Barca_della_vita
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In questo appunto di storia si illustra la vita di Maria Josè del Belgio, moglie del principe Umberto, regina al suo fianco per pochissimo tempo, attivista all'interno della sua corte durante la seconda guerra mondiale, donna amante della cultura e sprezzante della nobiltà.

Dall’infanzia a corte all’incontro con Umberto di Savoia

Maria nasce a Ostenda, una città portuale del Belgio, il 4 agosto 1906. Il padre è Alberto I del Belgio mentre la madre è Elisabetta di Wittelsbach, entrambi molto amati dal loro popolo tanto che durante la proclamazione rispettivamente di re e regina il 23 dicembre 1909 essi hanno avuto un’accoglienza straordinariamente calorosa.
È bene, inoltre, notare che il loro è stato il primo giuramento sia in francese che in fiammingo.
Maria cresce insieme ai suoi due fratelli maggiori, Leopoldo e Carlo Teodoro, in una corte fondata sulla cultura greca e latina oltre che quella moderna e su idee tendenzialmente socialiste. È aperta anche ad accogliere personalità importanti, portatrici di innovazioni, come intellettuali e scienziati del calibro di Albert Einstein. Non a caso la giovane fin da subito inizia a suonare il pianoforte e il violino ed è appassionata di sport, soprattutto di alpinismo.
Studia anche la lingua italiana al collegio della Santissima Annunziata a Villa di Poggio Imperiale, a Firenze, in funzione del suo predestinato matrimonio con Umberto di Savoia.
Particolarmente duri sono stati gli anni della Prima guerra mondiale trascorsi in Inghilterra frequentando il convento delle Orsine di Brentwood mentre Alberto I è alla guida del proprio esercito ed Elisabetta si occupa della cura dei feriti. È in questo contesto che incontra per la prima volta il suo futuro marito al castello di Lipsida nel 1916.
Maria conclude la sua formazione scolastica nel 1919 nel convento delle suore del Sacro Cuore al castello di Linthout.

Matrimonio con Umberto di Savoia e rapporti freddi con la nobiltà

L’ 8 gennaio 1930 convola a nozze con Umberto di Savoia nella Cappella Paolina del Quirinale e, subito dopo l’impartizione del sacramento, i due sposi incontrano Pio XI, pontefice dal 1922 al 1939. In realtà dal primo incontro tra i due al matrimonio trascorrono quattordici anni che hanno portato con sé radicali cambiamenti tanto che, nonostante l’unione fosse stata già decisa dalle due casate per rinsaldare i rapporti tra italiani e belgi, a questa altezza storica, non tutti sono pienamente convinti di questa decisione. Un forte inasprimento della situazione è anche il tentato attentato al principe Umberto di Savoia a Bruxelles da parte di Fernando di Rosa il 24 ottobre 1929 perché testimonia di aver "voluto uccidere il principe ereditario di una casa regnante che aveva ucciso la libertà di una grande nazione". Nella pratica un colpo di pistola mancato mentre il bersaglio stava rendendo omaggio al milite ignoto lo condanna al carcere fino al 1932.
D’altro canto, Umberto non ha ereditato quella rigidità di maniere tipica della monarchia dei Savoia che lo ha portato ad avere sempre rapporti freddi con il padre, il re Umberto I.
In ogni caso, i due sposi passano il loro primo periodo insieme a Torino dove Umberto acquisisce il titolo di colonnello e comanda il novantaduesimo reggimento di fanteria mentre Maria preferisce mantenere le distanze dalla nobiltà sabauda e dalle amicizie strette del marito per ricavarsi dei momenti per sé. Questo atteggiamento continuerà anche quando la coppia si sposterà a Roma dove, in una delle camere del Quirinale, ella avrà un pianoforte a coda e sarà allietata dalla visita di uomini di cultura come Alfredo Casella, Massimo Bontempelli, Silvio d’Amico, Fosco Maraini, Ugo Ojetti. In segreto riesce anche ad incontrarsi diverse volte con Benedetto Croce, tenuto sotto stretto controllo dalla polizia.
Nel 1933 Umberto e Maria si trasferiscono a Napoli ma ancora i rapporti con la nobiltà sono cortesi ma distaccati e nutriti da diffidenza reciproca. Qui nascono tre figli della coppia: Maria Pia, Vittorio Emanuele e Maria Gabriella. La loro quarta figlia, Maria Beatrice, verrà alla luce nel 1943. Tutti loro sono stati lasciati alla cura della madre e dalla tutrice montessoriana, la signora Paolini.
A causa dello scoppio della Seconda guerra mondiale la famiglia regale è costretta a ritornare a Roma ed abitare le stanze del Quirinale.

Affrontare la Seconda guerra mondiale come “l'unico uomo di Casa Savoia”

I rapporti con Mussolini e la sua propaganda fascista non allettavano né Maria né Umberto. D’altro canto, il duce, secondo le parole registrate da Yvon De Begnac, così descrive la donna: “La principessa Maria José è gelosissima delle proprie prerogative di futura regina. Le difende una per una, ossessionata dall’idea di venirne rapinata. La principessa esercita, su quel sistema, un’influenza ragguardevole. Il monarca l’avverte alleata e fedele ai suoi programmi di custode dei pochi privilegi rimasti alla corona. La figlia prediletta di re Alberto darà filo da torcere a tutti i maestri della successione al trono. La principessa Maria José intrattiene col capo del governo rapporti di apparente cordialità. Ma i suoi legami con la finanza internazionale, propri della sua originaria famiglia, non possono non rendermi sospettoso. L’ambiente, a lei caro, della haute aristocrazia romana, nobiltà nera e nobiltà di recente investitura, che va dai Colonna agli Acquarone, non è tra i più favorevoli al regime”.
Definisce, inoltre, i Savoia non “Principi ereditari” ma “Principi di Piemonte”.
Dalla sua parte, però, Margherita tesse una fitta rete di sincere amicizie con intellettuali, antifascisti, persone ritenute fuorilegge, generali come Achille Starace, Ettore Muti, Roberto Farinacci, Alessandro Pavolini, Emilio De Bono, Italo Balbo, Cesare Maria De Vecchi, Giuliana Benzoni.
Una tecnica simile è stata attuata durante il conflitto vista la sua ferma convinzione che l’Italia non era pronta alla guerra e per evitarle inutili stragi sarebbe stato opportuno sconfiggere Mussolini.
Per tale motivo si adopera per creare, all’interno della casata, una fitta rete di uomini politici, generali e personalità che andranno poi a formare il movimento antifascista: Umberto Zanotti Bianco, Ugo La Malfa, Carlo Antoni, Ferdinando Arena, Ivanoe Bonomi, Elio Vittorini, Alcide de Gasperi, monsignor Montini.
Nel 1940 convoca celatamente a Roma Baldo e Amedeo D’Aosta esortandoli ad intervenire contro Mussolini e nel 1942 Pietro Badoglio.
Il suocero, re Vittorio Emanuele III di Savoia, ad un certo punto, però, le vieta di continuare questa sua opposizione politica e le ordina di rifugiarsi nella residenza estiva dei Savoia a Sant’Anna di Valdieri.
Appresa via radio la firma dell’Armistizio di Cassabile, nel 1943, lei e i figli riescono a scappare a Montreux. In Svizzera riprende la sua attività di resistenza insieme a Ludovico Einaudi e riesce persino a mandare armi ai partigiani.
Rientra in Italia solamente verso la fine della guerra, nel 1945, scortata prima dai suoi pochi uomini di fiducia e in seguito dai partigiani fino a Racconigi.
A giugno ritrova il marito Umberto ma ormai il rapporto tra i due è rovinato.

Dal dopoguerra all’esilio e morte

Maria José in questo periodo è ispettrice del Corpo delle infermiere volontarie della Croce Rossa Italiana e visita le località più distrutte a causa del conflitto.
Il 9 maggio 1946 mentre stava ritornando a Roma da Cassino apprende la notizia dell’abdicazione del re a favore del figlio nonché suo marito Umberto. Maria diventa, conseguentemente, regina ma, secondo le fonti, non è molto attiva politicamente e sente ormai la fine della monarchia. Il 2 giugno 1926 si vota il referendum Monarchia-Repubblica e secondo la testimonianza della figlia, la madre avrebbe votato scheda bianca mentre avrebbe scelto per la Costituente Giuseppe Saragat.
Il 5 giugno Maria parte per Napoli e il 6 per il Portogallo, giorno in cui inizierà il suo esilio dall’Italia per quarantuno anni. In seguito si trasferisce a Merlingue, in Svizzera.
Nonostante viaggi molto la donna è sola perché ha pessimi rapporti con il marito che morirà nel 1983 e con i figli che la definiscono autoritaria e difficile da sopportare.
Il 23 dicembre 1987 viene definita inapplicabile la XIII disposizione transitoria e finale della Costituzione per cui è lecito per Maria tornare il Italia dove arriva solo il 1 marzo 1988 per assistere in Valle d’Aosta ad un convegno su sant’Anselmo.
Muore a Ginevra, qui ospitata dal 1996 della figlia Maria Gabriella, il 27 gennaio 2001. Secondo le sue disposizioni viene sepolta nell’abbazia di Hautecombe accanto alla tomba di Umberto.