ancora la Pifferi in uno dei passaggi dell'interrogatorio.
 

Milano - Processo davanti alla Corte d'Assise a carico di Alessia Pifferi lapresse
Milano - Processo davanti alla Corte d'Assise a carico di Alessia Pifferi

Nella sua testimonianza Alessia Pifferi ha raccontato la nascita della piccola, nel bagno dell'abitazione dell'allora compagno conosciuto su un sito di incontri. 

''Diana nasce all'improvviso il 29 gennaio 2021, non sapevo di essere incinta, è nata prematura. È stata in incubatrice per un mese e mezzo all'ospedale di Bergamo, non è stato facile essere ragazza madre, ma non ho avuto problemi ad accettarla'' ha raccontato con un tono monocorde.

''Anche a mia madre ho raccontato di essere incinta e che non sapevo chi fosse il padre, ancora oggi non so chi sia'' ha detto la 37enne mentre ricostruiva i mesi della figlia e il su e giù dalla provincia di Bergamo - dove vive l'ex compagno per il quale ''la bambina era un intralcio, diceva che le voleva bene ma non era vero'' - all'abitazione di via Carlo Parea a Milano dove Diana muore il 20 luglio del 2022.

Il giorno in cui trovò Diana senza vita: “Ho tentato di rianimarla”

Il 14 luglio, intorno alle 19, Alessia lascia Diana per andare dall'allora  fidanzato, a cui dice che la piccola è al mare con la sorella, ma il  giorno dopo non torna a casa e non lo farà fino al 20 luglio, sebbene  lunedì 18 è a Milano per impegni di lavoro di lui. 

"Il giorno dopo non sapevo come tornare a Milano perché i soldi erano quelli che erano (in aula ammette già di avere speso i contanti il 20 luglio per tornare in via Carlo Parea, ndr), l'intenzione era di rientrare l'indomani infatti ho lasciato la finestra aperta della camera. Se avessi chiesto a lui di accompagnarmi mi avrebbe risposto che non era il mio ncc  (autista, ndr)". 

Poi confessa che quel lunedì 18 "ho pensato a mia  figlia, ma avevo paura di lui, di farlo arrabbiare" dopo un litigio in strada per un banale caffé. "Volevo tornare da mia figlia, volevo  chiederlo di portarmi a casa ma ero spaventata dalle sue reazioni" e quando il 20 luglio da sola varca l'uscio della porta, per Diana è  troppo tardi. Era morta di stenti con accanto quel biberon che la  madre, pronta a riallacciare i rapporti con la famiglia, le aveva  preparato. 

“Non pensavo potesse succedere una cosa del genere, anche perchè io non ho mai pensato di farla fuori -assicura la donna- ”Non ho mai dato gocce o tranquillanti a Diana. Ero molto legata a lei, era una bambina che piangeva  pochissimo, non mi staccavo mai da lei "tentando quasi di far ricadere sul compagno la colpa di aver abbandonata la piccola di 18 mesi. 

''Quando sono rientrata quel 20 luglio del 2022 ho trovato mia figlia nel lettino, sono andata subito da mia figlia, non ricordo se la porta era aperta o chiusa - ha raccontato la Pifferi nel corso dell'interrogatorio -. L'ho  accarezzata, ma non si muoveva: ho capito che c'era qualcosa che non andava, non era in piedi come le altre volte''. 

''Non era fredda la bambina, ho tentato di rianimarla, l'ho presa in braccia e le ho fatto il massaggio cardiaco. In bagno ho provato a bagnarle le manine, i piedini e la testa per vedere se si riprendeva'' ha aggiunto la donna, senza emozionarsi nel ricordare quei momenti, nell'aula del Palazzo di giustizia di Milano.

La 37enne ha raccontato la corsa verso una vicina di casa per chiedere aiuto e la bugia ''le dissi che avevo lasciato Diana a una babysitter perché ero sotto choc. Tremai, sudai, mi misi a piangere, chiama il 118'', poi la richiesta al compagno - con cui aveva trascorso i giorni in cui la piccola è rimasta sola - di raggiungerla ma ''lui non venne. Piangevo, tremavo, ero sotto choc, capii che non c'era più nulla da fare quando vidi i medici'' ha concluso.

Il funerale della piccola Diana Pifferi nella chiesa dei santi Pietro e Paolo a San Giuliano Milanese Ansa
Il funerale della piccola Diana Pifferi nella chiesa dei santi Pietro e Paolo a San Giuliano Milanese

“Non tornai da Diana per paura del mio compagno”

Rispondendo alle domande del pm, la 37enne ha raccontato che quella settimana si trovava in provincia di Bergamo con il suo compagno. Quando lui, due giorni prima del ritrovamento del corpo della bimba, era dovuto andare a Milano per lavoro, Pifferi lo aveva accompagnato, ma senza passare dalla casa di via Parea in cui la piccola Diana era da sola.

"Io mi preoccupavo di mia figlia - ha detto, - ma purtroppo avevo paura delle reazioni del mio compagno. Avevo paura di parlare con lui, era parecchio aggressivo nel  verbale. Una volta ha anche cercato di sbattermi contro a un vetro in una discussione. Mi preoccupavo per mia figlia ma al tempo stesso avevo paura di chiedergli di portarmi a casa".

In altri passaggi del suo esame in aula, la donna ha spiegato più volte che per il compagno la bambina "era un intralcio". È ancora: "Diceva che le voleva bene, ma non era vero. Mi ha usata e basta".

''Vivo alla giornata, vivo malissimo -ha detto ai pm la donna- perché la mia bambina mi manca tantissimo. Il carcere non è certo un  bel posto. Mi manca mia figlia mi sento spenta, io ero orgogliosa di  Diana''. 

La sorella contro Alessia: “Pentita? Ha sempre recitato”

"Ha recitato tutta la vita. Per lei  la colpa è sempre degli altri.  Spero che si sia davvero pentita. Me lo auguro di cuore che si penta di quanto ha fatto, ma per lei stessa. Ripenso a quella bambina lasciata da sola nel lettino per una settima. Se ne è accorta ora che un biberon non bastava?". A dirlo è Viviana, sorella di Alessia Pifferi, al termine dell'esame in aula  in Corte d'assise a Milano.

"Per me ora - ha proseguito Viviana Pifferi - è impossibile riallacciare i rapporti. Ha vissuto una vita normale, quindi, forse un po' di deficit ce li abbiamo tutti", ma "non da arrivare a queste cose".