BRUCE SPRINGSTEEN/ Il caso “dynamic pricing”: cosa sta succedendo davvero?

- Paolo Vites

Biglietti al costo di migliaia di dollari per i concerti americani di Bruce Springsteen, i fan si ribellano. Cosa sta succedendo?

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Sono andato a vedere i Rolling Stones a San Siro lo scorso giugno. Come tutti, nei mesi precedenti, ero a dir poco oltraggiato dal costo dei biglietti messi in vendita: anche 500 euro se ricordo bene per i posti sotto al palco (in piedi), circa 400 euro per quelli nel primo anello, circa 250 il secondo. Io, che ho possibilità economiche ridottissime, mi sono accontentato del terzo anello con tutto quello che significa (visibilità ridotta, lontananza, scomodità per raggiungerlo e code lunghissime per uscire dallo stadio – incredibilmente però l’audio era ottimo) per circa 90 euro. Ci sono andato di malavoglia, ci teneva mia moglie, non io. Li avevo già visti due volte, non mi aspettavo niente di che. Invece è stato uno spettacolo straordinario, travolgente, loro ci hanno messo (a 75 e 78 anni di età) ogni energia, non si sono risparmiati. Bellissimo. E alla fine ho pensato: quei 500 euro se li meritano, li avrei spesi.

Sì, perché quando ancora li rivedremo? E quanti artisti oggi fanno uno spettacolo di questo livello? E quanti possono sciorinare una serie di brani così immensamente belli? Quasi nessuno. Valgono i soldi che chiedono, ma il prezzo stabilito dei biglietti è rimasto tale da quando sono stati messi in vendita fino al giorno del concerto. Nessun aumento calcolato da un computer.

L’estate prossima avremo Bruce Springsteen in Europa: prezzi piuttosto alti, non a livello degli Stones, ma già lo sappiamo che quei soldi li merita tutti per lo spettacolo che farà. E anche lui ha 73 anni, lo rivedremo ancora? Questa è la realtà. C’è un aspetto valoriale nel costo dei biglietti, per chi scrive giustificato.

Sta invece succedendo  qualcosa che nessuno si sarebbe mai aspettato per i suoi concerti in America dove da qualche anno alcuni artisti praticano la strategia di vendita dei biglietti denominata “dynamic pricing”. Era già successo con Paul McCartney, Drake, Harry Styles e Taylor Swift. Non era però mai successo come con Springsteen dove i biglietti messi in vendita in questi giorni sono quintuplicati rispetto al valore base. Quella del dynamic pricing è una strategia usata soprattutto nei settori del turismo e dei viaggi aerei: il prezzo dynamic, noto anche come prezzo di aumento, prezzo della domanda o prezzo basato sul tempo è una strategia di prezzo in cui le aziende stabiliscono prezzi flessibili per prodotti o servizi in base alle richieste del mercato. Le aziende sono in grado di modificare i prezzi in base ad algoritmi che tengono conto dei prezzi, dell’offerta e della domanda della concorrenza e di altri fattori esterni nel mercato.

Per i biglietti di Springsteen, che torna a esibirsi dopo sette anni dall’ultima volta, la domanda è stratosferica. Ecco allora che biglietti fissati su circa 250 dollari, con questa strategia si vendono anche a 4mila, 5mila dollari. Una cosa inimmaginabile per i fan dell’artista. E’ il mercato, bellezza.

Il fatto è che, non importa quale sia il prezzo, qualcuno alla fine pagherà quei soldi. Forse non 4.000 dollari, ma poiché il prezzo dinamico di Ticketmaster presumibilmente consentirà a quel prezzo di scendere lentamente, qualcuno prenderà un biglietto per mille dollari. Altri fan famelici cederanno all’ultimo momento e ragioneranno che se non andranno ora, Springsteen – 73 anni quando questo tour avrà luogo – potrebbero non vederlo mai più.

Dal punto di vista di un economista, si potrebbe sostenere che, siccome un concerto dal vivo non è una partita di football che si ripete ogni settimana, ma solo ad anni di distanza, e della quantità limitata di biglietti, consentire prezzi dinamici valorizzi effettivamente quei posti per quello che valgono davvero. Libero mercato, capitalismo, bla, bla.

L’unica vera soluzione sarebbe un mandato governativo per creare regolamenti per limitare i prezzi dinamici dei biglietti e restituire un po’ di potere agli acquirenti. Oppure gli artisti potrebbero unirsi e rifiutarsi di lavorare con Ticketmaster a meno che queste pratiche non fossero meglio moderate o eliminate del tutto. I Pearl Jam hanno cercato di realizzare questa cosa negli anni ’90. Vai ora e i biglietti per il loro prossimo concerto possono essere acquistati su Ticketmaster. Il biglietto più economico disponibile, al “valore nominale”? Oltre mille dollari.

C’è poi chi ha fatto una scelta opposta: esibirsi così tanto che la richiesta per i biglietti dei suoi concerti si è abbassata moltissimo e così anche il loro costo. E’ il caso di Bob Dylan e Garth Brooks (quest’ultimo fa anche due concerti al giorno) che si esibiscono centinaia di volte ogni anno per poche migliaia di spettatori. Ma siamo onesti: gli artisti rock sono dei pigri lazzaroni (si scherza…) che preferiscono godersi i soldi al bordo della piscina o andando a cavallo per andare in tour ogni 4, 5 anni. Poi questa volta ci si è messa anche la pandemia con due anni di sospensione dell’attività concertistica.

Ma cosa sta succedendo davvero in America e anche in Europa anche se nessuno lo sa o finge di non saperlo?

Il dynamic pricing , secondo alcuni, era l’arma per sconfiggere i bagarini, il secondary ticketing, la piaga del mercato live da sempre, oggi più che mai grazie ai sistemi informatici. Si accaparrano migliaia di biglietti che mettono in vendita su piattaforme illegali o semi legali a migliaia di dollari.

Springsteen e il suo management sono perfettamente al corrente di quanto sta accadendo: Ticketmaster e Live Nation per loro stessa ammissione non fanno niente che l’artista non voglia. Partendo dal concetto che i biglietti sono sotto valore rispetto al valore dell’artista (lo disse tempo fa su Twitter Little Steven) invece di farlo fare al secondary ticketing hanno detto facciamolo con il dynamic pricing così i biglietti saranno pagati per quello che valgono. Quello che non avevano previsto lo stesso Springsteen, il suo management e Ticketmaster e che non potevano prevedere, è come si esprimesse l’algoritmo. E’ sfuggito loro di mano. L’algoritmo per sua natura non può essere influenzato dall’uomo, siamo adesso nella situazione della scena finale di 2001 Odissea nello spazio quando il supercomputer Hal prende il sopravvento sull’intelligenza umana. L’algoritmo ha esagerato. Ammettendo, e io lo penso, che ci sia un aspetto valoriale di un concerto per cui Fedez costa 30 euro e i Rolling Stones 500,  sarebbe il caso di far sì ci fosse una via di mezzo. Non si può passare come sta accadendo da 200 euro a 8mila.

Dicevamo che non sta succedendo solo in America. Anche per le date europee del tour di Springsteen è stata messa in atto la strategia del dynamic pricing, tranne che in tre paesi: Italia, Irlanda e Francia. Perché? Perché lì con Springsteen operano produttori di concerti indipendenti e non di Live Nation (in Italia la Barley Arts).

Va poi detto che in Italia esiste la possibilità di FanSale”  (su piattaforma Ticket One) che grazie alla legge sul biglietto nominale non consente di rivendere a un’altra persona il biglietto acquistato se non al prezzo che hai pagato mentre in America è consentito rivenderlo al prezzo che vuoi, il che è un  secondary ticketing mascherato.

Stiamo tutti gridando allo scandalo, ma è facile scoprire il malaffare quando devi comprarti il biglietto per il concerto del tuo artista preferito. Va combattuto prima. Già nel gennaio 2017 Claudio Trotta di Barley Arts, la più antica agenzia di concerti italiani, organizzò il primo e unico convegno sul secondary ticketing in cui profetizzò anche tutti i rischi che il dynamic pricing comportava.

Una volta esisteva chi organizzava il concerto, chi vendeva il biglietto e l’artista. Chi vendeva il biglietto faceva un servizio di chi organizzava il concerto. Da una decina di anni la stragrande maggioranza al mondo di chi organizza i concerti, i promoter e i festival, sono di proprietà di società il cui “core business” è il ticketing. Si è rovesciato il concetto. Chi decide quanto costa il biglietto è chi vende i biglietti non è più chi organizza i concerti. Basta andare sulla pagina Wikipedia di Live Nation: le prime cinque categorie in cui viene citata sono tutte ticketing fra cui ticket resale. In fondo i primi siti di secondary ticketing li hanno costruiti loro. La situazione è triste e non lascia spazio a un futuro in cui la musica sia, come un tempo, bellezza, sentimento, libertà. A Manchester a una conferenza di ticketing tre anni fa i promoter e gli artisti sono stati definiti dalle società di ticketing “content provider”: fornitori di contenuti. Oggetti. Come all’Esselunga.





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