Jane Fonda in five acts il documentario per gli 80 anni dell'attrice

Jane Fonda è arrivata a 80 anni prima di rendersi conto di essere sempre stata oltre

È appena uscito negli Usa un documentario che celebra gli 80 anni dell'attrice, che ha avuto 3 mariti: s'intitola Jane Fonda in five acts, dove il quinto atto è quello dell'emancipazione dall'altrui consenso, anche se non sono sicura sia un problema di genere

jane fonda
Getty Images

Cara Jane, sei migliore di tutti i tuoi maschi. A me è sempre sembrato evidente, ma nel documentario che celebra i tuoi 80 anni – quasi 81 – sostieni di essertene accorta di recente. Il film si intitola Jane Fonda in five acts, e fa coincidere i primi quattro atti coi quattro uomini della tua vita: un padre (monumentale) e tre mariti. Dopo una giovinezza da assennata primogenita – alla domanda «Sei ambiziosa?» ti affannavi a rispondere di no, ché le brave ragazze sanno stare al loro posto – sei stata la moglie Barbarella di Roger Vadim, quella barricadera del pacifista Tom Hayden, quella filantropa di Ted “Cnn” Turner. Direbbero le amiche mie intellettuali che eri vittima compiacente del male gaze: lo sguardo maschile.

Jane Fonda nei panni di Barbarella nel 1968.
BettmannGetty Images

Il quinto atto racconta la tua emancipazione dall’altrui consenso, che è senz’altro un nobile fine. Solo non sono sicura sia un problema di genere. (Hai mai notato che certi mariti finiscono per somigliare alla moglie? Si chiama: sindrome di Brad Pitt). Lo sguardo femminile esiste: ha criteri diversi, mica meno selettivi. E di impressioni superficiali è lastricata qualunque strada: tutte giudichiamo tutto, di continuo, e preferiamo frequentare – per diletto, per lavoro – chi ci piace di più. Solo nel migliore dei casi a parità di talenti. È l’irrisolvibile incomputabilità delle relazioni umane.

L’altra settimana, per qualche ora, la provincia italiana di Twitter si è arrovellata intorno al concetto di bellezza. È successo perché un virologo chiacchierone non sempre simpatico ma spesso dalla parte della ragione – tutti giudichiamo tutto: i medici le infelicitate; io i professori ordinari – si è azzardato a dire che basta prendersi cura di sé per smettere di essere brutte e sentimentalmente invisibili. Siccome è maschio, è stato maschilista. Ma è la stessa cosa che dico io a chi delle mie figlie ha il turno di paturnia: basta frigni, e làvati i capelli. Per piacere bisogna essere piacevoli. Oppure no: scegli la tua nicchia – simpatiche ma unte? Musone e spettinate? – e rinuncia alla popolarità generalista. (Io, per esempio, incontro molto tra babbione). Dell’amore nessuno sa niente, ma altrove quello che sembri ti rappresenta.

Caroline McCredieGetty Images

Alla fine del documentario, Jane, tu lo dici meglio. Hai fatto qualche plastica, hai più metallo in corpo della donna bionica, e ti sarebbe piaciuto essere più coraggiosa di così: ignorare lo sguardo dei maschi, delle femmine, dei virologi e persino il mio. Ma sei quello che sei, e quello che non puoi essere – una cui della bellezza non importa niente – hai imparato a perdonare.

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