Non li trovate in un museo, ma nei corridoi della Procura nazionale antimafia. Vasi, busti, fregi: sono il frutto delle indagini sul traffico dei reperti archeologici. Saranno presto esposti al pubblico
Sul portone due agenti in divisa, schiacciati nella bussola perché diluvia e l’acqua rimbalza sul selciato di via Giulia. Il metal detector, “passi di qua”. Il primo che ti si fa incontro, riemerso da un’infinità di tempo direbbe il poeta, è un grande cratere con le figure rosse, scene di mitologia e vita quotidiana, di produzione attica, un vaso conviviale del quinto o sesto secolo avanti Cristo. La sua teca trasparente, che ha ancora qualcosa di provvisorio, apre una sfilata di reperti fratelli: crateri a colonnette o a calice o a campana, vasi funerari, prodotti nella Magna Grecia. Nel corridoio di un palazzo ben dotato di storia, l’effetto è quello di un museo ai suoi primi passi ma già opulento. Eppure gli uomini in divisa e i funzionari che vi si muovono non sono turisti.
Abbonati per continuare a leggere
Sei già abbonato? Accedi Resta informato ovunque ti trovi grazie alla nostra offerta digitale
Le inchieste, gli editoriali, le newsletter. I grandi temi di attualità sui dispositivi che preferisci, approfondimenti quotidiani dall’Italia e dal Mondo
Il foglio web a € 8,00 per un mese Scopri tutte le soluzioni
OPPURE