Primo film alla regia per la cantautrice Margherita Vicario che debutta al cinema con una commedia musicale. Uscito lo scorso 11 aprile nelle principali sale italiane, questa storia è un inno alla sofferenza e alla forza delle donne. Ma è anche e soprattutto un omaggio alle centinaia di orfane cresciute, fino ai primi dell’ottocento, negli istituti religiosi di Venezia venendo istruite alla musica senza avere mai la possibilità di mostrare il proprio talento al mondo intero.

“Gloria!”, recensione

Italia, primi dell’800.
In un orfanotrofio poco distante da Venezia, Teresa (Galatéa Bellugi) vive e lavora come sguattera. L’istituto religioso Sant’Ignazio, diretto da Padre Perlina (Paolo Rossi), ospita un gruppo di orfane che sono cresciute lì dentro sapendo poco e niente dell’universo misterioso che prende vita al di fuori di quelle mura e di quel cortile. Tutte le ragazze sono state istruite alla musica sin da bambine, tranne quelle più povere destinate a lavorare come cameriere. Ma Teresa la musica la conosce, con notevole maestria suona il piano, sa comporre, possiede un talento acerbo e selvaggio per le melodie più esuberanti. Ha orecchio e ogni suono e rumore che la circondi solletica la sua fantasia vibrante, scatenando la creazione di componimenti dal ritmo pulsante e vivace.

È come se dentro di lei, intimamente, si nascondesse un animo ribelle e caotico, a dispetto della sua indole remissiva e taciturna. Sì, perché Teresa non parla; sono tutti convinti che sia muta, ma ha una passione innata per i bambini ai quali le piace insegnare a suonare gli strumenti creati con dei mezzi di fortuna. Ogni giorno si consuma le mani, coi polpastrelli ormai ruvidi e uno spesso strato di sporcizia cinerea sotto le unghie, a furia di grattare padelle, strofinare vecchi gradini di legno, strizzare stracci logori, raccogliere mucchi di foglie in giardino e lavare lenzuola immergendole nell’acqua gelida. Ma, proprio come Cenerentola, le appartiene un aspetto fine e regale che davvero non si addice ai lavori pesanti: ha la carnagione chiarissima, gli occhi verdi e una chioma liscia di capelli biondi che le arriva fin sotto le spalle.

Anche lei, come tutte le altre, è rimasta sola al mondo. I suoi genitori sono morti, così come il resto della sua famiglia, uccisi dai francesi quando era ancora bambina. È una sofferenza bruciante, quasi insopportabile, vedere quelle ragazze che vivono lì insieme a lei studiare una materia che così tanto l’appassiona e non poter fare altrettanto. Scorgere quell’espressione dimessa e rassegnata padroneggiare sul suo bellissimo volto è letteralmente straziante.

Ed è ancor meno facile vedere Lucia (Carlotta Gamba), una delle residenti dell’istituto che ha accesso alle lezioni di musica, trattarla come fosse la sua serva personale. L’aspetto così angelico e delicato della bellezza di Lucia, che ha grandi occhi azzurri, pelle color latte e capelli chiarissimi, contrasta spiccatamente coi suoi atteggiamenti maligni e viziati. Dispone però, anche lei, di un grandissimo talento da musicista e compositrice. Se la prima ha una notevole propensione per i ritmi audaci e innovativi, la seconda è austeramente focalizzata sulla tecnica e nello studio delle sinfonie classiche. Ella s’accompagna volentieri con le sue migliori amiche Bettina (Veronica Lucchesi), Marietta (Maria Vittoria Dallasta) e Prudenza (Sara Mafodda) che però sono più dolci e meno diffidenti dei confronti di Teresa.

Un giorno viene recapitato un pianoforte a padre Perlina che decide di nasconderlo in uno stanzino in attesa di decidere cosa farne. Padre Perlina millanta di possedere una grande autorevolezza come compositore, ma la verità è che non è capace neanche a riempire la prima riga di uno spartito. Non gli appartiene alcuna velleità artistica, è un prete truffaldino e insoddisfatto che nasconde la sua omosessualità repressa, che ha una fascinazione romantica per un giovane che lo manipola affinché lo riempia di regali e di soldi, e che sfoga le sue insoddisfazioni sulle ragazze del convento con modi rudi e piccoli dispetti da villano. Vedrà rapidamente crescere la sua ansia, riversandola ancor di più sulle sue studentesse con piccole malvagità, quando gli verrà comunicato che tra qualche settimana il nuovo Papa, Pio VII, farà visita all’istituto pretendendo di assistere a un concerto interamente scritto proprio da Perlina stesso.

Nel frattempo Teresa, Lucia e le sue amiche scopriranno il pianoforte nascosto e decideranno di fare un patto: ogni notte si ritroveranno tutte insieme per studiare e comporre, a turno, la loro musica sperando di riuscire a suonare le loro creazioni proprio al concerto per il Papa. Volta dopo volta, impareranno a conoscersi e a stringere un sodalizio affettuoso e affiatato nel quale ritrovare la famiglia che ciascuna di loro ha perso da piccola.

“Gloria!”, critica

La cantautrice e attrice Margherita Vicario debutta al cinema, nel ruolo di regista, col suo primo lungometraggio intitolato “Gloria!”. Il film è dedicato a tutte le donne orfane, di Venezia, che fino al 1807 vissero negli istituti religiosi studiando tecnica musicale. Proprio in quell’anno un decreto napoleonico chiuse la maggioranza di questi collegi, lasciando che il talento di gran parte di quelle studentesse cadesse nell’oblio della dimenticanza.

Ciò che colpisce maggiormente di questa splendida pellicola sono proprio le sonorità ritmate e incalzanti. A queste si accompagnano l’ottima recitazione di tutto il cast, una gradevole fotografia che incarna perfettamente le ambientazioni dell’epoca ottocentesca e le storie commoventi delle giovani protagoniste. Se da una parte troviamo una rivendicazione della libertà femminile e dei suoi diritti a lungo violati, dall’altra troviamo anche una rappresentazione fedele e sofferta delle differenze tra classi. Questo è un film che parla del dolore delle donne e della loro necessità soffocante di riscatto, ma anche di solitudine, di infanzie brutalizzate, dell’innegabile potere che avevano (e che hanno tutt’ora) le ricchezze monetarie sul destino di un singolo individuo. Un tempo, anche se si rimaneva orfani, la famiglia in cui si nasceva era determinante per scrivere il futuro di un’intera esistenza.
Ma siamo davvero sicuri che non sia tutt’oggi ancora così?

Personalmente ho scoperto in questa storia una piccola perla che mi ha scaldato il cuore. Se questo è l’inizio da regista per Margherita Vicario, non c’è che da aspettarsi una lunga carriera di splendidi successi.
Unica nota negativa: giusto verso il finale, improvvisamente, il film si perde un pochino in una narrazione che diviene, per un istante, grottesca per poi riprendersi nelle ultime scene.
3,8 stelle su 5.