LUCREZIA Borgia, duchessa di Ferrara in "Dizionario Biografico" - Treccani - Treccani

LUCREZIA Borgia, duchessa di Ferrara

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 66 (2006)

LUCREZIA Borgia, duchessa di Ferrara

Raffaele Tamalio

Nacque a Subiaco il 18 apr. 1480, terzogenita del cardinale spagnolo Rodrigo Borgia, potente e ricco vicecancelliere della Chiesa, e di Vannozza Catanei, una donna romana dalle probabili origini lombarde, che con il Borgia aveva già messo al mondo Cesare e Giovanni, ai quali nel 1481 si aggiunse Goffredo. L. ebbe anche tre fratellastri nati da precedenti rapporti avuti dal cardinale con altre donne: per Pedro Luís, il più noto, il padre si adoperò perché fosse insignito del titolo di duca di Gandía in Spagna. Non sappiamo quando Vannozza fosse rimasta vedova del suo primo marito, il funzionario pontificio Domenico Giannotti da Rignano; è certo che qualche tempo prima della nascita di L. si era già risposata con il milanese Giorgio della Croce, anche lui segretario apostolico; con loro la piccola visse i primi anni nella casa materna di piazza Pizzo di Merlo a Roma. Rimasta ancora una volta vedova, la Catanei nel 1486 fu rimaritata dal cardinale, con una dote di 1000 fiorini, a Carlo Canale, un letterato mantovano già camerlengo del cardinale Francesco Gonzaga e amico del Poliziano, con il quale L. dovette avviare i suoi primi esercizi poetici. Sempre in quegli anni la piccola fu affidata alle cure amorevoli di Adriana de Mila, una giovane cugina del Borgia, vedova di Ludovico Orsini, che si occupò di impartirle quell'istruzione che tradizionalmente spettava alle giovani figlie delle famiglie nobili. Bilingue come il resto della sua famiglia, che parlava e scriveva sia in castigliano, sia in italiano, L. ricevette, da maestri di cui non abbiamo tuttavia notizia ma che verosimilmente gravitavano nell'orbita dell'umanista Pomponio Leto, i rudimenti della cultura umanistica. Insieme con le nozioni di greco e latino apprese la musica e il canto, la danza e il ricamo; mentre l'educazione religiosa le fu impartita dalle suore del convento di S. Sisto sulla via Appia, alle quali ella rimase sempre affezionata rifugiandovisi nei momenti più critici della sua gioventù.

A undici anni, il 26 febbr. 1491, fu stipulato il primo contratto di matrimonio, con il quale L. fu promessa al giovane valenzano Cherubino Juan de Centelles, signore di Val d'Ayora, che nelle intenzioni del cardinale Borgia avrebbe dovuto rinnovare gli antichi rapporti con la sua terra natale. Alla fine di aprile dell'anno successivo, senza avere annullato i precedenti patti, una nuova scrittura la fidanzava al quindicenne Gaspare d'Aversa, conte di Procida nel Regno di Napoli, ma all'epoca anch'egli residente a Valencia dove la sposa avrebbe dovuto raggiungerlo. La promessa a un nobile napoletano fu dettata forse da motivi politici, legati alla ritrovata concordia del papa Innocenzo VIII con il re di Napoli Ferdinando I (noto anche come Ferrante) d'Aragona nella primavera del 1492.

Divenuto Rodrigo Borgia, l'11 agosto di quell'anno, papa con il nome di Alessandro VI, fu però necessario disegnare nuove strategie matrimoniali dirette a gratificare gli Sforza di Milano, e in particolare il cardinale Ascanio, che avevano dato un contributo decisivo alla sua elezione a pontefice. Rinviati, dunque, con un atto dell'8 novembre i patti con il conte di Procida, non senza resistenza da parte della famiglia napoletana, il 2 febbr. 1493 un contratto per procura univa L. a Giovanni Sforza, signore di Pesaro e conte di Cotignola. Questi, già imparentato con i duchi di Urbino e i marchesi di Mantova, vedovo di Margherita Gonzaga, era collaterale di secondo grado del cardinale Ascanio.

Dopo alcuni rinvii tra maggio e aprile, la cerimonia fu celebrata nei palazzi vaticani il 12 giugno 1493. Tornato da solo a Pesaro nel corso dell'estate, senza avere consumato il matrimonio, forse a causa dell'immaturità della sposa, lo Sforza fu richiamato in autunno a Roma per adempiere ai suoi doveri coniugali in cambio del versamento completo della dote. Ma già nella primavera del 1494 le mutate condizioni politiche della penisola misero in crisi la posizione del signore di Pesaro agli occhi del pontefice a causa dell'appoggio concesso da Ludovico il Moro alle pretese che in quei mesi avanzava il re di Francia, Carlo VIII, sul Regno di Napoli; qui il nuovo sovrano, Alfonso II d'Aragona, aveva stretto con il papa un patto d'alleanza suggellato a maggio dal matrimonio di Goffredo Borgia, fratello minore di L., con Sancia d'Aragona, figlia naturale del re. Il mese successivo, nell'imminenza della discesa in Italia dei Francesi, L. seguiva il marito a Pesaro, accompagnata da Adriana de Mila e dalla nuora di questa, Giulia Farnese, amante del papa.

Lo Sforza, che come condottiero della Chiesa avrebbe dovuto difendere i territori del Papato da Carlo VIII, in realtà informava segretamente il duca di Milano sulle intenzioni del suocero e dell'alleato napoletano. Tale condotta nei confronti del pontefice significò per Giovanni dapprima la perdita della protezione e in seguito la condanna papale che si sarebbe concretizzata nel 1497. Solo apparentemente, infatti, in seguito al riavvicinamento di Ludovico il Moro ad Alessandro VI, lo Sforza sembrò mantenere i propri privilegi durante la ritirata del re di Francia dal Napoletano nell'estate del 1495, quando, insieme con la moglie, accolse nel mese di giugno a Perugia il suocero, che per prudenza aveva preferito allontanarsi temporaneamente da Roma. Nell'autunno del 1495 L. rientrava con il marito a Roma nel palazzo di S. Maria in Portico, che da tempo le era stato messo a disposizione dal padre, in condivisione con Adriana e Giulia. Lo Sforza, impegnato nell'estate del 1496 nel Napoletano contro i Francesi, contravvenne al successivo invito del pontefice di ritornare a Roma, preferendo raggiungere Pesaro nel timore forse dei provvedimenti che avrebbe potuto prendere il papa a causa del suo passato doppio gioco. Ricevuto un ultimatum da Alessandro VI, nel gennaio faceva rientro a Roma, mettendosi nuovamente a disposizione del papa come comandante dell'esercito pontificio impegnato allora nella conquista della fortezza di Ostia.

Sembrava che lo Sforza avesse riguadagnato i favori di Alessandro VI così come l'intesa coniugale con L. - documentata da alcune relazioni diplomatiche - quando improvvisamente, il 24 marzo 1497, fuggì da Roma in seguito alla scoperta da parte sua di una congiura preparata in segreto dai Borgia per ammazzarlo, congiura che, secondo alcuni cronisti pesaresi, gli fu rivelata dalla stessa moglie. All'immediato invito del papa di fare ritorno a Roma, Giovanni non solo oppose il più fermo rifiuto, ma avanzò la richiesta di avere presso di sé la moglie. La pronta reazione del pontefice fu l'invio a Pesaro del padre generale degli agostiniani, fra' Mariano da Genazzano, con il compito di indurre lo Sforza ad accettare l'annullamento del matrimonio, lasciandogli la libertà di scegliere come giustificazione o la non riuscita consumazione delle nozze per sua incapacità o, in alternativa, il mancato scioglimento della precedente promessa nuziale di L. con Gaspare di Procida, che in effetti era stata solo rinviata e mai annullata.

Pur avendo optato in un primo tempo per la seconda motivazione, Giovanni seguì poi le indicazioni del cardinale Ascanio Sforza e di Ludovico il Moro, accettando la mancata consumazione per incapacità propria, nonostante continuasse poi a sostenere più volte il contrario presso i contemporanei con dichiarazioni che più tardi furono in effetti avallate dalla nascita di un figlio, avuto nel 1510 dalla terza moglie, Ginevra Tiepolo. Insieme con tali affermazioni lo Sforza fece circolare a Milano e a Pesaro infondate insinuazioni su presunti rapporti illeciti tra Alessandro VI e la figlia, che sono giunte fino a noi, raccolte in primo luogo dai contemporanei Iacopo Sannazzaro e Gioviano Pontano e dallo stesso Francesco Guicciardini, nemico giurato dei Borgia, e riprese nel corso dell'Ottocento da Victor Hugo e da Gaetano Donizetti.

Il processo di annullamento, affidato ad Ascanio Sforza, si concluse il 19 dic. 1497 con la dichiarazione di nullità di matrimonio. In quei mesi e nei successivi, durante i quali L. trascorse lunghi periodi nel convento di S. Sisto, si verificarono alcuni enigmatici episodi i quali, rimasti sempre insoluti, hanno contribuito ad alimentare la sinistra fama che ancora oggi circonda la casa dei Borgia e la stessa Lucrezia.

Il 15 giugno 1497 avvenne la morte violenta, senza spiegazioni e senza colpevoli, del fratello Giovanni, ritrovato cadavere nel Tevere dopo una serata trascorsa in compagnia di Cesare e di altri familiari, ospiti della madre Vannozza. Nel febbraio 1498 fu scoperto nello stesso fiume il corpo senza vita di Pedro Calderón, detto Perotto, fedele giovane camerario di Alessandro VI, addetto anche alla persona di L., insieme con la donzella Pantasilea, ritrovata anche lei nel Tevere lo stesso giorno. Infine, si ebbe la nascita, sembra nel marzo del 1498, di un bambino, Giovanni Borgia, denominato poi l'Infante romano, la cui paternità è di volta in volta attribuita al giovane Perotto, a Cesare Borgia e allo stesso Alessandro VI; se nel primo caso per il nome della madre è stato fatto dai contemporanei quello della stessa L., nelle altre due ipotesi la maternità è avvolta nel più fitto mistero: certo è che tre anni dopo, il 1( sett. 1501, lo stesso giorno della firma del patto di matrimonio con Alfonso d'Este, terzo marito di L., Alessandro VI emanò una bolla segreta in cui dichiarava l'Infante romano figlio di Cesare Borgia, provvedendo a emettere subito dopo una seconda bolla con la quale, invece, lo riconosceva come proprio figlio, nel tentativo forse di togliere in tal modo agli occhi della corte estense ogni fondamento alle voci circolanti a Ferrara sull'esistenza di un figlio bastardo della loro futura duchessa.

Nei primi mesi del 1498 nuove trattative furono condotte dal papa per maritare L. con Alfonso d'Aragona, principe di Salerno, nell'ambito della più ampia alleanza matrimoniale che prevedeva anche l'unione di Cesare Borgia con Carlotta, figlia legittima del re di Napoli Federico I, il quale era succeduto nel 1495 al defunto re Alfonso, padre naturale del promesso sposo di L. e di Sancia, moglie di Goffredo Borgia. Nel contratto, firmato il 20 giugno 1498, L. avrebbe portato 40.000 ducati, mentre il diciassettenne Alfonso per l'occasione sarebbe stato creato dal re di Napoli duca di Bisceglie. Il matrimonio fu celebrato il 21 luglio in Vaticano e, a detta dei contemporanei, era destinato a un futuro di felicità, poiché, come riferiva l'oratore mantovano C. Canale, "sedotta dalle sue attenzioni e dalla sua bellezza, madonna Lucrezia ha per il marito un'autentica passione" (Arch. di Stato di Mantova, Archivio Gonzaga, b. 852). Fallirono invece le trattative che avrebbero dovuto condurre alle nozze tra Cesare Borgia e Carlotta, per timore forse del re di Napoli di una successiva usurpazione del trono da parte del Borgia, sempre più nei favori del padre dopo la morte del fratello Giovanni.

Cesare, che in agosto aveva deposto la porpora, si recò in ottobre in Francia per stringere una nuova alleanza con Luigi XII, allora in procinto di rivendicare gli Stati di Milano e di Napoli. Per favorire i negoziati, il papa affidava al figlio il galero per Georges d'Amboise e la dispensa per il re di Francia Luigi XII perché potesse sposare Anna di Bretagna, vedova di Carlo VIII, quando si fosse dichiarata (cosa che avvenne il 18 dicembre) la nullità del matrimonio di Luigi con Giovanna di Valois. Il passo successivo fu, il 12 maggio 1499, il matrimonio francese di Cesare, patrocinato da Luigi XII, con Carlotta d'Albret, sorella del re di Navarra, al quale si accompagnava l'investitura del Ducato del Valentinois.

Per timore delle conseguenze di quella nuova alleanza, il 2 ag. 1499 Alfonso d'Aragona abbandonò Roma con numerosi milanesi e napoletani. Nel tentativo forse di distogliere L. dalle pene di quell'abbandono, il papa le affidò l'incarico di governare le città di Foligno e Spoleto, dove ella si condusse, al sesto mese di gravidanza, il 14 agosto. Raggiunta di nuovo dal marito in settembre, insieme rientrarono il mese seguente a Roma, dove il 1( novembre L. diede alla luce un figlio che fu chiamato Rodrigo. I timori del duca di Bisceglie, accantonati nei primi mesi di vita del figlio, si ingigantirono progressivamente con il crescere della potenza di Cesare, il quale, ormai completamente filofrancese, riconosceva nel cognato napoletano e nella sorella l'ultimo ostacolo alla creazione di un proprio Stato, tanto più che essi erano allora interamente nelle grazie del papa: L. era stata investita l'anno precedente del possesso di Nepi, seguito dall'acquisto di Sermoneta e di altre terre confiscate ai Caetani. L'epilogo si ebbe nell'estate del 1500: il 15 luglio Alfonso fu aggredito nei pressi di S. Pietro da alcuni sconosciuti che lo ridussero in fin di vita. Fu soccorso e trasportato in Vaticano dove, affidato ai medici napoletani e alle cure di L. e della sorella Sancia, in poche settimane si riprese, rimanendo tuttavia per precauzione sotto protezione negli appartamenti papali; ciononostante, la sera del 18 agosto fu strangolato nella sua stanza, sembra da Michelotto Corella, capitano del Valentino, al quale concordi testimonianze dell'epoca attribuiscono con certezza la responsabilità dei due episodi.

Alla fine del mese L. si rifugiò a Nepi, facendo ritorno a Roma ai primi di dicembre poco prima che giungesse una richiesta di matrimonio del duca di Gravina, Francesco Orsini. La proposta, che si univa a quelle di numerosi altri pretendenti, non incontrò il favore di L. che si dichiarò invece disponibile al successivo disegno del padre di proporla ad Alfonso d'Este, erede del duca di Ferrara Ercole I.

Il nuovo matrimonio, nelle intenzioni dei Borgia, garantendo l'alleanza con uno Stato solido come quello degli Este, avrebbe allo stesso tempo consolidato le recenti conquiste di Cesare per uno Stato nella Romagna e offerto un aiuto contro le pretese veneziane su quei territori. Tuttavia il progetto incontrò forti resistenze da parte di Ercole d'Este, allora in trattative con il re di Francia per dare al figlio la mano di Luisa d'Angoulême; forti erano inoltre i sospetti sull'integrità morale della figlia del papa in seguito ai numerosi pettegolezzi che erano circolati per le cancellerie italiane in quegli anni. Il progetto, in un primo tempo contrastato anche dal re di Francia, fu poi da questo fortemente sostenuto presso il duca di Ferrara in cambio del consenso papale all'attraversamento degli Stati della Chiesa da parte delle truppe francesi nell'impresa comune di Luigi XII e Ferdinando il Cattolico per la spartizione del Regno di Napoli. Dietro suggerimento del re di Francia, il duca pretese, però, una dote altissima: 100.000 ducati, i castelli di Cento e della Pieve, gioielli e altri oggetti preziosi per 75.000 ducati, la riduzione del canone annuale da versare alla S. Sede per il feudo di Ferrara da 4000 a 100 ducati e, infine, l'investitura diretta dello stesso feudo per tutti i discendenti in linea maschile di L. e Alfonso d'Este. Consapevole dei benefici politici e dinastici derivanti alla figlia e al casato da tali nozze, il papa approvò infine il contratto di matrimonio che, steso in Vaticano il 26 agosto, fu firmato nel castello di Belfiore a Ferrara il 1( sett. 1501. A giugno Alessandro VI aveva lasciato via libera alle truppe francesi dirette a invadere e a saccheggiare Napoli; lo stesso pontefice il mese successivo si poneva alla testa del suo esercito per sottomettere i nobili ribelli del Lazio e, lasciando Roma, nominava L. sua reggente conferendole pieni poteri, compreso quello di aprire le lettere in arrivo.

Nel mese di settembre del 1501, L., decisa a partire per Ferrara, cedette i possedimenti romani al figlio Rodrigo e all'Infante romano: al primo, che sarebbe rimasto a Roma affidato al cardinale Francesco Borgia, andò Sermoneta - acquistato nel marzo 1500 dalla Camera apostolica - insieme con altri territori; al secondo, accolto poi da L. a Ferrara, cedette Nepi con le sue terre. Il 6 genn. 1502 L. lasciò Roma con un seguito numeroso di notabili romani, spagnoli e ferraresi accompagnata dai cognati, il cardinale Ippolito, Sigismondo e Ferrante d'Este, e dal cardinale Francesco Borgia. L'ingresso a Ferrara avvenne il 2 febbraio in un tripudio di festeggiamenti da parte di tutti i parenti accorsi ad accogliere la nuova coppia, ai quali si unirono gli omaggi letterari dei numerosi umanisti e poeti presenti a corte, tra cui il ventisettenne Ludovico Ariosto.

Appianate le prime divergenze con il suocero, di natura prevalentemente economica a causa dei costi per il mantenimento del numeroso seguito romano, che ben presto fu congedato, i primi anni trascorsi a Ferrara da L., nella monotonia che distingueva la sua nuova vita di corte, furono caratterizzati proprio dall'intreccio di rapporti di amicizia con gli umanisti, poeti e musicisti presenti a Ferrara, spesso nella loro più concreta veste di funzionari del duca. Divennero suoi confidenti Tito Vespasiano Strozzi e il figlio di questo, Ercole: per il tramite di quest'ultimo la duchessa ebbe modo di conoscere nell'autunno del 1502 Pietro Bembo, allora ospite nella villa di Ostellato degli Strozzi.

Il veneziano, la cui fama di studioso era già allora a tutti nota, frequentò assiduamente il seguito di L. per tutto il 1503 affascinandola con la perfezione del suo stile letterario e di uomo. Durante quell'anno il rapporto tra i due, come esso traspare dalle affettuose lettere che si scambiarono e che sono giunte fino a noi, dovette forse abbandonare i canoni convenzionali del rapporto cortigiano; tuttavia non è certo a quale grado di intimità sia giunta quella relazione. Certamente la frequentazione del Bembo e degli altri letterati suoi amici aiutò L., sul finire del 1502, a superare il trauma fisico, e le relative conseguenze emotive, della morte durante il parto di una figlia, nata settimina il 5 settembre; così come nel 1503 la sorresse nei penosi momenti legati alle infauste vicende familiari che videro il 18 agosto la morte del papa e, non molto dopo, la caduta in disgrazia del fratello Cesare.

La rovina dei Borgia non coinvolse L., la cui unica preoccupazione - se si esclude un tentativo presso il suocero e il marito per appoggiare le iniziali rivendicazioni del Valentino e in seguito varie intercessioni per il suo rilascio dalla prigionia spagnola - fu per il figlio Rodrigo. Questi nell'estate del 1504 fu mandato a Bari presso Isabella d'Aragona; a esclusione di un soggiorno a Ferrara nel 1507, vi rimase fino alla morte, sopraggiunta nell'estate del 1512, senza che venisse mai meno il sostegno economico della madre.

Nel dicembre del 1503 il Bembo lasciò Ferrara, senza tuttavia interrompere, fino al 1517, la sua corrispondenza con Lucrezia. Con il passare degli anni il tono delle lettere, però, appare sempre più convenzionale: a testimonianza dei loro incontri, proseguiti occasionalmente nel 1505, rimane non solo l'epistolario (cfr. P. Bembo - L. Borgia, La grande fiamma. Lettere 1503-1517, a cura di G. Raboni, Milano 1989), ma soprattutto la dedica degli Asolani, nei cui dialoghi il poeta sembra continuare le conversazioni con Lucrezia.

Nella primavera del 1504, Isabella d'Este, che già aveva accolto la cognata nel 1502 al suo arrivo a Ferrara, si recava di nuovo nella sua città natale insieme con il marito Francesco Gonzaga, marchese di Mantova. In quell'occasione Isabella dovette assistere ai primi segnali del rapporto appassionato avviato allora dal Gonzaga con L., oggetto in seguito di molti pettegolezzi. Alla fine di ottobre del 1505 L., di ritorno da un breve soggiorno a Reggio, dove il 19 settembre aveva partorito il piccolo Alessandro morto un mese dopo la nascita, si incontrò per due giorni con il Gonzaga a Borgoforte, seguendolo a Mantova poi per una breve visita alla marchesa. Numerose e dense di tenerezze furono le lettere che in seguito si scambiarono i due cognati; alcune videro come intermediario, sotto falso nome, Ercole Strozzi, al cui ruolo svolto nella relazione tra i due si è voluta fare risalire la morte violenta dello stesso poeta ferrarese, avvenuta il 6 giugno 1508 per opera, secondo alcune voci, del duca Alfonso reso geloso da quell'intrigo amoroso. Tali supposizioni sono smentite da un'attenta disamina dei documenti e dal distacco che in tutta la vicenda manifestarono sia il duca, sia la sorella Isabella d'Este, i quali assistettero indifferenti negli anni seguenti al progressivo allontanamento, anche epistolare, tra i due rispettivi coniugi. Nei confronti della cognata Isabella, L. mantenne formali rapporti di cortesia che, se anche non sembra fossero improntati da un reciproco sincero affetto, tuttavia esercitarono una funzione di stimolo e di emulazione per entrambe: con la marchesa L. condivideva la passione per la musica, ma pur eccellendo più di lei nella danza, non arrivò a eguagliarne la sensibilità musicale, tanto meno la curiosità letteraria e artistica.

Dopo la morte di Ercole d'Este, avvenuta il 25 genn. 1505, Alfonso I affidò a L., oltre ai rituali compiti di rappresentanza, la gestione delle istanze dei cittadini presso il principe, compito che a detta di un relatore la nuova duchessa assolse con "ingegno e bona gratia"; ma durante le numerose assenze dal Ducato, in special modo in occasione delle campagne belliche mosse da Giulio II, e il successivo isolamento politico subito da Ferrara, Alfonso volle sempre affiancare all'opera della moglie quella del fratello, cardinale Ippolito. Non sembra, inoltre, che L. prendesse parte al dissidio familiare tra il cardinale, ancora una volta sostenuto dal duca Alfonso, e gli altri fratelli, Giulio e Ferrante, sorto alla fine del 1505 a causa dei favori per la cugina Angela Borgia, i cui strascichi si risolsero in seguito con la prigionia a vita di questi ultimi per avere attentato allo Stato e alla stessa vita del duca.

Dopo tre gravidanze concluse senza successo, il 4 apr. 1508 L. mise al mondo l'erede Ercole, seguito l'anno successivo dal futuro cardinale Ippolito, mentre nel 1514 rinnovava in un figlio, che sarebbe morto nel 1516, il nome del padre Alessandro. Seguirono le nascite nel 1515 di Eleonora, nel 1516 di Francesco e nel 1519 di Isabella Maria.

In conseguenza di quest'ultimo parto insorse una gravissima infezione che in poche settimane condusse L. alla tomba il 24 giugno 1519, a Ferrara.

Fu sepolta nel monastero del Corpus Domini con l'abito di terziaria francescana, che aveva abbracciato negli ultimi anni in seguito a quel crescente fervore religioso che, intorno al 1510, le aveva fatto fondare il convento di S. Bernardino, ove fu accolta in seguito l'omonima nipote Lucrezia, figlia naturale del Valentino.

Gli ultimi anni trascorsi in devozione nella corte di Ferrara e la numerosa discendenza assicurata agli Este contribuirono all'onesto ricordo che di lei rimase a Ferrara, in stridente contrasto con il tumultuoso e chiacchierato periodo romano durante il quale costituì uno strumento politico nelle mani scaltre del padre e del fratello; in tale contraddizione sta forse l'origine delle differenti interpretazioni della sua figura da parte degli storici.

Nonostante la sua frequentazione di ambienti artistici, è scarsa l'iconografia riguardante Lucrezia. Di lei ci rimangono le immagini certe di alcune medaglie giovanili, tra le quali quella di Giancristoforo Romano, coniata in occasione del matrimonio; è più difficoltoso riconoscere l'attendibilità di alcuni ritratti che suppongono la sua identità, a eccezione forse delle due copie, conservate a Nîmes e a Como, delle quali non sono noti gli originali.

Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Mantova, Autografi, 84, bb. 1-4; Arch. Gonzaga, bb. 1189, 1238-1247 (centinaia di lettere di Bernardino de Prosperi a Isabella d'Este che forniscono la più completa relazione sulle vicende personali di L. a Ferrara dal 1502 al 1519), 2993, 2994; J. Burckard, Liber notarum ab anno 1483 usque ad annum 1506, in Rer. Ital. Script., XXXII, 1, a cura di E. Celani, t. 1, pp. 440-658 e passim; t. 2, pp. 1-336 e passim; Arch. di Stato di Modena, Arch. segreto Estense. Sezione Casa e Stato, Inventario, Roma 1953, ad ind. (contiene un elenco dei documenti dell'Arch. di Stato di Modena che si riferiscono a L.); F. Guicciardini, Storia d'Italia, a cura di S. Seidel Menchi, Torino 1971, ad ind.; F. Gregorovius, L. B.: nach Urkunden und Korrespondenzen ihrer eigenen Zeit, Stuttgart-Berlin 1874; M. Sanuto, I diarii, Venezia 1879-1903, ad ind.; B. Morsolin, Pietro Bembo e L. B., in Nuova Antologia, 1( ag. 1885, pp. 388-422; N. Bendedei, Lettera al pontefice Alessandro VI per gli sponsali di L. B. con Alfonso d'Este, Ferrara 1889; C. Yriarte, Autour des Borgia, Paris 1891, pp. 115-140; L. von Pastor, Storia dei papi, III, Roma 1925, ad ind.; R. Davidsohn, L. B. suora di penitenza, in Arch. stor. italiano, s. 5, XXVIII (1901), pp. 313 s.; B. Feliciangeli, Un episodio del nepotismo borgiano. Il matrimonio di L. B. con Giovanni Sforza, signore di Pesaro, Torino-Roma 1901; L. Beltrami, La guardaroba di L. B., Roma 1903; A. Luzio, Isabella d'Este e i Borgia, in Arch. stor. lombardo, XLI (1914), pp. 469-553; XLII (1915), pp. 115-167, 412-464 passim; G. Portigliotti, Un ritratto tizianesco di L. B., in Rivista d'Italia, XVIII (1915), pp. 545-552; F.R. de Uhagón Laurencín, Relación de los festines que se celebraron en el Vaticano con motivo de las bodas de L. B. con don Alonso de Aragón, duque de Bisceglie, Madrid 1916; M. Catalano, L. B. duchessa di Ferrara, Ferrara 1920; G. Swarzenski, Bartolomeo Veneto und L. B., in Städel-Jahrbuch, II (1922), pp. 63-72; A. De Hevesy, Bartolomeo Veneto et les portraits de L. B., in Art Quarterly, II (1939), pp. 233-249; G. Bargellesi, Bartolomeo Veneto: il ritratto della beata Beatrice d'Este e L. B., Ferrara 1943; G.B. Picotti, Nuovi studi e documenti intorno a papa Alessandro VI, in Riv. di storia della Chiesa in Italia, V (1951), pp. 169-262 passim; L. Pescetti, Le prime nozze di L. B. in una lettera inedita di Jacopo Gherardi a Mario Maffei, Pisa 1955; F. Mancini, L. B. governatrice di Spoleto, in Arch. stor. italiano, CXV (1957), pp. 182-187; M. Bellonci, L. B.: la sua vita e i suoi tempi, Milano 1960; S. Schüller-Piroli, Borgia. Die Zerstörung einer Legende. Die Geschichte einer Dynastie, Olten-Freiburg i.Br. 1963, passim; N. Rubinstein, L. B., Roma 1971; W.F. Prizer, Isabella d'Este and L. B. as patrons of music: the frottola at Mantua and Ferrara, in Journal of the American Musicological Society, XXXIX (1985), pp. 1-33; L. B. (catal.), a cura di L. Laureati, Ferrara 2002; L. B. a Ferrara. Testimonianze librarie e documentarie di un mito, a cura di A. Farinelli Toselli, Ferrara 2002; L. B.: "la beltà, la virtù, la fama onesta", a cura di A.M. Fioravanti Baraldi, Ferrara 2002; L. B. nell'opera di cronisti, letterati e poeti suoi contemporanei alla corte di Ferrara, a cura di G. Vancini, Ferrara 2002; Il mito di L. B. nell'età contemporanea. Atti del Convegno nazionale di studi,( 2002, Ferrara 2003; G. Zarri, Tra monache e confessori: la corte di L. B., in L'età di Alfonso I e la pittura del Dosso, a cura di A. Ghinato, Ferrara 2004, pp. 103-118; S. Bradford, L. B.: life, love and death in Renaissance Italy, London 2004.

© Istituto della Enciclopedia Italiana - Riproduzione riservata

CATEGORIE
TAG

Francesco guicciardini

Giancristoforo romano

Terziaria francescana

Alfonso ii d'aragona

Mariano da genazzano