La morte nera colpisce l'Europa

La morte nera colpisce l'Europa

Nel 1348 dilagò in Europa una malattia sconosciuta, che in pochi anni decimò la popolazione. Secondo alcuni storici, l’alta mortalità del morbo portò al collasso la civiltà medievale, accelerando l’inizio del Rinascimento

«E vide un sozzo bubbone d’un livido paonazzo. L’uomo si vide perduto: il terror della morte l’invase...». Così don Rodrigo, nei Promessi sposi di Alessandro Manzoni, scopre nella solitudine più disperante la comparsa della peste che lo porterà alla morte nel 1630.

'Trionfo della Morte', del pittore fiammingo Pieter Bruegel il Vecchio. Olio su tavola, 1562 circa. Museo del Prado, Madrid

'Trionfo della Morte', del pittore fiammingo Pieter Bruegel il Vecchio. Olio su tavola, 1562 circa. Museo del Prado, Madrid

Foto: Oronoz / Album

Si tratta forse del contagio più noto, almeno letterariamente, ma non certo del più letale. A partire dal 1347, infatti, l’Europa fu colpita da una gravissima epidemia di peste che si abbatté su una popolazione impreparata e ignara, dato che l’ultimo contagio risaliva al VI secolo, all’epoca dell’impero di Giustiniano. Dopo la violenta manifestazione della metà del 1300 la peste divenne invece una presenza endemica in Europa, fino al suo ultimo focolaio, all’inizio del XVIII secolo. Ma non si presentò mai più con l’impeto che ebbe tra il 1347 e il 1353, quando la “morte nera”, come fu in seguito battezzato il morbo, uccise almeno un terzo della popolazione europea ed ebbe un effetto dirompente sulla vita dei singoli e delle comunità. Il suo impatto fu terribile, non solo perché se ne ignoravano l’origine e la cura, ma anche perché colpiva tutti, senza distinzioni tra classi sociali, facendo pensare a una punizione divina di carattere apocalittico che si abbatteva sui mendicanti come sui re.

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Sull’origine delle malattie contagiose circolavano nel Medioevo varie spiegazioni. Alcune, ereditate dalla medicina greca classica, imputavano quelle affezioni ai miasmi, cioè alla “corruzione dell’aria” causata dall’emanazione di materia organica in decomposizione, che si trasmetteva all’uomo con la respirazione o per il contatto con la pelle. Altre teorie sostenevano l’origine astrologica della peste, generata da congiunzioni planetarie, eclissi o passaggi di comete; oppure geologica, provocata da eruzioni vulcaniche o movimenti sismici che liberavano nell’atmosfera gas ed effluvi tossici.

Anche in presenza di tali spiegazioni, tuttavia, vi fu una concordanza generale nel ritenere che la causa prima della malattia fosse la collera divina. Ai dottori e agli studiosi dell’epoca rimaneva però l’indagine, più strettamente medica, sulle cause seconde, cioè sulle modalità pratiche con cui avveniva il contagio.

'La peste come castigo divino', del pittore tedesco Lucas Cranach il Vecchio, 1518. Szépművészeti Múzeum, Budapest

'La peste come castigo divino', del pittore tedesco Lucas Cranach il Vecchio, 1518. Szépművészeti Múzeum, Budapest

Foto: AKG / Album

Dai topi agli uomini

La visione della peste come flagello divino volto a punire i peccati dell’umanità non deve sorprendere: di fatto, solo nel XIX secolo la scienza ha confutato con prove inoppugnabili l’idea di una sua origine soprannaturale. Nel 1894, infatti, nella città di Hong Kong si verificò una grave epidemia di peste, che fece temere un possibile contagio su scala planetaria. Molti specialisti si recarono quindi sul luogo per studiare il fenomeno da vicino. Fu allora che il medico svizzero Alexandre Yersin e il batteriologo giapponese Shibasaburo Kitasato, in modo indipendente ma quasi in contemporanea, scoprirono che l’origine della peste era un batterio, poi battezzato Yersinia pestis, in onore dello svizzero.

Da subito si intuì il ruolo che dovevano avere nella diffusione del contagio i topi e altri roditori, anche se solo dopo qualche anno fu chiaro che la trasmissione della malattia avveniva attraverso le pulci di questi animali (Xenopsylla cheopis), che con le loro punture inoculavano il bacillo della peste agli uomini. Fu così chiaro che la peste era una zoonosi, una malattia, cioè, che passa dagli animali agli esseri umani. Considerando che nel XIV secolo i topi infestavano la maggior parte degli ambienti in cui si svolgeva la vita quotidiana – dai granai, ai mulini, alle case – si può facilmente immaginare la rapidità con cui dilagò il contagio.

L’epidemia del 1300 si presentò sotto tre forme diverse: “bubbonica”, polmonare e setticemica. La prima era così chiamata per i tipici bubboni, i linfonodi infiammati, che comparivano all’inguine, sotto le ascelle o sul collo e che ne costituivano la manifestazione più evidente. Il contagio avveniva attraverso la puntura di pulci infette veicolate dai topi. Chi ne era colpito aveva febbre alta, brividi, spasmi e delirio. La peste polmonare colpiva invece l’apparato respiratorio e provocava una tosse ricca di bacilli pestosi, che dava luogo al contagio da uomo a uomo, attraverso l’aria. Già alcuni medici dell’epoca riconobbero l’esistenza della forma bubbonica e di quella polmonare. Nella peste setticemica, che in genere era una conseguenza della peste bubbonica, il contagio passava invece nel sangue, manifestandosi sotto forma di macchie scure sulla pelle, da cui il nome di “morte nera” attribuito all’epidemia. La peste polmonare e la setticemica erano le più letali.

I topi estendono il contagio letale. Dal Miroir Historial

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Foto: Bridgeman

Origine e propagazione

La peste nera della metà del XIV secolo si estese rapidamente lungo il bacino del Mediterraneo e in pochi anni raggiunse il resto dell’Europa. Il punto di partenza del contagio fu la città di Caffa (attuale Teodosia, in Ucraina), nella penisola di Crimea, sul mar Nero. Nel 1346 questo emporio commerciale controllato dai genovesi fu assediato dall’esercito mongolo, nelle cui file si manifestò la malattia. Secondo alcuni esperti, questa fu la prima guerra biologica della storia: sembra infatti che i mongoli estesero il contagio agli assediati lanciando con le catapulte i cadaveri infetti all’interno delle mura, ma è anche possibile che il batterio sia penetrato in città tramite i topi infettati dalle pulci. A ogni modo, quando seppero dell’epidemia, i mercanti genovesi fuggirono terrorizzati, portando con loro i bacilli prima a Costantinopoli e poi in Italia, da dove si diffusero in tutto il continente.

Una delle grandi questioni tuttora dibattute è la velocità di propagazione mostrata dalla peste nera. Secondo alcuni storici, la tipologia più diffusa fu la peste polmonare, la cui trasmissione attraverso l’aria rese il contagio molto rapido. Tuttavia, quando venivano colpiti i polmoni e il sangue, la morte sopraggiungeva nel giro di poche ore, un giorno al massimo. Questo contrasta però con la velocità mostrata dal contagio, in quanto, data la rapida morte dei portatori della malattia, la sua trasmissione poteva avvenire solo in tempi molto ristretti, con il risultato di un’espansione più lenta.

Gli indizi suggeriscono invece che la forma di peste più diffusa nella pandemia del XIV secolo fu quella bubbonica. La trasmissione avvenne in primo luogo attraverso le reti commerciali terrestri, fluviali e marittime, lungo cui viaggiavano, insieme agli uomini e alle merci, anche i fatidici agenti patogeni, cioè le pulci e i topi infetti. Oltre alle vie commerciali, altre direttrici importanti del contagio furono le rotte dei pellegrinaggi, che portavano a stretto contatto numerosi individui di varia provenienza. Da questi epicentri la malattia venne poi trasmessa ai borghi e alle città vicine, che, a loro volta, irradiarono il morbo verso altri nuclei abitati e la campagna circostante. Allo stesso tempo succedeva però anche che dalle grandi città l’epidemia si proiettasse in direzione di altri centri mercantili e manifatturieri situati a notevole distanza, secondo il fenomeno definito “salto metastatico”. Queste città, a loro volta, si trasformavano in nuovi epicentri di propagazione su scala regionale e internazionale.

La Morte strangola una vittima della peste. Miniatura medievale dal codice Stiny. Biblioteca universitaria, Praga

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Foto: W. Forman / Scala

La diffusione del contagio per via marittima poteva raggiungere i quaranta chilometri giornalieri, mentre per via terrestre oscillava tra 0,5 e due chilometri, con tendenza a rallentare la marcia quando raggiungeva luoghi particolarmente freddi o territori con bassi indici di umidità. Questo spiega la ragione per cui la peste si propagò in poco tempo in quasi tutto il territorio europeo.

Con una classe medica sostanzialmente inerme di fronte al contagio, molte persone fuggivano nei campi quando l’epidemia di peste raggiungeva le città, assecondando il motto «scappa presto e torna tardi», suggerito da un approccio popolare alla prevenzione, tanto empirico quanto inefficace. Anzi, in qualche modo le città risultavano addirittura più sicure, dato che il contagio avveniva in modo più lento, avendo le pulci un numero superiore di vittime da colpire. La fuga contribuiva quindi solo a propagare il male e neppure le campagne sfuggirono alla morte nera.

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Le cifre dell’orrore

Considerando il bilancio delle vittime, la peste del XIV secolo ebbe un indice di mortalità altissimo. Si è calcolato che, in media, dalla fine del 1347 al 1350 circa, la peste abbia ucciso quasi un terzo della popolazione europea. Questo valore indicativo tiene conto di zone dove la mortalità raggiunse il cinquanta per cento e anche di più, così come di quelle poche aree che scamparono al contagio. Secondo i dati, per esempio, in Francia morì un terzo dei notai e tassi simili colpirono il clero d’Inghilterra. La Toscana, una regione caratterizzata da un forte dinamismo economico, perse tra il cinquanta e il sessanta per cento della popolazione. In termini assoluti, su un totale che doveva aggirarsi sugli 80 milioni, si calcola che in Europa perirono circa 25 milioni di individui.

Alcuni monaci malati di peste ricevono la benedizione da parte di un sacerdote. Miniatura della fine del XIV secolo. British Library, Londra

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Foto: AKG / Album

Oltre alle vittime dirette del contagio, i dati considerano anche quelle indirette, provocate sia dall’inflazione, che raggiunse valori altissimi in quegli anni cupi, sia dalla mancanza di misure per fronteggiare l’emergenza. La maggior parte delle vittime indirette morì di fame e stenti, destino che accomunò i più poveri ai bambini e agli anziani rimasti senza nessuno che li accudisse.

Le conseguenze della morte nera lasciarono strascichi evidenti nella società. Innanzitutto, il crollo demografico arrestò bruscamente la crescita registrata nella popolazione europea nell’ultimo secolo. La scarsità dei lavoratori portò a un incremento dei salari, mentre riprese la tradizionale migrazione dalle campagne alle città, che recuperarono il loro dinamismo. Nelle campagne, anche i contadini poveri ebbero accesso alle terre rimaste abbandonate, dando nuovo impulso all’economia rurale. Principalmente per questi motivi, molti storici sostengono che la peste abbia provocato il collasso improvviso e inevitabile della civiltà medievale, accelerando così l’inizio del Rinascimento e della modernizzazione dell’Europa.

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