Recensione su Insider. Dietro la verità (1999) di lamettrie | FilmTV.it
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Insider. Dietro la verità

Regia di Michael Mann vedi scheda film

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La recensione su Insider. Dietro la verità

di lamettrie
8 stelle

Un gran film sul male del capitalismo e – fenomeno correlato- sulle menzogne del giornalismo corrente, eccezion fatta per i rari casi di gente che rischia la carriera per contribuire al bene pubblico.

Onesto, non fa sconti alla triste verità. né retorica. La triste verità è che il male fatto, scientemente, dagli imprenditori (qui quelli del tabacco) hanno enormi possibilità di finire impuniti. Perché? Perché hanno fatto soldi sui tumori della gente.

Ma, in particolare, perché hanno fatto soldi: tanto basta. I quali danno loro la possibilità di usare il massimo di avvocati e pubblicità – e, dunque, anche di stampa e politica – per il loro arricchimento criminale. Criminale perché basato sul consapevole occultamento dei mali che fanno per guadagnare ancora di più – e si tratta di persone già ricchissime, purtroppo!

«La stampa è libera…solo per chi la possiede!» Una corretta sententia sul senso del giornalismo nel capitalismo: con le sue disuguaglianze, le sue ingiustizie.   

Del tutto verosimile tutto il codazzo, criminale e paramafioso, di intimidazione e minacce che la multinazionale del tabacco mette in atto contro chi fa il suo dovere civico, di informare la società tutta su mali contro cui tutelarsi.

Notevole anche la sottolineatura sui ricatti, gravissimi: sulla vita privata, sulla condizione economica, che costringe ad accettare patti immorali… Che comunque non si dovrebbero mai fare. Che potrebbero essere sempre infranti, come il protagonista fa, a costo di mettere a repentaglio tutto: famiglia, carriera, reputazione in senso lato…  

Splendido l’impegno morale di questo dirigente: impegno che però andava già impiegato prima, senza prostituirsi a interessi criminali solo per i propri vantaggi, di denaro e carriera. Ma «meglio tardi che mai», come si dice per i pentiti.

Corretto anche il ritratto di sua moglie: una nullità umana, che ha sposato un uomo soprattutto, se non solo, per i vantaggi economici che da ciò derivavano (infatti divorzia appena lui non è più il servo fedele dei capitalisti). Memorabile il suo terrore nel vedere svanire il tenore di vita alto: ma non perdevano certo la sopravvivenza dignitosa, anzi! Eppure per lei il senso della sua relazione, da opportunista approfittatrice e nullafacente, era terminato.

Il film di Mann, come al solito, è un po’ troppo lungo, specie nella prima parte; ma anche tecnicamente mirabile. Lo si dice per la colonna sonora, per la fotografia del friulano Dante Spinotti, per la media della recitazione, per la gestione della molteplicità dei personaggi…

Splendido poi l’affresco sulla redazione giornalistica. Di chi vive sul momento, in quanto sull’attualità; e deve avere fiuto nel cogliere la percezione di ciò che la realtà offre. Il giornalista, interpretato superbamente – come sempre - da Pacino, ha grandi valori morali: per questo è incompatibile col capitalismo, che lo accetta solo nella misura in cui è un utile strumento affine propri disegni. Ma quando non c’è più tale convenienza reciproca, lui deve essere espulso: infatti si licenzia. «Ho fatto venir fuori i ladri in doppiopetto»: dovrebbe essere un merito per tutti i giornalisti.

Un giornalismo serio al servizio della verità, incardinato sulla promozione del bene pubblico medio: quello che dovrebbe essere l’unico giornalismo, qui si vede invece pressoché come un’utopia. Infatti funziona molto meglio come macchina di menzogna, di propaganda, tanto più forte quanto più ricca è la capacità criminale del ricco e /o del potente che se ne serve, al fine di ingannare e far soffrire il mondo per i propri vantaggi. Ma non ha alternative, se vuole sempre più soldi. Purtroppo. Perché i costi sociali della delinquenza dei pochi ricchi – ormai ci sono le prove anche sociologicamente – sono ben più alte di quelli dei molti non ricchi.

Ma gli eroi del pentito, e del giornalista moralmente impegnato per l’interesse di tutti, qui si vedono per quel che sono. Nella loro sofferenza, nella loro carriera tarpata. Mali, questi, che però sono minori, per loro e per le moltitudini, dei vantaggi che hanno dal dare vantaggio alla felicità media umanità tutta, nel complesso.   

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