(PDF) Isabella di Chiaromonte: ritratto di una regina, in La letteratura e la storia. Atti del IX Congresso dell'ADI (Rimini, 21-24 settembre 2005), Bologna, Gedit, 2007 | Claudia Corfiati - Academia.edu
25 CORFIATI 30-05-2007 13:47 Pagina 411 Isabella di Chiaromonte: ritratto di una regina Claudia Corfiati A differenza di quanto accade per altre regine o principesse del Quattrocento Isabella di Chiaromonte, prima moglie di Ferrante d’Aragona, è una figura tutta storica: da una parte infatti manca letteratura encomiastica a lei rivolta direttamente o indirettamente e mancano testimonianze umanistiche sul suo matrimonio o ancora sui suoi funerali; dall’altra le ricerche storiografiche del secolo scorso ci hanno restituito il ritratto di una donna autorevole e forte, con la pubblicazione di alcune sue lettere e dei resoconti degli ambasciatori milanesi durante i sei anni che videro il consorte impegnato sul campo per affrontare la prima congiura dei baroni1. Eppure su di un particolare episodio della biografia della regina, coerentemente ricostruita sui 1 Cfr. M. Vocino, Isabella di Chiaromonte, pia regina, virile ma buona massaia, in Regine di Napoli, Napoli, s.d., pp. 83-92; B. Croce, Due letterine familiari di principesse italiane del Quattrocento, in Id., Aneddoti di varia letteratura, Bari, 1953, vol. 1, pp. 256-266 e I. Schiappoli, Isabella di Chiaromonte regina di Napoli, in Ead., Napoli Aragonese. Traffici e attività marinare, Napoli 1972, pp. 253-269. Per il periodo storico: E. Nunziante, I primi anni di Ferdinando d’Aragona e l’invasione di Giovanni d’Angiò, in «Archivio Storico per le Province Napoletane», XVII, 1892, pp. 299-357, 567-583, 731-779; XVIII, 1893, pp. 3-40, 207-246, 411-462, 563-617; XIX, 1894, pp. 37-96, 300-353, 417-444, 595-658; XX, 1895, pp. 206-264, 442-516; XXI, 1896, pp. 47-64, 204-240; XXII, 1897, pp. 144-210; E. Pontieri, Per la storia del Regno di Ferrante I d’Aragona Re di Napoli, Napoli 1946; G. Galasso, Il Regno di Napoli. Il Mezzogiorno angioino e aragonese (1266-1494), Torino, 1992, pp. 625-665; Dispacci sforzeschi da Napoli, vol. 1. 1444-2 luglio 1458, a cura di F. Senatore, Napoli, 1997, vol. 2. 4 luglio 1458-30 dicembre 1459, a cura di F. Senatore, Napoli 2004 e vol. 4. 1 gennaio-26 dicembre 1461, a cura di F. Storti, Napoli, 1998; F. Senatore, F. Storti, Spazi e tempi della guerra nel Mezzogiorno aragonese. L’itinerario militare di re Ferrante (1458-1465), Salerno, 2002. 25 CORFIATI 412 30-05-2007 13:47 Pagina 412 Claudia Corfiati documenti d’archivio e sulle fonti classiche della storiografia napoletana da Irma Schiappoli in un saggio del 1972, siamo costretti a sospendere il giudizio2. Come ben si sa, alla morte di Alfonso il Magnanimo il figlio designato a succedergli si era dovuto scontrare con l’aperta ostilità prima di Callisto III, poi dei più potenti tra i suoi sudditi, i baroni, che, guidati dal principe di Taranto, Giovanni Antonio del Balzo Orsini, avevano chiamato in Italia e appoggiato Giovanni d’Angiò3. Il 7 luglio 1460 Ferrante fu sconfitto presso il fiume Sarno: la disfatta fu terribile, il re rischiò di essere preso prigioniero e si rifugiò a Napoli4. Fu Isabella a darsi da fare per risollevare le sorti finanziarie della corona. Il più antico testimone di queste vicende, Giovanni Pontano, ci racconta che la regina si mostrò nelle piazze e nelle chiese insieme ai figli piccoli per chiedere aiuto e appoggio al popolo: Isabella Regina nunc in templis nunc publicis in locis sese civibus ostendere, praeferre parvos liberos Alfonsi nepotes dicere qui de populo Neapolitano tantopere esset bene meritos. cives eos esse Neapolitanos, italici generis, apud ipsos genitos altos educatos, non Gallicam praferre insolentiam, non peregrinos mores in urbem illaturos, cum ipsorum liberis ac nepotibus aetate acturos, cum iis divitias honores magistratibus distributim partituros, cum iis pueritiam, cum iis adulescentiam cumque eisdem quoque senectutem exacturos, regias opes, regni administrantionem in eorum arbitrio ad manu futuram. Se vero quidnam aliud curaturam quam ut publice privatimque Neapolitani populi patrocinium gere2 Schiappoli, Isabella... cit., p. 264. I risultati della mia ricerca su questa vicenda saranno resi noti in un volume di prossima pubblicazione. 3 Sul principe di Taranto cfr. A. Squitieri, Un barone napoletano del Quattrocento: Giovanni Antonio Del Balzo Orsini Principe di Taranto, in «Rinascenza Salentina», n.s. VII, 1939, pp. 138-185; G. Antoniucci, Curiosità storiche salentine. 1. La corte degli Orsini del Balzo, in «Rinascenza Salentina», n.s. XI, 1943, pp. 40-53; M. Paone, Arte e cultura alla corte di Giovanni Antonio del Balzo Orsini, in Studi di storia pugliese in onore di G. Chiarelli, a cura di M. Paone, Galatina, 1973, vol. 2, pp. 59102; F. Tateo, La cultura umanistica, in Storia della Puglia. I. Antichità e Medioevo, a cura di G. Musca, Bari, 1979, pp. 345-363; P. Sisto, Due medici, il Principe di Taranto e la peste. I trattati di Nicolò di Ingegne e Saladino Ferro da Ascoli, Napoli, 1986; infine, sulla storia del principato di Taranto, cfr. G. Carducci, A. Kiesewetter, G. Vallone, Studi sul Principato di Taranto in età orsiniana, Bari, 2005. 4 Cfr. P. Manzi, La rotta di Sarno ovvero la battaglia degli Orsini (7 luglio 1460), in «Samnium», XLVII, 1974, pp. 12-72 e F. Senatore, Cava e la battaglia di Sarno: un episodio di mitologia cittadina, in «Rassegna Storica Salernitana», n.s. XV, 1998, 1, pp. 259-271. 25 CORFIATI 30-05-2007 13:47 Pagina 413 Isabella di Chiaromonte: ritratto di una regina 413 re videretur? Haec dicendo lentos excitabat, excitatos impellebat, impulsos confirmabat5. I discorsi di Isabella vertevano non sui meriti di Ferrante, non sulla fedeltà dei sudditi, ma su quei bambini che ella portava con sé in pubblico, additando in essi il futuro del regno, presentandoli come i più legittimi, perché napoletani e italiani (a differenza di Alfonso e Ferdinando), sovrani di Napoli. E le sue parole e forse anche le sue minacce ebbero il giusto effetto se, come ci testimonia una cedola di tesoreria del 31 luglio dello stesso anno, «diverse persone donano pei bisogni della corte in S. Pietro martire 3786 ducati, 4 tarì e 4 grana»6. L’intervento della regina in quell’occasione fu memorabile e il suo valore e le sue virtù politiche non sfuggirono al Pontano che con rispetto scrisse: «ipsa magna et excellens habebatur» e tracciò un breve ma efficace ritratto, ricordando, tra le altre cose, lo stretto legame che univa Isabella con il primo nemico di Ferrante, il principe di Taranto, che era suo zio. E quando, a conclusione del primo libro del De bello Neapolitano, ragionava sulle cause che spinsero Giovanni Antonio Orsini, proprio dopo la vittoria presso il Sarno, a sottrarsi lentamente ma decisamente all’alleanza con Giovanni d’Angiò, aggiungeva che il principe di nascosto mandò anche a Isabella dei messi che la esortassero a stare di buon animo e rassicurassero il re. Su questi fatti, l’azione di Isabella e i contatti con lo zio, esiste anche la testimonianza della Cronica attribuita ad un contemporaneo del Pontano, Notar Giacomo: la sua versione nella sostanza non differisce da quanto detto nel De bello Neapolitano, anche se la narrazione è più colorita e più densa di particolari. La regina «mandava ad chiamare più cittadini che li prestassero denari et chi lo faceva volentieri li ringraciava et chi non li mandava presuni in castello et stava 5 Pontani De bello neapolitano et de sermone, Napoli 1509, f. CIII. Liliana Monti Sabia ha fornito un’edizione parziale del De bello Neapolitano in Ead., Pontano e la storia. Dal De bello Neapolitano all’Actius, Roma, 1995, pp. 73-171. Si vedano inoltre: F. Tateo, Astrologia e moralità in Giovanni Pontano, Bari, 1960; Id., Umanesimo etico di Giovanni Pontano, Lecce, 1972; Id., I miti della storiografia umanistica, Roma, 1990; A. Iacono, La «guerra d’Ischia» nel De bello neapolitano di Giovanni Pontano, Napoli, 1996; G. Ferraù, Il tessitore di Antequera. Storiografia umanistica meridionale, Roma, 2001, pp. 81-129. 6 Cfr. N. Barone, Le cedole di tesoreria dell’Archivio di stato di Napoli dall’anno 1460 al 1504, I, in «Archivio Storico per le Province Napoletane», IX, 1884, pp. 5-34: 15. 25 CORFIATI 414 30-05-2007 13:47 Pagina 414 Claudia Corfiati con uno bacile como chi adomandasse la elemosina»7. Più che spontanee donazioni in favore della corona si trattava di una rigida imposizione, eppure la maniera in cui Isabella si presentò al popolo suggerì l’immagine del frate questuante, che concede indulgenza in cambio di elemosina, piuttosto che quella di un esattore. È significativo che Tristano Caracciolo nel suo De varietate fortunae concordi con il Notar Giacomo: «vasculo ante se posito, velut stipem emendicaret... inter preces et verba minas indicantia» dice infatti, sottolineando l’atteggiamento della regina8. E nelle annotazioni attribuite a Giuliano Passero si legge addirittura: «et poi se travestì et stette a cercare la limosina alla porta»9. Negli scrittori di storia del Regno dunque tra la fine del Quattrocento e i primi trent’anni del Cinquecento Isabella viene presentata come esempio di prudenza e di religio: l’episodio ripetuto direi coralmente è quello della raccolta di fondi nella chiesa di San Pietro Martire, una scena in cui la protagonista in un contesto religioso veste gli abiti della questuante. Il Pontano e il Notar Giacomo inoltre parlano di messaggi tra la regina e il principe di Taranto: ma se nel De bello Neapolitano è quest’ultimo, il principe, a rassicurare la nipote, nella Cronica è lei a chiedere allo zio un atto di pietas e a ricevere in risposta la conferma della sua immanitas. Il racconto di Notar Giacomo è infatti molto più dettagliato rispetto a quello del Pontano: mandò uno suo familiarissimo a lo principe de Taranto in Sarno et li comese che li dicesse a boccha che grande gloria era la sua che una sua nepote regina volesse fosse andato sperta per lo mundo e cazarla dal suo regno. Lo quale li replicò: «Dicate ad mia nepote che quanta miglia sono de Sarno in Napoli tanto farrò stare ad pigliare lo reame et ipsa è regina et morerà regina». Vale la pena di notare che le parole che si scambiano zio e nipote ricordano in maniera significativa quelle che, secondo quanto riferi7 8 Notar Giacomo, Cronica di Napoli, a cura di P. Garzilli, Napoli 1845, pp. 102 s. T. Caracciolo, Della varietà della Fortuna, in Opuscoli storici editi ed inediti, a cura di G. Paladino, Bologna, 1934-1935 (RIS2 XXII, parte I), pp. 73-105: 76. 9 G. Passero, Istoria in forma di Giornali, a cura di V. M. Altobelli, Napoli 1785, p. 26. Il Passero fu commerciante di panni, telaiolo e visse sotto il regno di Ferdinando il Cattolico e di Carlo V; la sua testimonianza è particolarmente interessante per i primi anni del Cinquecento. 25 CORFIATI 30-05-2007 13:47 Pagina 415 Isabella di Chiaromonte: ritratto di una regina 415 sce Loise de Rosa, Maria d’Enghien, madre del principe di Taranto e nonna di Isabella, pronunciò a chi la metteva in guardia giustamente dall’accettare la proposta di matrimonio di re Ladislao, che voleva solo impadronirsi delle sue terre: «non me ne curo, chè se moro, moro regina»10. Questo motto, che si ripete come un’eco attraverso le generazioni, profuma di storia. È proprio il contenuto del messaggio di Isabella e della risposta del principe a costituire l’humus per quella che la Schiappoli ha chiamato la leggenda di una missione segreta della regina presso lo zio nei giorni successivi alla disfatta del marito, leggenda che Marcello Moscone, curatore della voce per il Dizionario Biografico, attribuisce al Pontano seguendo un lapsus di Angelo Di Costanzo. Quest’ultimo nell’Historia del Regno di Napoli raccontava: fu fama, la quale il Pontano tiene per vera, che Isabella di Chiaramonte Reina, vedendo le cose del marito disperate, si fusse partita da Napoli con la scorta d’un suo confessore in habito di Frate di San Francesco et fusse andata a trovare il Prencipe di Taranto suo zio e buttataseli ai piedi l’havesse pregato, che poi che l’havea fatta reina, l’havesse ancora fatta morire Reina, et ch’il Re11 l’havesse risposto che stessi di buon animo che così farebbe. Il contenuto della conversazione ricorda le parole di Notar Giacomo, ma per quanto concerne la risposta del principe («che stesse di buon animo») si accorda con la testimonianza del Pontano, che tuttavia non parla mai di un incontro di Isabella con lo zio. La vera fonte del Di Costanzo sono i Diurnali del Duca di Monteleone, cronaca che per le pagine che ci interessano è gravata dal sospetto di essere un falso del Cinquecento12. La corrispondenza tra il testo della Historia e quello dei Diurnali non è perfetta e lascio la questione del rapporto 10 Loise de Rosa, Ricordi, a cura di V. Formentin, Roma 1998, vol. 2, p. 534; e cfr. M. de Nichilo, De Rosa, Loise, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 39, Roma 1991, pp. 171-174. 11 A. Di Costanzo, Historia del Regno di Napoli, L’Aquila, 1581, p. 444. Il testo della princeps recita qui «Re» al posto di «Principe», errore che fu corretto solo con l’edizione di Napoli del 1769. Cfr. P. Farenga, Di Costanzo, Angelo, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 39, Roma, 1991, pp. 742-747. 12 I diurnali del Duca di Monteleone, a cura di M. Manfredi, Bologna, 1958 (RIS2 XXI, parte V), p. 208. 25 CORFIATI 416 30-05-2007 13:47 Pagina 416 Claudia Corfiati tra i due testi ad altro luogo. Bisogna notare tuttavia che in entrambi manca l’episodio della raccolta dei fondi e in entrambi la missione segreta di Isabella è l’unico e direi vago ricordo dell’azione della regina in favore del marito. Ed è importante sottolineare che quella dei Diurnali, seguiti dal Di Costanzo, e più liberamente da Giacomo Antonio Ferrari nello stesso arco di tempo (tra gli anni settanta e ottanta del Cinquecento)13 è la prima attestazione di questa leggenda nel regno. Prima di loro infatti non vi è traccia nelle cronache e nelle storie del Mezzogiorno del viaggio di Isabella, e benché a partire dal Seicento e per tutto il Settecento la storia narrata dal Di Costanzo abbia avuto un certo successo, a cominciare dal Summonte14 fino a Giovanni Bernardino Tafuri, la verità è che la leggenda non è nata a Napoli, ma molto lontano, e le sue origini sono tutte letterarie. La più bella e la più antica attestazione si legge nella biografia inserita da Sabadino degli Arienti all’interno della sua raccolta Gynevera de le clare donne, portata a termine nella sua veste definitiva tra il 1490 e il 149215. È utile notare che prima di tutto l’autore della Gynevera riferisce due episodi della biografia dell’illustre regina, che rimandano alla virtù della pietas e della religio nei confronti della patria e del marito. Il primo è quello dell’elemosina, nel secondo si narra appunto del viaggio che Isabella compì presso lo zio: l’Arienti riporta il discorso della regina, degno di essere paragonato a quello che la nobile Veturia tenne al figlio Coriolano che assediava Roma, descrive la commozione del principe e conclude che Ferrante fu legittimamente coronato re di Napoli da Pio II. Negli anni ottanta del Quattrocento l’A- 13 I.A. Ferrari, Apologia paradossica della città di Lecce, a cura di A. Laporta, Lecce, 1977, pp. 443 s. 14 G.A. Summonte, Dell’Historia della città e regno di Napoli, Napoli, 1640, III, p. 290. 15 G.S. degli Arienti, Gynevera le clare donne, a cura di C. Ricci e A. Bacchi della Lega, Bologna, 1887; cfr. F. Patetta, Sulla «Glycephila» di Mario Filelfo in un nuovo esemplare autografo di Giovanni Sabadino degli Arienti, e sulla data di composizione della «Gynevera de le clare donne», in «Atti della R. Accademia d’Italia. Rendiconti della Classe di scienze morali e storiche», s. VII, II, 1941, 9, pp. 275-341; V. Zaccaria, La fortuna del De mulieribus claris del Boccaccio nel secolo XV: Giovanni Sabbadino degli Arienti, Iacopo Filippo Foresti e le loro biografie femminili (1490-1497), in Il Boccaccio nelle culture e letterature nazionali, a cura di F. Mazzoni, Firenze, 1978, pp. 519-545; S. D. Kolsky, Men Framing Women: Sabadino degli Arienti’s «Gynevera de le clare donne» Reexamined, in Visions and Revisions. Women in Italian Culture, ed. by M. Cicioni, N. Prunster, Providence, 1993, pp. 27-40; C. James, Giovanni Sabadino degli Arienti: a Literary Career, Firenze, 1996. 25 CORFIATI 30-05-2007 13:47 Pagina 417 Isabella di Chiaromonte: ritratto di una regina 417 rienti non poteva leggere le cronache partenopee, né tantomeno il De bello Neapolitano del Pontano: le sue uniche fonti erano i racconti orali, le conversazioni di attualità che si tenevano presso i salotti mondani tra Bologna e Ferrara. Non di tutto quello che sentiva poteva verificare l’esattezza e la correttezza e le sue scelte erano funzionali ai contesti che voleva ricostruire e ai destinatari delle sue opere. L’episodio che aveva sentito raccontare sulla madre della duchessa Eleonora, sposa di Ercole d’Este e signora di quella corte che rappresentò per lui un punto di riferimento costante negli ultimi anni, aveva sicuramente attirato la sua attenzione. Quell’exemplum di pietas inserito nella biografia della regina Isabella, ritratto di donna risoluta e coraggiosa, ma soprattutto di donna di potere, prudente e religiosa, efficacemente arricchito dal parallelo con l’impresa memorabile della romana Veturia, per un cronista mondano come l’Arienti rappresentava una buona occasione per presentare i suoi omaggi a Eleonora d’Aragona, alla quale spedì una copia della vita della madre già nel settembre del 1491. Agli occhi della prima lettrice quelle pagine non offrivano solo il ricordo della regina scomparsa da anni, ma proponevano un’immagine femminile nella quale rispecchiarsi, nella quale rivedere le sue stesse esperienze di donna di governo. Il lettore moderno di questa vita, alla ricerca del dato cronologico, potrebbe notare che l’incoronazione di Ferrante era avvenuta un anno prima dei fatti di Sarno, chiedersi se l’incontro di cui parla l’Arienti si sia realmente svolto all’indomani della battaglia o in un altro momento, e potrebbe anche credere infine ad una elaborazione letteraria e fantastica dell’Arienti, togliendo valore storico alle sue parole. Ma perché non pensare che Isabella di Chiaromonte, di sua spontanea iniziativa o su suggerimento dei consiglieri del marito, nei mesi o negli anni difficili che seguirono la morte di Alfonso abbia chiesto al potente e temuto zio di non ostacolare la salita al trono dello sposo e di permettere che fosse regina alfine, dato che per essere regina aveva sposato il duca di Calabria, ricordandogli la promessa fatta al Magnanimo, il giorno delle sue nozze, di appoggiare la successione di Ferrante? Ma fece veramente quel viaggio? Ebbe tanto ardire? Nessuna testimonianza storica contemporanea ci potrà mai restituire la verità dei fatti: che sia avvenuta nel 1460 o nell’anno precedente o in un altro ancora la missione di Isabella, se fu segreta, è destinata a rimanere segreta. Ma la letteratura, attingendo ai ricordi dei contemporanei, ha comunque restituito a questa vicenda un posto 25 CORFIATI 418 30-05-2007 13:47 Pagina 418 Claudia Corfiati nella storia, a dispetto delle scelte della storiografia aragonese. Nonostante la scarsissima circolazione manoscritta della Gynevera16, questa biografia, tra la fine del Quattrocento e la metà del secolo successivo, giunse presso i lettori del regno e gli scrittori napoletani da quel momento in poi assorbirono e fecero propria la leggenda. Non credo che sia stato il Di Costanzo il primo a scegliere di narrare la seconda delle imprese descritte dall’Arienti, preferendola all’episodio dell’elemosina, ma chi scrive dopo il Di Costanzo naturalmente le racconta entrambe, apparentemente seguendo l’ordine della Gynevera, ma in realtà attingendo a due momenti diversi della storiografia napoletana, di cui il secondo, quello cinquecentesco, aspetta ancora oggi uno studio critico. 16 L’Arienti chiedeva al Tebaldi di informarsi «se a la Excellentia de Madama [Eleonora] è piaciuta quella vita della felicissima memoria della quandam Serenissima Regina sua matre che io li ho mandata per epso mio figliuolo perché non ne ho inteso cosa alcuna da risposta da la Excellentia de Madama» (The Letters of Giovanni Sabadino degli Arienti (1481-1510), ed. by C. James, Firenze, 2002, pp. 120 s.). Tra i manoscritti posseduti dalla duchessa di Ferrara dunque vi era anche una copia della vita di Isabella, pochissimi fogli destinati a scomparire nel tempo, e potrebbe essere stata Eleonora a far conoscere questa novella a Napoli. Su di lei: L. Chiappini, Eleonora d’Aragona, prima duchessa di Ferrara, Rovigo, 1965 e W.L. Gundersheimer, Women, Learning and Power. Eleanor of Aragon and the Court of Ferrara, in Beyond their Sex. Learned Women of European Past, ed. by P.H. Labalme, New York, 1980, pp. 43-65.