Chi è Marcelo Rebelo de Sousa, presidente del Portogallo
Marcelo Rebelo de Sousa La Presse)

Chi è Marcelo Rebelo de Sousa

Il Portogallo è una nazione che guarda soprattutto a sinistra. Le tendenze ideologico-culturali, però, non hanno impedito al presidente Marcelo Rebero de Sousa di divenire l’immagine pubblica dei portoghesi, tanto in patria quanto nel mondo. Il presidente portoghese non è solo la massima autorità statale, ma qualcosa di più: de Sousa è tanto amato da mettere d’accordo quasi tutte le forze politiche, in maniera trasversale.

Se de Sousa avesse fatto politica in Italia, allora sarebbe stato definito, con molta semplicità, un democristiano. Poiché Marcelo Rebero de Sousa opera in Portogallo, nel socialista Portogallo, la sua parabola politica è dovuta passare da un’operazione partitica che, a pensarci bene, sembra essere stata pensata su misura. L’exploit di de Sousa, che è stato eletto come presidente per la prima volta cinque anni fa, avviene nel 2016, con il 52% dei consensi alle elezioni presidenziali. Poi, pochi giorni prima del febbraio del 2021, la riconferma, con quasi dieci punti percentuali in più. Il Partito Socialista, maggioritario al governo con il premier Antònio Costa, si è quasi scansato, forse certo del fatto che non sarebbe stato competitivo con una candidatura opposta al leader uscente. Usando una terminologia proprio di questi tempi, si direbbe che de Sousa è un unificatore della nazione. Un vero costruttore, che nel primo quinquennio è riuscito a conquistare un consenso ben al di là degli steccati ideologici.

Certo, non si può dire che le ultime elezioni presidenziali, complice la pandemia, siano state partecipate dagli elettori, ma la vittoria di de Sousa era comunque stata telefonata da tempo, al netto del successo dei sovranisti di André Ventura, che si candidano però per costituire una spina del fianco dei due principali partiti portoghesi. Il Partito Socialdemocratico, ossia la formazione cui fa riferimento de Sousa, è schierata con Il Partito Popolare Europeo nel Parlamento di Strasburgo e Bruxelles. De Sousa è un moderato, ma in bioetica – uno dei grandi spartiacque della contemporaneità – ha posizioni abbastanza in linea con quelle che, in termini di schieramenti dottrinali, vengono chiamate idee “tradizionaliste”. Anzi, a dirla tutta de Sousa sembra aver tracciato una parabola simile a quello dei uno dei suoi riferimenti centrali: papa Francesco, che è stato un oltranzista in bioetica ai tempi dell’arcivescovato di Buenos Aires in Argentina, ma che ora, almeno su un tema specifico, e cioè le unioni civili, sembra aver cambiato idea in maniera abbastanza radicale. Qualcosa di simile, come vedremo, riguarda de Sousa.

Il rieletto presidente è quindi un centrista, che tuttavia non può essere correlato allo sviluppo, peraltro sempre più impetuoso, di correnti politico-culturali tagliate sul cattolicesimo democratico e sul progressismo legislativo, con un’attenzione particolare riservata ai “nuovi diritti”. Quelli che la base cattolica proprio non approva.

Il Papa non è un amante degli estremismi. Il presidente de Sousa è tutto fuorché un estremista. Due elementi che non per forza preludono ad una intesa, ma in questo caso sì. I due hanno avuto modo di conoscersi meglio quando, nel luglio del 2019, papa Francesco si è recato in visita apostolica presso il santuario di Fatima. Il colloquio privato con de Sousa che ne è seguito è stato forse sottovalutato dalle cronache, ma crediamo che il Papa abbia trovato in quella circostanza un interprete della sua visione del mondo. L’esponente del Partito Socialdemocratico risiede nel centrodestra, ma si distingue di gran lunga della piattaforma programmatica del populismo-sovranista. E sappiamo cosa Bergoglio pensi del “ritorno” dei nazionalismi sullo scacchiere politico continentale e non solo. Il primo vero grande banco di prova per il secondo mandato di de Sousa è rappresentato da una battaglia che a papa Francesco non può che stare a cuore: in Portogallo la maggioranza populista sta cercando di liberalizzare le pratiche eutanasiche. Bergoglio, che ha di recente aperto alle unioni civili, ma che per il resto si è sempre dimostrato fermo sui “valori non negoziabili”, guarderà con attenzione l’evolversi del quadro, forse sperando che de Sousa, nei limiti del possibile, freni la discesa del Portogallo verso il “pendio scivoloso”.

Spesso e volentieri Donald Trump è stato accusato da sinistra, durante il suo mandato presidenziale, ma anche prima, per aver sfruttato elettoralmente l’onda lunga della sua fama televisiva. Il tycoon, prima di candidarsi alla Casa Bianca, conduceva The Apprentice, un reality show che ha fatto fortuna ed è stato anche imitato. Provenire dallo spettacolo, quando si scende in politica, può fornire assist facili agli avversari, ma non nel caso di de Sousa, che da giornalista televisivo ha avuto modo di farsi conoscere all’intera nazione per le sue qualità di forza tranquilla. Molto più simile alla Cdu di Angela Merkel e ai Repubblicani francesi che ai populisti dell’Afd o ai lepenisti del Rassemblement National, il presidente de Sousa ha qualcosa in comune con il leader dell’altro lato del centrodestra, e cioè la destra: pure André Ventura ha il tesserino da giornalista in tasca, ma non solo. Ventura, prima di avventurarsi in politica, ha svolto la professione di avvocato, mentre de Sousa, dal canto suo, si è dapprima laureato in Giurisprudenza, per poi divenire un professore di diritto amministrativo presso l’Università della sua città natale, Lisbona. Similitudini, in qualche modo, che fanno comprendere meglio quale tipo di personalità ricerchi l’elettorato portoghese. Per quanto riguarda il giornalismo, vale la pena sottolineare un aspetto: de Sousa non era una cronista, ma un analista politico. L’attuale presidente ha sempre avuto una certa capacità di misurarsi con le vicende riguardanti la gestione degli affari istituzionali.

Per comprendere a pieno la traiettoria politica di de Sousa, bisogna inserire due parole chiave: trasversalità e tranquillità. Il presidente rieletto del Portogallo, quando è stato eletto nel 2016, era marcatamente di centrodestra. Poi, con il proseguo dell’incarico e l’avvento della pandemia, i suoi toni si sono smorzati. Non è un caso che il Partito Socialista portoghese non abbia, in buona sostanza, contrapposto un suo candidato a de Sousa. L’uomo, che deve il suo imprinting pubblico a Francisco Pinto Balsemão, ex leader del centrodestra portoghese, ha progressivamente iniziato a strizzare più di un occhio al centrosinistra, promettendo in qualche modo una discontinuità per nulla marcata con l’esecutivo presieduto da Costa. Fonti portoghesi di InsideOver ci hanno raccontato un particolare, che può fare da sintesi per circoscrivere la personalità di de Sousa: tanti elettori possono giurare di aver incontrato de Sousa sui mezzi pubblici o al supermercato. Un atteggiamento sobrio che ha contribuito un clima di pacificazione nazionale che gli stessi socialisti hanno preferito non mettere in discussione. De Sousa, in questo senso, viene anche etichettato come “populista”. Nel senso che, per i suoi critici, il presidente cercherebbe un consenso trasversale, anche con atteggiamenti di prossimità al popolo, essendo peraltro disposto a cambiare spesso idea, pur di raggiungere il suo obiettivo personale.

Non è solo una questione di atteggiamento e velleità personali: si tratta di una tendenza, peraltro non specificatamente portoghese, assecondata dallo schema partitico delle presidenziali del 2021. Il governo socialista di Costa ha sostanzialmente garantito la rielezione a de Costa, soprattutto perché la candidata della sinistra, che si è regolarmente presentata, era considerata troppo estremista per i canoni socialisti. Per intenderci: Ana Gomes è stata sostenuta soprattutto dagli ecologisti e dagli animalisti. L’alternativa, ancora, era André Venuta, l’ultra-sovranista che oltrepassa volentieri il conservatorismo, per sfociare nel nazionalismo. Il centrismo ha prevalso anche per la necessità percepita dai socialisti di tagliare fuori due estremismi diversissimi, ma ugualmente critici dell’attività di governo. L’antipopulismo ha fatto da trait d’union. Non è una novità nel Vecchio continente e, con tutta probabilità, sarà una prassi diffusa pure nel futuro.

Dacci ancora un minuto del tuo tempo!

Se l’articolo che hai appena letto ti è piaciuto, domandati: se non l’avessi letto qui, avrei potuto leggerlo altrove? Se non ci fosse InsideOver, quante guerre dimenticate dai media rimarrebbero tali? Quante riflessioni sul mondo che ti circonda non potresti fare? Lavoriamo tutti i giorni per fornirti reportage e approfondimenti di qualità in maniera totalmente gratuita. Ma il tipo di giornalismo che facciamo è tutt’altro che “a buon mercato”. Se pensi che valga la pena di incoraggiarci e sostenerci, fallo ora.