Il destino dei 5 figli di Vittorio Emanuele III ed Elena del Montenegro – Vanilla Magazine

Il destino dei 5 figli di Vittorio Emanuele III ed Elena del Montenegro

Quando ero una bambina mia nonna Irma, monarchica convinta, mi aveva fatto imparare a memoria cinque nomi: Iolanda, Mafalda, Umberto, Giovanna e Maria Francesca.

Cinque nomi appartenuti a quattro principesse ed un principe ai quali la vita ha riservato una serie di dispiaceri e tragedie che hanno davvero qualcosa di crudele!

Iolanda di Savoia

Iolanda Margherita Milena Elisabetta Romana Maria di Savoia, nacque a Roma il 1°giugno 1901 quando i suoi genitori, Vittorio Emanuele III ed Elena del Montenegro, erano sposati da cinque anni.

Iolanda di Savoia

Iolanda sposò, opponendosi alla ferrea volontà della nonna paterna, la regina Margherita, che la voleva unita a Edoardo VIII d’Inghilterra, il conte Giorgio Carlo Calvi di Bergolo, ufficiale di cavalleria, il 9 aprile 1923.

Nel 1946 Iolanda e la sua famiglia seguirono gli ex sovrani italiani in esilio ad Alessandria d’Egitto, e vi rimasero fino alla morte di Vittorio Emanuele III.

Al contrario del fratello Umberto, Iolanda e la sua famiglia poterono rientrare in territorio italiano stabilendosi sul litorale laziale a Capacotta, dove condussero una vita ritirata.

Iolanda ed il marito morirono entrambi a Roma, Giorgio il 25 febbraio 1977 e Iolanda il 16 ottobre 1986.

Insieme ebbero 5 figli: Maria Ludovica, Giorgio, Vittoria Francesca, Guja Anna e Pier Francesco. Il secondogenito Giorgio morì a soli sei giorni di vita per polmonite bronchiale, quando la giovane coppia risiedeva a Pinerolo.

Nel 1971 la diciannovenne nipote di Iolanda e Giorgio, Maria Faldivia Gaurienti, figlia di Guja Anna morì ad Orbetello per cause mai rese note.

L’ultimo colpo inflitto alla primogenita di Vittorio Emanuele III, fu la morte della figlia Vittoria Francesca nel marzo del 1985.

Mafalda

Mafalda Maria Elisabetta Anna Romana di Savoia, nacque a Roma il 19 novembre1902.

Mafalda di Savoia

In famiglia era soprannominata Muti ed era una bambina dolce ed obbediente, molto somigliante alla madre Elena a livello caratteriale, e come la madre Mafalda ebbe sempre un forte senso della famiglia.

Durante la prima guerra mondiale, Mafalda si distinse seguendo spesso la madre nelle attività di cura e conforto ai soldati.

Mafalda andò in sposa al principe Filippo D’Assia Kassel il 23 settembre 1925, e la coppia ebbe quattro figli: Maurizio, Enrico, Ottone ed Elisabetta.

Tanto Mafalda quanto Filippo non si opposero all’ascesa del fascismo in Italia e del nazismo in Germania anzi, Filippo ebbe un grado nelle SS e vari incarichi.

La vicenda umana della principessa Mafalda è secondo me, agghiacciante!

Dopo la firma dell’armistizio con gli alleati e la fuga alla volta di Brindisi da parte del re Vittorio Emanuele III e di parte della famiglia reale, tanto la principessa quanto tre dei suoi figli furono affidati a Mons. Montini in Vaticano.

Al momento della firma dell’armistizio, Mafalda si trovava a Sofia in Bulgaria e nessun membro della famiglia reale italiana, forse su ordine del maresciallo Badoglio, forse per una scelta davvero agghiacciante, avvisò la povera donna di quanto fosse accaduto.

Mafalda si trovava in Bulgaria per stare accanto alla sorella Giovanna ed al cognato Boris, gravemente malato e che sarebbe morto entro pochissimi giorni.

Giovanna di Savoia e Boris di Bulgaria

La donna rimase a Sofia fino allo svolgimento del funerare di Boris e in quel lasso di tempo, nessuno la avvertì di rimanere in territorio neutrale. Roma non era più la capitale del Regno, anzi era stata dichiarata “città aperta” e lasciata in balia dei nazisti. Sebbene Mafalda fosse moglie di un principe tedesco in servizio nei ranghi delle SS, era sempre e comunque una delle figlie del re d’Italia, il nuovo nemico.

Forse per questo Mafalda fu tenuta all’oscuro di tutto, per paura che avvisasse il marito della nuova situazione prima che la famiglia reale scappasse a Brindisi. Queste sono supposizioni naturalmente, ma sta di fatto che la principessa seppe dell’armistizio solo durante il viaggio di ritorno dalla Bulgaria, quando il treno su cui viaggiava fu fatto fermare in territorio rumeno dalla regina Elena di Romania, che supplicò Mafalda di non proseguire il viaggio verso Roma.

Mafalda non accettò il consiglio di Elena di Romania

Lei voleva a tutti i costi assicurarsi delle condizioni dei tre figli custoditi in Vaticano (abbandonati lì dalla famiglia reale in fuga verso Brindisi) da Monsignor Montini, futuro papa Paolo VI.

Con mezzi di fortuna e dopo otto giorni di viaggio, Mafalda il 22 settembre 1943 riuscì a raggiungere Roma e a riabbracciare i figli la più piccola dei quali, Elisabetta, aveva quasi tre anni.

La mattina successiva la principessa cadde nel tranello dei tedeschi che, con modi formali e gentili, l’avevano convocata al comando per permetterle di mettersi in contatto con suo marito, il quale in realtà, si trovava già in campo di concentramento. Sotto falso nome, Mafalda fu deportata immediatamente in Germania ed internata nel campo di concentramento di Buchenwald.

Certo le fu “riservato” un regime privilegiato rispetto agli altri prigionieri, ma la costituzione esile della principessa cominciò subito a risentirne. Sebbene si fosse deciso di mantenere nascosta la vera identità di Mafalda, la notizia della sua presenza a Buchenwald si diffuse tra i prigionieri italiani.

Dalle loro testimonianze si sa che la principessa mangiava pochissimo e che quando le riusciva, distribuiva le sue razioni tra chi ne aveva più bisogno di lei. Nell’agosto del 1944 la baracca in cui si trovava la principessa Mafalda fu distrutta durante un bombardamento degli alleati e lei riportò gravissime ustioni e contusioni.

Mafalda fu abbandonata ai tormenti e alla cancrena senza ricevere alcun tipo di cura per quattro giorni, quando fu decisa l’amputazione del braccio ormai in stato gangrenoso.

L’operazione fu eseguita con una lentezza criminale, dopodiché la povera donna venne abbandonata, priva di ulteriori cure. Fortunatamente per lei, Mafalda non riprese mai conoscenza e morì dissanguata il 28 agosto 1944.

Umberto

Umberto Nicola Tommaso Giovanni Maria di Savoia, ultimo re d’Italia e noto anche come “re di maggio”, nacque a Racconigi il 15 settembre 1904. La nascita dell’agognato Principe di Piemonte fu accolta con gioia immensa, e nei primi anni di vita il piccolo “Beppo” come lo chiamavano la madre e le sorelle, trascorsero all’insegna della semplicità e della vita in famiglia.

Umberto di Savoia

Mentre il rapporto con la madre fu sempre affettuoso e stretto, con il padre, uomo autoritario, rigoroso ed anaffettivo, Umberto ebbe sempre un rapporto sostanzialmente freddo e distaccato. L’avvento e la prese di potere del partito fascista posero Umberto in una sostanziale estraneità dalla vita politica, cosa che sollevò non poco il giovane.

L’8 gennaio 1930 a seguito di notevoli pressioni famigliari, Umberto sposò la principessa Maria José figlia di Alberto I del Belgio e da quest’unione nacquero quattro figli: Maria Pia, Vittorio Emanuele, Maria Gabriella e Maria Beatrice.

Umberto e Maria José del Belgio

La figura di Umberto fu sempre mantenuta forzatamente e volontariamente in secondo piano per motivi diversi, tanto da Vittorio Emanuele III che da Benito Mussolini. Era chiaro che Umberto non condividesse le loro scelte e soprattutto dal momento dopo in cui venne firmata l’alleanza con la Germania nazista nessuno prese in considerazione le sue idee.

L’educazione ferrea ed il senso del dovere nei confronti del padre, che prima di tutto era il suo re, spinsero Umberto a tacere ed obbedire.

Quando ormai era troppo tardi tardi, il 9 maggio 1946, Vittorio Emanuele III abdicò in favore del figlio, che divenne Umberto II, ma con il referendum del 2 giugno 1946 il suo breve regno finì. Tra rimpianti e dubbi il 13 giugno 1946 Umberto II lasciò per sempre l’Italia per raggiungere il Portogallo.

Anche il matrimonio terminò, e Maria José partì alla volta della Svizzera portando con sé il figlio Vittorio Emanuele, mentre le tre principesse restarono con il padre. Gli anni successivi furono segnati dai contrasti con il figlio e per l’opposizione di Umberto al suo matrimonio con Marina Ricolfi Doria.

Dal 1964, forse a causa di un tumore con il quale avrebbe dolorosamente e combattivamente convissuto per i successivi diciannove anni, Umberto subì una serie di pesanti interventi, fino al giorno della sua morte avvenuta il 18 marzo 1983.

Giovanna

Giovanna Elisabetta Antonia Romana Maria di Savoia, nacque a Roma il 13 novembre 1907 e insieme al marito, lo zar Boris III di Bulgaria, compì un atto di umanità e coraggio mettendo in salvo molti ebrei bulgari dalla persecuzione nazista.

Giovanna di Savoia

Boris III in quanto genero di Vittorio Emanuele III, si vide costretto nel 1941 ad allearsi con la Germania, l’Italia ed il Giappone, ma restò fermo nella sua decisione di non dichiarare guerra all’Unione Sovietica.

Inoltre la coppia reale, seppur costretta ad accettare la promulgazione delle leggi che colpivano gli ebrei sotto l’aspetto finanziario, rifiutarono con forza le leggi razziali e la deportazione.

Sapendo a cos’erano destinati gli ebrei nei piani di Hitler, i sovrani contattarono il loro personale amico Angelo Roncalli, futuro papa Giovanni XXIII, che si trovava ad Istanbul come delegato apostolico, il quale, a sua volta di rivolse all’ambasciatore tedesco Franz Von Papen.

Von Papen era cattolico e molto amico di Roncalli, e si creò un vero e proprio canale umanitario che salvò la vita a migliaia di ebrei bulgari che trovarono rifugio in Palestina. Boris III nell’agosto del 1943 fu convocato in Germania da Hitler furioso per la sua condotta in guerra e irritato per la mancata deportazione degli ebrei.

Boris morì appena tre giorni dopo il suo rientro da quel viaggio in Germania e quasi certamente per avvelenamento, e in breve tempo la Bulgaria fu invasa dall’Armata Rossa.

Nel 1946 Giovanna ed i suoi due figli Maria Luisa e Simeone furono esiliati e trovarono asilo politico in Spagna, ed una volta che i suoi figli si furono sposati, l’ex regina raggiunse in Portogallo suo fratello Umberto a Cascais.

Giovanna morì ad Estoril il 26 febbraio del 2000, ed essendo lei devota a San Francesco d’Assisi, volle essere sepolta nella cittadina umbra.

Maria Francesca

Maria Francesca Anna Romana di Savoia, nacque a Roma il 26 dicembre 1914.

Maria Francesca di Savoia

Nel 1939 la principessa sposò Luigi Carlo di Borbone, figlio del duca di Parma e dell’infanta portoghese Maria Antonia, nonché fratello di Zita d’Asburgo-Lorena, ultima imperatrice d’Austria. Maria Francesca fu molto amata dai romani, che le dedicarono una scuola che ancor oggi porta il suo nome.

Come la sorella Mafalda, Maria Francesca pagò lo scotto per la fuga di suo padre a Brindisi, e insieme a suo marito e a due dei loro figli, nel 1943 furono arrestati e deportati. Gli adulti finirono in un campo di concentramento mentre i due bambini furono custoditi in una baracca di una grande casa di campagna. Riuscirono a sopravvivere fino al 1945, quando furono liberati dall’esercito alleato.

Dopo il 2 giugno 1946 la famiglia si ritirò in Costa Azzurra a Mandelieu-la-Napoule dove condussero una vita ritirata e dove nacquero altri due figli, Chantal e Jean, e dove Luigi Carlo morì nel 1967.

Nel 1991 Maria Francesca dovette affrontare l’immane tragedia della morte del suo primogenito Guy (aveva 51 anni), per poi morire il 4 dicembre del 2001.

Sebbene spronata dai nipoti a scrivere una biografia che testimoniasse la terribile esperienza vissuta nel campo di concentramento, Maria Francesca si rifiutò sempre e non volle parlare con nessuno di quei due anni di prigionia.


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