Karl Wolff

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Karl Friedrich Otto Wolff
Karl Wolff nel 1937 con le mostrine da SS-Gruppenführer del tipo antecedente all'aprile 1942
Soprannome"Karele"
NascitaDarmstadt, 13 maggio 1900
MorteRosenheim, 17 luglio 1984
Dati militari
Paese servitoBandiera della Germania Impero tedesco
Bandiera della Germania Germania nazista
Forza armata Deutsches Heer
Freikorps
Schutzstaffel
Waffen-SS
Anni di servizio1917-1918
1931-1945
GradoSS-Obergruppenführer
GuerrePrima guerra mondiale
Seconda guerra mondiale
CampagneFronte occidentale (1914-1918)
Campagna d'Italia (1943-1945)
Comandante diSupremo comandante delle SS e della Polizia per l'Italia
Persönlicher Stab RfSS
DecorazioniCroce Tedesca in Oro
SS-Ehrenring
Insegna d'oro del Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori
Fonti: vedi testo
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Karl Friedrich Otto Wolff (Darmstadt, 13 maggio 1900Rosenheim, 17 luglio 1984) è stato un generale tedesco durante la prima guerra mondiale e successivamente divenne un importante membro del Partito nazista e delle SS; raggiunse il grado di SS-Obergruppenführer e di generale delle Waffen-SS.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Wolff era figlio del Cavaliere Karl Friedrich Wolff (* Gießen, 19 dicembre 1871; † Darmstadt, 2 gennaio 1916)[1]. Nel 1901 il padre divenne avvocato di stato a Darmstadt. Nel 1906 passò nella magistratura di Butzbach.[2] Dopo fu promosso giudice a Darmstadt. Nel 1910 venne nominato consigliere del Tribunale[3][4] e infine divenne direttore del Tribunale a Darmstadt.

Karl Wolff crebbe in una famiglia eminente di Darmstadt. Per due anni visse a Schwerte. Già nella prima giovinezza desiderava diventare militare e ufficiale. Compì i suoi studi giovanili presso il Ludwig-Georgs-Gymnasium a Darmstadt ed ebbe una formazione preliminare biennale come volontario della Nationale Jugendwehr (Esercito giovanile nazionale).

Si arruolò appena diciassettenne nell'esercito tedesco durante la prima guerra mondiale, raggiungendo il grado di capitano. Nel 1919 entrò a far parte dei Freikorps, i corpi franchi composti da reduci che combattevano le attività dei nuclei comunisti, e vi rimase fino al 1920. Nel 1922 si sposò con Frieda von Römheld.

Nel 1931 Wolff si iscrisse al Partito nazista e nelle SS, trovandosi ben presto a capo dello Stato maggiore generale di Himmler. Nel 1939 venne anche nominato ufficiale di collegamento tra Himmler e Hitler. Himmler riponeva grande fiducia in Wolff e gli era molto affezionato, tanto che usava rivolgersi a lui con il soprannome di "caro lupacchiotto", un gioco di parole con il suo cognome[5]; tuttavia, i rapporti con Himmler subirono una crisi quando Wolff divorziò nel 1943 dalla prima moglie e decise di risposarsi.

Wolff (dx) insieme a Himmler (12 dicembre 1933)

Nel luglio del 1943 fu inviato da Himmler in Italia in qualità di Governatore Militare e di Comandante supremo delle SS e della Polizia nel nord d'Italia, con il compito di liberare Benito Mussolini, arrestato il 25 luglio 1943, e assumere il comando del territorio italiano, per cui l'8 settembre 1943 l'OKW tedesco diede corso all'Operazione Achse, l'invasione dell'Italia centro-settentrionale e dei Balcani. Tra i suoi compiti principali rientrava la repressione della Resistenza italiana: i sospetti venivano internati nei campi di concentramento di Fossoli e di Bolzano per il successivo invio in Germania[6]. Il 10 maggio 1944 ebbe un incontro segreto in Vaticano con papa Pio XII, organizzato dal colonnello Eugen Dollmann e dalla nobildonna Virginia Bourbon del Monte[7] allo scopo di evitare spargimenti di sangue al momento del ritiro delle truppe tedesche incalzate dagli alleati, ormai sbarcati fin da gennaio ad Anzio.[8][9]

Già a partire dall'ottobre 1944 iniziò i contatti con i comandi partigiani per il possibile ritiro delle truppe tedesche dall'Italia; a tal proposito tra marzo e aprile 1945 s'incontrò con Allen Dulles, capo del servizio segreto statunitense, e con i generali Terence Airey, inglese, e Lyman Lemnitzer, statunitense. Nell'aprile 1945 Wolff, all'insaputa di Hitler, negoziò la resa con gli Alleati di tutte le forze tedesche operanti in Italia (Operazione Sunrise). Il generale Wolff era un nazista convinto e fedelissimo del Führer e il suo intervento fu dovuto essenzialmente a ragioni di carattere personale: consapevole della imminente fine del Terzo Reich, con la sua iniziativa tentava di evitare una condanna per crimini di guerra. Infatti il generale, imprigionato alla fine della guerra fino al 1949, non venne incriminato nel processo di Norimberga proprio grazie all'interessamento di Dulles[10].

Appena scarcerato dagli alleati fu portato di fronte a un tribunale tedesco e condannato a quattro anni di prigione, ma in realtà vi trascorse una sola settimana, grazie all'appoggio dei dirigenti dell'OSS statunitense[11]. Nel 1962 venne nuovamente processato per aver preso parte alla deportazione di 300.000 ebrei verso il campo di Treblinka, e condannato a quindici anni di prigione; fu rilasciato dopo sei anni per motivi di salute. Dopo la scarcerazione Wolff continuò a vivere in Germania Ovest, dove morì nel 1984.

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Onorificenze tedesche[modifica | modifica wikitesto]

Onorificenze straniere[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ (DE) Necrologio sulla Darmstädter Zeitung del 4 gennaio 1916 Online Archiviato il 27 ottobre 2021 in Internet Archive..
  2. ^ Otto Knaus: 80 Semester Activitas Karlsruhensiae 1878–1928. Festschrift Verbindung Karlsruhensia (Heidelberg), ca. 1960, S. 41;
  3. ^ (DE) Grossherzoglich hessisches Regierungsblatt 1910, S. 16;
  4. ^ (DE) Hof- und Staats-Handbuch des Grossherzogtums Hessen für das Jahr 1912/13, S. 174
  5. ^ Wolf (con una sola "f" finale) in lingua tedesca significa "lupo"
  6. ^ Lutz Klinkhammer, L'occupazione tedesca in Italia 1943-1945, Torino, Bollati-Boringhieri, 1993, pp. 84-93.
  7. ^ Virginia Bourbon del Monte era la vedova di Edoardo Agnelli
  8. ^ Eugen Dollmann, Roma nazista, pp. 251-255
  9. ^ L'incontro portò anche alla liberazione del giurista ed esponente della Resistenza, Giuliano Vassalli, dal carcere di Via Tasso dove era detenuto dalle SS
  10. ^ Elisabetta Ricciardi, Vita sotto le armi, vita clandestina. Cronaca e silenzio nei diari di un ufficiale (1940-1943), Firenze University Press, Firenze, 2010, p. 77.
  11. ^ E. Ricciardi, Op. cit. , p. 77.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • E. Aga-Rossi e B.F. Smith, Operazione Sunrise. La resa tedesca in Italia 2 maggio 1945, Mondadori, 2005.
  • Erich Kuby, Il tradimento tedesco, in Collana Storica Rizzoli, traduzione di Lydia Magliano, Milano, Rizzoli, 1983, p. 467.
  • Eric Morris, La guerra inutile. La campagna d'Italia 1943-45, Longanesi, 1993.
  • Eugen Dollmann, Roma nazista, Longanesi, 1951.
  • Lutz Klinkhammer, L'occupazione tedesca in Italia 1943-1945, Torino, Bollati-Boringhieri, 1993, ISBN 978-88-339-2828-9.

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Controllo di autoritàVIAF (EN27867900 · ISNI (EN0000 0000 6676 0468 · LCCN (ENn86137198 · GND (DE118806998 · BNF (FRcb13750980s (data) · J9U (ENHE987007301988205171 · CONOR.SI (SL91726947 · WorldCat Identities (ENlccn-n86137198