Anziani e non autosufficienti: l'illusione della nuova legge. Resta solo il Terzo settore | Corriere.it

Anziani e non autosufficienti: l'illusione della nuova legge. Resta solo il Terzo settore

diPaolo Foschini

Roberto Speziale (Anffas e Forum) e il decreto che ora è in Gazzetta: «Un’occasione perduta». La delega del 2023 apriva a riforme importanti, quasi nessuna tradotta in concreto e senza finanziamenti

Tanta speranza un anno fa, altrettanta delusione ora. E forse anche di più, come capita dopo che ti eri illuso: «La Legge delega 33 dell’anno scorso sulle persone anziane e quelle non autosufficienti era di grande respiro, l’aspettavamo da decenni». Il decreto che le dà attuazione è entrato in Gazzetta la scorsa settimana. «E dentro non c’è niente di quel che la legge delega chiedeva. Oppure c’è, ma svuotato. Senza soldi per tradurre in pratica niente».
Deve tirare purtroppo una riga Roberto Speziale, presidente di Anfass nonché coordinatore della Consulta welfare del Forum Terzo Settore, su un percorso che per un anno il mondo non profit aveva disperatamente tentato di mettere sui binari giusti. Niente da fare. Il testo finale del Governo ha recepito poco o zero di quanto il Forum aveva suggerito (peraltro spesso accolto nelle Commissioni parlamentari). Era stato persino bocciato - cosa rara - dalla Conferenza delle Regioni. Ma ora la minestra è quella: «Dura lex sed lex», cita Speziale.

«L’unica cosa che si può fare - riprende subito, perché la sua gente è pur sempre quella delle associazioni, del volontariato, di quelli che poi ragionano rimboccandosi le maniche e pedalare - è non lasciar cadere alcuni spunti che il decreto comunque contiene e che il Terzo settore deve prendere come l’enesima sfida».
Ma quali sono, nei dettagli le ragioni della delusione? Speziale spiega. «In realtà - dice - il caso è piuttosto singolare. Spesso i decreti attuativi di leggi delega vengono criticati perché capita che il Governo vada oltre la delega assegnatagli. Qui è il contrario. La delega dava al Governo il compito di fornire nuovi strumenti a favore di anziani e non autosufficienti, indicando con quali e quanti soldi». Invece? «Elenco qualche capitolo. La legge doveva riformare la domiciliarità ampliando i servizi a casa: di fatto conserva quel che c’è già. Doveva riorganizzare la residenzialità, e quanto servisse l’abbiamo visto con il Covid: zero anche qui. Doveva esserci la grande innovazione della Prestazione unica universale: che invece non sarà né una cosa né l’altra, perché toccherà solo gli over 80 con Isee sotto i 6mila euro, una platea piccolissima, cioè è una misura contro la povertà - sempre utile, ovvio - ma è cosa diversa dall’aiuto che serve a una marea ben più vasta». E magari fosse finita: «La frase più ricorrente nei 43 articoli del decreto è “con le risorse disponibili a legislazione vigente”. Cito il nostro proverbio siciliano: diceva il frate alla badessa, senza denari non si canta messa. Per carità: in un caso il decreto mette lì 150 milioni. Ma prendendoli da dove? Dal Fondo nazionale per la non autosufficienza: cioè li toglie a coloro cui dovrebbe darne. E ancora: in 18 casi il decreto rinvia a “ulteriori atti” da compiere, peraltro distribuiti tra ministeri diversi. La domanda è: vedremo mai qualcosa?».

Se ne può fare anche un’altra: niente di niente da salvare? E anche su questo punto, in realtà, Speziale un elenco ce l’ha: «Il decreto prevede di “promuovere” per esempio l’invecchiamento attivo, il volontariato intergenerazionale, il turismo lento, l’attività fisica e sportiva, l’alfabetizzazione informatica, il co-housing, il servizio civile a favore di anziani e non autosufficienti. Tutte cose positive. Con una ovvia precisazione: se si scrive “promuovere”, stringi stringi, significa prevedere che a farle non sarà lo Stato, bensì il Terzo settore. Ancora. E questa è appunto la sfida - conclude il coordinatore della Consulta welfare - che a noi persone costruttive resta il compito di raccogliere».

28 marzo 2024