“Fagioli e l’illusione di quella chiamata. Sentenza Figc? Un po’ un’ipocrisia”

“Fagioli e l’illusione di quella chiamata. Sentenza Figc? Un po’ un’ipocrisia”

Il dottor Jarre, psicoterapeuta che cura il centrocampista della Juve per la ludopatia, racconta il percorso a 40 giorni dalla fine dei 7 mesi di squalifica per aver scommesso anche sul calcio

TORINO - Tra quaranta giorni Nicolò Fagioli avrà scontato la squalifica, dopo il patteggiamento tra la Procura federale e i suoi legali, di dodici mesi, 5 dei quali commutati in prescrizioni alternative (dieci incontri pubblici e percorso terapeutico specifico), per gioco d’azzardo su piattaforme illegali. Il gong è fissato per domenica 19 maggio (giorno di Bologna-Juventus) e il centrocampista, che continua ad allenarsi con i compagni alla Continassa, potrà tornare nella lista dei convocati per l’ultima giornata di campionato, Monza-Juventus del 26 maggio. Per il ragazzo è stato un inverno lungo e impegnativo, "ma sta rispondendo positivamente alle terapie" sottolinea il dottore che lo ha in cura, lo psicoterapeuta Paolo Jarre, che vanta 40 anni di esperienza nel campo delle patologie delle dipendenze, con una specializzazione negli ultimi decenni proprio nel contrasto al gioco d’azzardo e nella cura della ludopatia.

Dottor Jarre, come sta Fagioli?

"Partecipa regolarmente a incontri settimanali, mette in atto tutte le prescrizioni che gli vengono date, continua anche con gli incontri pubblici di testimonianza. Mentre la squalifica calcistica sta quasi per finire, il mio lavoro con lui ancora no perché la terapia richiede un periodo minimo di almeno un anno e noi abbiamo iniziato soltanto a ottobre".

L’ha contattato il giocatore o la Juventus?

"No, è stato direttamente Fagioli: si era informato su quali fossero le possibilità in Piemonte e gli avevano dato il mio nominativo. Prima mi occupavo di tossicodipendenza, poi con l’emergere del gioco d’azzardo, anche per l’espansione dell’offerta commerciale, mi sono concentrato su questo problema".

C’è differenza tra dipendenza da droga, alcol e gioco d’azzardo?

"È molto simile negli aspetti psicologici e neuropsicologici, perché è un comportamento che attiva determinati circuiti neurobiologici, è invece differente negli aspetti esteriori: il gioco è legale e addirittura sponsorizzato, non è un veleno come l’alcol o alcune droghe. Però anche il gioco dà conseguenze sulla qualità della vita e sulla salute: si trascorrono molte ore a giocare sottraendole al sonno e ai ritmi regolari della vita, alle relazioni famigliari. La vita del giocatore assiduo è sicuramente di stress".

Che tipo di paziente è Nicolò?

"Appare un po’ fuori dallo stereotipo del calciatore 'viziato', è una persona riflessiva e consapevole. Però non c’è intelligenza o sensibilità che protegga dalla vulnerabilità verso questa tipo di dipendenza. È abbastanza imprevedibile, si poggia in parte su base genetica in parte su base personale, ma totalmente 'interclassista'".

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Fagioli, il dottor Jarre sul rischio di recidiva

Il fatto che Fagioli abbia preso coscienza del problema è stato un aiuto importante nella terapia?

"Quando uno chiede aiuto non dico che è a metà del percorso ma ne ha fatto un buon tratto: sul gioco azzardo e l’alcol, che sono comportamenti legali, è molto frequente che le persone neghino il problema".

Il gioco d’azzardo è un problema diffuso: quanti giovani in Piemonte sono affetti da ludopatia come Fagioli?

"In Piemonte sono stimati tra i 35 e i 50 mila soggetti con significativi problemi di gioco d’azzardo. Di questi, 4-5 mila sono ragazzi scolarizzati, adolescenti tra i 14 e i 19 anni. In totale, in cura nei servizi pubblici sono mille: la proporzione di chi chiede aiuto è piccolissima perché richiede un gesto di umiltà".

Il fatto di avere tanti soldi facilita la dipendenza?

"No, né la facilita né la complica. Inizialmente può dare il senso di poter controllare il gioco perché uno può permettersi di scommettere. Poi però il gioco è fatto per fare perdere il controllo alle persone, se uno ha mille si gioca mille, se ha un milione gioca un milione. Da intrattenimento diventa trattenimento e poi dipendenza, come è accaduto a Nicolò: il paradosso è che gli scommettitori pensano di poter recuperare con lo stesso strumento con cui hanno perso, in realtà più giocano e più perdono, è una legge matematica stabilita dal banco".

C’è il rischio di una recidiva?

"Non si può mai dire nei comportamenti di dipendenza di aver raggiunto la guarigione: si può raggiungere una stabilità, una remissione, ma la vulnerabilità rimane. Curare la fragilità è riconoscerla, l’indole non la si può cambiare: la cura è fatta nel riconoscimento di questa fragilità. Non servono atteggiamenti da super eroi o nascondere la polvere sotto il tappeto, ma bisogna abituarsi a 'vivere con la porta aperta'. Il desiderio di scommettere può ricomparire perché mi devo premiare per una cosa bella che ho fatto oppure mi devo consolare per una circostanza negativa che mi è accaduta. I fattori di rischio per le recidive ci sono e gran parte del lavoro clinico è proprio costituito dalla prevenzione della recidiva".

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Jarre sul ritorno in campo di Fagioli

Il calcio che posto ha in questo momento della vita di Fagioli?

"Una delle fantasie che lui coltiva senza farsi illusione è quella degli Europei. Abbiamo ricordato insieme la vicenda di Paolo Rossi, squalificato per due anni per calcioscommesse, era rientrato a giocare a fine maggio come sta succedendo a Nicolò, e allora Bearzot lo aveva convocato per il Mondiale, che l’Italia vinse e lui fu capocannoniere. Un esempio evocativo, anche se le circostanze erano diverse perché Fagioli non è stato squalificato per illecito sportivo, non ha mai scommesso sulla propria squadra".

Come dice lei, è un’illusione più che una speranza la chiamata di Spalletti...

"È uno stimolo, sarebbe importante se Spalletti ne tenesse conto dal punto di vista educativo perché arriverebbe un messaggio forte per gli altri giovani che hanno lo stesso problema: se ci si cura, si ottengono risultati anche nella propria professione. Ovvio che a Nicolò manchi giocare a calcio, ma più ancora gli manca lo spogliatoio prima e dopo la partita. Se gli avessero dato un mese in meno di squalifica, avrebbe avuto più tempo per cercare di strappare la convocazione in azzurro".

A proposito di squalifica, la sentenza della Figc è stata innovativa...

"Certo, è la prima volta che la giustizia sportiva commuta una parte della squalifica in una prescrizione terapeutica. Fagioli ha aperto una strada in Italia, ma non ha tanto digerito la squalifica perché non ha commesso un illecito. È un po’ un’ipocrisia: se un calciatore si rovina scommettendo su altri sport e diventa ricattabile alla Federcalcio non interessa, l’importante che non scommetta sul calcio. Ma quello che rende vulnerabile un giocatore è scommettere d’azzardo...".

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Dopo la squalifica quale sarà l’impatto di tornare a giocare a calcio?

"Il rientro in campo è un momento delicato: ci sarà il piacere del gioco e dei successi, però comporta anche il rischio di dimenticare, invece lui deve ricordarsi tutti i giorni non per un motivo morale ma per proteggersi. Il cerchio non si chiude: finisce la squalifica ma non la cura, bisogna vedere se mantiene l’impegno con se stesso, deve lavorare su quello".

Quanto hanno inciso gli affetti, il club, i compagni di squadra sulle cure?

"Gli affetti sono fondamentali, sono curativi. Nicolò può contare su una relazione stabile che dura da cinque anni. Il fatto poi che la Juventus gli abbia rinnovato il contratto è un segno di fiducia e di responsabilizzazione per lui".

Ci vuole tanta forza di volontà?

"Umiltà, forza di volontà, ma soprattutto, quello che è più difficile in tutti i ragazzi, la predisposizione alla programmazione della propria attività, a pianificare di riempire i vuoti, a prendere degli impegni con se stesso".

Con che cosa ha sostituito le scommesse in termini di passione ed emozione?

"Fa molta attività sportiva, gioca a tennis e a padel, frequenta i suoi vecchi amici, ha ripreso ad andare più spesso in famiglia, dalla mamma e dal fratello, fa una cura di attività normali: il problema di fondo è che niente di questo determina quell’immediata sensazione di euforia come una scommessa a pochi secondi dall’esito".

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TORINO - Tra quaranta giorni Nicolò Fagioli avrà scontato la squalifica, dopo il patteggiamento tra la Procura federale e i suoi legali, di dodici mesi, 5 dei quali commutati in prescrizioni alternative (dieci incontri pubblici e percorso terapeutico specifico), per gioco d’azzardo su piattaforme illegali. Il gong è fissato per domenica 19 maggio (giorno di Bologna-Juventus) e il centrocampista, che continua ad allenarsi con i compagni alla Continassa, potrà tornare nella lista dei convocati per l’ultima giornata di campionato, Monza-Juventus del 26 maggio. Per il ragazzo è stato un inverno lungo e impegnativo, "ma sta rispondendo positivamente alle terapie" sottolinea il dottore che lo ha in cura, lo psicoterapeuta Paolo Jarre, che vanta 40 anni di esperienza nel campo delle patologie delle dipendenze, con una specializzazione negli ultimi decenni proprio nel contrasto al gioco d’azzardo e nella cura della ludopatia.

Dottor Jarre, come sta Fagioli?

"Partecipa regolarmente a incontri settimanali, mette in atto tutte le prescrizioni che gli vengono date, continua anche con gli incontri pubblici di testimonianza. Mentre la squalifica calcistica sta quasi per finire, il mio lavoro con lui ancora no perché la terapia richiede un periodo minimo di almeno un anno e noi abbiamo iniziato soltanto a ottobre".

L’ha contattato il giocatore o la Juventus?

"No, è stato direttamente Fagioli: si era informato su quali fossero le possibilità in Piemonte e gli avevano dato il mio nominativo. Prima mi occupavo di tossicodipendenza, poi con l’emergere del gioco d’azzardo, anche per l’espansione dell’offerta commerciale, mi sono concentrato su questo problema".

C’è differenza tra dipendenza da droga, alcol e gioco d’azzardo?

"È molto simile negli aspetti psicologici e neuropsicologici, perché è un comportamento che attiva determinati circuiti neurobiologici, è invece differente negli aspetti esteriori: il gioco è legale e addirittura sponsorizzato, non è un veleno come l’alcol o alcune droghe. Però anche il gioco dà conseguenze sulla qualità della vita e sulla salute: si trascorrono molte ore a giocare sottraendole al sonno e ai ritmi regolari della vita, alle relazioni famigliari. La vita del giocatore assiduo è sicuramente di stress".

Che tipo di paziente è Nicolò?

"Appare un po’ fuori dallo stereotipo del calciatore 'viziato', è una persona riflessiva e consapevole. Però non c’è intelligenza o sensibilità che protegga dalla vulnerabilità verso questa tipo di dipendenza. È abbastanza imprevedibile, si poggia in parte su base genetica in parte su base personale, ma totalmente 'interclassista'".

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