TROPPE LUCI INQUINANO IL CIELO, E LA VITA SULLA TERRA

Perdendo l’oscurità

L'inquinamento luminoso è in aumento in tutto il mondo, sia per intensità che per estensione geografica. Lo spreco di luce ha costi finanziari, impatta l’ambiente ed è responsabile di emissioni di gas serra. In un numero speciale, la rivista Science ha pubblicato cinque articoli che discutono i danni dell'inquinamento luminoso e le soluzioni normative e tecnologiche che potrebbero contribuire a mitigarne gli effetti

     16/06/2023

La città di Chicago, vista dall’alto attraverso nuvole sparse, con la costa del lago Michigan in basso. È visibile un ampio inquinamento luminoso proveniente da fonti quali lampioni, edifici commerciali, veicoli e strutture ricreative. La luce che si propaga verso il cielo (e non verso il basso) non svolge alcuna funzione utile, ma è abbastanza luminosa da rivelare la pianta della città e penetrare attraverso le nuvole. Crediti: Science

La vista della Via Lattea è ormai un lusso che pochi, al mondo, possono concedersi. Persino in montagna o in mezzo al mare, dove le stelle hanno sempre riempito il cielo notturno, le luci provenienti dalle città vicine impediscono l’oscurità. E se da un lato l’illuminazione notturna ha molti vantaggi dei quali hanno beneficiato cittadini e attività umane, dall’altro troppo spesso i tempi e i luoghi illuminati sono eccessivi, invadenti e dannosi: provocano inquinamento luminoso.

“Hello darkness my old friend, I’ve come to talk with you again”, cantavano Paul Simon e Art Garfunkel. Ma il rischio, se continuiamo a illuminare le nostre città, è che l’oscurità, vecchia amica, non la conosceremo più.

E non è solo una questione di vista: l’assenza di oscurità influenza i ritmi biologici, confonde molte specie animali e vegetali, ha conseguenze sulla salute di cui si discute da tempo. Tanto che la rivista Science ha deciso di dedicare a questo problema un numero speciale che esamina gli effetti dell’inquinamento luminoso sul mondo naturale, sulla salute umana e sul cielo notturno, e discute di come si possa misurare il livello di inquinamento luminoso e di cosa si possa fare per diminuirlo.

Non è la prima volta che Science presta attenzione alla questione del cielo notturno. All’inizio di quest’anno, infatti, aveva pubblicato un articolo in cui gli autori avevano analizzato l’andamento della luminosità del cielo negli ultimi 11 anni, a cui seguivano previsioni preoccupanti per il futuro. Se vogliamo continuare a vedere le stelle, occorre agire subito sulla regolamentazione dell’illuminazione notturna: questa la conclusione. A questo si aggiunge anche l’inquinamento provocato dalle costellazioni di satelliti in orbita bassa, di cui si era discusso in una serie di articoli dedicati allo stesso tema e pubblicati, stavolta, dalla rivista Nature Astronomy.

L’aspetto positivo dell’inquinamento luminoso è che, a differenza dell’inquinamento atmosferico, non si accumula. Basta spegnere le luci e il nastro si riavvolge immediatamente. Un ulteriore beneficio della riduzione dell’illuminazione notturna, poi, è la diminuzione degli sprechi in termini di energia elettrica, e quindi dei relativi costi finanziari e delle emissioni di gas serra associate. Sebbene i lampioni siano la forma più evidente di illuminazione esterna, l’inquinamento luminoso deriva spesso da edifici, veicoli, pubblicità, impianti sportivi e molte altre fonti. E spesso i responsabili di queste fonti di illuminazione non si rendono conto di provocare un inquinamento che danneggia l’ambiente. Un’attenta progettazione, un uso appropriato della tecnologia e una regolamentazione efficace possono assicurarci di mantenere i benefici della luce artificiale di notte, riducendo al minimo i suoi effetti nocivi.

Ma veniamo agli articoli pubblicati su Science. Uno per uno, passano in rassegna tutti coloro che, a causa dell’inquinamento luminoso, subiscono dei danni. In un primo contenuto l’attenzione è rivolta a piante, animali e interi ecosistemi: la perdita del cielo notturno sta causando la perdita di habitat, l’interruzione delle reti alimentari e il declino delle popolazioni di insetti. Nell’articolo si evidenzia come le specie rispondano all’inquinamento luminoso in vari modi, spesso diversi da quelli delle altre specie, rendendo difficile lo sviluppo di metodi universali per mitigare gli impatti negativi della luce in un ecosistema.

Avrete poi certamente sentito parlare del ritmo circadiano, quella specie di orologio interno di cui siamo dotati (noi esseri umani, così come gli animali e le piante), e che naturalmente regola la veglia, il sonno e la produzione di ormoni sulla base del momento della giornata e delle attività che, naturalmente, gli sarebbero consone. Peccato che, sempre più spesso, si lavora invece di riposare, si dorme mentre fuori è pieno giorno, e molte palestre, supermercati e locali sono aperti 24 ore al giorno, per consentirci di non perdere nemmeno un’occasione nella giornata. Ebbene, secondo un altro studio in cui si discute la risposta del corpo umano alla luce notturna, si mettono in evidenza le disuguaglianze nelle risposte fisiologiche di diverse popolazioni al variare dei livelli di esposizione all’inquinamento luminoso. Si parla, in particolare, degli effetti sul sistema visivo, circadiano e neurocomportamentale dovuti all’esposizione ai lampioni urbani, alle arene sportive all’aperto e alla pubblicità illuminata. Il risultato: l’esposizione continua alle luci notturne affatica il sistema visivo, altera la fisiologia circadiana, sopprime la secrezione di melatonina, compromette il sonno e aumenta il rischio di sviluppare patologie croniche.

E veniamo finalmente a chi, a causa dell’inquinamento luminoso, vede un sensibile peggioramento delle proprie possibilità lavorative: gli astronomi. Professionisti, ma anche amatori e divulgatori. Qui la regolamentazione è più che mai urgente, scrivono gli autori dello studio. Tra le fonti di inquinamento in rapido aumento per gli astronomi ci sono le grandi costellazioni di satelliti in orbita, le interferenze a radiofrequenza e la diffusione dell’illuminazione a Led che produce più luce blu rispetto alle tecnologie precedenti. Senza contare che molti dei luoghi in cui sono collocati i telescopi sono anche luoghi turistici in cui le fonti di inquinamento luminoso garantiscono anche maggiori servizi in questo settore, inasprendo il conflitto di interessi.

Infine, gli ultimi due articoli riguardano aspetti più pratici e tecnici, che considerano gli attuali limiti nella misurazione dell’inquinamento luminoso e le leggi attualmente in vigore. Fra i punti sollevati, ad esempio, c’è che per studiare nuove strategie di mitigazione occorre migliorare il metodo di misura e rilevazione dell’inquinamento – attualmente troppo influenzato dalle condizioni meteorologiche – in modo da inquadrare meglio il problema e le sue cause. Una questione di non secondaria importanza, quando si parla delle leggi e delle norme attualmente in vigore per regolamentare l’inquinamento luminoso, è la percezione del problema da parte dei cittadini – ovvero dei fruitori dell’illuminazione – e dei decisori politici: secondo quanto riportato nell’ultimo articolo della serie, una migliore comunicazione delle emissioni di carbonio e degli sprechi economici dell’inquinamento luminoso, che ponga enfasi sui livelli sicuri ma non eccessivi di illuminazione esterna, potrebbe convincere il pubblico e gli utenti commerciali a ridurre l’inquinamento luminoso che generano.

Per saperne di più:

Leggi su Science gli articoli della special issue Losing the darkness:

Correzione del 20/06/2023: abbiamo sostituito il termine ‘bioritmo’ – qui improprio – con ‘ritmi biologici’.