Dei matrimoni altrui non sappiamo mai niente. Neanche quando si tratta di persone famose, di cui pure pensiamo di sapere sempre tutto. I cinquant’anni di vita pubblica e privata che Paul Newman e Joan Woodward hanno trascorso da sposati sembravano una sfida all’incredulità dei passanti, una di quelle fortune che capitano a pochissimi. Era impossibile pensare che non si amassero davvero davanti a cinquant’anni di immagini diversissime ma sempre uguali in un unico dettaglio: il modo in cui si guardavano. The Last Movie Stars, il documentario di sei puntate uscito a fine luglio su HBO, è una celebrazione dei due attori e un tentativo di decifrare quel mistero che è la coppia come entità a sé stante, fondata su equilibri che solo due persone al mondo conoscono davvero. Comincia con lei che lo detesta appena le viene presentato dal manager che hanno in comune, e poi se ne innamora durante le prove di una pièce teatrale in cui lei era una sostituta. La pièce era Picnic, per la quale William Inge vinse il Pulitzer: per Newman rappresentò il debutto a Broadway e la nascita di un’infatuazione che sarebbe durata tutta la vita. Stando a lui, era stata Joanne col suo desiderio a cucirgli addosso il personaggio dell’affascinante spaccone che l’avrebbe reso un sex symbol planetario, ma che non corrispondeva affatto alla sua personalità: «

“Newman come oggetto sessuale era pura invenzione, non è mai stato connaturato alla persona. Come ho fatto a inventarmi questa sensualità, film dopo film? Non l’ho fatto. Bisognerebbe organizzare una parata in onore di Joanne come creatrice del simbolo”.

A ventott’anni, sposato con un’altra e padre di tre figli, Paul L. Newman iniziò quindi la sua vita come Paul Newman la star in potenza, al fianco di Joanne Woodward. Entrambi erano iscritti all’Actors Studio, dove studiarono recitazione con Marilyn Monroe e James Dean, ed erano amici di Gore Vidal che li definì “le ultime star del cinema”.Nel 1958, Woodward vinse l’Oscar come migliore attrice protagonista – il punto più alto della sua carriera – e pochi mesi dopo i due si sposarono. Allora iniziò quell’inesorabile inversione dei ruoli che potrebbe essere riassunta in una frase di Michele Mari, scritta a proposito dei suoi genitori: “da allora lui non ha mai smesso di salire e lei mai di scendere”.Woodward stava a casa, a badare alle tre figlie avute da Newman, e intanto lui diventava una star. Anni dopo, Woodward avrebbe ammesso che non era stato facile rinunciare a quel sogno che invece il marito stava realizzando, mentre lei doveva barcamenarsi tra le sempre più rare offerte di lavoro e la famiglia. “Spero che i miei figli capiscano che, anche se ho adorato ciascuno di loro, se dovessi rifare tutto da capo forse non avrei dei figli. Gli attori non sono bravi a fare i genitori”. L’ironia della sorte voleva che Paul Newman avesse sempre ritenuto Joanne quella talentuosa tra loro due. Lui era quello che si impegnava, che aveva avuto la fortuna di nascere con degli occhi di un blu incredibile e un viso da statua greca, ma senza il dono del talento. In compenso aveva una buona dose di autoironia, che sconfinava nell’autocritica. Una delle sue battute riguardava un suo possibile epitaffio: “qui giace Paul Newman, che morì da fallito perché i suoi occhi divennero castani”.

Gli occhi non gli si scurirono mai. Newman continuò a essere sognato dalle donne, ammirato dagli uomini, voluto da registi e produttori perché con la sua sola presenza poteva decidere le sorti di un film. Ci furono tradimenti - di lui, di lei non si sa - e voci di un divorzio imminente, l’alcolismo di lui che spinse la moglie a buttarlo fuori di casa – durò finché non raggiunsero un accordo: avrebbe bevuto solo birra – la sua passione per le corse in automobile. Ci fu la tragedia del figlio Scott, che Newman aveva avuto dal primo matrimonio, e che morì di overdose a nemmeno trent’anni. Ma c’era anche lei come entità distinta e separata, fin dal mantenimento del suo cognome da nubile: con una carriera che continuava a farle vincere premi e riconoscimenti, e il suo ruolo di mentore di un piccolo gruppo di giovani attori che la adorava, tra cui Allison Janney e Sally Field. Guardando il documentario, viene da formulare un’ipotesi: che la coppia Newman&Woodward sopravvisse all’astro di Paul Newman perché la star senza Woodward non esisteva. Erano una storia molto americana: gli orfani cosmici che si erano trovati pronti a unire i loro destini, l’eroe vuoto che sposa lo spirito libero per assorbire un po’ della sua energia. Guardando il documentario è difficile non provare pena per i figli, esclusi e allo stesso tempo coinvolti in quell’amore monadico e tempestoso; nonché per la prima moglie di lui, Jacqueline Witte, anche lei con velleità d’attrice, che Newman tradì e infine lasciò per Woodward.

Sembra che furono una coppia fortunata. Ebbero una vita non facile, come tutti: con momenti difficili e altri che richiesero un grande sforzo per stare insieme. Furono fortunati perché, come dice una delle figlie nel documentario, “quando lui morì c’era un sacco di gente nella stanza, ed era tutta gente che gli voleva bene, ma penso che avrebbe dovuto esserci solo mia madre. Perché alla fine, sull’isola deserta, credo che lei fosse l’unica persona che lui avrebbe davvero voluto con sé”.