Solimano il Magnifico, padre di un impero

Solimano il Magnifico, padre di un impero

Altezzoso ma riservato nel contempo, ambizioso e all’occorrenza abile diplomatico, Solimano condusse l’impero ottomano all’apice dello splendore, inducendo l’Europa a tremare davanti ai suoi eserciti

Principe e Signore della Felice Costellazione, Cesare Maestoso, Sigillo della Vittoria, Ombra dell’Onnipotente: per diventare tutto questo, Solimano il 30 settembre 1520 salì su un’imbarcazione a remi chiamata caicco e si sedette a poppa fra cuscini di velluto, stoffe di seta e alcuni eunuchi bianchi che stavano in piedi davanti a lui. A diciassette anni fu governatore di una grande provincia e a ventisei, alla morte del padre Selim I, Solimano divenne sultano degli ottomani. Il terzo giorno della cerimonia della sua incoronazione andò incontro al suo popolo indossando una ricca veste d’oro, ricamata di perle e diamanti, e con in testa un altissimo turbante ornato di una serie di pennacchi formati da piume d’airone che simboleggiavano le diverse parti del mondo soggette al sultano.

Ritratto di Solimano conservato nella Biblioteca Nazionale di Parigi. Il suo turbante si componeva di strati di mussola e piume di airone reale

Ritratto di Solimano conservato nella Biblioteca Nazionale di Parigi. Il suo turbante si componeva di strati di mussola e piume di airone reale

Foto: Bridgeman / Index

Ai piedi del letto Solimano aveva fatto incidere uno dei suoi motti preferiti: “Se il Principe non va di persona alla guerra e non affronta il pericolo, sia certo che la più parte delle sue imprese non avranno successo”. Infatti, il sultano dirigeva personalmente le campagne militari e il suo sguardo si spingeva ben oltre i confini dell’impero, che crebbe considerevolmente con il passare degli anni.

In Europa era noto come “Solimano il Magnifico o il Grande”, per il suo popolo egli era “Solimano Kanuni”, il Legislatore, poiché la sua attività politica fu tesa a integrare la legge sacra tradizionale, sharî’a, con una legislazione, chiamata kanûn, intesa a regolare ogni aspetto della vita dello stato. Da una sontuosa e organizzatissima corte, il sultano governò un impero che si estendeva in molte terre dell’Occidente e comprendeva popolazioni molto diverse tra loro; Solimano si occupò in particolare dei giannizzeri, un corpo di fanteria tra i più celebri e potenti dell’esercito ottomano, ai quali impose come unica fonte di reddito i bottini di guerra. Grazie a questi uomini, che più volte decisero le sorti dell’impero, egli conquistò Belgrado e Rodi, occupò Budapest e assediò Vienna, combatté i veneziani a Corfù e riportò vittorie nelle campagne militari in Persia e in Ungheria facendo vacillare tutte le teste coronate più potenti d’Europa e dell’intero bacino del Mediterraneo.

Durante la sua ottava campagna continentale europea contro Massimiliano II d’Asburgo, nella notte tra il 5 e il 6 settembre 1566, il Magnifico, mentre riposava nella sua tenda, morì e fu riportato in patria imbalsamato. Accanto alla tomba fu posta la scimitarra con la faccia rivolta verso il nemico a testimonianza della sua morte in guerra. Lasciò ai suoi successori, primo fra tutti il figlio Selim II, un impero che nessuno dei sultani successivi seppe mantenere, la cui potenza, prosperità e ricchezza non fu mai recuperata. Per governare un regno così vasto e multietnico erano necessarie notevoli doti politiche e amministrative, ma non solo: Solimano fondò il proprio governo sulla tolleranza e sul rispetto delle diverse popolazioni che erano confluite sotto il suo potere. È passato alla storia come uno dei più grandi principi che per il suo carattere e le sue imprese avrebbe impressionato una vastissima parte della posterità.

Copricapo in oro e pietre preziose appartenuto a Solimano. Museo del Palazzo di Topkapi, Istanbul

Copricapo in oro e pietre preziose appartenuto a Solimano. Museo del Palazzo di Topkapi, Istanbul

Foto: Topkapi Museum / Art Archive

Il sultano dei sultani

Solimano visse una giovinezza improntata sul rigore e sullo studio. Ancora bambino fu inviato nei palazzi reali di Costantinopoli, dove fu istruito nell’uso delle armi e apprese le scienze, la storia, le lingue, le lettere e la teologia con la severa meticolosità propria dei turchi. La sua educazione, che gli sarebbe stata molto utile in futuro, fu influenzata dalla presenza di alcuni paggi di origine cristiana che un giorno sarebbero diventati i suoi visir, i suoi pascià, i suoi generali e governatori. Proprio negli anni dell’infanzia Solimano conobbe e si affezionò a Pargali Ibrahim, uno schiavo che divenne il suo più fidato consigliere una volta salito al trono.

Di statura media e di membra ben proporzionate, Solimano era bruno di carnagione, con la fronte ampia e gli occhi neri un po’ sporgenti dall’orbita, sopracciglia prominenti, il naso aquilino, le labbra sottili e i baffi spioventi. Nell’ultimo periodo della sua vita, quando cominciò a essere indebolito dall’età e dagli acciacchi, fu tormentato dalla gotta e dall’idropisia, dal gonfiore alle gambe, dall’inappetenza e soggetto a svenimenti e deliqui.

La ricca e multiforme personalità, il portamento altero e pieno di riserbo, l’intelligenza vivace e riflessiva al tempo stesso, facevano di Solimano un uomo piuttosto rivolto alla meditazione e al giudizio che non alla rapida sintesi, di carattere fiero e deciso, ma non crudele, dal momento che gli eccessi paterni e l’assenza di rivalità familiari avevano inclinato il suo animo piuttosto verso l’amore della giustizia che non verso la prepotenza. Il grande bisogno umano dell’affetto della famiglia e degli amici lo portò ad amare intensamente Mustafà, suo figlio primogenito, Ibrahim, l’amico di sempre, ma anche il braccio destro e uno dei suoi gran visir, e Rossellana, la favorita del suo harem divenuta sua moglie: il suo sentimento per loro era cieco e tutti e tre esercitarono una fortissima influenza nella sua vita. Pur essendo un uomo politico immensamente abile, Solimano mancava del gusto e del talento prettamente orientali dell’intrigo. Era uno statista che sapeva mettere i suoi nemici nel sacco in modo perfetto, sapeva mostrarsi implacabile e inesorabile verso i ministri e i subalterni che lo ingannavano o lo deludevano, ma si fidava fin troppo ciecamente di quelli che gli erano cari. L’amore e la fiducia incondizionata in Rossellana, colei che più di tutti seppe approfittare delle sue debolezze, lo spinsero a commettere tragici errori.

Rossellana diede a Solimano cinque figli, uno dei quali, Selim, gli sarebbe succeduto al trono. Ritratto di Rosselana di Anton Hickel. 1780

Rossellana diede a Solimano cinque figli, uno dei quali, Selim, gli sarebbe succeduto al trono. Ritratto di Rosselana di Anton Hickel. 1780

Foto: AKG / Album

Solimano era un despota assoluto e rispondeva delle sue azioni solo di fronte alle leggi del Corano. Per tutto il corso del suo lungo regno, durato quarantasei anni, i suoi atti furono, con qualche rara eccezione, saggi, temperati e ispirati a un criterio di tolleranza. La sua gratitudine non mancava quasi mai di ricompensare quanti lo servivano a dovere e, per questo, era ben servito. Soldato leale, il Magnifico sapeva imporre disciplina a tutte le sue truppe, anche nei momenti della ritirata, e dimostrava di possedere genio non solo in battaglia, ma anche al tavolo delle trattative.

Era un assiduo studioso delle imprese di Alessandro Magno e teneva un diario delle sue campagne militari. La passione per la matematica era superata soltanto dall’interesse per la storia. Saggio e acuto uomo politico, il sultano aveva un gusto tipicamente orientale per il fasto e l’effetto drammatico. Durante le cerimonie, infatti, Solimano era una figura di impressionante splendore e dopo i diciotto giorni di sontuosi festeggiamenti in occasione della circoncisione dei suoi tre figli, nel giugno 1530, si cominciò a parlare di un imperatore con una potenza formidabile e di un’incalcolabile ricchezza e per tutta l’Europa echeggiò il nome di colui che sembrava meritare davvero il titolo di ‘Magnifico’.

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Un impero rinascimentale

Nel XVI secolo Costantinopoli era già una capitale cosmopolita e la sola ad avere una larga apertura sul mondo. Ai tempi di Solimano l’impero ottomano, fortemente centralizzato e senza frazionamenti, era il solo vero impero internazionale senza pari.

Solimano nella battaglia di Mohács (Ungheria), nel 1526. Miniatura in 'Storia delle conquiste in Europa di Solimano il Magnifico'. Biblioteca, Palazzo di Topkapi

Solimano nella battaglia di Mohács (Ungheria), nel 1526. Miniatura in 'Storia delle conquiste in Europa di Solimano il Magnifico'. Biblioteca, Palazzo di Topkapi

Foto: Bridgeman / Index

Il Rinascimento europeo, che aveva beneficiato dell’apporto culturale di uomini insigni venuti in Italia da Costantinopoli in cerca di rifugio prima e dopo la conquista della città nel 1453 per mano di Maometto II, influenzò il sultano, il quale attuò importanti riforme e si fece promotore delle belle arti. Non fu infatti soltanto soldato e amministratore, ma anche uomo di cultura: Solimano riformò il sistema feudale dell’impero, fece vivere in armonia venti diverse etnie di sudditi, fondò scuole e dispensò beni alla classe degli ulema, i dotti nelle scienze religiose nel mondo musulmano. Riformò e migliorò l’amministrazione civile e militare, insistendo molto sul dovere dell’imparzialità nei riguardi di tutte le classi sociali, destituì o condannò a morte i piccoli e grandi funzionari corrotti e stabilì imposte lievi.

Bandì il vino, poiché astemio, ma non il caffè, introdotto a Costantinopoli nel 1554, dal momento che negli spacci nati in città egli ravvisava altrettante scuole utili alla diffusione della cultura e a una più civile pratica dei rapporti sociali, dove uomini d’ingegno, oratori, soldati ed esperti di politica potevano trovare grande ispirazione. Con Solimano la Sublime Porta, ossia il governo ottomano, entrò per la prima volta in regolari relazioni diplomatiche con stati esteri. Molti artisti, anche stranieri, sperimentarono il mecenatismo del sultano. Durante il suo regno si ebbe una grande fioritura nel campo dell’arte e gli scrittori dell’epoca gettarono le basi per la fondazione di una letteratura nazionale; Istanbul divenne il centro intellettuale dell’islam.

Alle imponenti e superbe opere di Mimar Sinan, il più insigne architetto turco dell’epoca, il sultano aggiunse il rifacimento di acquedotti e strade e predispose altri importanti lavori pubblici. In tutto l’impero non vi era alcuna città che egli non avesse abbellito in modo considerevole.

Situato tra il Corno d’Oro e il Mar di Marmara, il palazzo di Topkapi fu residenza e centro amministrativo dell’impero ottomano dal XV al XIX secolo

Situato tra il Corno d’Oro e il Mar di Marmara, il palazzo di Topkapi fu residenza e centro amministrativo dell’impero ottomano dal XV al XIX secolo

Foto: Funkystock / Age Fotostock

Solimano parlava l’arabo e il persiano, comprendeva l’italiano e dedicava molto tempo alla lettura. Era particolarmente innamorato della novellistica persiana e delle leggende di Alessandro Magno narrate dal poeta persiano Nizami. Inoltre, amava molto la musica e possedeva discrete conoscenze di astronomia e come il suo antagonista, Carlo V, era appassionato di orologi e dell’arte di misurare il tempo. Grazie all’impulso da lui impresso, lo splendore e il prestigio del suo impero sopravvissero a lungo.

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Per saperne di più

I signori degli orizzonti. Una storia dell’impero ottomano. Jason Goodwin, Einaudi, Torino, 2009
Il divano di Istanbul. Alessandro Barbero, Sellerio, Palermo, 2015

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