Euroscandalo, quando nel 1999 la corruzione fece cadere la Commissione Santer - la Repubblica

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Euroscandalo, quando nel 1999 la corruzione fece cadere la Commissione Santer

L'ex presidente della Commissione Ue Jacques Santer
L'ex presidente della Commissione Ue Jacques Santer 
Accuse di favoritismo e di malagestione, con il caso dell'assunzione di un dentista francese, spinsero alle dimissioni di massa l'esecutivo guidato dall'ex premier lussemburghese. C'erano anche Mario Monti ed Emma Bonino. Allora l'Europarlamento guidò la battaglia per la legalità. Oggi invece è al centro delle indagini
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Era il 15 marzo del 1999. La Nato era pronta a bombardare la Serbia, "La vita è bella" di Benigni stava per conquistare l'Oscar, e il più grande scandalo di corruzione della storia dell'Ue travolse le istituzioni di Bruxelles.

In quel caso al centro delle accuse c'era la Commissione, mentre oggi, più di 23 anni dopo, gli occhi sono puntati finora solo sull'Europarlamento, anche se il vicepresidente della Commissione Margaritis Schinas si è dovuto difendere per dei tweet di elogi alle riforme del Qatar che nel contesto attuale hanno subito generato sospetti, dopo l'arresto della sua connazionale Eva Kaili, vicepresidente dell'Europarlamento. Tanto più che a novembre Schinas e Kaili erano insieme proprio nel Golfo, ad Abu Dhabi, negli Emirati.

Lo scandalo della Commissione Santer

Ma torniamo alla Commissione Santer. Guidata dall'ex premier del Lussemburgo Jacques Santer, era entrata in carica il 23 gennaio del 1995. Per l'Italia ne facevano parte l'indipendente Mario Monti, commissario al Mercato interno, ed Emma Bonino, in quota liberali, responsabile delle politiche per i consumatori, la pesca e gli aiuti umanitari.
Alla fine del 1998 la Commissione per il controllo dei bilanci del Parlamento europeo si rifiutò di approvare il budget comunitario a causa del rifiuto della Commissione di rispondere a delle domande sulla malagestione finanziaria. Un whistleblower, il funzionario olandese dell'esecutivo Paul van Buitenen, aveva infatti mandato al Parlamento un rapporto che parlava di frodi, nepotismo e insabbiamenti, di revisori ostacolati, di una Commissione dalla "cultura chiusa" che aveva bisogno di più trasparenza e a cui si sarebbe dovuto contrapporre il potere del Parlamento, istituzione democraticamente eletta. Per tutta risposta, Paul van Buitenen venne sospeso.

La situazione politica si fece tesa, e il 17 dicembre del 1998, alla fine, il Parlamento respinse il bilancio, con una decisione che venne percepita come un sostanziale voto di sfiducia. Ne nacque una dinamica per cui in Parlamento l'esecutivo continuava ad essere sostenuto dai socialisti, mentre i popolari lo osteggiavano, nonostante lo stesso Santer e molti commissari fossero della loro stessa famiglia politica. Una delle ragioni era che le accuse di corruzione coinvolgevano due commissari socialisti, ovvero l'ex premier francese Edith Cresson - responsabile di Ricerca, scienza e tecnologia - e il vicepresidente, spagnolo, Manuel Marin.

Il dentista francese e le dimissioni di massa

Il Parlamento europeo creò una Commissione di esperti indipendenti, con figure di alto profilo. Il rapporto venne presentato il 15 marzo del 1999. Accusò principalmente Cresson, ma diede un giudizio severissimo sulla Commissione tutta, in cui era sempre più difficile, sosteneva, "trovare qualcuno con un minimo di senso di responsabilità".

Cresson, in particolare, venne accusata di irregolarità relative al programma Leonardo, e soprattutto di favoritismo nell'assunzione del 66enne Philippe Berthelot, dentista di Chatellerault, suo feudo elettorale: il suo profilo professionale non corrispondeva agli incarichi, la durata dei contratti fu troppo lunga, le sue prestazioni furono manifestamente insufficienti "in quantità, qualità e pertinenza", e la quasi totalità delle "missioni" effettuate da Berthelot aveva come destinazione proprio Chatellerault.  

A quel punto, i socialisti ritirarono anch'essi il sostegno alla Commissione, e ne chiesero, come gli altri partiti, le dimissioni. La notte del 15 marzo Santer annunciò le dimissioni di massa della Commissione, che si erano rese necessarie perché Cresson non voleva lasciare il suo posto né il governo francese di Lionel Jospin era disposto a ritirarla, e la sfiducia individuale non era consentita. Lo stesso Mario Monti spiegò che l'esecutivo era caduto perché "alcuni membri avevano preferito non prendersi le proprie responsabilità individuali". La Corte di giustizia europea, nel luglio del 2006, giudicò colpevole Cresson, ma non le tolse la pensione.

Lo scandalo fu un danno d'immagine gravissimo per l'Ue e in particolare per la Commissione europea, composta da membri indicati dai governi nazionali, e rafforzò l'autorevolezza del Parlamento, istituzione vista come un contropotere più democratico e trasparente. Oggi invece, almeno per ora, è quello stesso Parlamento a rivelarsi opaco e corrotto e a uscire con le ossa rotte da questo nuovo scandalo europeo.