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di Anselmo Pagani e Claudio Del Lungo

Anna Maria Luisa Ludovica de’ Medici, principessa elettrice del Palatinato, è stata l’ultima rappresentante del ramo granducale mediceo.

Anna Maria Luisa nasce a Firenze l’11 agosto 1667 ed è stata l’unica figlia femmina del Granduca di Toscana Cosimo III (Firenze, 14 agosto 1642 – Firenze, 31 ottobre 1723) e della principessa Margherita Luisa d’Orleans (Blois, 28 luglio 1645 – Parigi, 17 settembre 1721), cugina di Luigi XIV, il re Sole.

Difficilmente coppia fu peggio assortita: tanto bigotto, timido e formale era lui, quanto estroversa, festaiola ed incurante di tutto e di tutti lei, persino dei tre figli che il suo dovere di granduchessa le impose di mettere al mondo con quell’uomo che lei detestava, perché impostole come marito dallo zio, il “Re Sole“, a discapito di pretendenti ben più prestigiosi di lui.

Da parigina qual era, Margherita Luisa non si adattò mai a vivere a Firenze, città da lei considerata non all’altezza del suo rango regale, tanto che non rinunciò mai ai piaceri della vita per lei rappresentati da balli, cavalcate e battute di caccia, nemmeno quando era incinta.

Secondogenita e sorella di Ferdinando Maria de’ Medici (Firenze, 9 agosto 1663 – Firenze, 31 ottobre 1713), Anna Maria nacque in un contesto familiare di rapporti difficili fra il padre, Cosimo III, e la madre, Margherita, a tal punto che quest’ultima, accortasi di essere rimasta incinta, fece di tutto per abortire, compresa una folle corsa a cavallo.

Nonostante i difficili rapporti, la coppia granducale ebbe anche un terzo figlio, Giovanni Battista Gastone de’ Medici, meglio noto come Gian Gastone (Firenze, 25 maggio 1671 – Firenze, 9 luglio 1737).

La nascita di Anna Maria Luisa e di Gian Gastone non migliorò la relazione fra i genitori che arrivarono alla separazione nel giugno del 1675, quando Margherita d’Orleans, rinunciando a titoli e onori, si ritirò nel lugubre convento di Saint Pierre in Montmarte, dove rimase fino alla morte avvenuta nel 1721.

Così, la neonata Anna Maria Luisa, fu subito affidata dalla madre alle cure di una schiera di balie, governanti ed istitutori che cercarono di supplire, alla meno peggio, al suo più assoluto disinteresse nei confronti della figlia, culminato col rientro definitivo di Margherita Luisa a Parigi, senza che da quel giorno in poi avvertisse più il minimo desiderio di rivedere la prole.

Anna Maria Luisa crebbe con la nonna paterna Vittoria Feltria della Rovere (Pesaro, 7 febbraio 1622 – Pisa, 5 marzo 1694), anche se non le mancano i rapporti e l’affetto del padre. Dalla nonna e dal padre, ereditò il carattere rigido, freddo, autoritario, che la distingueva dal carattere capriccioso e volitivo della madre allevata all’ombra del Cardinale Mazzarino nel confino del Castello di Blois.

Per sua fortuna, la piccola Anna Maria Luisa trovò nella nonna Vittoria della Rovere e nel padre Cosimo III, per il quale quella bambina fu forse l’unica creatura al mondo per cui nutrisse dell’affetto sincero e la sola che, in futuro, non l’avrebbe mai deluso, tutte le attenzioni necessarie per trascorrere una giovinezza felice, fra gli splendori di Pitti e gli ampi viali freschi e soleggiati del giardino dei Boboli.

 

La complessa scelta dello sposo di Anna Maria Luisa

Nel 1669 Anna Maria Luisa fu considerata come potenziale sposa del delfino Luigi, l’erede apparente di Luigi XIV di Francia ma Cosimo III non voleva un secondo matrimonio francese e declinò l’offerta, preferendo intavolare trattative per maritare la figlia a re Pietro II del Portogallo.

I ministri portoghesi, tuttavia, temendo che avesse ereditato il carattere capriccioso della madre o che potesse influenzare eccessivamente il debole sovrano, rifiutarono la proposta.

A seguito dei rifiuti provenienti da Portogallo, Spagna, Francia e Savoia, l’imperatore Leopoldo I d’Asburgo (Vienna, 9 giugno 1640, 5 maggio 1705) propose Giovanni Guglielmo del Palatinato-Neuburg, mentre il re inglese Giacomo II Stuart indicò il cognato Francesco d’Este, figlio del duca Alfonso IV di Modena: la principessa, ritenendo che, maritandosi con il figlio di un duca avrebbe sminuito il suo rango di principessa granducale, diede la sua preferenza all’elettore Giovanni Guglielmo.

Il 29 aprile del 1691, Anna Maria Luisa, sposò quindi per procura Giovanni Guglielmo II di Wittelsbach-Neuburg, conosciuto anche come Giovanni Guglielmo del Palatinato-Neuburg e detto Jan Wellem (Düsseldorf, 19 aprile 1658 – 8 giugno 1716), principe elettore palatino (1690-1716), duca palatino di Neuburg (1690-1716), duca di Jülich e Berg (1679-1716), e duca del Palatinato Superiore e di Cham (1707-1714).

Sir Harold Acton, nel suo libro “Gli ultimi Medici”, scrive che, al banchetto di nozze, Anna Maria Luisa, venne descritta così da un contemporaneo: “Nella sua persona, è alta, ha una carnagione chiara, occhi grandi ed espressivi, neri come i capelli, la bocca piccola, labbra piene e denti bianchi come avorio.”

Pochi giorni dopo il matrimonio Anna Maria Luisa partì per Düsseldorf che allora era la capitale degli stati del marito (Ducato di Jülich, Ducato di Berg e dal 1690 al 1716 anche Elettorato del Palatinato). Il Principato elettorale del Palatinato, detto anche Elettorato Palatino o Palatinato Elettorale, fu uno stato del Sacro Romano Impero del tardo medioevo dell’età moderna. I regnanti locali, pare come stabilito da una lettera papale del 1261, avevano il ruolo di principi elettori, privilegio sancito dalla Bolla d’Oro del 1356.

Nel viaggio verso Düsseldorf, Anna Maria Luisa, fu accompagnata dal fratello ventenne, Gian Gastone, ma a sorpresa il marito Giovanni Guglielmo la raggiunse a Innsbruck, dove si sposarono ufficialmente.

Fu amore a prima vista, perché lei così alta, bella e slanciata com’era, coi suoi folti capelli neri e gli occhi dolcissimi, incantò subito il marito grazie anche ai comuni interessi costituiti da musica, amore per l’arte, lettura dei testi classici e collezionismo.

La “Fiorentina” non faticò ad integrarsi nella sua nuova Corte di Düsseldorf, attorniata da nobili e funzionari che da sempre esercitavano l’arte della mercatura, esattamente come i Medici avevano fatto qualche secolo prima di loro. Appreso velocemente il tedesco, l’Elettrice Palatina entrò subito in simbiosi coi suoi sudditi, coi quali condivideva il piacere per i cibi, le usanze ed il modo di vivere locali.

Dalle numerose lettere inviate ai suoi cari si evince il ritratto di una donna felice ed amata, che ha scoperto la misura per vivere a suo agio in una terra straniera, ben diversamente da come sua madre aveva fatto a Firenze.

Giovanni Guglielmo Elettore del Palatinato, in prime nozze aveva sposato, nel 1678, Maria Anna Giuseppina d’Asburgo (Ratisbona, 20 dicembre 1654 – Vienna, 14 aprile 1689), arciduchessa d’Austria, figlia di Ferdinando III d’Asburgo e della sua terza moglie Eleonora Gonzaga-Nevers, figlia del duca di Mantova. Dal matrimonio nacquero due figli maschi che tuttavia morirono entrambi il medesimo giorno della nascita (6 febbraio 1683 in Düsseldorf e 5 febbraio 1686 in Vienna).

Nel 1692, giunti nel Palatinato, l’elettrice rimase incinta ma abortì. Alcuni storici ritengono che lei avesse contratto la sifilide dal marito, cosa che gli avrebbe cagionato la sterilità.

In ogni caso il matrimonio, sebbene non fosse allietato da figli, fu comunque armonioso dato che la coppia era solita trascorrere insieme il proprio tempo dedicandosi alle arti, promuovendo spettacoli musicali e teatrali, nonché alla ricostruzione del castello di Bensberg ella città tedesca di Bergisch Gladbach nel Bergischen Land (Renania Settentrionale-Vestfalia).

Durante la sua permanenza nel Palatinato, Anna Maria Luisa non trascurò di mantenere rapporti epistolari sia con il padre che con lo zio, il cardinale Francesco Maria de’ Medici, governatore di Siena, che spesso rimproverò per i suoi vizi. Inoltre, su impulso del padre, Anna Maria Luisa organizzò il matrimonio di suo fratello Gian Gastone con l’erede del ducato di Sassonia Lauenburg, Anna Maria Francesca: i due si sposarono il 2 luglio 1697 a Düsseldorf ma non andarono mai d’accordo e, infine, si separarono nel 1708.

 

I tentativi di creare un erede della casata de’ Medici

Il matrimonio fra Anna Maria Luisa e Giovanni Guglielmo non ebbe eredi e, morto il marito nel 1716, Anna Maria Luisa tornò a Firenze, dove ormai era certa la prossima estinzione della casata granducale. Erano andati infatti allo stesso modo i matrimoni dei fratelli Ferdinando e Gian Gastone, ed era pure finita infelicemente la disperata mossa del Granduca Cosimo III, che aveva fatto abbandonare il cappello cardinalizio al fratello minore Francesco Maria per coniugarlo alla giovanissima principessa Eleonora Luisa Gonzaga, nella vana speranza di avere un erede legittimo.

Alla morte del figlio Ferdinando nel 1713, senza altra alternativa, Cosimo III modificò la legge di successione affinché Anna Maria Luisa potesse accedere al trono quando fossero deceduti gli altri membri maschili della famiglia. Questo progetto però fu rigettato dalle altre potenze europee mentre l’imperatore Carlo VI d’Asburgo, sovrano feudale della Toscana, affermò che la modifica della successione così come l’eventuale adozione di un erede fosse di sua esclusiva competenza.

Inoltre la situazione si era ulteriormente complicata quando anche Elisabetta Farnese, erede al Ducato di Parma e moglie di Filippo V di Spagna, avanzò le proprie pretese alla corona toscana in qualità di pronipote di Margherita de’ Medici.

Nel maggio 1716, Carlo VI, la cui posizione riguardo alla successione oscillava, accettò che Anna Maria Luisa potesse succedere al fratello ma aggiunse che Austria e Toscana avrebbero dovuto trovare un accordo sulla dinastia che avrebbe seguito i Medici offrendo come compenso anche lo Stato dei Presidi (governatorato situato in Toscana, creato per volontà del re di Spagna Filippo II, che comprendeva parte dell’isola d’Elba, Piombino e l’entroterra, Talamone, l’Argentario e l’Isola del Giglio e di Giannutri.

Il mese successivo, l’8 giugno 1716, l’Elettore Palatino morì, e Anna Maria Luisa tornò a Firenze. Il suo ritorno fu duramente contrastato dalla cognata, Violante di Baviera, moglie del defunto principe Ferdinando la quale, intenzionata a tornare a Monaco di Baviera, fu tuttavia convinta a rimanere da Gian Gastone mentre Cosimo III, onde evitare lotte di corte, decise di nominare Violante Governatrice di Siena.

Nel giugno 1717 Cosimo III sancì che alla morte di Anna Maria Luisa e di Gian Gastone la corona di Toscana sarebbe passata alla casa d’Este alla condizione che gli stati, ancorché governati dal medesimo sovrano, restassero amministrativamente separati, ma tale scelta fu rigettata dall’imperatore che dichiarò inaccettabile l’unione dinastica tra il Granducato di Toscana e il Ducato di Modena.

Nel 1722 le grandi potenze, nonostante le proteste di un impotente Cosimo, negarono ogni riconoscimento ad Anna Maria Luisa. Poco tempo prima era morta anche Margherita Luisa, la quale, invece di lasciare i suoi beni ai figli superstiti, Gian Gastone ed Anna Maria Luisa, li devolse alla Principessa di Epinoy, una lontana parente.

Il 25 ottobre 1723, sei giorni prima della sua morte, Cosimo III divulgò un proclama finale in cui ribadiva che la Toscana sarebbe rimasta indipendente e che, alla morte di Gian Gastone, sarebbe salita al trono Anna Maria Luisa la quale avrebbe provveduto ad adottare il suo successore; tale proclama però rimase inevaso.

Alla morte di Cosimo III i rapporti tra il nuovo granduca Gian Gastone e la sorella Anna Maria Luisa, mai positivi, si deteriorarono ulteriormente: lui considerava la sorella come la responsabile dell’infelice matrimonio, mentre lei detestava la vita privata viziosa e le idee liberali del fratello che aveva abrogato i decreti restrittivi paterni e si divertiva nell’umiliarla.

A causa del comportamento del fratello e dei suoi accoliti, Anna Maria Luisa lasciò il proprio appartamento in Palazzo Pitti e si trasferì fuori Firenze presso Villa La Quiete, che fece ristrutturare con l’assistenza degli architetti Giovanni Battista Foggini e Paolo GIovanozzi e con l’ausilio del giardiniere del giardino di Boboli, Sebastiano Rapi.

Nel 1736, durante la Guerra di successione polacca, Don Carlos ottenne il Regno di Napoli e pertanto fu indotto a rinunciare alla corona toscana in favore del deposto duca di Lorena Francesco III. Nel gennaio del 1737 le truppe spagnole, presenti in toscana da ormai 6 anni, furono sostituite da 6.000 soldati austriaci.

Gian Gastone morì il 9 luglio 1737, circondato dalla sorella e dai prelati, e secondo gli accordi il titolo granducale passò al duca di Lorena mentre ad Anna Maria Luisa sarebbero spettati i possedimenti allodiali, le vesti di stato, le gallerie d’arte, le proprietà nel Ducato d’Urbino, lascito di Vittoria della Rovere ed il denaro liquido di casa Medici, oltre 2 milioni di fiorini.

Fu proprio questa passione per l’arte a portarla a compiere il gesto per cui è rimasta famosa e che fece la fortuna della città di Firenze. Il 31 ottobre 1737 Anna Maria Luisa stipulò con la nuova dinastia regnante dei Lorena il cosiddetto “Patto di Famiglia” che impegnava questi ultimi a non spostare «o levare fuori della Capitale e dello Stato del Granducato… Gallerie, Quadri, Statue, Biblioteche, Gioje ed altre cose preziose… della successione del Serenissimo GranDuca, affinché esse rimanessero per ornamento dello Stato, per utilità del Pubblico e per attirare la curiosità dei Forestieri

Con questo patto Anna Maria Luisa permise che Firenze non perdesse nessuna opera d’arte e che non subisse la sorte di Ferrara, di Urbino, di Mantova o di Parma, che all’estinzione o all’allontanarsi delle loro casate regnanti, erano state letteralmente svuotate dei tesori artistici e culturali, assicurando nel contempo le basi per il moderno sviluppo turistico della regione.

Anna Maria Luisa de’ Medici morì il 18 febbraio del 1743 all’età di 75 anni a palazzo Pitti.

Con la sua morte si estinse il ramo granducale della famiglia Medici; quanto alle sue volontà lasciò le proprie gioie al granduca e imperatore Francesco, valutate in 500.000 sterline dell’epoca, e le sue terre nel Ducato di Urbino al marchese Rinuccini che era stato ministro ed esecutore testamentario di Cosimo III.

Fu tumulata nella chiesa di San Lorenzo, all’epoca non ancora completa, e per la quale aveva destinato una parte delle proprie rendite in perpetuo fino alla conclusione dei lavori alla cupola e al campanile (che ancora oggi reca l’iscrizione del suo nome).

 

 

Anna Maria Luisa e la “Galleria Palatina”

di Anselmo Pagani

 

Ogni 18 di febbraio Firenze ricorda la sua Musa, celebrandola nel modo che lei maggiormente avrebbe gradito, concedendo cioè a tutti l’ingresso gratuito nei vari musei civici, a partire dalla “Galleria Palatina” che proprio da lei prende il nome.

Se infatti Firenze è quel gioiello che il mondo ci invidia e nel corso dei secoli non è mai stata spogliata ad ogni cambio di governo o Casa regnante, come invece successe ad altre città, il merito è principalmente di Anna Maria Luisa de’ Medici, ultima rappresentante della Casata de’ Medici che, a partire dal capostipite Giovanni di Bicci, in quasi quattro secoli di potere aveva trasformato il capoluogo toscano in una città opulenta e capitale di rango europeo.

Dopo un matrimonio durato 26 anni, rimasta vedova e senza figli, Anna Maria Luisa nel 1717 rientrò in patria, conscia del fatto che la sua plurisecolare Casata era ormai giunta agli sgoccioli.

Dopo la morte del fratello maggiore Ferdinando per sifilide, non le rimanevano infatti che l’anziano padre, il granduca Cosimo III, e il fratello minore Gian Gastone, dal quale però già si sapeva che era impossibile attendersi eredi in quanto omosessuale.

Risoluta e decisa, Anna Maria Luisa incuteva soggezione più che simpatia, ma al suo nome faceva onore, tanto che si sforzò insieme al padre di venire a capo del rebus della successione, cercando di venire a patti col “dominus” della situazione, l’imperatore Carlo VI d’Asburgo, senza però riuscirvi perché i potenti di allora avevano già deciso alle loro spalle.

Come si è visto, stretto dai giochi di potere di Francia, Spagna ed Austria, il piccolo Stato Mediceo fu dapprima assegnato a Carlo di Borbone, figlio di Filippo V di Spagna e di Elisabetta Farnese, ma poi, quando quest’ultimo divenne re di Napoli, si ripiegò sulla Casata dei Lorena, con Francesco III che, a sole due settimane di distanza dalla morte di Gian Gastone nel 1737, si fece riconoscere dal Senato Fiorentino come ottavo Granduca di Toscana.

Anche se trattata ed ossequiata alla stregua di una regina, Anna Maria Luisa assisteva con malcelata amarezza e sovrano distacco a tutte queste giravolte, ora dai suoi appartamenti in palazzo Pitti, ora dalla sua splendida Villa La Quiete, residenza di campagna sulle colline di Careggi, nei pressi di Firenze.

Una sola cosa le stava a cuore, che cioè che i “nuovi arrivati” non disperdessero la sua eccezionale eredità personale composta fra l’altro da una splendida collezione di quadri e statue, oggi esposte a Palazzo Pitti ed agli Uffizi, una raccolta di gemme uniche, splendidi mobili e suppellettili, i libri delle biblioteche Palatina e Medicea, preziosissimi arazzi, servizi da tavola e molto altro ancora.

Volle pertanto che nella Convenzione da lei sottoscritta coi Lorena, all’articolo X, si statuisse che il nuovo granduca fosse designato come “conservatore” (non detentore) di quell’immenso tesoro.

In quanto tale, “egli si impegna a conservare per utilità del Pubblico e per attrarre la curiosità dei Forestieri, Gallerie, Quadri, Statue, Biblioteche, Gioje ed altre cose preziose”, facendo in modo che “nulla sia trasportato o levato fuori dalla Capitale dello Stato”, cosa che invece purtroppo accadde a tante ex-Capitali di Stati preunitari.

In particolare si deve a lei gran parte della collezione di opere d’arte oggi raccolte nella Galleria Palatina, che proprio da lei prende il nome.

La Galleria Palatina e gli Appartamenti Reali ed Imperiali occupano l’intero piano nobile di Palazzo Pitti, che fu già residenza medicea e lorenese prima e sabauda poi, ospitando i Re d’Italia dal 1865 al 1919.

La fastosa Quadreria fu istituita tra la fine del Settecento e i primi decenni dell’Ottocento dai Lorena, che collocarono nelle sale di rappresentanza circa 500 opere scelte tra i capolavori delle principali collezioni medicee.

Si tratta di una collezione straordinaria, che comprende la maggior concentrazione di opere al mondo di Raffaello, nonché dipinti di Tiziano, Tintoretto, Caravaggio e Rubens.

I quadri, nelle loro sontuose cornici, coprono completamente le pareti delle sale, arricchite dalla presenza di sculture, vasi e tavoli di pietre dure secondo il modello proprio delle quadrerie seicentesche.

La stupefacente serie di affreschi realizzati da Pietro da Cortona per Ferdinando II de’ Medici tra 1640 e 1647 nelle cosiddette “Sale dei Pianeti”, accresce il fascino esclusivo della visita in Galleria, dove ogni singola opera d’arte è valorizzata dal suo accordo con il resto degli arredi.

 

Ecco dunque perché la Firenze di oggi, orgoglio d’Italia e patrimonio dell’Umanità, tanto ancora deve alla sua amata Elettrice Palatina.

 

Testo di Anselmo Pagani e Claudio Del Lungo

 


Bibliografia 

  • Harold Acton, Gli ultimi Medici (The Last Medici, 1932), traduzione di Adriana Castelnuovo Tedesco, Collana Saggi n.305, Torino, Einaudi, 1962. – Collana Gli struzzi, Einaudi, 1987-1997;
  • Anna Maria Francini Ciaranfi, Pitti Galleria Palatina, De Agostini, 1955;
  • Marcello Vannucci, I Medici. Una famiglia al potere. Newton Compton Editori, 2015;
  • Marcello Vannucci, Le donne di casa Medici. Da Contessina de’ Bardi ad Anna Maria Luisa, Elettrice palatina, tutte le protagoniste della storia della grande famiglia italiana. Newton Compton Editori, 2016;
  • Matteo Strukul, I Medici. Decadenza di una famiglia. Newton Compton Editori, 2017;
  • Claudia Tripodi, I Medici. Ascesa e potere di una grande dinastia. Diarkos, 2020;
  • F. Young, I Medici. Luci e ombre della dinastia medicea sullo sfondo di quattro secoli di storia fiorentina. Salani, 2022;
  • Valentina Rossi, La Firenze segreta dei Medici. Newton Compton Editori, 2018;
  • Valentini, Anna Maria Luisa de’ Medici. Elettrice Palatina. Polistampa, 2010;
  • Valentini, Il testamento di Anna Maria Luisa de’ Medici. Polistampa, 2008;

Sitografia